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COME STARE ACCANTO AD UNA PERSONA DEPRESSA
La depressione è, per definizione, un'alterazione del tono dell'umore. La maggior parte delle persone nel corso dell'esistenza ha esperienza almeno di alcuni momenti di ansia durante la settimana, così ciascuno di noi nell'arco della sua vita, proverà probabilmente qualcosa di più di una grande tristezza anche se non di grado o frequenza tali da giustificare la diagnosi di depressione.
Tutti noi, a volte, ci possiamo sentire tristi, tuttavia la depressione è una cosa seria. La malattia della depressione spesso denominata Depressione Maggiore è un disturbo biologico del cervello che influenza il modo di pensare, i sentimenti, i comportamenti e la salute. Si tratta di un disturbo affettivo, il che significa che provoca cambiamenti dell'umore nelle persone depresse.
Quando le persone lamentano di sentirsi brutte, non hanno più interessi o non provano piacere nelle cose, soffrono di insonnia, mancanza di energia, mancanza di appetito o difficoltà di concentrazione è possibile la presenza della depressione. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione è seconda solo alle malattie di cuore quale causa di invalidità. La depressione affligge persone di qualsiasi età e sesso. La depressione è una grave patologia che affligge ogni anno moltissime persone di ogni età, compresi gli anziani. La depressione è più diffusa nella popolazione nata dopo la guerra rispetto a quella nata prima. Sfortunatamente, meno di un terzo delle persone che ne soffrono fanno ricorso alle cure. Tuttavia l'aspetto positivo è che le cure sono efficaci e molteplici. I risultati di nuove ricerche aprono persino la strada a cure preventive, diagnosticando il disturbo nelle fasi iniziali e individuando le persone ad alto rischio di contrarre la malattia.
Per distinguerla dalla tristezza deve esserci presenza quotidiana, per almeno sei mesi, di:
- umore depresso, triste.
- Scarso appetito e perdita di peso oppure aumento di appetito e di peso.
- Disturbi del sonno (insonnia); difficoltà dell'addormentamento (insonnia iniziale), difficoltà a riaddormentarsi dopo essersi svegliati nel cuore della notte, risveglio precoce al mattino; oppure in alcuni pazienti depressi, desiderio intenso di dormire a lungo.
- Modificazione del livello di attività, il paziente può avere un rallentamento psicomotorio o essere agitato.
- Perdita di interesse e di piacere per le attività consuete.
- Perdita di energia, grande stanchezza.
- Concetto di sé negativo; auto-denigrazione e autobiasimo, sentimenti di indegnità e di colpa.
- Lamentele o segni oggettivi di difficoltà di concentrazione, per esempio, rallentamento del pensiero e indecisione.
- Pensieri ricorrenti di morte o di suicidio.
L'atto del prestare attenzione costituisce per i depressi uno sforzo spossante. Essi non riescono a seguire ciò che leggono e ciò che gli altri dicono di loro. Anche la conversazione diventa un compito pesante e sgradevole e molti preferiscono sedere in disparte e restare in silenzio. Parlano lentamente, con lunghe pause, usando poche parole e con voce bassa e monotona. Altri sono anche agitati e non riescono a stare fermi. Quando gli individui depressi si trovano ad affrontare un problema, sembra che non riescono ad avere alcuna idea di come risolverlo. I soggetti depressi possono arrivare a trascurare l'igiene e l'aspetto della persona ed esternare lamentele di tipo ipocondriaco per dolori e mali apparentemente privi di base somatica.
E' raro che il singolo individuo mostri tutti gli aspetti della depressione: normalmente la diagnosi viene fatta se sono evidenti almeno alcuni segni, in particolare un umore di profonda tristezza che è sproporzionato rispetto alla reale situazione di vita della persona.
Un episodio di intensità media non curato può durare da sei a otto mesi e anche più a lungo. Quando la depressione diventa cronica, il paziente non sempre recupera, negli intervalli tra i vari episodi, il precedente livello di efficienza.
Esiste una forma prolungata e attenuata di depressione, chiamata distimiache lascia una certa capacità nel far fronte ai propri impegni ma non permette di stare bene con se stessi, di funzionare davvero bene e di realizzare le proprie potenzialità; chi ne soffre è come avvolto quasi sempre dal grigiore.
In alcune persone le fasi depressive si alternano a fasi di euforia e di eccitazione, dette nel gergo della psichiatria fasi di mania o maniacali. Durante gli episodi maniacali i sintomi sono opposti a quelli della depressione. La persona si sente straordinariamente su di giri, ha bisogno di meno sonno, parla molto, si distrae facilmente, ha molte idee che le passano veloci in testa, ha di solito forti desideri sessuali, è troppo ottimista, sottovaluta troppo le difficoltà e sopravvaluta troppo se stessa. Se accanto agli episodi depressivi vi sono anche episodi maniacali, la diagnosi è di disturbo bipolare o disturbo maniaco-depressivo.
LE CAUSE
Non si è ancora chiarito bene quali siano le cause della depressione. Non esiste una sola causa per la malattia, che è sempre provocata da numerose cause concomitanti: possono scatenare la depressione fattori ambientali, sociali e personali diversi per ogni caso (separazioni, lutti, modifiche sostanziali della propria vita, dipendenze di ogni tipo), che talvolta si sommano a una vulnerabilità genetica per la patologia; la malattia inoltre può essere “innescata” da malattie croniche o trattamenti farmacologici.
• Cause biologiche: si sono riscontrati cambiamenti nella regolazione dei neurotrasmettitori quali la serotonina e la noradrenalina, sostanze chimiche che controllano nel cervello il passaggio degli impulsi nervosi. La diminuzione della noradrenalina porta a minore iniziativa (di lavarsi, di uscire, ecc); la diminuzione della serotonina porta a un peggioramento nel sonno e a interagire peggio con gli altri e aumenta la tendenza a pensare ossessivamente alle stese cose.
• Cause genetiche: i parenti di primo grado di una persona con disturbo depressivo maggiore hanno un rischio 2-3 volte più alto di avere nella loro vita un episodio depressivo.
• Cause psicosociali: il rischio di depressione è maggiore nelle persone tese, con scarsa stima di sé, tendenti al pessimismo, poco fiduciose. Gli episodi depressivi possono essere preceduti e favoriti da eventi e situazioni stressanti che vengono vissuti da chi è portato alla depressione come difficoltà o perdite gravi e insuperabili o come fallimento (lutti, separazioni, uscita dei figli di casa, malattie fisiche, bocciature, cambiamenti di città-casa-scuola, licenziamenti o fallimenti sul lavoro, ecc.). questi eventi o situazioni stressanti hanno un impatto tanto più grave quanto più alla persona mancano le abilità per affrontarli efficacemente e quanto meno la persona riceve incoraggiamento, sostegno e aiuto da chi gli è vicino. Gli eventi o situazioni stressanti non causano inevitabilmente la depressione, ma vi danno origine o l'aggravano se la persona crede di non poter in alcun modo controllare e padroneggiare la situazione e se rinuncia a reagire, si chiude in se stessa e si lascia andare.
INCIDENZA
Il rischio nel corso della vita per il Disturbo Depressivo in campioni di comunità varia dal 10% al 25% per le donne, e dal 5% al 12% per gli uomini. Il tasso di malattia sembra non essere in relazione con l'etnia, l'educazione, il reddito o lo stato coniugale.
Il Disturbo Depressivo può esordire ad ogni età, con un'età media di esordio intorno ai 25 anni. Alcuni hanno episodi isolati seguiti da molti anni senza sintomi, mentre altri hanno gruppi di episodi, e altri ancora hanno episodi sempre più frequenti con l'aumentare dell'età. Alcuni dati suggeriscono che i periodi di remissione generalmente durano più a lungo all'inizio del decorso del disturbo. Il numero di episodi precedenti predice la probabilità di sviluppare un successivo Episodio Depressivo.
Gli Episodi del Disturbo Depressivo spesso seguono un grave evento psicosociale stressante, come la morte di una persona cara o il divorzio. Gli studi suggeriscono che gli eventi psicosociali (eventi stressanti) possono giocare un ruolo più significativo nel precipitare il primo o il secondo episodio del Disturbo Depressivo e avere meno importanza per l'esordio degli episodi successivi.
TRATTAMENTO
La scelta della terapia dipende dalla gravità e dalle caratteristiche della depressione e dalle preferenze personali
- Psicofarmaci: Nella terapia farmacologica della depressione vengono impiegate numerose classi di farmaci antidepressivi. L'effetto antidepressivo si manifesta però solo dopo due - cinque settimane, anche se quasi subito si può avere un certo sollievo dell'ansia e dell'insonnia.
Alla terapia con i farmaci si affianca molto spesso un percorso di psicoterapia .
COME COMPORTARSI UNA PERSONA DEPRESSA
Come comportarsi con un familiare depresso? Cosa fare per un amico, un’amica che è “sempre giù”, oltre ogni comprensione? L’istinto è di stimolarlo a reagire. A scuotersi, a uscire “con le sue forze” da quella cupa apatia o doloroso isolamento. Niente di più sbagliato. La prima cosa che parenti e amici devono comprendere è che la depressione è una malattia della volontà, che annulla la volontà. Se si farà proprio questo concetto, si eviteranno anche frustrazioni e scoraggiamenti o, al contrario, di sentirsi irritati per il fatto che ogni sollecitazione, ogni intervento con una persona depressa sembra cadere nel vuoto: tutto resta - o pesantemente ritorna - come prima. E’ perciò un grave errore colpevolizzare l’interessato per la mancanza di miglioramenti dicendo che “non vuole collaborare”, “non vuol provare”, “non vuol fare”. Il vostro congiunto o amico soffre già di tali sensi di colpa che quanti gli stanno accanto devono piuttosto cercare di alleviarglieli. La depressione è una malattia che induce perdita di interesse per il futuro, una tristezza senza speranza, una malinconia invalidante. Alla persona che ne soffre perciò dite che non si sforzi, nè si preoccupi, che starà meglio e potrà fare tutto come gli altri (o come una volta) appena la terapia comincerà a fare effetto. Del resto, a un malato di polmonite o a chi si è rotto una gamba direste mai:”sforzati di star bene”,”devi farcela da solo”, “muoviti e vedrai”. Come per tutte le malattie, così per la depressione - e per il suo opposto, la mania - la cosa più importante e urgente è aiutare chi ne soffre a trovare una corretta diagnosi e la corretta terapia. In una parola, il medico giusto. Lo specialista del settore è lo psichiatra. Molti nutrono ancora dei pregiudizi su questa figura medica (“il dottore dei matti”) e si può incontrare un rifiuto così motivato: “Andare dallo psichiatra? Ma non sono pazzo, io!”. E’ compito di chi vive accanto al paziente spiegargli che la psichiatria ha fatto enormi passi avanti, e che molti, e diversissimi dalla “pazzia”, sono i disturbi di cui si occupa. Potrà servire il caso di conoscenti oppure di personaggi famosi di cui si sa che sono o sono stati in cura da uno psichiatra.
Anche in assenza di questo pregiudizio, in molti casi è comunque difficile convincere il malato a consultare un medico: fa parte del quadro della depressione (e ancora più della mania). Infatti, chi ne soffre, spesso non ritiene di essere malato oppure si oppone a qualunque terapia perchè convinto dell’inguaribilità del suo caso (“per me non c’è niente da fare”). O, ancora, respinge l’idea che il suo soffrire possa essere legato a fattori “fisici” e pertanto rifiuta ogni farmaco o altra terapia biologica. Convincere chi soffre di un disturbo dell’umore (depressione o mania) ad andare dal medico è quindi il primo imperativo per chi sta accanto ad un malato di depressione. Occorre molta fermezza su questo punto, anche se l’atteggiamento sarà, e deve essere, di caldo affetto.
Comprensione, disponibilità all’ascolto, partecipazione al suo profondo dolore sono l’altro aiuto fondamentale da offrire a chi ha dentro il gelo e la solitudine della depressione, insieme con parole di incoraggiamento, di dichiarata certezza che si può uscire dal tunnel. E’ inutile, invece, stare a discutere sui singoli punti delle visione pessimistica del depresso, sulle sue convinzioni di indegnità o incapacità. Non lo si convincerà mai del contrario qualunque argomentazione gli si proponga. Si risponda piuttosto:” E’ la malattia che ti fa pensare così, una volta tolti gli occhiali della depressione vedrai le cose in altro modo”. Nella fase acuta può essere necessario provvedere o aiutare il
depresso per i bisogni concreti, quali, il vestiario, l’igiene personale, il mangiare regolarmente, le commissioni quotidiane. Una volta arrivati alla visita medica con lo specialista, il compito dei familiari o amici non termina. Occorre che si stabilisca un’alleanza terapeutica fra medico e familiari. Inoltre, parenti e amici non devono sottovalutare qualsiasi affermazione o progetto di suicidio del paziente, ma devono riferirne al medico. Perchè non è affatto vero quel che comunemente si crede, e cioè “che chi lo dice non lo fa”. Sarà il medico a valutare la gravità o meno del rischio. Dopo l’incontro con lo specialista, occorre controllare che il paziente assuma regolarmente i farmaci nelle dosi prescritte; ciò sopratutto perchè nei primi giorni, per possibili effetti collaterali, potrà anche avere l’impressione di stare peggio di prima e, dunque, voler abbandonare la terapia. In questo primo periodo e in attesa che si manifestino gli effetti terapeutici del farmaco (occorrono in genere da 2 a 4 settimane) è perciò di fondamentale importanza offrire sostegno.
La collaborazione di familiari e/o amici prosegue con l’eventuale ricerca di una diversa cura - o di un diverso specialista - se la terapia si rivelasse veramente inefficace. Occorre ricordare alla persona depressa che è possibile, “normale”, dover cambiare farmaco anche più volte fino a trovare quello adatto al suo caso. Va ripetuto senza stancarsi che la risposta ai farmaci è molto individuale, ma che la terapia giusta, “quella che ti tira fuori dal pozzo buio”, c’è, esiste, e la si troverà. L’importante è non mollare.
Quando occorre consultare il medico
Esser giù di corda, essere a terra, non aver voglia di fare niente, oppure, al contrario, essere particolarmente “gasati” e su di giri è esperienza normale della vita.. Quando diventa non normale e occorre preoccuparsi? Gli psichiatri offrono indicazioni di tempo piuttosto precise: se una situazione di tristezza, di perdita di interesse per le attività quotidiane, di angoscia, dura più di due settimane, o se una fase di mania si prolunga oltre la settimana è necessario il trattamento medico.
Il ruolo della famiglia continua dopo la crisi
Una volta che il paziente sia uscito dalla fase depressiva o maniacale, la famiglia e/o gli amici continuano ad avere un ruolo importante. Il disturbo, infatti, è ciclico; sono dunque possibili le ricadute. E’ importante che chi sta accanto al paziente sappia cogliere gli eventuali primi sintomi di una nuova crisi. Non è facile perchè i segni premonitori possono essere molto lievi. D’altro canto, non bisogna incorrere nell’errore di una sorveglianza ansiosa e asfissiante che faccia sentire l’interessato un vigilato speciale. Nè questa attenzione deve diventare un assillo per tutta la famiglia. I familiari, per calmare il proprio allarme, devono ricordare a sè stessi quel che ripetono ai loro cari predisposti a disturbi dell’umore: con le terapie appropriate, dalla depressione (e dalla mania) si esce nel 80-90 per cento dei casi.
ALCUNE DOMANDE “tipiche”
Chi ha la depressione “ci marcia” ?
Questo è un pregiudizio diffuso. Se la depressione non fosse una malattia come è, potrebbe essere ogni altra cosa. Alcune forme di depressione sono prese più sul serio, altre non sono minimamente credute, e sono quelle cosiddette “atipiche”, in cui la persona mantiene alcune funzioni fondamentali, e magari riesce anche a star bene in determinate circostanze, ma inspiegabilmente sembra che ogniqualvolta può si ripieghi su se stessa per piangersi addosso o aversene a male per torti o rammaricarsi perché non ha stimoli. Ci sono ad esempio forme di depressione in cui una persona può sembrare normale al lavoro, ma una volta a casa passare giornate intere, soprattutto quelle libere, isolata e spaventata dall’idea di uscire, incontrare qualcuno, essere cercata, e essere messa di fronte a pensieri passati, rimpianti, ricordi.
E’ bene “scuotere” chi è depresso ? Fa bene forzarsi ?
E’ una questione che non sussiste. Chi è depresso non risponde né ai tentativi di forzarsi, né alle scosse date dagli altri. Quel che è forzato è la parte mobile della depressione, cioè l’ansia, che peggiora, o l’aggressività. I familiari spesso si lamentano che la persona depressa, ogniqualvolta la si interroga o si cerca di farla reagire, si agita, magari piange, o reagisce sì, ma accusando gli altri di non capirla, dicendo di voler essere lasciata in pace, o semplicemente allontanandoli in malo modo.
La persona depressa non dovrebbe capire che fa soffrire anche gli altri ?
La persona depressa ha spesso quest’idea già molto viva dentro di sé. Se non proprio di far soffrire gli altri, pensa comunque di deluderli, o di dar loro fastidio con la sua presenza. Quando gli altri si sforzano di rendersi utili, o di sostenere chi è depresso, o di “scuoterlo” anche in maniera bonaria, con battute, o dicendogli appunto che “anche loro soffrono a vederlo così”, la persona depressa percepisce questo come un messaggio di fastidio e di stizza, e magari lo trova anche giustificato, perché chi è depresso è il primo a non vedersi positivamente nella condizione in cui è.
A volte i familiari dicono “alla fine dovrete curare anche me perché la depressione è venuta anche a me”, ma questo tipo di commento è da evitare di fronte alla persona depressa.
Altra osservazione non costruttiva è quella che si fa quando le persone depresse migliorano ma non in maniera decisiva, commentando ad esempio “la cura di aiuta, ma ci devi mettere anche del tuo” oppure “però bisogna anche reagire”. In nessuna malattia si pretenderebbe che metà dei sintomi vadano via con la cura e l’altra metà li mandi via il malato da solo. Così come il depresso grave non può farci nulla, neanche il depresso meno grave può.
Perché a volte i depressi sono anche aggressivi, e sembrano non apprezzare quello che gli altri fanno per loro ?
I depressi spesso sono inariditi emotivamente, cioè provano emozioni tutte negative, o non ne provano più, come se fossero svuotati, troppo deboli per sentire, o troppo sfiduciati per essere coinvolti da un sentimento. Si sentono in colpa per questo, specialmente le madri e i padri nei confronti dei figli, e ne provano vergogna, come se fosse non una malattia ma un difetto morale. Può accadere però che alla depressione “calma” si alterni l’irritabilità, con la tendenza a rinfacciare, a accusare gli altri di non dare abbastanza, di non aiutare, e così via. Specialmente nei giovani e nelle donne, o nelle forme con uso di alcol o droghe questi aspetti possono diventare logoranti per i familiari. Vi possono essere crisi di aggressività, con rottura di oggetti, mobilio, autolesionismo. Si tratta di aspetti che orientano la diagnosi verso una depressione appartenente ad un disturbo dell’umore più complesso, come quello bipolare, piuttosto che non ad una depressione semplice.
I depressi a volte dicono di non saper più fare le cose, o che il loro cervello non funziona più, anche se non è vero: perché ?
La percezione che il depresso ha di sé è negativa e peggiorativa: cioè si vede male e anche peggio di come è, ma soprattutto non riesce a dar giudizi positivi, per cui se gli si dice che “in fondo” non sta poi così male scuoterà la testa e dirà il contrario, che peggio non può stare. E’ una sorta di pessimismo su di sé, in cui anche se si funziona ancora bene, si prevede che sia l’inizio di una decadenza inevitabile. Le persone anziane spesso si presentano dicendo di essere incapaci di fare la minima cosa, di non capire più niente, di non esserci più con la testa, di non saper più leggere, scrivere, contare, di non ricordare più niente, neanche come si fa a cucinare o a guidare l’auto. In realtà questi deficit sono apparenti, e non devono essere scambiati per problemi tipo demenza, sono la cosiddetta “falsa demenza depressiva”. C’è ugualmente anche nei giovani, in cui però è evidente che non possa essere demenza e quindi appare ancora più assurda. Ci sono ragazzi sportivi che improvvisamente non ricordano più i movimenti del loro sport, che non riescono quasi a ricordare come facevano a giocare o ad allenarsi, artisti che non vogliono neanche vedere le loro opere perché pensano che non torneranno più a dipingere, o a suonare, o a scrivere. Il tutto è quindi un punto di vista depressivo, amplificato e sostenuto come vero (anche se non nel presente, sicuramente nel futuro) da chi lo vive. Addirittura, a volte è un punto di vista che si estende a passato.
Perché chi è depresso a volte racconta di una vita fallita, difficile e dolorosa, senza ricordare le cose positive ?
La memoria di una persona depressa mette in evidenza gli aspetti negativi e minimizza quelli positivi, come se il senso ultimo e vero di tutto fosse il dolore del presente. E’ come se stesse recuperando tutti gli elementi per spiegare come “si è ridotto così”, a volte per destino, a volte per colpa, a volte per ingiustizie subite, oppure per errori commessi, ma insomma è sempre una storia in cui le cose potevano sembrare anche positive, ma in realtà non lo erano, visto come poi sono finite.
Spesso chi è depresso dice di essere sempre stato infelice, o fallito, o di non aver combinato niente di buono, di aver sbagliato tutto. I familiari si sentono magari mortificati perché in questa storia loro non contano più niente, o sono considerati esempi di errori e fallimenti. Una persona depressa può sentire di aver fallito come padre o madre, come figlio, nel lavoro, vedere i risultati della propria vita come errori o disfatte. Questo tipo di visione non deve essere scambiata per una riflessione libera, e opporsi porta semplicemente ad agitare chi la vive senza riuscire a convincerlo del contrario.
La depressione dovrebbe colpire chi è già depresso come carattere ?
No. La depressione non è esclusiva di un carattere, e colpisce anche e spesso persone che sono sempre state esuberanti o iperattive. In queste persone il cambiamento si nota bene e prima, perché è come se cambiassero radicalmente personalità, mentre in chi parte già depresso l’inizio è più subdolo.
Un giovane che motivo ha di essere depresso ? Non è innaturale che si deprima una persona nel fiore degli anni e con tutta la vità davanti ?
La depressione non è questione di età. Esiste anche nei bambini, negli adolescenti è frequente. La visione della giovinezza che hanno gli adulti non corrisponde spesso a quella di chi la vive, che alterna momenti di entusiasmo a fasi di profondo sconforto. In queste fasi un giovane è molto vulnerabile, perché non avendo ancora raggiunto obiettivi definitivi o comunque importanti, quando si deprime pensa che non li raggiungerà mai, o di aver fallito ancor prima di aver combinato qualcosa. Spesso i sensi di colpa e di vergogna sono forti nei confronti delle figure di riferimento, i genitori ad esempio, soprattutto nelle famiglie unite in cui il legame e la volontà di soddisfare le aspettative dei genitori è alta. Un brutto voto, una delusione sentimentale, nei ragazzi possono essere temi di profondo sconforto, vissuti paradossalmente come dei danni irrimediabili, o delle occasioni che non si ripeteranno più, o delle squalifiche definitive.
Si conoscono le cause della depressione ?
Quando la depressione inizia da giovani, solitamente c’è già una storia familiare, e quindi una componente genetica. Sembra anche che parte della trasmissione della vulnerabilità allo stress, sia trasmissibile da madre a figlio per via ambientale, e non genetica forse attraverso il meccanismo di accudimento. Esperienze di vita importanti e continuate che mettono in pericolo la sopravvivenza possono quindi in maniera anche inconsapevole indurre una particolare suscettibilità allo stress che perdura nel tempo, anche se le condizioni migliorano.Si può dire che però la classica depressione è spontanea, e che anche quando inizia dopo eventi negativi di solito appare chiaramente sproporzionata e slegata ad essi, per tipo di pensieri, di reazioni e per durata.
Cosa possono fare i familiari di una persona depressa ?
Le funzioni fondamentali sono due. L’accudimento come si farebbe con un qualsiasi malato, e l’accompagnamento nel percorso di cura. Questi sono comportamenti semplici che sono apprezzati quando la persona recupera le sue funzioni, e che non sollecitano inutilmente la componente ansiosa. L’unica insistenza che può aver senso è quella rispetto alla cura, anche senza contraddire il malato sul suo punto di vista, ma semplicemente indicandogli l’opportunità di curarsi. Spesso i malati depressi si curano per far piacere ai parenti, o per passività, o perché si sentono più agitati a rifiutare le cure deludendo i parenti che non fiduciosi nell’effetto delle cure stesse, oppure perché pensano che così almeno dovranno vergognarsi di meno di fronte agli occhi dei parenti che insistono. Come risultato, nonostante la sfiducia nella cura, la visione negativa che non ammette critiche, e la passività che non avrebbe fatto pensare che valesse la pena provare a star bene, molti
Quanto è diffusa la depressione in età avanzata?
La depressione nelle sue molteplici manifestazioni colpisce circa il 20% delle persone di età superiore a 65 anni (secondo dati statistici degli USA). La maggior parte delle persone anziane depresse hanno sofferto di episodi di depressione durante lunghi periodi della loro vita. Per altri, la depressione si manifesta in età avanzata anche ad 80 o 90 anni. La depressione negli anziani è strettamente associata alla mancanza di autonomia e all'invalidità e causa grandi sofferenze alle persone ed ai loro famigliari
Perché spesso la depressione delle persone anziane viene trascurata?
Numerosi studi hanno chiaramente dimostrato che la depressione è una malattia del cervello. Ricerche hanno inoltre provato che le cure risultano efficaci quando la funzionalità del cervello non è deteriorata. Nondimeno è opinione comune che la depressione sia una caratteristica dell'invecchiamento. "Chi non sarebbe depresso se...." Questo è un comune modo di pensare in presenza di malattie croniche, perdite o cambiamenti nella vita sociale. In aggiunta a questo, le persone affette da depressione o altre gravi malattie mentali devono ogni giorno affrontare i pregiudizi e lo stigma esistenti per queste patologie. Inoltre la depressione si presenta in diverse forme e gravità. Molti anziani e i loro famigliari non sono in grado di riconoscere i sintomi della depressione, non sono coscienti che si tratti di una malattia grave e non sanno come si cura. Altri confondono i sintomi della depressione con quelli della demenza. Molti anziani pensano che la depressione sia un'imperfezione del carattere e temono di essere stigmatizzati, così finiscono con il biasimare se stessi e si vergognano a chiedere aiuto. Altri temono che le cure siano troppo costose.
Quali sono le conseguenze per gli anziani di una depressione non curata?
Raramente gli anziani che soffrono di depressione si fanno curare. La depressione non diagnosticata e non curata ha conseguenze fatali sia in caso di suicidio che non. La depressione è la più frequente causa di suicidio negli uomini anziani. Tragicamente molte delle persone che si suicidano hanno cercato aiuto, il 20 % ha visto un dottore il giorno stesso della morte, il 40 % nella stessa settimana, il 70 % nello stesso mese (dati statistici USA).
Nonostante ciò la depressione viene spesso ignorata.
I sintomi della depressione negli anziani sono differenti da quelli nei giovani?
I sintomi negli anziani possono in parte essere differenti da quelli della restante popolazione. La depressioni negli anziani è spesso caratterizzata da problemi della memoria, confusione, difficoltà di socializzazione, perdita dell'appetito, insonnia, irritabilità ed in alcuni casi deliri e allucinazioni. Gli anziani depressi soffrono spesso di tristezza acuta. Tuttavia, spesso, questi stati d'animo non sono manifestati. A volte, quando si chiede se si sentono depressi ci si sente rispondere negativamente. La depressione senza la tristezza è uno di quegli apparenti paradossi che ne rende difficile il riconoscimento. Alcuni indizi generali che una persona sia affetta da depressione possono essere: continue e generiche lamentele e richieste di aiuto unite alla tendenza a pretendere.
Come si può distinguere la depressione da un normale stato di tristezza e dolore?
E' normale sentirsi addolorati in presenza di gravi sconvolgimenti della vita come quelli provati da molte persone anziane, come il distacco dalla propria casa o la perdita della persona amata. La tristezza e il dolore sono reazioni temporanee perfettamente normali di fronte a inevitabili perdite subite o a dure prove della vita. Tuttavia, a differenza del normale sentimento di dolore, la depressione non si risolve da sola e dura mesi. Ha bisogno di essere curata da professionisti esperti. Una depressione non curata può indebolire il sistema immunologico, che rende la persona che ne soffre più esposta ad altre malattie. Questo effetto secondario viene spesso riscontrato negli anziani.
Che cosa causa la depressione negli anziani?
Anche se non abbiamo una esatta risposta a quali siano le cause, molti differenti fattori, psicologici, biologici, ambientali e genetici contribuiscono all'insorgere della depressione. Gli scienziati ritengono che alcune persone ereditino una predisposizione biologica che le rende più esposte di altre alla depressione. Lo squilibrio di alcuni elementi chimici del cervello come noradrenalina, serotonina e dopamina sono probabilmente fra i fattori coinvolti nella depressione.
Mentre alcune persone cadono nella depressione per ragioni non bene identificate, la depressione tende a ripetersi nelle famiglie e la predisposizione è spesso trasmessa dai genitori ai figli. Quando viene rilevata questa predisposizione genetica, altri fattori come stress prolungati, perdite o maggiori cambiamenti della vita possono innescare la depressione. Per alcune persone più anziane, in particolare per coloro con una lunga storia di depressione alle spalle, il manifestarsi di una malattia invalidante, la perdita della moglie, del marito o di un amico, il pensionamento, il lasciare la propria casa o altre esperienze stressanti possono causare l'insorgere di episodi depressivi. Si dovrebbe anche tenere in conto che la depressione può essere un effetto collaterale di alcune medicine prescritte agli anziani, come quelle per curare l'ipertensione.
Alcuni anziani sono più a rischio di depressione di altri?
Le donne anziane sono più esposte per il fatto che il sesso femminile in generale corre un rischio doppio di contrarre una grave depressione. Fattori biologici, come cambiamenti nell'equilibrio ormonale, possono rendere le donne anziane più soggette. Lo stress di mantenere delle relazioni o occuparsi di una persona amata ammalata, anche di un figlio, capita più spesso alla donna, cosa che può contribuire in modo determinante all'insorgere della depressione. Le persone celibi o i vedovi, così come coloro che mancano di assistenza da parte della società, presentano un'elevata percentuale di casi di depressione.
Situazioni come cardiopatie, ictus cerebrale, fratture del femore, malattie della pelle o interventi come bypass sono noti per essere associati all'insorgere della depressione. In genere si può sospettare l'esistenza della depressione se si ritarda la guarigione, si rifiutano le medicine, o si incontrano problemi con le dimissioni dall'ospedale.
Si puo' curare la depressione negli anziani?
Le medicine sono efficaci nella maggioranza delle persone depresse.
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DEPRESSIONE: COSA FARE E COSA NON FARE
Ci sono cose che è opportuno fare nel rapporto con il depresso?
Molte sono le cose che dovremmo fare se vogliamo cercare di essergli d’aiuto, anche se dobbiamo mettere preventivamente in conto che non sempre è facile riuscire nell’intento dato che con il depresso, è molto facile incontrare uno stato di passività quando non un vero e proprio atteggiamento di rifiuto .
Ci sono cose che è necessario evitare nel rapporto con il depresso?
Ciò che dobbiamo evitare, in assoluto, è banalizzare i disturbi del depresso: banalizzare non aiuta a migliorare la depressione ma, se possibile, la peggiora.
Il depresso ha già di per sé difficoltà a convivere e ad accettare il suo disturbo: spesso non riesce a darsene una ragione e, nell’ottica pessimistica che lo caratterizza, finisce per viverlo ora come una colpa, ora come una punizione per le sue colpe; prova vergogna per le sue condizioni e si sente giudicato dagli altri o comunque non compreso. Pertanto, espressioni che direttamente o indirettamente facciano riferimento ad una presunta mancanza di volontà o di impegno o di collaborazione possono avere un effetto anche drammatico su di lui. Anche stimolarlo eccessivamente, oltre a quelle che sono le sue possibilità in quel momento, è controproducente.
Che cosa dobbiamo dire e non dire ad un depresso?
Molte sono le cose che possiamo dire ad un depresso ed ancora di più sono quelle che dovremmo evitare di dire. Proviamo a farne un elenco.
Quello che non dovrebbe essere detto
● “Ma cerca di tirarti su, tutti hanno dei problemi. Devi farcela tu, con le tue forze”.
● “Esci, vedi gente e vedrai che starai meglio. Certo che se stai sempre lì a lamentarti......”. “Fai qualcosa di utile, lavora e vedrai che ti passa tutto”.
● “Ma guarda a chi sta peggio di te e ha dei problemi veri. Tu hai il lavoro, la salute, sei giovane.....Cosa ti manca?”.
● “Se stai davvero male, è meglio che tu lasci questo lavoro (o questa relazione o questa città...)”.
● “Stai attento a non intossicarti, con i farmaci non si sa mai...”.
● “Cosa vuoi mai che ti faccia una pastiglia. Si, ti calmerà, si sa come sono i sedativi, ma non pensare che possa risolvere i tuoi problemi”.
● “Adesso stai bene, quindi smetti di prendere quelle pastiglie. Guarda che poi ti abitui e non puoi più farne a meno. Non vorrai drogarti... “.
Quello che dovrebbe essere detto
● “La depressione è una malattia come le altre. Non puoi pensare di uscirne da solo, senza cure. E con le cure, guarda che nel 80–90 per cento dei casi si può migliorare o star bene come prima”.
● “Non è tutto così nero come ti sembra. Sono gli occhiali della depressione a farti vedere tutto in negativo”.
● “Senti, finchè stai così male, non prendere decisioni. Non licenziarti (non separarti, non vendere la casa...). Può darsi che quando starai meglio tu veda le cose in un altro modo”.
● “Cerca di avere pazienza, continua con la cura. Sai che gli antidepressivi non fanno effetto subito. Ci vogliono 2 - 3 settimane, a volte 4. Poi starai meglio”.
● “E’ vero, adesso stai meglio, però per sospendere la cura senti prima il medico. Queste terapie hanno tempi precisi. Non devi correre il rischio di una ricaduta. Ti ricordi come stavi male?”.
Fonte: http://www.fmails.it/index.php?option=com_phocadownload&view=category&download=45:come%20stare%20accanto%20a%20un%20depresso-1&id=12:materiale-ispettoria&Itemid=154
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