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Cenni storici
Con la parola Ginnastica si intende comunemente l’attività fisica che ha lo scopo di migliorare le condizioni neuromuscolari del corpo umano attraverso movimenti coordinati secondo esercizi prestabiliti, anche se è più corretto chiamarla educazione fisica in quanto con essa si intende, attraverso l’utilizzo di esercizi fisici, rafforzare anche le capacità intellettuali e morali.
Il nome deriva dal greco gymnastikḗ (téchnē), ovvero arte della ginnastica, in quanto le espressioni acrobatiche del corpo sono state in qualche modo presenti in tutte le grandi civiltà del passato, tanto che i Cinesi hanno probabilmente valorizzato per primi (4000 a.C.) tali arti in cui sono ancora oggi maestri, e i Greci praticarono la ginnastica non come disciplina a sé ma come preparazione a salti, corse, lanci e combattimenti, nonché come parte integrante della formazione dei giovani assieme ad arte e retorica. Non ebbe molto successo tra i Romani che preferirono i combattimenti fra i gladiatori, ma tornò ad essere praticata nel Medioevo come preparatoria al combattimento, e in seguito si arricchì, nel periodo dell’Illuminismo, di contenuti educativi. Si ebbero poi diversi correnti di pensiero, ma solo nel sec. XVIII si giunse a concepire la ginnastica in senso moderno: nel 1793 il tedesco F. Guts-Muths nel suo libro La ginnastica per i giovani dava una prima organica sistemazione agli esercizi ginnici e introduceva l'uso di alcuni attrezzi (pertica, asse d'equilibrio). L'opera del Guts-Muths fu sviluppata dal tedesco F. L. Jahn, che nel 1811 inaugurò la Turnplatz, una grande palestra all'aperto presso Berlino nella quale la ginnastica era praticata come mezzo di formazione del cittadino-soldato, inventando quelli che vengono chiamati “grandi attrezzi” utilizzati attualmente nelle gare di ginnastica artistica, (cavallo con maniglie, sbarre, parallele) e promuovendo le prime manifestazioni ginniche agonistiche. Nello stesso periodo lo svedese P. H. Ling elaborò una metodologia diversa (detta poi ginnastica svedese), i cui esercizi erano strutturati in modo che tutti i muscoli del corpo trovassero sviluppo e armonia, e ideò altri “grandi attrezzi” che troviamo ancora oggi nelle palestre e centri di riabilitazione fisica (spalliera, quadro, scale). Il metodo tedesco e il metodo svedese, variamente compenetrandosi, hanno dato vita alla ginnastica moderna, grazie anche ai contributi dell'inglese T. Arnold che precisò le leggi tecniche che contraddistinguono la ginnastica. In Italia la ginnastica moderna fu introdotta soprattutto da Baumann, seguace di Ling e inventore dell’asse di equilibrio e degli omonimi appoggi, e dallo svizzero R. Obermann, insegnante presso l'Accademia militare di Torino.
La Ginnastica oggi
La ginnastica viene praticata sia in locali chiusi (per esempio palestra) sia all'aperto, con attrezzi o a corpo libero. Secondo i metodi e le finalità perseguite può suddividersi in: attrezzistica o artistica, ritmico-moderna, preparatoria o preatletica, da camera, acrobatica, differenziale, medica, educativa, culturistica.
La ginnastica artistica o attrezzistica è l'unica specialità agonistica e si compone di esercizi ai grandi attrezzi e di esercizi a corpo libero al suolo, eseguiti secondo una tecnica precisa. Tra gli esercizi ai grandi attrezzi si ricordano: verticali, orizzontali, capovolte, croce in verticale e in sospensione agli anelli; esercizi in appoggio e in sospensione alle parallele; oscillazioni, passaggi alternati, trasporti, perni al cavallo con maniglie; oscillazioni, volteggi, gran volta, cambi alle sbarre fisse; esercizi di sospensione e di slancio alle parallele asimmetriche (solo femminile). Gli esercizi a corpo libero sono di scioltezza, flessibilità, agilità e di traslocazione nelle diverse direzioni, posizioni statiche e di equilibrio, esercizi di piccola e grande acrobazia eseguiti secondo regole fisse. Nel quadro delle prove a scopo agonistico il regolamento prevede gare maschili e femminili, individuali e a squadre costituite da sei elementi ciascuna. Il programma normale di un campionato o di un incontro internazionale, settore maschile, comprende sei esercizi obbligatori e sei liberi: agli anelli, al cavallo con maniglie, alle parallele, alla sbarra, volteggio al cavallo e a corpo libero. Nel settore femminile gli esercizi sono quattro obbligatori e quattro liberi: alle parallele asimmetriche, alla trave (o asse d'equilibrio), volteggio al cavallo, a corpo libero (quest'ultimo con accompagnamento musicale). Si redigono classifiche individuali e a squadre, per ogni singolo esercizio e per il complesso delle prove. Annualmente si svolgono campionati nazionali, continentali e mondiali; inoltre la ginnastica attrezzistica o artistica fa parte delle prove olimpiche. La ginnastica ritmico-moderna è specialità femminile; sua caratteristica è che ogni movimento deve interessare tutte le parti del corpo: pertanto esclude tutti gli esercizi eseguiti meccanicamente e con forza. Gli esercizi sono eseguiti anche con l'impiego di piccoli attrezzi e spesso con accompagnamento musicale.
La ginnastica preparatoria o pre-atletica si propone esercizi atti a preparare il fisico agli impegni più intensi e complessi delle singole specialità sportive. Fanno parte della ginnastica preparatoria anche gli esercizi che servono per la preparazione a un'attività professionale (militari, vigili del fuoco, ecc.).
La ginnastica da camera si propone scopi igienico-sanitari realizzabili attraverso esercizi non faticosi che possano essere eseguiti in qualsiasi luogo da persone di qualsiasi età e senza l'ausilio di attrezzi.
La ginnastica acrobatica è, in genere, a fine professionistico spettacolare e può essere eseguita tanto a corpo libero quanto con piccoli e grandi attrezzi; si differenzia dalla ginnastica attrezzistica per la libertà di esecuzione dei singoli esercizi validi: esempi di questa specialità sono dati dai trapezisti e dai funamboli dei circhi.
La ginnastica differenziale è generalmente suddivisa in ginnastica correttiva e ginnastica compensativa: la prima ha come scopo la correzione dei lievi difetti morfologici che si riscontrano frequentemente tra gli alunni della scuola primaria; la seconda tende a equilibrare gli scompensi causati dalle posizioni obbligate di talune attività professionali (per esempio sarti, calzolai), gli scompensi costituzionali (per esempio da adenoidismo), i difetti di minorati fisici e psichici (ciechi, sordomuti, ritardati).
La ginnastica medica ha scopi prevalentemente terapeutici, cioè si propone di ottenere il ripristino funzionale di un arto (ginnastica rieducativa), la correzione di atteggiamenti antifisiologici del rachide (ginnastica ortopedica), lo sviluppo e il potenziamento di un determinato gruppo di muscoli per limitare l'entità di una ptosi pluriviscerale (ginnastica correttiva), la normalizzazione del trofismo muscolare di soggetti debilitati, denutriti, convalescenti di malattie gravi e a lungo decorso (ginnastica miotrofica generale), di facilitare nelle donne il parto (preparazione psicosomatica al parto).
La ginnastica educativa è quella che più integra il concetto generale di educazione fisica: comprende esercizi metodici e giochi ginnici. Gli esercizi metodici sono orientativi (esercitazioni del senso della disciplina), di deambulazione, elementari (per l'educazione psicocinetica), ai piccoli attrezzi, di equilibrio, di salto a volteggio, di appoggio e sospensione. I giochi ginnici sono “movimenti imprecisati” spontanei e veloci; tra essi i quattro cantoni, caccia alla palla, ecc.
Il culturismo, libera attività ginnica, ha come finalità il potenziamento muscolare del corpo; prevede esercizi a corpo libero e l'uso di piccoli attrezzi.
Infine la ginnastica aerobica è una sequenza preordinata di movimenti a corpo libero accompagnata da apposita musica, in modo da non superare le capacità aerobiche del soggetto.
Riscaldamento & defaticamento
Riscaldamento e defaticamento sono due momenti molto importanti sia in occasione di allenamenti che di gare, ma vengono spesso tenuti in scarsa considerazioni, specie dagli atleti più giovani.
Il riscaldamento consiste in una serie di esercitazioni che hanno lo scopo di preparare l’organismo a sostenere con la massima efficacia le attività che seguiranno, e prevenire possibili infortuni.
Le finalità che si prefigge possono essere così sintetizzate:
Caratteristiche del riscaldamento
Nella scelta del tipo di riscaldamento da effettuare bisogna tener conto di diversi fattori:
In genere si distinguono due fasi:
Per concludere, se l’obiettivo del riscaldamento è quello di preparare alla prestazione successiva, questa dipenderà sicuramente anche dai livelli di motivazione, attenzione e concentrazione; per questo dicevo poco sopra che non bisogna solo considerare gli aspetti fisiologici, ma anche quelli mentali. Al termine di un allenamento o una gara, è importante anche il modo in cui il nostro organismo ritorna alla normalità; i vari organi, sollecitati oltre quello che è il loro funzionamento “normale”, devono essere “aiutati” in questo passaggio, e ciò avviene attraverso il defaticamento che si basa su attività simili a quelle utilizzate per il riscaldamento, quindi pochi minuti di corsa lenta, stretching ed esercizi rilassanti. Questa attività viene spesso ritenuta una “perdita di tempo” ma non è così, specialmente dopo certi allenamenti o gare aiuta moltissimo.
Stretching
Origini
La parola "stretching" è un termine che proviene dall'inglese "to stretch" che in italiano significa allungamento, ed è una metodica che consiste nell'allungamento muscolare e nella mobilizzazione delle articolazioni attraverso l'esecuzione di esercizi di stiramento, semplici o complessi, allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma, coinvolgendo muscoli, tendini, e articolazioni.
È arrivato in Europa, e in Italia, sulla scia della ginnastica aerobica e della cultura del tempo libero e della cura del corpo, e le sue origini sono varie, pur se quello più conosciuto è quello codificato da Bob Anderson.
Gli esercizi di stretching sollecitano, oltre alle fibre muscolari, il tessuto connettivo (tendini ecc.) presente nella struttura contrattile. Il tessuto connettivo è estensibile (può essere allungato), ma se non viene regolarmente sollecitato con l'esercizio fisico, in breve tempo perde questa caratteristica essenziale.
Parlando di stretching è anche d'obbligo parlare della mobilità articolare (conosciuta anche come: articolarità, flessibilità, estensibilità, ecc.), che è la capacità di compiere movimenti ampi ed al massimo della estensione fisiologica consentita dalle articolazioni.
Questa capacità è condizionata:
- dalla struttura ossea dell'articolazione;
- dalle sue componenti anatomiche e funzionali (estensibilità di legamenti, tendini e muscoli);
- dalla temperatura dell'ambiente;
- dal livello di riscaldamento del corpo;
- dal momento della giornata in cui si effettua.
È importante ricordare che le fibre muscolari si adattano rapidamente a qualsiasi situazione.
In ogni caso lo stretching è una disciplina terapeutica, e come ogni terapia ha indicazioni e controindicazioni, quindi può far bene o far male, dal momento che la ricerca ha dimostrato che è abbastanza ininfluente sulla prevenzione degli infortuni, mentre può migliorare la prestazione aumentando l'elasticità; per finire, ogni sport ha il "suo" stretching.
Che lo stretching non serva a prevenire gli infortuni è facilmente dimostrabile anche con semplici considerazioni generali:
1) lo stretching aumenta l'elasticità muscolo-tendinea;
2) l'infortunio si attua quando certi limiti elastici vengono superati;
3) con una maggiore elasticità, il gesto atletico sarà migliore e più ampio (miglioramento della prestazione), ma la probabilità di infortunio sarà la stessa.
I muscoli compiono la loro azione in due modi opposti: contraendosi e rilasciandosi. Un muscolo adeguatamente stimolato si contrae, appena viene interrotta la stimolazione si rilascia. In relazione alla loro funzione quasi tutti i muscoli hanno una controparte complementare: estensori e flessori, adduttori e abduttori, ecc
Quando un flessore (ad esempio il bicipite brachiale) si contrae, il corrispondente estensore (il tricipite brachiale) si rilascia, e viceversa, ma quando un muscolo raggiunge in un tempo troppo ridotto il massimo allungamento, reagisce con un meccanismo di difesa detto riflesso miotatico, che consiste in una contrazione muscolare non volontaria attuata al fine di proteggere il tessuto muscolare e connettivo da eventuali danni. Tanto più veloce sarà l'allungamento, tanto più intensa sarà la risposta del riflesso miotatico.
In generale lo stretching (escludendo il tipo balistico) riduce la tensione muscolare, quindi è molto utile dopo l’attività fisica, migliora la coordinazione e la propriocezione (cioè la presa di coscienza del proprio corpo), e migliora l'escursione articolare.
A seconda della dinamica utilizzata si possono definire diverse tipologie di stretching.
Stretching balistico
È il primo tipo di allungamento conosciuto e in genere non viene più utilizzato in quanto fa attivare nel muscolo il riflesso miotatico che ordina al muscolo di reagire ad una tensione brusca con una rapida contrazione, con elevato rischio di trauma muscolare; consisteva nel raggiungere la posizione di allungamento e poi iniziare a molleggiare per forzare l'allungamento muscolare oltre il suo normale raggio di movimento.
Stretching dinamico
Questa tecnica assomiglia allo stretching balistico, ma differisce da essa nella modalità di esecuzione degli esercizi. Il concetto è sempre quello di far oscillare gli arti o il busto, ma in maniera controllata e lenta, quindi senza ricorrere a slanci e scatti come avviene diversamente invece nello stretching balistico.
Il movimento consiste nello slanciare gli arti in maniera controllata e lenta arrivando a sfruttare gradatamente tutta l'ampiezza concessa dall'articolazione, evitando l'effetto rimbalzo o il molleggio che causano l'attivazione del riflesso miotatico portando il muscolo a reagire contraendosi anziché distendersi.
È consigliato negli sport in cui sono previsti movimenti ad elevata velocità.
Leggi dello stretching dinamico:
- procedere ad un riscaldamento generale (cardiovascolare) e settoriale (rotazione delle articolazioni: collo, spalle, gomiti, polsi, ecc.);
- iniziare con slanci lenti e sciolti e gradatamente aumentare l'ampiezza oppure la velocità di esecuzione.
- non slanciare in modo incontrollato (tipo stretching balistico).
- controllare il movimento.
- terminare gli slanci quando si manifestano i primi segni di fatica in una diminuzione di ampiezza e velocità.
- non allenarsi quando i muscoli sono affaticati, i muscoli stanchi sono meno flessibili, meno veloci e più soggetti a traumi.
- per sport altamente tecnici (come ad es. il Taekwon-Do) è necessario prestare particolare attenzione all'allineamento dei segmenti corporei.
Stretching statico
È il sistema di stretching più conosciuto, quello codificato da Bob Anderson. Questo sistema di stretching, con le sue posizioni e il suo modo di respirare, prende spunto dallo yoga e fonda la sua pratica in esercizi di stiramento muscolare allo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma fisica. Si raggiunge l'allungamento muscolare tramite posizioni di massima flessione, estensione o torsione. Queste posizioni devono essere raggiunte lentamente in modo da non stimolare nei muscoli antagonisti il riflesso da stiramento.
Raggiunta la posizione va mantenuta per un tempo da 15 a 30 secondi, è importante che l'estensione non superi la soglia del dolore.
Leggi dello stretching statico:
Consiste nell'assumere e mantenere una posizione rilassando il muscolo interessato per un tempo di 20-30 secondi.
Questo tipo di allungamento prevede due fasi:
Consiste nell'assumere una ben precisa posizione e mantenerla rilassando il muscolo interessato per un certo tempo, in genere dai 20 ai 30 secondi, mediante il supporto di un partner, senza quindi la contrazione dei muscoli agonisti (complementari a quelli che si distendono).
Stretching isometrico
Questo sistema di stretching è diviso in 4 tempi:
L'intero procedimento è da ripetere per due volte. Usato nella terapia di riabilitazione.
Simile al P.N.F., si differenzia nella fase finale dell'allungamento. Prevede, infatti, l'intervento attivo (contrazione) dei muscoli antagonisti (in questo caso agonisti del movimento) a quelli che si stanno allungando. Anche in questo caso è necessaria la presenza di un compagno che collabori nella contrazione isometrica iniziale dei muscoli che si vogliono allungare, e che dia anche un ulteriore aiuto, nella fase finale di allungamento, alla contrazione dei muscoli antagonisti. In questo sistema vi è una contrazione e un rilassamento del muscolo agonista quando viene contratto con forza l'antagonista.
Basato su una contrazione isometrica del muscolo 10 - 15 secondi, seguita da un rilassamento di 5 secondi e un successivo allungamento.
Stretching globale attivo (o decompensato)
Lo stretching globale attivo si basa sul principio che solo gli stiramenti globali sono realmente efficaci. Gli stiramenti vengono effettuati mediante posizioni che allungano tutta una catena muscolare portando così ad una rieducazione della postura. È una forma di stretching innovativa e consiste nella rieducazione posturale per la prevenzione ed il trattamento delle alterazioni dell'equilibrio tonico dei muscoli e dell'equilibrio neurovegetativo riconducibili, in questo caso, alla pratica sportiva. Lo stretching globale attivo trae i suoi principi dalla Rieducazione Posturale Globale, metodo del "Campo Chiuso", creata da Philippe E. Souchard. L'importanza di questo sistema è che non agisce sul singolo gruppo muscolare ma nella globalità del corpo. Secondo la teoria del creatore di questo sistema, quando eseguiamo un esercizio di stretching classico su un muscolo (o un gruppo muscolare), otteniamo una parte di allungamento delle fibre interessate e una parte di allungamento che viene preso a "prestito" da altri gruppi muscolari. In altre parole, quando si allunga un muscolo, altri gruppi muscolari devono cedere la propria tensione per permettere l'allungamento del muscolo in questione. Tale meccanismo darà una falsa mobilità al muscolo. Questo sistema fa comprendere che ogni volta che si mette in funzione un determinato muscolo, si crea un movimento nell'intera struttura e da ciò si capisce che la struttura dell'uomo è organizzata in catene muscolari. Uno dei principi fondamentali, sfruttati dallo stretching globale attivo, è la globalità che prevede, quindi, l'interessamento di tutti i segmenti del corpo nello stesso momento attraverso la realizzazione di particolari posizioni che evolvono in maniera dolce e progressiva, con l'interessamento della respirazione, verso una posizione finale di massimo allungamento. Un'altra caratteristica necessaria è costituita dalla partecipazione "attiva" dei distretti muscolari interessati dallo stiramento attraverso la contrazione isotonica-eccentrica, ricercandone così il rilasciamento riflesso. Vengono utilizzate 9 (nove) posture, ognuna con la specificità di agire su una serie determinata di "catene muscolari". Nella pratica sportiva, in alternativa allo stretching tradizionale, permette un maggiore allungamento muscolare, controllato attivamente dal soggetto con sequenze coordinate. Ciò realizza un riequilibrio delle tensioni e permette una maggiore economia del sistema con un aumento quindi della performance atletica. Sembra, inoltre offrire una valida prevenzione contro le patologie da sovraccarico muscolo-tendinee.
Mobilità articolare
Qualsiasi movimento del corpo umano è possibile grazie all’intervento attivo dei muscoli che si inseriscono sulle ossa, a loro volte collegate tra di loro tramite specifiche articolazioni, che possono però essere limitate nell’ampiezza di movimento dalle forme anatomiche dei rispettivi capi articolari (epifisi), dalle capsule articolari che le ricoprono, dai legamenti e dai muscoli stessi che le ricoprono.
I muscoli hanno una triplice funzione: alcuni, detti “agonisti”, sono quelli che si contraggono per effettuare lo spostamento del segmento corporeo interessato; vi sono poi quelli “antagonisti”, che rilassandosi permettono il movimento stesso e contraendosi riportano alla posizione iniziale. La terza funzione e quella di fissaggio in una determinata posizione contraendo agonisti e antagonisti; senza dimenticare i muscoli “direzionali” che indirizzano il movimento.
Abbiamo quindi esercizi attivi, quelli in cui lo spostamento del segmento osseo è effettuato grazie alla forza muscolare degli agonisti, e alla estensibilità degli antagonisti, che consente di raggiungere il limite anatomicamente consentito, ma anche esercizi passivi, dove il movimento viene eseguito senza l’intervento muscolare del distretto interessato, ma per una pressione esercitata dal peso del corpo (allungamento dei muscoli della spalla tramite sospensione ai gradi alti) o interventi esterni. In tal modo si supera il limite anatomico dell’articolazione interessata. Gli esercizi che comprendono azioni attive e passive vengono definiti misti, e la spalliera è uno dei pochi attrezzi che offre una grande possibilità di effettuare esercizi passivi e misti.
Gli esercizi per la mobilità articolare vanno eseguiti in modo da non procurare dolore (!?!), forzando progressivamente e mantenendo la massima escursione articolare per alcuni secondi, ma ripetuti più volte e continuamente. (Se ci pensiamo è la stessa filosofia dello streetching!!!).
Tenendo presente che l’elasticità muscolare e la scioltezza articolare diminuiscono con il crescere dell’età e della forza muscolare, va da sé che diventa importante mantenere questa funzione quando negli allenamenti vengono inseriti esercizi che mirano ad aumentare la forza.
spalliera
La spalliera, che può essere curva o diritta, fu inventata da Ling, medico svedese, all'inizio dell’800 è un attrezzo formato da sbarre verticali unite con 9 pioli, fatto di legno o anche acciaio.
I pioli della spalliera, numerati dal basso verso l'alto, si dicono “gradi” e si dividono in bassi (1° e 2°), medi (3°, 4° e 5°), alti (6° e 7°) e sporgenti (8° e 9°).
La spalliera può essere usata in esercizi di ginnastica e di riabilitazione, per problemi alla colonna vertebrale, come la scoliosi. Alla spalliera è possibile allegare una panca per addominali o una barra di trazione.
Gli esercizi praticabili con la spalliera possono essere effettuati in sospensione (senza avere contatti col suolo) oppure a terra.
La presa/impugnatura sull’attrezzo può essere di vario tipo: presa palmare (mano appoggiata sul piolo), impugnatura digitale (dita chiuse a pugno), impugnatura dorsale (pollici in dentro), impugnatura palmare (pollici in fuori), mista o a pollici corrispondenti (a dx o sx), carpea
L’eventuale appoggio dei piedi: posati o in presa plantare su un grado, in presa tra due gradi (proni o supini), agganciati tra due gradi (proni o supini), agganciati tra i due gradi più alti
La posizioni di partenza sono innumerevoli e vengono definite in base alla posizioni del corpo rispetto all’attrezzo.
Gli esercizi possibili alla spalliera possono avere molteplici finalità:
L’unico limite sono la fantasia nelle proposte che tendono a migliorare la forza, la coordinazione, l’agilità, il coraggio…
Piccoli attrezzi
Funicelle: si possono utilizzare come riscaldamento in sostituzione della corsa lenta, implicano un intervento più reattivo dei piedi, quindi vengono utilizzate soprattutto da saltatori e velocisti; utili anche per la coordinazione richiedendo l’uso degli arti superiori. Si utilizza una grande varietà di saltelli, sia sul posto che in avanzamento. Specie con i più giovani interessante anche l’uso della corda rotante, sia quella orizzontale, che ruota a ritmo uniforme, variato, a onda con i ragazzi che devono variare i salti e il ritmo in base a quello della corda, che quella gigante che si può fare sia singolarmente che a gruppi, sviluppando anche in questo caso il senso del ritmo.
Over (ostacolini): il loro utilizzo permette di lavorare molto sulla reattività dei piedi, ma anche sul ritmo, sulla percezione dello spazio (modificando la distanza), oltre ad essere ovviamente propedeutici alla corsa ad ostacoli.
Bacchette: permettono di fissare la posizione degli arti superiori in particolari esercizi per l’escursione articolare della spalla, combinazione motoria di diversi movimenti degli arti superiori, nonché propedeutici agli esercizi di potenziamento con bilancere; sconsigliabile il loro utilizzo come la limitatori di spazio nei saltelli.
Cerchi: utili per il miglioramento della manualità con vari esercizi di rotolamento, lancio e ripresa, propedeutici al Disco, alle esercitazioni di balzi, come delimitatori di spazi negli esercizi di corsa.
Cinesini: Servono a delimitare percorsi, disegnare raggi di curva (esercizi per Alto)
Palle di varie dimensioni e peso, Palle mediche: Tutti gli esercizi di Ball-handing per migliorare la manualità, per poi passare alla propedeutica dei lanci, e agli esercizi per il potenziamento di braccia, busto e gambe.
Le cavità nasali hanno una superficie meno ampia rispetto a quelle orali, però presentano al loro interno una mucosa dotata di ciglia vibratili e ghiandole che secernono muco, oltre a una fitta rete di capillari. Questo permette di: purificare l’aria inspirata per mezzo del tessuto cigliare, riscaldarla per mezzo del sangue dei capillari, inumidirla attraverso il muco per evitare l’irritazione delle altre vie, percepire odori tramite le terminazioni nervose olfattive poste nella parte superiore, rafforzare la muscolatura respiratoria in quanto la maggiore ristrettezza dei passaggi favorisce una maggiore resistenza. Per questo motivo la respirazione nasale va consigliata, in quanto favorisce lo sviluppo della gabbia toracica, soprattutto ai bambini, anche perché in tali fasce di età è più facilmente educabile; negli atleti, quando attraverso la cavità nasale non penetra aria a sufficienza, il corpo passa automaticamente alla respirazione orale.
Laringe
Faringe
Bronchi
Trachea
Alveoli
Nell’inspirazione il diaframma si contrae abbassandosi, gli intercostali esterni sollevano le costole e le fanno ruotare verso l’esterno. Aumentano così i diametri verticali e orizzontali della gabbia toracica, creando così una diminuzione di pressione. Per ottenere un’inspirazione maggiore si possono far intervenire anche i muscoli del cingolo scapolo-omerale e si raddrizza la colonna vertebrale. Nell’espirazione il diaframma si rilassa risalendo nella gabbia toracica, e le costole tornano alla posizione di partenza. Per aumentare l’espirazione si contraggono gli addominali che comprimo gli organi addominali contro il diaframma, si contraggono gli intercostali interni che spostano le costole verso l’interno, e si piega in avanti la colonna vertebrale.
La respirazione può essere definita come la variazione periodica del volume della cassa toracica, ed è fondamentalmente di tre tipi: toracica, diaframmatica, mista.
La regolazione nervosa della respirazione è estremamente complessa, in quanto i muscoli interessati sono striati, vale a dire volontari, e quindi è possibile aumentare la frequenza (iperapnea) o rallentarla (apnea), ma per un tempo limitato, in quanto poi riprende indipendentemente dai nostri tentativi. C’è quindi una parte del Sistema Nervoso preposta alla regolazione del ritmo e della frequenza respiratoria, autonoma dal controllo volontario. Inoltre, la respirazione è controllata anche da processi chimici innescati dal livello di O2 e CO2 presenti ne sangue.
Nel neonato la frequenza respiratoria è di 30/40 atti al minuto, poi si abbassa fino a 13-16 a 14 anni per rimanere pressoché costante in seguito con un volume corrente (cioè di ogni singolo atto) di 350-500 ml, e quindi una ventilazione polmonare di 6-8 litri/min.
Durante il lavoro muscolare si possono raggiungere anche frequenza di 30/min, volume corrente di 3-4 l/min, e una ventilazione di 100-120 l/min.
Questo provoca, in soggetti allenati, una diminuzione della frequenza respiratoria a riposo, dovuta ad un aumento del volume corrente, e un aumento della capacità vitale, in quanto aumenta la quantità d’aria che il soggetto può mobilitare con un’inspirazione ed espirazione forzate.
Una grande capacità vitale non è però necessariamente sintomo di una grande capacità prestativa, in quanto poi altri fattori influiscono sulla disponibilità d’O2 (trasporto d’O2 del sangue) e sulla prestazione (fattori muscolari e nervosi), certo è che una maggiore capacità vitale è un fattore a favore degli atleti che ne sono in possesso.
Solitamente ad essa non viene però dedicata molta attenzione durante l’allenamento, considerandola un elemento trascurabile per l’ottenimento della prestazione, tutt’al più viene curata dai tecnici della corsa consigliando agli atleti di parlare tra di loro durante la corsa lenta; con questo semplice accorgimento si realizza un’esercitazione che consente all’atleta di acquisire padronanza respiratoria rendendola armonica e sinergica con la corsa, questo non permette però di acquisire padronanza quando l’andatura aumenta, cioè durante le competizioni, ecco quindi la necessità di inserire esercitazioni specifiche.
La combinazione della respirazione con i movimenti avviene in due modi:
Nel caso della corsa l’inspirazione dovrebbe avvenire nella fase di volo, l’espirazione durante quelle di appoggio-spinta. Durante la corsa a velocità elevata l’espirazione forzata avviene anche grazie alla violenta contrazione dei muscoli obliqui, del trasverso e del retto dell’addome; motivo per cui è fondamentale una buona muscolazione di quel settore corporeo.
Gli esercizi utilizzabili possono essere suddivisi in:
1° tipo: inspirazione-espirazione (due movimenti attivi)
2° tipo: inspirazione-pausa-espirazione (due movimenti attivi e uno passivo)
3° tipo: inspirazione-pausa-espirazione-pausa (due movimenti attivi e due passivi)
La profondità e la durata determinano il ritmo respiratorio: in questi esercizi esso è volontariamente controllato imponendo una precisa durata in secondi alle due fasi respiratorie. L’espirazione deve sempre essere più lunga dell’inspirazione, in quanto i muscoli interessati alla espirazione consentirebbero una contrazione rapida che viene, invece, volontariamente contrastata.
Per esempio, per esercizi di 1° tipo 6-10, si intende 6” inspirazione e 10” espirazione
A riposo, in condizioni di buona ventilazione, si usano tre posizioni: supini, seduti, in piedi; il fine è quello di abituare l’apparato respiratorio alle nuove tecniche, allungando e approfondendo l’atto respiratorio.
1° tipo: 6”-10” x 8-20 volte
2° tipo: 8”-4”-12” x 10-15
3° tipo: 8”-4”-12”-4” x 8-10
Quando l’esercitazione non presenti più problemi, si può passare al seguente schema
1° tipo: 12”-24”x18-20
2° tipo: 12”-6”-24” x 15-20
3° tipo: 12”-6”-24”-6x15-20
Bisognerebbe ripetere gli esercizi 2-3 volte al giorno in modo da accelerare l’apprendimento
Camminando e/o correndo, il ritmo respiratorio viene scandito dal numero dei passi.
In una prima fase, camminando:
1° tipo: 6p-8p x 300/400 mt
2° tipo: 6p-2p-8p x 300 mt
3° tipo: 6p-4p-10p-4p x 400/500 mt
Quindi, camminando o correndo lentamente
1° tipo: 8p-12p x 600-800 mt
2° tipo: 6p-4p-8p x 600 mt
3° tipo: 8p-6p-10p-6p x 600 mt
In una terza fase gli esercizi andrebbero effettuati durante le normali sedute di allenamento dedicando alcune prove al controllo degli atti respiratori, tenendo presente che la loro effettuazione ad inizio, metà, o termine lavoro, quindi in condizioni diverse di fatica fisica e mentale, comportano adattamenti specifici diversi.
Sistema Nervoso
Costituisce il punto di partenza, la via di transito e di ritorno di tutti gli impulsi motori, sensitivi, e sensoriali.
Ha un ruolo predominante nel controllo e nella regolazione di tutti i processi fisiologici, e nei rapporti tra l’organismo e l’ambiente.
Agisce in stretta relazione con gli organi di senso che raccolgono le informazioni dal mondo esterno e le trasmettono al cervello che elabora le risposte.
Qualità fondamentali dei nervi sono eccitabilità e conduttività, cioè la capacità di reagire ad uno stimolo e di propagare l’eccitazione a tutte le cellule e ai rispettivi prolungamenti.
Il sistema nervoso è unico ma diviso in:
Centrale rappresenta la centrale di comando e si trova nella cavità cranica e nel canale vertebrale Encefalo è il centro di regolazione della maggior parte delle attività del cervello, ed è composto da varie parti:
Telencefalo (1) (emisferi cerebrali) in esso sono state individuate diverse aree tra cui quella motoria. L’area sx regola il lato destro del corpo e viceversa, in quanto i fasci nervosi si incrociano a livello del bulbo rachideo; inoltre ogni zona sovraintende una determinata parte del corpo.
Mesencefalo (2) contiene i centri della respirazione e dell’apparato cardiovascolare.
Cervelletto (4) pur non dando avvio a movimenti volontari, è responsabile della loro regolazione, coordinazione e precisione: inoltre è importante per la regolazione del tono muscolare.
Midollo spinale (6) è contenuto nella colonna vertebrale, è collegato al cervello tramite il midollo allungato e termina a livello lombare.
Periferico (SNP) é delegato alla trasmissione degli impulsi, ed è composto da tutte le strutture nervose (gangli e nervi) che si trovano fuori dal cervello e dal midollo spinale.
Fa parte di esso anche il cosiddetto sistema nervoso Autonomo (SNA) o vegetativo, che possiede speciali fibre che corrono nel SNP e servono quasi tutti gli organi di cui regola le funzioni, e i suoi centri sono generalmente collocati nella parte inferiore del cervello.
Partecipa agli adattamenti al carico fisico durante gli allenamenti, ed è suddiviso in simpatico e parasimpatico che hanno effetti antagonisti sugli organi che innervano: il simpatico intensifica l’attività, il parasimpatico la rallenta. Inoltre si inibiscono a vicenda (cioè inibiscono gli organi eccitati dall’altro sistema). Solitamente vi è equilibrio tra simpatico e parasimpatico, con prevalenza dell’uno a seconda delle necessità. Un eccesso di carico può alterare questo equilibrio facendo prevalere il simpatico.
Le fibre del s. simpatico hanno origine nelle regioni toraciche e lombari, mentre quelle del s. paras. dalla base del cervello e dalla regione sacrale
Effetti principali del sistema simpatico:
aumento della frequenza cardiaca, afflusso sanguigno dai depositi, apertura capillari, pressione del sangue, dilatazione vasi sanguigni, livello glicemico, dilatazione dei bronchi, capacità visive (dilatazione delle pupille)
Effetti principali del sistema parasimpatico:
è importante soprattutto nella fase di recupero in quanto rallenta i battiti cardiaci e fa accumulare glicogeno nel fegato
L’allenamento porta ad un
Coordinazione
La realizzazione di un qualsiasi gesto, dal più semplice al più complesso, è il risultato di un processo di coordinazione che richiede, in pochissimo tempo, di elaborare moltissime informazioni provenienti da svariati recettori, e di organizzare le risposte motorie più idonee utilizzando le abilità motorie di base, tecniche e tattiche in possesso.
Abilità motorie di base: camminare, correre, saltare, lanciare, colpire, prendere, calciare, salire, scendere, rotolare, schivare, cadere, ecc.
Abilità tecniche: specifiche di ogni disciplina sportiva
Abilità tattiche: capacità di scegliere ed utilizzare una abilità tecnica in situazioni non prevedibili
Ad esempio, il lanciare è un’abilità motoria di base, ma lanciare una palla utilizzando il palleggio alto è un’abilità tecnica della pallavolo, effettuare un palleggio corto o lungo a seconda della disposizione in campo degli avversari è un’abilità tattica
La coordinazione è quindi la capacità di eseguire un movimento semplice, o una serie di movimenti, nella maniera più semplice ed essenziale, con il minor dispendio di energie, senza eventuali interferenze negative di movimenti accessori e secondari.
Dipende dal sistema nervoso centrale e nasce dalla combinazione di tre diversi fattori:
Classificazione della coordinazione
In base al tipo di risposta può essere classificata come:
Riflessa quando deriva dalla risposta motoria riflessa ad uno stimolo. Per esempio se tocco con la mano una superficie calda, reagisco immediatamente togliendo il contatto.
Automatica è quella che una volta imparata per ripetizione rimane nella memoria motoria, e viene eseguita senza un intervento specifico della volontà. Esempi possono essere: scrivere, camminare, correre, andare in bicicletta; dopo aver imparato il gesto, si riproduce meccanicamente l’azione e si interviene solo se cambiano le condizioni od occorrono delle modifiche. Quando ci si alza dal letto non è necessario pensare a tutti i movimenti necessari per camminare.
Volontaria implica un intervento cosciente che seleziona il tipo di esecuzione e le modalità del gesto, facendo riferimento anche alle coordinazioni già acquisite. Un esempio può essere eseguire dei movimenti diversi con gli arti superiori, magari camminando (coordinazione già acquisita)
Come migliorare la coordinazione
Il periodo migliore per sviluppare la coordinazione va dai sei ai tredici anni; questo non vuol dire che dopo non possa più essere sviluppata, ma solo che se opportunamente stimolata in tale periodo può raggiungere anche livelli molto elevati, in caso contrario possono permanere delle carenze difficili da colmare.
In ogni caso, negli anni seguenti occorre continuare ad esercitarle perché i cambiamenti di peso e statura, modificando i rapporti tra i segmenti corporei impegnano l’adolescente a continui aggiustamenti rispetto alle coordinazioni preesistenti e lo obbligano ad un sensibile sforzo nel raggiungimento di quelle nuove o più differenziate.
Se si vuole migliorare la coordinazione si devono eseguire movimenti combinati, che uniscono dapprima movimenti elementari riguardanti più segmenti ossei poi movimenti sempre più complessi e variati.
Secondo Le Boulche, per migliorare la coordinazione generale occorre:
Possibili esercitazioni
Es. coordinazione delle mani:
partendo con entrambe le mani chiuse a pugno, stendere 1 o più dita di entrambe le mani; partendo con una mano chiusa a pugno e l’altra aperta, stendere 1 o più dita della mano chiusa e piegare quella/le della mano aperta
Es. coordinazione degli arti superiori:
spinte o slanci simmetrici nelle varie direzioni, e ritorno; spinte o slanci asimmetrici nelle varie direzioni, e ritorno; circonduzioni in direzione opposta
Es. coordinazione degli arti inferiori:
saltelli in divaricata frontale; saltelli in divaricate sagittali successive (dx avanti-sx dietro, sx avanti-dx dietro); saltello giro 90°-180°-360°
Es. coordinazione delle mani e arti superiori:
effettuare gli esercizi per le mani mentre eseguo quelli per le braccia
Es. coordinazione arti superiori e arti inferiori:
effettuare gli esercizi per le braccia mentre eseguo quelli per le gambe
Es. coordinazione delle mani, arti superiori e arti inferiori:
effettuare contemporaneamente gli esercizi per le mani, per le braccia e per le gambe
Coordinazione oculo-muscolare: è il tipo di coordinazione più utilizzata, anche nella vita di tutti i giorni, quando si utilizzano le informazioni visive per organizzare i possibili movimenti da eseguire con le mani o altre parti del corpo.
Avremo quindi esercizi di coordinazione oculo-manuale, oculo-podalica, oculo-differenti parti del corpo, utilizzando piccoli attrezzi quali bacchette, cerchi, clavette, palle, ecc
Utilizzando un pallone: farlo rotolare con le mani, i piedi, la testa…; lanciarlo con le mani, i piedi, la testa…; fermarlo con le mani, i piedi, la testa…
Apparato Cardiocircolatorio
Il corpo umano, per svolgere le sue funzioni, si avvale di organi e apparati formati da milioni di cellule, ognuna specializzata per un suo compito. Ognuna di queste cellule, per lavorare, deve essere raggiunta da sostanze chimiche e deve poter eliminare le sostanze di rifiuto prodotte dal suo lavoro. Questa funzione di rifornimento e ricambio è svolta dal sistema cardiocircolatorio.
È un sistema a circuito chiuso formato da:
Arterie vasi che partono dal cuore e raggiungono i vari tessuti
Capillari sono vasi più sottili che collegano la rete arteriosa e quella venosa, dove avviene lo scambio tra sostanze nutritive e di rifiuto con le cellule dei muscoli,
Vene che dai tessuti tornano al cuore
Il cuore è composto da tre strati: endocardio è lo strato interno e forma le valvole; miocardio lo strato muscolare vero e proprio, le cui cellule sono striate ma involontarie, e possiedono dei prolungamenti che le collegano con quelle vicine, così da formare un tutt’uno; pericardio è una sacca che avvolge il cuore ed è composta da due pareti, una corrispondente alla pleura che avvolge i polmoni, mentre l’altra si confonde con la superficie esterna del cuore, e quindi è chiamata anche epicardio. Tra le due pareti è contenuto un liquido che svolge la funzione di lubrificante della superficie esterna del cuore.
Il rifornimento di sangue al cuore avviene attraverso una rete propria: i vasi coronarici (arterie)
L’eccitazione che permette al muscolo cardiaco di contrarsi arriva dal sistema nervoso autonomo (vegetativo) che lo adatta, tramite il rallentamento o l’accelerazione dell’attività, a tutti gli influssi esterni: stress, fattori climatici, attività muscolare…
Il primo segnale arriva al nodo atriale (atrio dx) da cui si propaga in maniera concentrica a tutte le pareti degli atri. Giunge quindi al nodo atrio-ventricolare da cui si dirama nel fascio di His arrivando ai due ventricoli. Questa eccitazione può essere amplificata e registrata con l’elettrocardiogramma da cui si possono controllare eventuali anomalie.
La contrazione cardiaca è chiamata sistole e la decontrazione diastole; la successione di queste due fasi dà vita al ciclo cardiaco.
Il sangue arriva agli atri tramite le vene cave (superiore e inferiore) per quanto riguarda la parte destra, e tramite le vene polmonari per la parte sinistra; viene pompato nei ventricoli, e quando questi sono pieni inizia la sistole. Dapprima i ventricoli aumentano la tensione senza avere accorciamento delle fibre, questa pressione fa sì che le valvole atrio-ventricolari si chiudano impedendo il riflusso del sangue; questa tensione, abbinata alla chiusura delle valvole, provoca il primo tono cardiaco (sistolico). Aumentando ancora la tensione, la pressione esistente nei ventricoli supera quella delle arterie facendo così aprire le valvole che le collegano e il sangue viene pompato in circolo (eiezione). Una volta pompato il sangue, la muscolatura dei ventricoli si rilassa, diminuisce la pressione interna, e le valvole si richiudono per impedire il riflusso del sangue. Questo provoca il 2° tono (diastolico) in questo momento la pressione negli atri è maggiore e quindi si riaprono le valvole atrio-ventricolari permettendo il riempimento dei ventricoli.
I parametri che misurano l’attività cardiaca sono:
Gittata pulsatoria (o sistolica) che è la quantità di sangue espulsa ad ogni contrazione ventricolare
Gittata cardiaca che è la quantità di sangue espulsa in 1’ (gittata sistolica x frequenza cardiaca)
La gittata cardiaca aumenta con una temperatura esterna oltre i 30°C, dopo i pasti, in condizioni di ansietà, con bassa pressione di O2 e alta pressione di CO2, mentre l’esercizio fisico provoca aumenti che possono arrivare a 5-6 volte il valore di base misurato a riposo, supini.
Durante l’attività muscolare aumentano sia la gittata sistolica (fino a 200 cc) che la frequenza (sino a 180-200 battiti/min).
Il cuore di soggetti allenati ha una gittata sistolica maggiore mentre diminuisce la frequenza cardiaca a riposo, riuscendo a pompare una maggiore quantità di sangue ogni volta. Il controllo delle frequenza è assicurato da fattori nervosi e ormonali.
Inizia nel ventricolo sx dove il sangue arterioso, rosso, ricco di O2, passa nell’aorta; attraverso le arterie, che si ramificano nel corpo diventando sempre più piccole, giunge ai capillari dove avviene lo scambio con i tessuti che cedono CO2 e altre sostanze di rifiuto. I capillari si uniscono a formare le vene che trasportano il sangue, più scuro di quello arterioso, per riunirsi poi nelle vene cave superiore e inferiore che finiscono nell’atrio destro.
Dal ventricolo dx porta il sangue venoso ai polmoni per mezzo dell’arteria polmonare; qui avviene lo scambio tra CO2 ed O2, e il sangue arterioso ritorna all’atrio sx del cuore con la vena polmonare.
Inizia con le arterie che portano il sangue agli organi della digestione dove si suddividono in capillari che raccolgono le sostanze nutritive. Questi capillari si riuniscono nella vena porta che giunge al fegato dove si ramifica in altri capillari dove gran parte di queste sostanze vengono assimilate, trasformate e immagazzinate. I vasi sanguigni che escono dal fegato si riuniscono nelle vene epatiche che finiscono nella vena cava inferiore.
Il fegato, organo principale del metabolismo, svolge molte funzioni, tra cui quella di impedire che subito dopo la digestione vi sia un eccesso di sostanze nutritive nel sangue, e quella di disintossicazione dalle sostanze nocive eventualmente assunte con il cibo.
Ogni tipo di sforzo comporta un aumento dell’attività muscolare e di conseguenza del metabolismo basale; in condizioni anaerobiche questo può funzionare per un periodo breve, dopo di ché è necessario l’apporto di O2; compito del sistema cardiocircolatorio è quindi un maggior trasporto di O2 e sostanze nutritive, nonché l’asportazione delle sostanze prodotte dal metabolismo.
La perdita di funzionalità del sistema cardiocircolatorio, provocato da vita sedentaria, si traduce in pratica in una diminuita capacità di svolgere sforzi fisici, anche non intensi.
L’attività muscolare raggiunge rapidamente il livello necessario a ogni carico, anche elevato, attraverso il controllo nervoso, ma il sistema circolatorio ha bisogno di qualche minuto per far fronte al fabbisogno di O2, così si verifica il cosiddetto debito d’O2, che deve essere poi compensato nella fase di recupero. Lo stato di equilibrio che si raggiunge si chiama steady-state e dipende dall’età, dall’allenamento, e dal carico.
In ogni modo la frequenza cardiaca si adatta relativamente presto ad un carico fisico, ed il suo aumento dipende soprattutto dall’intensità dello sforzo e dallo stato dell’allenamento. Individui più allenati hanno valori inferiori a parità di carico (vuol dire maggiore economia del lavoro del sistema cardiocircolatorio), ma possono raggiungere anche valori massimi di oltre 200 battiti/min.
L’allenamento alla resistenza provoca un aumento delle cavità cardiache, in particolare dei ventricoli, con conseguente maggiore gittata sistolica, quindi il cuore ha bisogno di un minor numero di contrazioni per espellere la stessa quantità di sangue; questo provoca un diminuzione della frequenza a riposo, riscontrabile anche dopo poche settimane di allenamento. Un allenamento della potenza invece provoca un ispessimento delle pareti cardiache.
Durante l’attività fisica arriva più sangue ai muscoli, con tutto ciò che ne consegue, per effetto dell’aumentata attività cardiaca ma, a causa dei prodotti acidi del metabolismo, si ha una dilatazione dei vasi sanguigni che potrebbe provocare un diminuzione della pressione. Per ovviare a ciò si ha lo svuotamento degli organi che immagazzinano il sangue, come la milza, e una minor irrorazione dei visceri, quindi la pressione non solo non diminuisce ma aumenta.
Funzione principale del sangue, come abbiamo visto, è il trasporto dei gas respiratori, sostanze nutritive, prodotti di rifiuto, ormoni ed enzimi, ma ha anche funzioni di difesa.
Ammonta a circa il 7-8% del peso corporeo e perdendone più dei 1/3 si ha la morte; è formato per il 55% da sostanze fluide e il 45% da solide.
Esistono differenze tra l’adattamento ad un carico breve o lungo, in genere cambiamenti che si verificano subito tendono a scomparire dopo alcuni giorni o ore, mentre negli atleti che praticano specialità di resistenza si evidenziano tardi ma durano a lungo, almeno finché dura l’allenamento; quando questo si interrompe, questi fenomeni regrediscono.
Arrivando sangue oltre che dal cuore anche dagli organi (milza, fegato…) aumenta la quantità di emoglobina in circolo e quindi la capacità di trasportare O2.
Il tasso glicemico è aumentato dalla secrezione di un ormone, l’adrenalina, prodotta dalle ghiandole surrenali; dopo un breve periodo di carico si normalizza di nuovo a causa della riduzione a composti più semplici. Nella spossatezza si arriva ad avere un tasso glicemico al di sotto della norma ed allora bisogna reintegrare.
Con carichi molto intensi si ha un aumento di acido lattico, mentre è praticamente nullo con carichi di lunga durata a bassa intensità, che viene neutralizzato da alcune sostanze alcaline (effetto tampone).
Con un allenamento adeguato il sangue può passare da 6 a 8 litri, e i globuli rossi arrivare a 7 milioni con conseguente aumento della capacità di trasporto d’ O2, inoltre migliora anche la capacità di trasporto della CO2 in quanto le sostanze alcaline di cui sopra, combinandosi con essa, formano bicarbonato.
Tutte queste variazioni si presentano già dopo poche settimane di allenamento.
Fonte: http://mosso.iisbona.biella.it/didattica/edfisica/5-preparazioneFisica.doc
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Autore del testo: I.I.S. “E. Bona” sede di Mosso
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