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Il calcio eroico, quello delle origini fino alla Carta di Viareggio (1898-1926)
26 ottobre 1863 a Londra Freemason’s Tavern nasce la Football Association
Settembre 1892 nasce la prima squadra italiana: il Genoa. Ma tra il 1890 e il 1891 Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi(1873-1933) aveva favorito la fusione di due circoli torinesi dando vita al Football club Internazionale (poco credibile che sia lui: aveva 18 anni!)
1890 o 1894 il giocatore inglese Herbert Kilpin(1870), giunto a Torino giovanissimo nel 1890 centromediano è tra i fondatori della Torinese. Nel 1897 si trasferisce a Milano e nel dicembre del 1899 è fra i fondatori del Milan insieme a Piero Pirelli (che è del 1881 e dunque avrebbe 18 anni! Certo è che Pirelli sarà presidente del Milan dal 1909 al 1929)) E’ allenatore e giocatore dal 1900 al 1906. Prima e dopo giocatore.(1899-1908) Vince tre scudetti (1901-1906-1907) Nel 1905, giorno del suo matrimonio scappa a Genova dove è in programma un incontro fra una squadra locale e gli svizzeri del Grasshoppers di Zurigo. Torna a Milano col viso tumefatto e la sposa in lacrime. Per anni è ricordato come uno dei più maniaci calciatori d’Italia. Ghirelli ne fa un caso citandolo come ”l’inglese anacoreta che, per poter giocare a quarant’anni, si vietava da settembre a maggio ogni diversivo vitaiolo” Amareggiato per l’ostracismo della Federazione contro gli stranieri allena dal 1909 i ragazzi dell’Enotria squadra minore milanese. Muore prematuramente il 22 ottobre 1916
1895 alcuni burocrati pionieri danno alle stampe il Il gioco del calcio football, primo regolamento ufficiale
1896-7 giunge a Genova il medico inglese James Spensley(1867-1915) che giocando in porta trascina il Genoa alla conquista dei sei primi scudetti della squadra. Gioca fino al 1907
15 marzo 1898 nasce a Torino la Federazione italiana del Foot-ball. Aderiscono 4 società: Genoa, Torinese, Internazionale di Torino e la Società Ginnastica torinese. Primo presidente il conte D’Ovidio
Mario Vicary |
1898 |
1905 |
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Giovanni Silvestri |
1905 |
1907 |
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Emilio Balbiano di Belgioioso |
1907 |
1909 |
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Luigi Bosisio |
1909 |
1910 |
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Felice Radice |
1910 |
1911 |
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Alfonso Ferrero di Ventimiglia |
1911 |
1912 |
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Emilio Vavassori |
1912 |
1913 |
Ad Interim |
Luigi De Rossi |
1913 |
1914 |
Eletto, rifiuta l'incarico |
Carlo Montù |
1914 |
1915 |
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Francesco Mauro |
1915 |
1919 |
Vice Presidente e Reggente durante la 1ª Guerra Mondiale |
Carlo Montù |
1919 |
1920 |
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Francesco Mauro |
1920 |
1921 |
Ad Interim |
Giovanni Lombardi |
1921 |
1923 |
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Giovanni Mauro |
1923 |
1924 |
Commissario |
Luigi Bozino |
1924 |
1926 |
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8 maggio 1898 a Torino si disputa il primo campionato italiano di calcio. Prime due semifinali alle 9 ed alle 11. Finale nel pomeriggio di fronte ad un centinaio di spettatori. Vince il Genoa
1904 nasce la prima squadra di calcio napoletana: il Naples per iniziativa di un ingegnere inglese che lavorava in una agenzia marittima napoletana James Poths e di un ingegnere napoletano, Emilio Anatra (Alenapoli.com)
Primavera 1905 la Federazione si trasferisce a Milano e si affilia alla Fifa costituita l’anno prima. Si introduce una nuova formula con gironi eliminatori regionale e un girone finale su base nazionale con partite di andata e ritorno
1908 La Federazione esclude i giocatori non italiani dalle squadre. Restano solo in 4: Pro Vercelli, Juventus, Milanese e Andrea Doria. Genoa, Milano e Torino non aderiscono per protesta. La Pro Vercelli vince il suo primo titolo
1908-1913 la Pro Vercelli vince 5 titoli italiani (ma non quello del 1910 in cui schiera per protesta la squadra ragazzi)
1909 campionato vinto dalla Pro Vercelli, su 8 antagoniste. Riammessi gli stranieri
Settembre 1909 riforma Figc, abolizione del veto contro gli stranieri. Nuovo statuto federale ed approvazione del regolamento organico. Cinque sezioni geografiche: Nord ovest, Nord est, Centro, Sud ed isole
15 maggio 1910 esordio della Nazionale –in elegante casacca bianca con polsini e colletti inamidati - contro la Francia all’Arena di Milano davanti a 4000 spettatori. Vince l’Italia 6 a 2
1911(?) gioca nel Milan lo svizzero Fry primo calciatore in odor di professionismo “Si racconta giocasse assai meglio del solito quando veniva sollecitato con un adeguato pagamento” (Tavella p...)
29 aprile 1911 la Federazione si trasferisce nuovamente a Torino. Presidente Ferrero di Ventimiglia e segretario Vittorio Pozzo.
1912 scandalo Genoa-Doria. Il presidente del Genoa Davidson aveva convinto Santamaria e Sardi della Doria a cambiare casacca dando un assegno di 1000 lire ad ognuno. Non si sarebbe mai scperto se il cassiere della banca non fosse stato tifoso della Doria..(Tavella p.28)
1912 Pozzo guida la Nazionale alle Olimpiadi di Stoccolma
1912 giunge in Italia assunto dal Genoa l’allenatore inglese Willy Garbutt. Nel 1927 sarà a Roma e poi a Napoli. I suoi stipendi 400 lire al mese nel 1915, a 2500 a 15.000 nel 1924. (Tavella p.40)
1912 i napoletani si staccano dal Naples e fondano l’Internazionale. Entrambe le squadre partecipano per la prima volta al campionato federale
Campionato 1912-13. Accanto ad un’area settentrionale di 18 squadre c’è quella centro meridionale con 12. Finale Pro Vercelli - Lazio
Giugno 1914 costituito il Coni (Comitato olimpico nazionale italiano) inizialmente come Comitato olimpico internazionale con lo scopo di promuovere lo sport italiano per la partecipazione alle olimpiadi.
Presidenti dal 1914 ad oggi
1914 Renzo De Vecchi, detto il figlio di Dio si trasferisce al Genoa dal Milan per 24.000 lire. Classe 1894 aveva debuttato a 14 anni nel Milan e a 16 in Nazionale dove giocherà per l’ultima volta il 22 marzo del 1925 contro la Francia
FATTORINO. Più o meno contemporaneo al «caso Santamaria» si colloca il clamoroso trasferimento di Renzo De Vecchi, classe 1894, terzino formidabile del Milan, che i commentatori aulici del tempo battezzano addirittura «figlio di Dio». E il tempo del dominio vercellese. Il «Genoa cricket and football club», la prima società italiana di calcio, non si rassegna e pensa che con De Vecchi può spezzare il dominio della Pro Vercelli. De Vecchi fa il fattorino in una banca milanese. Diventa genoano grazie ad un trasferimento aziendale. Continua a fare il fattorino, in completo grigioferro, accanto agli sportelli dal lunedì al sabato nella città ligure; continua a fare il guardiano, in maglia rossoblu anziché rossonera, davanti al portiere Rolla la domenica pomeriggio. Il Genoa riconquista lo scudetto. De Vecchi, «figlio di Dio» viene promosso a fattorino di direzione, con lieve aumento di stipendio e viene premiato con tre marenghi d'oro che all'epoca valgono cento lire l'uno.
23 maggio 1915 per l’ingresso dell’Italia in guerra si sospende il campionato fino al 1919. Scudetto assegnato al Genoa, in vantaggio di 7 punti su Torino e Internazionale
Sintesi del primo periodo:”attività a base prettamente regionale con competizioni finali fra le varie regioni dove si praticava il gioco del calcio, che non erano tutte le regione d’Italia, ma in preponderanza le regioni dell’Italia settentrionale e centrale; figura del giocatore rigidamente dilettantistica e larga partecipazione di stranieri, affluenza di pubblico limitata, se pure appassionata; rapporti internazionali di squadre rappresentative comnciati solo dopo il primo decennio, soddisfazioni in aluni episodi, ma indicanti nettamente, coi loro risultati, una posizione meno che di centro nel concerto del calcio europeo”. (Enciclopedia illustrata del calcio italiano. Almanacco 1939, Milano, 1939, p.25)
1919-20 Solo nel Nord sono ammesse 48 squadre, in 8 gironi.
Il 4 novembre 1918, con la battaglia di Vittorio Veneto, l'Italia vinceva la Prima guerra mondiale. La data era troppo inoltrata per riuscire ad organizzare un campionato per la stagione 1918-19, dunque ci fu molto tempo libero per dibattere l'organizzazione del futuro campionato 1919-20. Le grandi società riproposero con forza la loro idea consistente in una sensibile riduzione del numero dei partecipanti al torneo, guardando al modello inglese, introdotto timidamente nel 1909 ma poi gradualmente abbandonato. Se in un primo momento, nell'Assemblea generale di Torino del 13 aprile 1919, la Federazione sembrò accettare queste richieste immaginando un torneo di transizione strutturato su otto gironi da cui avrebbero dovuto uscire sia le 16 finaliste stagionali, sia le 24 società di élite cui la massima categoria avrebbe dovuto essere limitata dal 1920, col passare dei mesi si fece di nuovo sentire il peso delle molte piccole società interessate a ridurre le spese di trasporto limitando l'attività ufficiale al livello regionale. Furono dunque di nuovo questi ultimi soggetti ad imporsi in Assemblea Federale, nonostante il disappunto delle grandi avesse chiaramente raggiunto un punto critico.
Risultati |
Luogo e data |
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Juventus |
3-2 |
Genoa |
Milano, 16 maggio 1920 |
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Inter |
1-0 |
Juventus |
Genova, 23 maggio 1920 |
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Genoa |
1-1 |
Inter |
Modena, 6 giugno 1920 |
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Classifica
Pos. |
Squadra |
Pt |
G |
V |
N |
P |
GF |
GS |
DR |
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1. |
Inter |
3 |
2 |
1 |
1 |
0 |
2 |
1 |
+1 |
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2. |
Juventus |
2 |
2 |
1 |
0 |
1 |
3 |
3 |
0 |
|
3. |
Genoa |
1 |
2 |
0 |
1 |
1 |
3 |
4 |
-1 |
Risultati |
Luogo e data |
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Inter |
3-2 |
Livorno |
Bologna, 20 giugno 1920 |
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4 luglio 1920 votato trasferimento Federazione a Milano. Scissione e nascita della Lega.
Invero, nella riunione del 4 luglio 1920 che aveva sancito lo spostamento della sede della FIGC a Milano, si era giunti alla rottura e alla costituzione dell'effimera Lega Italiana del Giuoco del Calcio[ ad opera delle maggiori società piemontesi guidate da Juventus e Pro Vercelli forti della presentazione del Progetto Pozzo. Ma già il 25 settembre seguente le secessioniste abdicarono ai loro propositi rientrando nei ranghi federali avendo ricevuto garanzia che il campionato si sarebbe chiuso in anticipo. Che i Comitati Regionali fossero oramai divenuti arbitri insindacabili dei propri rispettivi tornei è inoppugnabile: erano le nuove forze calcistiche a eleggere i loro rappresentanti regionali e spingere perché questo gioco che ormai aveva raggiunto anche tutti gli angoli remoti delle province più piccole portasse alla ribalta nuovi protagonisti. Malgrado continuassero ad anticipare l'inizio dei campionati la formula rimaneva inalterata procrastinando le finali per l'attribuzione del titolo regionale e di conseguenza ritardando la definizione delle squadre qualificate alle eliminatorie nazionali. Se il Piemonte fu l'unico a lasciare il suo torneo inalterato, e la Liguria aumentò di sole due unità le sue iscritte, il Veneto e l'Emilia scissero addirittura i loro tornei in una prima fase (le eliminatorie delle eliminatorie!) e in una fase finale, mentre la Lombardia dato l'alto numero delle squadre iscritte, arrivò ad istituire sei gironi preliminari al girone finale regionale.
24 Luglio 1921 la Pro Vercelli è campione d’Italia.
Il termine di questo infinito meccanismo cadde solo dopo Pasqua, e quindi la Federazione fu costretta addirittura a ridurre la fase nazionale, spezzata in quattro gruppi preliminari al quadrangolare conclusivo e alla finalissima da svolgersi oramai in piena estate, mentre in passato all'inizio dell'estate con l'arrivo della "canicola" tutto era già terminato da più di un mese.
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Torino, 10 luglio 1921
Nota: Il Bologna, abbinato alla vincente di Torino-Legnano, si qualifica automaticamente stante il ritiro delle sue avversarie.
Livorno, 17 luglio 1921
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Torino, 24 luglio 1921
Pro Vercelli |
Pisa |
2-1 |
1921 Pozzo elabora il progetto di riforma del campionato con il quale
(comprende in embrione il passaggio dal dilettantismo al professionismo) ha inizio la fase di transizione. 24 squadre divise in due gironi e con finale fra le vincitrici.
23 luglio 1921 la riforma Pozzo è respinta dai piccoli club. Le grandi vanno via dando vita alla Confederazione calcistica italiana (CCI).
La mattinata della stessa domenica in cui era in programma la finalissima fra Pro Vercelli e Pisa, nel capoluogo piemontese si svolse un Consiglio Federale fra i dirigenti ivi intervenuti per assistere alla gara. Il futuro allenatore della Nazionale, Vittorio Pozzo, si fece interprete dell'insoddisfazione delle grandi società e presentò un suo progetto per una drastica riforma del campionato. La discussione nell'assemblea fu molto accesa, ed anche questa volta, come accaduto molto spesso in passato, furono le piccole squadre che, temendo di scomparire, fecero valere il loro peso numerico, e così il Progetto Pozzo fu respinto.
Stavolta però l'esito fu ben diverso. Le grandi e medie società non erano più disposte ad iniziare una nuova stagione nelle condizioni di quella appena conclusa e, nel giro di pochissimo tempo, tra il 27 e il 28 agosto, [14] ventiquattro fra le migliori squadre del campionato secessionarono in massa dalla FIGC, dando vita privatamente alla Confederazione Calcistica Italiana che rifiutò ulteriori richieste di rientrare in seno alla FIGC [15] e organizzò un torneo strutturato sul modello presentato da colui che condurrà l'Italia alla doppia vittoria mondiale. A questo campionato, vista la genesi della scissione e al rango delle squadre del Nord ci si riferirà spesso, già all'epoca dei fatti, come "torneo delle 24", ma di fatto, oltre alle 24 squadre della Lega Nord, divise in due gironi, parteciparono anche 32 squadre della Lega Sud, divise in cinque gironi su base regionale. Inoltre molte altre squadre minori aderirono alla C.C.I. andando a costituire una vera e propria seconda serie della C.C.I. denominata Seconda divisione.
15 gennaio 1922 per Italia Austria a Milano presenti 16.000 spettatori.
21 maggio 1922 la Novese campione d’Italia.
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Spareggio
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18 giugno 1922 la ProVercelli campione d’Italia CSI
L'idea di Vittorio Pozzo fu senz'altro vincente se, nella prima annata della sua applicazione, in finale si presentarono le due più titolate formazioni del calcio italiano. La maggior parte dei giocatori che scesero in campo avevano già assaporato la gioia della vittoria del titolo. La finale che ne risultò fu assai equilibrata, risolvendosi solo nel ritorno a Marassi con un gol di Alessandro Rampini che sbancò il campo dei temibili avversari genovesi. La finalissima coi romani della Fortitudo diede ai bianchi Leoni il loro settimo sigillo sul campionato, tanti quanti ne avevano all'epoca proprio i genoani.
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Genova |
Genoa |
1 – 2 |
Pro Vercelli |
Marassi Campo Genoa
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Bossola p.t. (aut) |
Marcatori |
Gay p.t., Rampini s.t. |
Finalissima [modifica]
Roma 11 giugno 1922 |
Fortitudo |
0 – 3 |
Pro Vercelli |
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Marcatori |
35’ Rampini, s.t.’ Ceria, 86’ Gay |
Vercelli |
Pro Vercelli |
5 – 2 |
Fortitudo |
|
9’ Gay, 17’ Ardissone, 76’ Rampini, 85’ Rampini, 87’ Ardissone |
Marcatori |
35’ Canestrelli, 78’ Alessandrini. |
26 giugno 1922 votata la riunificazione delle due Federazioni sulla base di un compromesso che amplia ll campionato a 36 squadre.
Estate 1922: per esigenze finanziarie Naples (di Del Pezzo) e Internazionale (di Emilio Reale) si fondono dando vita all’Internaples
19 ottobre 1922 con Gino Olivetti a capo della Juventus inaugurato a Torino il nuovo stadio di Corso Marsiglia con 15.000 spettatori (il primo in Italia costruito in cemento armato)
Finali d'andata della Lega Nord
Vercelli, 13 maggio 1923
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Padova,
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Genova, 10 giugno 1923
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Vercelli,
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Genova, 24 giugno 1923
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Padova, 1º luglio 1923
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24 giugno e 1º luglio 1923
Savoia |
Lazio |
3-3 |
Lazio |
Savoia |
4-1 |
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24 luglio 1923 Edoardo Agnelli (1892-1935) eletto presidente della Juventus (la Famiglia Agnelli entra nella Juve)
1923-24 entra in vigore la riforma Pozzo. Partecipano al campionato 24 squadre del nord e 20 del centro sud
Estate 1923 (1924 scoppia il caso) Rosetta (1902-1975) terzino della Pro Vercelli trasferito alla Juventus per 50.000 lire
PROFESSIONISMO. Clamoroso, nel 1923, il «caso Rosetta», terzino della Pro Vercelli. Il presidente avv. Bozino gli scrive una lettera per concedergli lo svincolo gratuito. La Juventus, tramite l'avv. Peccei, viene a conoscenza dell'episodio e punta su «Viri» per completare con Combi e Caligaris un trio storico. Gli offre l'impiego, contabile presso la ditta Simone-Marsan, con lo stesso stipendio che guadagna da ragioniere a Vercelli: 1050 lire. Vi aggiunge tutte le spese di soggiorno e la prospettiva di ricchi premi. L'avv Bozino, presidente anche della federazione oltre che della «Pro» avalla il trasferimento. La Juventus domina, vincendo le prime sette partite; e scoppia la rivolta. Il Genoa racimola deleghe di società, riesce a far convocare un'assemblea straordinaria della federazione e fa invalidare il trasferimento di Rosetta alla Juventus, cui viene inflitta la penalizzazione di sei punti. L'intero consiglio federale si dimette, la Juventus si ritira dal campionato. Un anno più tardi il geom. Monateri versa 45 mila lire alla Pro Vercelli per risolvere il caso e definire il trasferimento del terzino. A Rosetta viene corrisposto uno stipendio di seimila lire al mese, cifra da capogiro. E queste 45mila lire pagate per un calciatore rappresentano la svolta nella storia del calcio italiano: il passaggio dal dilettantismo al professionismo.
“A partire dalla stagione 1924-25, 34 giocatori delle due prime categorie emigrarono dalla provincia alla città “( Papa-Panico, p.133).
7 settembre 1924 Il Genoa campione d’Italia.
Risultati |
Città e data |
|||
Savoia |
2 - 0 |
Alba Roma |
Torre Annunziata, 3 agosto 1924 |
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Alba Roma |
1 - 0 |
Savoia |
Roma, 10 agosto 1924 |
|
Savoia |
2 - 0 tav. |
Alba Roma |
Livorno, 24 agosto 1924 |
Nota Bene: la gara d'andata si disputò a Roma e finì 2-0 per il Savoia; la gara di ritorno si disputò a Torre Annunziata il 3 agosto 1924 e fu di nuovo vinta dal Savoia (2-0), tuttavia la Federazione accolse il ricorso dell'Alba annullando il risultato della gara d'andata (in quanto l'arbitro aveva fischiato la fine dell'incontro troppo in anticipo invalidandola) e facendola ripetere. La gara d'andata fu ripetuta il 10 agosto e fu vinta dall'Alba, che così pareggiò la serie. La bella si sarebbe dovuta giocare nel campo neutro di Livorno, ma l'Alba dette forfait, consegnando così la vittoria al Savoia.
Finale Lega Nord [modifica]
Risultati |
Città e data |
|||
Genoa |
1 - 0 |
Bologna |
Genova, 15 giugno 1924 |
|
Bologna |
0 - 2 |
Genoa |
Bologna, 22 giugno 1924 |
Finalissima [modifica]
Risultati |
Città e data |
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Genoa |
3 - 1 |
Savoia |
Genova, 31 agosto 1924 |
|
Savoia |
1 - 1 |
Genoa |
Torre Annunziata, 7 settembre 1924 |
Le due formazioni rossoblu (Bologna e Genoa) si ritrovarono di fronte per la finale d'andata sul campo Sterlino di Bologna il 24 maggio 1925. I liguri erano dati come favoriti dalla stampa, ma gli emiliani disponevano di un fortissimo attacco composto da Bernardo Perin, da Angelo Schiavio e dal capitano Giuseppe Della Valle. Il pubblico, foltissimo e rumoreggiante, chiedeva ai padroni di casa la rivincita, dopo il polemico esito dell'annata precedente. Fu comunque il Genoa a passare in vantaggio, nel secondo tempo, grazie ai gol prima dell'ex Alberti e di Catto, mentre allo scadere Schiavio insaccò la rete della bandiera per il Bologna. La settimana successiva, però, l'eccessiva sicurezza giocò ai favoriti grifoni un bruttissimo tiro: in un Marassi stracolmo, il Bologna si portò in vantaggio con un gol di Muzzioli su assist dell'inarrestabile Schiavio. Nel secondo tempo Emilio Santamaria portò la gara sul pareggio ma il Genoa, anziché amministrare il pareggio, continuò a gettarsi all'attacco per cercare la vittoria, e così facendo si scoprì e fu infilato da Della Valle a sette minuti dallo scadere.
Fu quindi necessario uno spareggio, fissato per la domenica successiva, il 7 giugno, a Milano; l'attesa era febbricitante ed il flusso di sostenitori accorsi nel capoluogo lombardo con treni e pullman speciali organizzati dalle società fu così alto da rendere il pur capiente impianto di Viale Lombardia, campo da gioco del Milan, assolutamente inadatto a contenere l'enorme folla, che si accalcò così ai margini del campo: l'arbitro, avvocato Giovanni Mauro, pretese rassicurazioni sull'arrivo delle forze dell'ordine, prima di dare il via alla partita. Il Genoa si portò in doppio vantaggio con Moruzzi e Alberti e gli entusiasti tifosi liguri invasero più volte il terreno di gioco; ciononostante, la partita continuò fino al quarto d'ora della ripresa, quando un tiro del bolognese Muzzioli lambì il palo della porta difesa da De Prà su deviazione dello stesso. L'arbitro indicò l'angolo, ma i sostenitori bolognesi, tra cui si segnalavano noti dirigenti federali e varie camicie nere, entrarono in campo accerchiando il direttore di gara, sostenendo che la palla fosse entrata in porta e uscita attraverso uno squarcio nella rete; dopo tredici minuti di sospensione l'arbitro, che infruttuosamente aveva tentato di darsi alla fuga, convalidò la rete. Mauro assicurò al capitano genoano De Vecchi che avrebbe fatto rapporto dell'accaduto agli organismi giurisdizionali federali, al fine di assegnare la vittoria a tavolino ai Grifoni. In un clima pesante, partita si trascinò tra continue sospensioni e, a sette minuti dalla fine il Bologna pareggiò con un gol di Pozzi, viziato però, riportano le cronache dell'epoca, da un'evidente fallo sul portiere. L'ennesima invasione di campo rese difficoltosa la disputa degli eventuali supplementari, tanto che i genoani, viste le rassicurazioni dell'arbitro, non ritornarono più sul terreno di gioco.
Mauro non seppe però dare seguito alla parola data e la Federazione, il cui vicepresidente era il noto gerarca fascista bolognese Leandro Arpinati, dopo il reclamo dei felsinei, i quali chiedevano a loro volta la vittoria per la mancata disputa dei supplementari, indisse, dopo una lunga bagarre legale, un nuovo spareggio, da disputare questa volta sul campo di Torino, il 5 luglio. Nel capoluogo piemontese fu il Bologna a portarsi immediatamente in vantaggio con Schiavio, ma ancora il Genoa riuscì a pareggiare con Catto; se la partita, disputata in uno stadio praticamente militarizzato, si giocò tranquillamente, non altrettanto si poté dire del rientro dei focosi sostenitori al seguito: si ebbero gravi scontri alla stazione di Porta Nuova, dove i treni che riportavano le tifoserie nelle loro città si trovarono vicini, tanto che due genoani furono feriti addirittura da colpi di pistola. L'opinione pubblica si indignò dell'accaduto, furono presentate interpellanze alla Camera e si optò per la sospensione del torneo fino alla cattura dei responsabili degli incidenti, anche in seguito al rifiuto del prefetto di Torino di ospitare a porte chiuse l'ennesimo spareggio, e alle dimissioni in blocco della dirigenza della Lega Nord data la fallimentare gestione della vicenda.
Domenica 26 luglio venne indetta a Parma (nel ridotto Teatro Regio), l'assemblea generale della Lega Nord. Nell'occasione - con la mediazione dell'dell'ing. Malvano, allora dirigente molto in vista della Juventus di Torino -, il dirigente del Bologna Enrico Sabattini e il rappresentante del Genoa, che era l'avv. Bianchi, si accordarono di dirimere sul campo da gioco la questione della superiorità tra le due squadre. Nella seduta pomeridiana l'ing. Malvano lesse l'ordine del giorno e lo illustrò con appassionate parole all'assemblea, che lo approvò per acclamazione, mentre al tavolo della presidenza l'avv. Murè (Bologna F.C.) e l'avv. Bianchi (Genoa) si stringevano cordialmente la mano. Con quelle acclamazioni e con quella stretta di mano erano sepolte le diatribe, le polemiche, le discussioni di un mese; l'assemblea sovrana dava un colpo di spugna e disponeva che soltanto il campo da gioco sarebbe stato il giudice inappellabile di questo drammatico duello fra le squadre del Genoa e del Bologna. L'ordine del giorno terminava così:
« L'assemblea formalmente e appassionatamente invita le due società finaliste di dichiarare nulli e non aventi efficacia tutti i comunicati resi pubblici e rivolge vivissima preghiera alla F.I.G.C. perché, al fine superiore della concordia, voglia prendere in considerazione i seguenti desiderati: a) restino sospese tutte le deliberazioni prese contro il Bologna F.C.; b) venga esperita un'inchiesta approfondita sui fatti lamentati; c) venga immediatamente, ed indipendentemente dall'inchiesta disposta, dato corso alla disputa della finalissima del campionato. » |
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A sbarazzare poi il terreno da ogni eventuale ritardo o intoppo giunse anche opportuna la elezione di un uomo nuovo (l'avv. Cavazzana) alla presidenza della Lega Nord, non legato alle delibere del vecchio consiglio. Ed infatti il nuovo consiglio della Lega, quale suo primo atto, disponeva che:
« La finale del campionato italiano avrà luogo domenica 9 agosto, sul campo ed ora che saranno comunicate con opportuno preavviso alle società interessate. Alla partita, che si svolgerà a porte chiuse, saranno ammessi soltanto i membri degli enti federali competenti, i giornalisti debitamente autorizzati ed in rappresentanza del Bologna e del Genoa tre membri dei relativi consigli. » |
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La quinta partita venne giocata 9 agosto, alle 7 di mattina, a porte chiuse in un campo alla periferia sud di Milano (quartiere Vigentino[9]) che venne tenuto segreto onde evitare ulteriori incidenti.Il Bologna F.C., sconfisse poi nella finalissima i romani dell'Alba e vinse così il primo scudetto della sua storia.
Finale lega Nord
Risultati |
Città e data |
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Bologna |
1 - 2 |
Genoa |
Bologna, 24 maggio 1925 |
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Genoa |
1 - 2 |
Bologna |
Genova, 31 maggio 1925 |
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Bologna |
2 - 2 |
Genoa |
Milano, 7 giugno 1925 |
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Genoa |
1 - 1 |
Bologna |
Torino, 5 luglio 1925 |
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Bologna |
2 - 0 |
Genoa |
Milano-Vigentino, 9 agosto 1925 |
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Poiché le regole considerate dal campionato prevedevano solo i punti, non avendo rilevanza sia la somma che la differenza dei goal, si rese necessario un nuovo spareggio.
Finalissima
Risultati |
Città e data |
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Bologna |
4 - 0 |
Alba |
Bologna, 16 agosto 1925 |
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Alba |
0 - 2 |
Bologna |
Roma, 23 agosto 1925 |
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Dicembre 1925 Lando Ferretti è eletto presidente del Coni e primo responsabile della politica sportiva nella fase di transizione del fascismo da governo a regime-
Dalla Nota biografica di L. Lo Bianco da Dizionario biografico degli italiani
FERRETTI, Lando. - Nato a Pontedera (Pisa) il 2 maggio 1895 e figlio unico di Vittorio, industriale tessile, e di Clotilde Ricci, iniziò gli studi liceali nel 1909 a Pisa, al termine dei quali partecipò al concorso di ammissione alla Scuola normale superiore della stessa città, risultando primo. Frequentò la Normale dal 1912 fino allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1915, quando fu richiamato e mandato a Modena, alla Scuola militare, per il corso di guerra per ufficiali di complemento. Interventista, partecipò al conflitto in qualità di ufficiale comandante di plotone (tenente) presso il 42º reggimento fanteria sull'alto Isonzo. Ferito durante i combattimenti sul Carso il 29 sett. 1916, cosa che gli valse il conferimento della croce di guerra, ebbe modo, nel corso della convalescenza, di recarsi a Pisa e portare a termine gli studi, laureandosi (con lode) nel 1917 in lettere, con una tesi su "Giosuè Carducci e la letteratura inglese". Dopo un periodo alla scuola allievi ufficiali di Caserta, fu promosso capitano e destinato al 1ºreggimento mitraglieri, operante nella zona di Verona. La fine del conflitto trovò il F. a Trento, presso il Governatorato militare della Venezia Tridentina, formato da ufficiali della 1ª armata. Tornato alla vita civile affrontò con successo, nel 1919, il concorso per accedere all'insegnamento negli istituti classici e tecnici, ma preferì rinunciarvi per dedicarsi alla professione giornalistica, in modo tale da poter coltivare la sua passione per lo sport. Su segnalazione di U. Toffaletti, sempre nel 1919, cominciò a lavorare per la Gazzetta dello sport, occupandosi prevalentemente di motori e dirigendo le relative pagine. Due anni più tardi divenne redattore. Frattanto, nel 1920, il F. si era unito in matrimonio con Elsa Massara. Nel dopoguerra il F. aderì al movimento fascista (al Partito nazionale fascista [PNF] si iscrisse il 1ºluglio del 1922) e partecipò alla marcia su Roma. Conquistato il potere, il fascismo si occupò della stampa cercando di renderla organica al regime, fino alla promulgazione delle leggi "fascistissime" del 1925, con le quali se ne soppresse la libertà, e rivolse il suo interesse anche verso i quotidiani sportivi come la Gazzetta dello sport. In questo quadro il F. rappresentò in seno alla redazione uno dei punti di riferimento del fascismo: nel 1923 entrò nel comitato di direzione incaricato di dirigere la testata in luogo del direttore unico E. Colombo, che rimase comunque nel comitato. Nel nuovo organismo entrarono anche A. Cotronei, A. Cougnet, E. Della Guardia e P. Petroselli. Quest'ultimo divenne in seguito direttore, ma gli impegni accademici erano tali da non permettergli di dirigere effettivamente il giornale, cosa che fece il F., sia pure con la carica di vicedirettore. Nel maggio 1924 il F. fu eletto per la prima volta deputato nel collegio elettorale di Pontedera, per essere riconfermato per altre due ( tre) legislature, fino al 1939. Lasciò la Gazzetta nel 1925 e proseguì l'attività giornalistica a capo della redazione sportiva del Secolo, dove rimase circa due anni, fino a quando non fu eletto dai presidenti delle federazioni sportive, con 20 voti su 22, presidente del CONI (Comitato olimpico nazionale italiano). Divenne così non più se non solamente il responsabile della politica sportiva del regime, ma anche uno dei teorici della dottrina fascista dello sport, considerato fattore essenziale nella formazione dell'italiano nuovo. Lo sport, nel momento in cui il F. assunse tale responsabilità, era articolato in diverse organizzazioni, nuove e vecchie, senza che fossero ben chiare le reciproche responsabilità e competenze. Nel 1926, per porre fine alla diarchia esistente nel settore calcio, diviso fra due federazioni, ne assunse la direzione e promosse la elaborazione e delibera del nuovo statuto, noto come "carta di Viareggio". Sotto la direzione del F. si procedette, in seguito al discorso di Mussolini del 3 genn. 1925, alla riforma degli ordinamenti e degli statuti del Comitato olimpico, affidando, tra l'altro, al capo del governo il potere di nomina del presidente del CONI e di quelli delle federazioni Il F. restò alla guida del CONI fino al 1928, anno delle Olimpiadi di Amsterdam (26 luglio-13 agosto), alle quali si recò accompagnando gli atleti italiani, per divenire successivamente, nel settembre di quell'anno, capo dell'ufficio stampa del capo del governo, incarico che svolse fino al dicembre del 1931.) Contemporaneamente al suo incarico presso il CONI, il F. divenne, dal 1926 al 1929, segretario del Sindacato fascista dei giornalisti lombardi e come tale intervenne, l'8 genn. 1928, presso l'Istituto fascista di cultura a Brescia, sui rapporti tra stampa e regime. Proseguì, inoltre, la sua attività giornalistica, fondando e dirigendo dal 1928 Lo Sport fascista e, dall'anno successivo, Lo Schermo, entrambi fino alla fine del fascismo (1943). ( Caduto in disgrazia repentinamente alla fine del 1931, chiese con insistenza, ma invano a Mussolini incarichi adeguati a quelli ricevuti in passato) Non trascurò, però, i suoi interessi letterari, presiedendo per nove anni, dall'istituzione del 1931 al 1939, il premio letterario Viareggio, e ricoprì la massima carica dell'Istituto italiano del libro. Nello stesso periodo avviò la collaborazione con l'Enciclopedia Italiana, della quale diresse la sezione sport. Nel 1938 venne riconosciuto al F. il titolo di nobile, nel 1941 il titolo comitale, titolo al quale si aggiungerà il predicato di Val d'Era (nel 1943), concessogli da Vittorio Emanuele III. Intanto la posizione del F. sul regime si era fatta critica. ( Accusato di non aver difeso il ministro Ciano , nei corridoi di Montecitorio, da futili rilievi). Pertanto gli fu ritirata la tessera nel febbraio del 1939, ma la sospensione durò poco più di un anno e la tessera gli venne riconsegnata nel dicembre dell'anno successivo. Partecipò anche al secondo conflitto mondiale con il grado di tenente colonnello sul fronte francese, ottenendo una ulteriore ricompensa al valor. Al momento della caduta del fascismo il F. aderì alla Repubblica sociale italiana (RSI), e dall'8 sett. 1943 fino al 25 luglio del 1945 fu editorialista del Corriere della sera e collaboratore della radio della RSI. Nel dopoguerra riprese l'attività giornalistica al Popolo di Roma e al Popolo italiano. Aderì inoltre al Movimento sociale italiano, nel quale ricoprì l'incarico di responsabile della stampa e propaganda per circa venti anni e divenne membro dell'esecutivo nazionale. Fu eletto a senatore del Parlamento della Repubblica, per la prima volta nel 1953 e di nuovo nella III e IV legislatura, per la circoscrizione del Lazio. Dal 1959 al 1969 fece parte della delegazione italiana al Parlamento europeo. Ancora nel dopoguerra pubblicò alcuni volumi: Lo sport (Roma 1949), che ripercorre le vicende dello sport italiano con particolare riferimento agli anni del fascismo, interessante per i vari riferimenti autobiografici, Angelo Mosso apostolo dello sport (Milano 1951) e Olimpiadi (ibid. 1952). Il F. morì a Roma l'8 genn. 1977.Oltre agli scritti già citati va ricordato Esempi e idee per l'italiano nuovo, Roma 1930: raccolta di scritti e discorsi ciascuno dei quali è preceduto da una nota che indica le circostanze e la data in cui si è svolto. Bibl.: R. Piermarini, La nascita del giornalismo sportivo in Italia, Trieste 1963, p. 20.
Estate 1925 Adolfo Baloncieri, calsse 1897, nazionale dal 1920, passa dall’Alessandria al Torino per 70.000 lire
Estate 1925 Gli alessandrini Carlo Carcano (1891-1967), come allenatore e Giovanni Ferrari(6/12/1907-2/12/1982) come calciatore sono ingaggiati dall’ Internaples di Ascarelli. Vi restano un anno prima di far ritorno ad Alessandria. Ferrari viene riacquistato per 12.000 lire, più del doppio di quanto pagato dall’Internaples
22 agosto 1926 Juventus campione d’Italia
domenica 11 luglio 1926 |
Alba Roma |
6 - 1 |
Internaples |
Sede: Roma |
Ziroli (41º) |
Ghisi (65º) |
domenica 18 luglio 1926 |
Internaples |
1 – 1 |
Alba Roma |
Sede: Napoli |
Claar rig. (50º) |
Bukovic rig. (73º) |
La finale fra Juventus e Bologna si svolse, come oramai consuetudine, in piena estate. I rossoblù si presentavano da campioni uscenti, mentre i bianconeri arrivavano all'ultimo atto del campionato dopo cinque anni di assenza.La gara di andata, giocata al campo "Sterlino" di Bologna, vide i padroni di casa portarsi in vantaggio nel primo tempo con Bernardo Perin; nella seconda frazione, i piemontesi ribaltarono la situazione con una doppietta del magiaro Férénc Hirzer, mentre fu Muzzioli a segnare la rete della parità.Nel ritorno in corso Marsiglia a Torino prevalse probabilmente la paura di perdere, scaturendone una scialba gara a reti bianche, e rendendo così necessario uno spareggio che la Federazione fissò per la settimana seguente a Milano.In tale match, arbitrato come i precedenti dall'onnipresente signor Gama, i rossoblù mostrarono quei segni di stanchezza che ne avevano contrassegnato la seconda parte della stagione. Subendo la rete di Piero Pastore nel primo tempo, riuscirono a pareggiare col bomber Angelo Schiavio, ma non seppero recuperare il gol decisivo di Antonio Vojak, siglato a un quarto d'ora dallo scadere dell'incontro.In pieno agosto la Juventus liquidò infine con facilità i romani dell'Alba, detentori del titolo meridionale, e si aggiudicò così il secondo scudetto della sua storia.
Risultati |
Città e data |
|||
Bologna |
2 - 2 |
Juventus |
Bologna, 11 luglio 1926 |
|
Juventus |
0 - 0 |
Bologna |
Torino, 25 luglio 1926 |
|
Juventus |
2 - 1 |
Bologna |
Milano, 1º agosto 1926 |
|
Risultati |
Città e data |
|||
Juventus |
7 - 1 |
Alba |
Torino, 8 agosto 1926 |
|
Alba |
0 - 5 |
Juventus |
Roma, 22 agosto 1926 |
Sintesi del periodo 1919-1926 Attività più spiccatamente interregionale; sviluppo del calcio meridionale, ampliamento dell’attività internazionale, maggior importanza dell’aspetto tecnico soprattutto per l’aumentato numero di partite giocate, crescita del movimento giovanle nazionale.
II) Verso il professionismo (1926- 1960)
2 agosto 1926 emanata la Carta di Viareggio sull’organizzazione calcistica e sugli arbitri, sintesi dell’impegno del presidente del Coni Lando Ferretti e dell’avv Mauro e di Arpinati. (1892-1945) Arpinati, ras del fascismo bolognese, dall’estate 1926 presidente della Figc dal settembre 1929 sottosegretario al ministero dell’Interno, dal dicembre 1931 presidente del Coni. Nel maggio 1933 sarà costretto a lasciare tutte le cariche dopo uno scontro col segretario del Pnf, Starace. La commissione dei tre (Mauro, Graziani e Foschi) ebbe il compito di adattare gli statuti alla mutata realtà politica (mettere la camicia nera al calcio italiano come scrive Ghirelli nella sua Storia). I giocatori divisi in dilettanti e non dilettanti (i quali avevano diritto ad un compenso per il mancato guadagno), versamento delle squadre alla federazione di una percentuale 3-5% degli incassi delle partite di campionato; esclusi gli stranieri (solo 2 nel 1926-27) ed apertura agli oriundi La Federazione è trasferita a Bologna presidente Arpinati, segretario Giuseppe Zanetti. Arpinati dunque ha il compito di mettere in atto la Carta di Viareggio.
ARPINATI, Leandro. - Nacque a Civitella di Romagna (Forlì) il 29 febbr. 1892 da modesta famiglia. Militò dapprima nelle file del gruppo giovanile socialista; trasferitosi a Torino, dove già aveva lavorato qualche tempo da ragazzo, e assunto quale meccanico alla Diatto, prese parte ad agitazioni e scioperi, maturando una nuova esperienza, che gli fece abbandonare il socialismo marxista per abbracciare l'anarchismo. Rientrato a Civitella lavorò quale operaio elettricista, compiendo intanto con qualche successo propaganda anarchica. Collaborò alla Alleanza libertaria di Roma e, non senza schermaglie, alla Lotta di classe di Forlì, allora diretta da B. Mussolini. Ma con Mussolini socialista ingaggiò presto una vivace polemica, avendo in un manifesto attaccato Andrea Costa, reo, a suo avviso, di aver abbandonato l'anarchismo per concludere la propria carriera quale vice-presidente della Camera "borghese". Presero parte insieme, tuttavia, a comizi contro l'avversario comune: i repubblicani. Trasferitosi a Bologna, assunto nelle ferrovie dello stato, frequentò le scuole serali e ottenne il diploma dell'istituto tecnico. Nel 1914, verso la fine d'agosto, capeggiava quel gruppo di interventisti anarchici che iniziarono nella città le agitazioni per la guerra, dando luogo a frequenti tafferugli con i socialisti neutralisti. Il 5 ott. 1914, recatosi con Libero Tancredi e Maria Rygier ad una riunione di anarchici alla Società operaia, fu accolto ostilmente ed infine malmenato per cui, sanguinante, dovette farsi medicare all'ospedale. L'interventismo lo avvicinò a Mussolini, tanto che un suo telegramma di augurio, firmato con lo pseudonimo Vittorio Neri, apparve sul primo numero del Popolo d'Italia. Scoppiata la guerra, fu militarizzato come ferroviere elettricista. Incontratosi con Mussolini a Bologna il 24 maggio 1918, gli dichiarò di accettare il suo programma d'azione. Il 10 apr. 1919 fu tra i fondatori del Fascio bolognese di combattimento, del quale fu in seguito il principale esponente. Incominciate le cosiddette "spedizioni punitive", l'A. fu tra i più violenti, spietati squadristi bolognesi, prendendo parte, coi suoi uomini, ad azioni a Milano, a Monza, a Pavia, ad Ancona, a Rimini, a Lodi (gennaio 1920), ove fu imprigionato dopo uno scontro sanguinoso. In seguito alla schiacciante vittoria socialista a Bologna nelle elezioni amministrative del 31 ottobre dello stesso anno, un vago avvertimento diffuso alla macchia dai fascisti bolognesi alcuni giorni prima dell'insediamento della nuova amministrazione faceva presagire l'intenzione del fascio locale, guidato dall'A., di passare ad azioni di fatto contro i socialisti. Secondo alcune fonti, l'A. avrebbe capitanato il 21 novembre le squadre fasciste che avrebbero compiuto la sparatoría, dalla quale ebbero origine i noti fatti "di palazzo d'Accursio". Pochi giorni dopo, il 1º dicembre, il Fascio bolognese pubblicava il primo numero del settimanale L'assalto, diretto da D. Grandi, che ebbe grande diffusione, mentre una recrudescenza dell'attività fascista si verificava in varie località dell'Emilia. In esecuzione al decreto col quale si intendeva imporre il disarmo nelle province emiliane, l'A. subì nel gennaio 1921 un arresto insieme con Baroncini e Grandi; ben presto rilasciato, si affermò tra i maggiori esponenti fascisti non solo in Emilia. Sin da allora, però, la sua posizione politica, per carattere personale e per la situazione locale, ebbe una particolare coloritura: con altri esponenti emiliani promosse sindacati rurali, in contrapposizione alle leghe rosse, avendo di mira un tipo, di stato "sindacalista" e distanziandosi dal fascismo "cittadino" di altre zone. Avverso a una pacificazione con i socialisti, espose al consiglio nazionale del partito (3 agosto) la tesi del gruppo emiliano: eliminare le cause profonde del disordine anziché procedere a patti con gli avversari. Tale tendenza di rottura, trovò espressione nel convegno che ebbe luogo a Todi nel settembre su iniziativa di Calza Bini e con la partecipazione dell'A., di Grandi e di altri, non pienamente concordi con la linea di Mussolini. Nel frattempo l'A. era nominato segretario federale di Bologna, carica che mantenne fino al 1929, salvo una parentesi nel 1924 dovuta al dissidio fra "arpinatiani" e nazionalisti seguaci di Luigi Federzoni. Nello stesso anno veniva eletto deputato per la 26ª legislatura nella circoscrizione di Bologna (1921-1923) e rieletto poi per la 27ª (1924-1929) nella circoscrizione dell'Emilia e per la 28ª (1929-1934) nel collegio unico nazionale. Dopo l'avvento al potere di Mussolini l'A. aveva svolto per alcuni anni prevalentemente la sua attività a Bologna, ma non per questo la sua azione aveva avuto meno risonanza nell'ambito generale della politica fascista. Solidale con Mussolini nelle discussioni seguite al delitto Matteotti, rappresentò il capo del fascismo a quel "primo convegno fascista di cultura" svoltosi a Bologna il 29 marzo 1925, dal quale ebbe origine il "manifesto Gentile". Nominato nel 1926 podestà di Bologna, l'A. promuoveva la costruzione di quello stadio Littoriale, che il 31 ottobre di quell'anno Mussolini volle inaugurare con una teatrale cerimonia a conclusione, delle celebrazioni anniversarie della marcia su Roma. Per l'attentato Zamboni, verificatosi in quel giorno, l'A. fu sospettato a causa dei suoi rapporti di conoscenza col padre di Anteo Zamboni, vecchio anarchico; i sospetti trovarono credito nella famiglia Mussolini, che pensava ad una congiura di fascisti dissidenti. Le indagini non portarono ad alcun risultato; Mussolini stesso, del resto, non credette alla complicità dell'A. e gli esternò la sua fiducia. L'A. rimase a Bologna sino alla sua nomina a sottosegretario agli Interni (14 sett. 1929); agli inizi di quell'anno aveva espresso la sua avversione alla Conciliazione con la S. Sede. Primo suo atto nella nuova carica fu di allontanare dalla direzione di P. S. il delegato del partito che aveva il compito di riferire alla segreteria ciò che avveniva al ministero degli Interni. Negli anni di attività governativa l'A. si venne a trovare, per il suo atteggiamento ispirato a un concreto senso dello stato e per certa sua tendenza moralizzatrice, in contrasto con la linea del regime: avverso al corporativismo e all'interventismo statale nel settore economico, al militarismo (alla Milizia in specie) e alla ingerenza del partito nell'ambito delle funzioni dello stato, nella tradizione della sua precedente esperienza individualista rappresentò nel fascismo di quegli anni un elemento dissidente, "una specie di conservatore liberale, o meglio liberista, alla Pantaleoni" (Salvatorelli-Mira, p. 548). Numerosi episodi crearono una specie di frattura tra l'A. e alti gerarchi. Il dissenso si acuì quando fu nominato segretario del partito Achille Starace, il quale, però, riuscì a trionfare dell'avversario ottenendo che Mussolini invitasse l'A. a dimettersi (4 maggio 1933). Ritornato a Bologna e ritiratosi in una sua tenuta a Malacappa, l'A. venne sospettato di tramare contro Mussolini: arrestato nella notte del 26 luglio 1934 sotto l'imputazione di avere mantenuto atteggiamento ostile alle direttive e all'unità del regime, venne inviato a Lipari per scontarvi cinque anni di confino. Dopo due anni poté tornare a Malacappa, rimanendovi sotto stretta sorveglianza. Richiamato alle armi come soldato nel 1941, compì un breve servizio di caserma e fu quindi congedato come capo di azienda agricola. Nel 1943 ebbe contatti col principe Umberto, ma non ebbe parte negli avvenimenti del luglio. Dopo la liberazione di Mussolini da parte dei Tedeschi, l'A. non volle accettare le offerte che gli venivano fatte per un rientro politico: incontratosi col capo del fascismo il 7 ottobre alla Rocca delle Caminate ribadì il suo rifiuto di collaborare, probabilmente perché avverso ai Tedeschi e in generale alla politica del restaurato governo fascista. Rimasto nella tenuta di Malacappa, l'A. aiutò poi ufficiali inglesi evasi da un campo di prigionia e partigiani italiani; il 22 apr. 1945, giorno successivo alla liberazione di Bologna, fu ucciso da un gruppo di partigiani comunisti.
Bibl.: T. Nanni, L. A. e il fascismo bolognese,Bologna 1927; M. Gallian, A. politico e uomo di sport, Roma 1928; E. Savino, La Nazione operante. Profili e figure di ricostruttori, Milano 1934, p. 377; C. Senise, Quando ero capo della polizia 1940-1943, Roma 1946, pp. 19-20; A. Tamaro, Due anni di storia (1943-1945), Roma 1948, passim;G. Pini, Itinerario tragico, Milano 1950, passim; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo,Firenze 1950, pp. 164, 206; G. Leto, Ovra, fascismo, antifascismo, Bologna-Rocca S. Casciano 1951, pp. 38, 155-156; Y. De Begnac, Palazzo Venezia, Roma 1951, pp. 557-565 e passim;A. Tamaro, Vent'anni di storia 1922-1943, 3 voll., Roma 1953, vedi Indici;G. Pini-D. Susmel, Mussolini, l'uomo e l'opera, 4 voll., Firenze 1953-55, vedi Indici;L.Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1957, pp. 162, 188, 504, 548 s., 862; Enc. Ital., IV, p. 569; App. I, p. 157; App. II, p. 255.
Leandro Arpinati |
1926 |
1933 |
|
Giorgio Vaccaro |
1933 |
1942 |
|
Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano |
1942 |
1943 |
|
Giovanni Mauro |
lug.1943 |
set.1943 |
Reggente della F.I.G.C |
Ettore Rossi |
set.1943 |
mar.1944 |
Reggente della F.I.G.C. |
Ferdinando Pozzani |
mar.1944 |
lug.1944 |
|
Fulvio Bernardini |
ago.1944 |
nov.1944 |
Reggente della F.I.G.C. |
Giovanni Mauro |
ago.1945 |
mag.1946 |
Commissario per l'Alta Italia |
Ottorino Barassi |
dic.1944 |
mag.1946 |
Reggente della F.I.G.C. |
Ottorino Barassi |
mag.1946 |
gen.1958 |
|
Bruno Zauli |
feb.1958 |
1959 |
Commissario straordinario |
Umberto Agnelli |
1959 |
1961 |
|
I agosto 1926 l’assemblea dell’Internaples decide il cambio di nome: nasce l’Associazione calcio Napoli per iniziativa di Giorgio Ascarelli. Nel campionato 1926-27, il Napoli partecipa al primo campionato nazionale nel girone A giungendo ultimo con 1 punto. Perde 17 partite su 18. Nasce il Ciuccio.
31 ottobre 1926 inaugurazione a Bologna dello stadio Littoriale alla presenza di Mussolini (attentato Zamboni)
Estate 1926 Fulvio Bernandini (1905-1984) si trasferisce dalla Lazio all’Inter con un ingaggio di 2.500 lire all’anno e l’iscrizione alla Bocconi dove poi si sarebbe laureato (Tavella p.43)
BERNARDINI. L'«Anonima sequestri» ha origini meno remote che il calcio-mercato. Ma l'Inter, che sta per trasformarsi in «Ambrosiana» fa rapire il ragioniere Milesi per sottrarlo al Milan e vincere un derby fuori campo. Poi ecco un altro trasferimento clamoroso attraverso la «via aziendale» che aveva portato De Vecchi dal Milan al Genoa: quello di Bernardini. Vent'anni, centromediano della Lazio, diploma di ragioniere in tasca, viene assunto a Torino dalla Banca Nazionale di Credito. Il direttore, Marconi, gli raccomanda di lasciar da parte il pallone e di pensare a più concrete prospettive; può laurearsi e migliorare la posizione in banca, fare carriera. Il rag. Fulvio promette di studiare avanti, di frequentare l'università ma non gli si imponga di smetterla di tirare calci, belli e buoni, con i piedi morbidi come sa fare. L'Inter cerca proprio un centromediano, Bernardini sarebbe l'optimum. Il dottor Bertini, direttore dell'agenzia milanese della Banca nazionale di credito, anche con gli uffizi del fiorentino Magnolfi esperto di tecnica bancaria e tifoso nerazzurro, si mette in contatto con il collega torinese, accenna al desiderio del giovane Bernardini di studiare e di giocare. A Torino non avrebbe forse la possibilità di contemperare i suoi programmi. Il rag. Fulvio viene così trasferito da Torino a Milano ed indossa la maglia nerazzurra. Mantiene però la promessa: si laurea alla Bocconi
Febbraio 1927 commissariato il Direttorio Divisioni Superiori, defenestrato il presidente Baruffini (vice presidente del Milan), sostituito col il segretario Ottorino Barassi.
29 maggio 1927 per l’inaugurazione internazionale del Littoriale al cospetto del Re e di 60.000 spettatori l’Italia batte la Spagna per 2 a 0
10 luglio 1927 scudetto vinto dal Torino revocato – da Arpinati - per lo scandalo che vede coinvolto il terzino juventino Luigi Allemandi (1903-1978) che accetta il compenso di 50.000 lire per non impegnarsi nel derby del 5 giugno vinto dai granata per 2 a 1. Di fronte alla mancata riscossione del saldo nasce il litigio che fa scoprire il caso. Allemandi si dichiara innocente, ma verrà squalificato a vita e poi amnistiato.
Sei grandi firme del calcio italiano si ritrovarono dunque a contendersi lo scudetto del 1927; fra di esse, l'unica a non aver mai vinto il titolo in precedenza era il Torino. La nuova formula del torneo riproponeva, dopo sei anni, i derby fra squadre della stessa città.Le due milanesi, Inter e Milan, evidentemente soddisfatte da una buona stagione dopo annate piuttosto tribolate, diedero chiari segni di appagamento accasandosi sul fondo della graduatoria. Fu invece proprio il Torino a spiccare il volo: trascinati dal cosiddetto Trio delle Meraviglie composto dall'argentino Julio Libonatti, dal piemontese Adolfo Baloncieri e dal ligure Gino Rossetti, i granata ottennero due fondamentali successi casalinghi sul Bologna e nel derby. Fu così che, il 19 giugno battendo il Milan, il Torino poté festeggiare il suo primo storico tricolore.Fu però una vittoria di Pirro: l'autunno successivo, le conseguenze del cosiddetto "Caso Allemandi" privarono i granata di questo trionfo. Ad inchiodare i torinesi fu proprio la succitata vittoria nel derby, ritenuta conseguita in maniera truffaldina.
Pos. |
Squadra |
Pt |
G |
V |
N |
P |
GF |
GS |
DR |
|
1. |
Torino |
14 |
10 |
7 |
0 |
3 |
17 |
15 |
+2 |
|
2. |
Bologna |
12 |
10 |
5 |
2 |
3 |
14 |
6 |
+8 |
|
3. |
Juventus |
11 |
10 |
5 |
1 |
4 |
24 |
13 |
+11 |
|
4. |
Genoa |
9 |
10 |
4 |
1 |
5 |
15 |
21 |
+6 |
|
5. |
Inter |
8 |
10 |
3 |
2 |
5 |
13 |
16 |
-3 |
|
6. |
Milan |
6 |
10 |
2 |
2 |
6 |
13 |
25 |
-12 |
|
|
|
Estate 1927: gli oriundi
ORIUNDI. Nel 1927 la federcalcio chiude le frontiere, consentendo il tesseramento soltanto di giocatori «oriundi», di origine italiana ma nati e residenti all'estero. Il provvedimento fa lievitare i prezzi del mercato. C'è la caccia a calciatori con cognomi italiani, con qualche goccia di italico sangue nelle vene, si consultano registri anagrafici per trovare il nonno a qualche campione. Arrivano a frotte dal Sudamerica: tutti i calciatori argentini, uruguayani ed anche brasiliani si scoprono di colpo italiani. Qui le squadre pagano bene, il futuro è assicurato
1928 Italia terza alle Olimpiadi di Amsterdam. Grande risalto della stampa fascista.
22 luglio 1928 Il Torino è campione d’Italia.
Pos. |
Squadra |
Pt |
G |
V |
N |
P |
GF |
GS |
DR |
|
1. |
Torino |
19 |
14 |
8 |
3 |
3 |
33 |
18 |
+15 |
|
2. |
Genoa |
17 |
14 |
7 |
3 |
4 |
30 |
27 |
+3 |
|
3. |
Juventus |
16 |
14 |
7 |
2 |
5 |
23 |
17 |
+6 |
|
3. |
Alessandria |
16 |
14 |
6 |
4 |
4 |
31 |
25 |
+6 |
|
5. |
Bologna |
15 |
14 |
5 |
5 |
4 |
28 |
18 |
+10 |
|
6. |
Milan |
14 |
14 |
5 |
4 |
5 |
21 |
24 |
-3 |
|
7. |
Inter |
11 |
14 |
5 |
1 |
8 |
27 |
37 |
-10 |
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8. |
Casale |
4 |
14 |
1 |
2 |
11 |
14 |
41 |
-27 |
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1928 la Juventus ingaggia per 100.000 lire l’oriundo Orsi ma non lo può impiegare fin quando la legge delle doppia nazionalità non andrà in vigore l’anno successivo nel primo campionato a girone unico
RECORD. Ci sono «oriundi» autentici campioni (Monti, Guaita, Scopelli, Cesarini, Stabile, Demaria, Orsi ed altri) ma pure tantissimi «bidoni». I campioni arrivano nella scia di Libonatti che al fianco di Baloncieri dà vita a quella «ditta Libonatti-Baloncieri» che fa grande il Torino. La Juventus demolisce il primato di Rosetta: paga 100 mila lire il cartellino dell'uruguayano Raimondo «Mumo» Orsi al quale riconosce cinquemila lire al mese e gli regala l'auto Fiat 509!
Primavera 1929 Vittorio Pozzo, nominato Commissario Unico della Nazionale
Vittorio Pozzo (Torino, 2 marzo 1886 – Torino, 21 dicembre 1968) è stato un allenatore di calcio e giornalista italiano. Vittorio Pozzo nacque da una famiglia di origini biellesi, precisamente di Ponderano e di modeste condizioni economiche. Frequentò il Liceo Cavour a Torino, la sua città natale; in seguito studiò lingue e giocò a calcio in Francia, Svizzera ed Inghilterra, amando particolarmente quest'ultimo paese e cercando di carpire e far suoi i segreti del calcio.Da calciatore militò nella squadra elvetica dei Grasshoppers (anni 1905-1906), che lasciò per tornare nella sua Torino, dove contribuì a fondare il Torino Football Club, squadra nella quale militò per cinque stagioni, sino al ritiro dall'attività agonistica, nel 1911, e di cui fu direttore tecnico dal 1912 al 1922.Terminati gli studi, entrò alla Pirelli, dove divenne dirigente, incarico che lascerà per assumere quello di commissario unico della nazionale italiana, pretendendo la singolare condizione di non essere retribuito.Pozzo venne nominato per la prima volta commissario unico (o commissario tecnico che dir si voglia) della nazionale di calcio in occasione delle olimpiadi di Stoccolma, nel giugno 1912: era l'esordio assoluto per una selezione italiana in una competizione ufficiale. La squadra venne eliminata al primo turno perdendo 3-2 con la Finlandia dopo i tempi supplementari. Pozzo si dimise e tornò a lavorare alla Pirelli; la nazionale ritornò nelle mani della cosiddetta "commissione tecnica", un curioso comitato variamente composto da dirigenti federali, arbitri, calciatori, ex calciatori, allenatori e giornalisti. In tutto il suo primo periodo la nazionale fu guidata da questo gruppo eterogeneo di composizione variabile: Pozzo fu di fatto la sola persona a rivestire il ruolo di commissario unico sino agli anni sessanta, con le brevi eccezioni di Augusto Rangone(1925-1928) e Carlo Carcano (1928-1929).Pozzo prese parte alla Prima guerra mondiale in veste di tenente degli Alpini. Questa esperienza lo segnò profondamente: ne trasse un'esperienza di rigore morale ed educazione alla modestia e all'essenzialità spartana della vita di trincea che applicò costantemente ai rapporti umani e alla professione sportiva.Nel 1921, Pozzo fu incaricato dalla Federcalcio di studiare una soluzione di compromesso alle tensioni tra le grandi squadre e le società minori perché le prime ritenevano che il numero di partecipanti al campionato andasse ridotto. La mediazione di Pozzo fallì e la crisi sfociò nella scissione tra la FIGC e la CCI, rientrata comunque l'anno seguente.Nel 1924, in occasione delle olimpiadi parigine, Pozzo venne nuovamente nominato commissario unico. Questa volta gli azzurri riuscirono ad arrivare ai quarti, dove vennero battuti per 2 a 1 dalla Svizzera. Anche in seguito a questa sconfitta Vittorio Pozzo si dimise e tornò a dedicarsi al suo lavoro e alla moglie, che poco tempo dopo perderà per una malattia incurabile. Dopo la scomparsa della moglie, Pozzo si trasferì a Milano, dove al suo lavoro in Pirelli, affiancò quello di giornalista per La Stampa di Torino, che continuò quasi sino alla morte.Nel 1929 l'allora presidente della Figc Leandro Arpinati gli chiese di guidare nuovamente la squadra azzurra e Pozzo, per la terza volta, accettò, dando il via al periodo d'oro della nazionale italiana.Nel volgere di un decennio, Pozzo collezionò un palmarès difficilmente eguagliabile. Vinse infatti due titoli mondiali (1934, e '38); un oro olimpico nel 1936 (l'unico della storia) e due Coppe Internazionali (1930 e 1935).In un'epoca in cui i maghi erano ancora sconosciuti, Vittorio Pozzo seppe crearsi una solida popolarità senza fare ricorso ad acrobazie tecniche e verbali, ma con la concreta eloquenza dei risultati. Anche se non sempre seppe o volle liberarsi dalla retorica imperante dei tempi (amava preparare spiritualmente i giocatori agli incontri ricordando loro la battaglia del Piave, e si diceva che facesse cantar loro le canzoni di guerra degli alpini), Pozzo dimostrò una rigorosa serietà morale e professionale che lo contraddistinse anche da commentatore sportivo.Il tenente Pozzo fu anche il primo a fare uso sistematico dei "ritiri", i periodi di isolamento in preparazione di un evento sportivo. Le sedi scelte normalmente erano residenze molto essenziali, in omaggio allo stile militaresco del CT, che però era anche un maestro nel creare spirito di gruppo e nel cementare i rapporti personali, prevenendo malumori e lacerazioni nello spogliatoio.Riguardo alle critiche ricevute per aver convocato giocatori oriundi nel vittorioso mondiale del 1934, riferendosi al fatto che gli stessi prestavano servizio nell'esercito, disse: "Se possono morire per l'Italia, possono anche giocare per l'Italia".Su pressioni della Federcalcio Pozzo diede le dimissioni da commissario tecnico il 5 agosto del 1948. Era ritenuto un uomo del passato, non più adatto a ricoprire il suo ruolo: veniva identificato con i successi sportivi del regime fascista. Inoltre rimaneva un convinto assertore della validità del metodo, mentre le squadre maggiormente vincenti all'epoca applicavano il sistema. Tra queste, paradossalmente, c'era il Grande Torino, ossatura della sua nazionale negli anni del secondo dopoguerra.Al momento del ritiro Pozzo era stato commissario tecnico della nazionale per 6.927 giorni: un primato difficilmente eguagliabile. Aveva collezionato 97 panchine con la nazionale, con un totale di 65 vittorie, 17 pareggi e 15 sconfitte. La sua percentuale di vittorie è pari al 65,97% delle partite giocate: anche questo un record tra i CT azzurri.Pozzo morì il 21 dicembre del 1968, all'età di 82 anni, a Torino e le sue spoglie riposano nel cimitero di Ponderano (BI), suo paese di origine.
7 Luglio 1929 Il Bologna è campione d’Italia.
Il deciso attivismo di Leandro Arpinati al comando della FIGC partorì nell'estate del 1928 una novità che divenne tappa storica per il Calcio italiano. Il mondo del pallone tricolore era infatti oramai pronto per dare una svolta che lo portasse ad assumere un'organizzazione simile a quella dei maestri inglesi; per raggiungere tale scopo, i continui cambiamenti di format del torneo dovevano terminare per sempre. Fu così decisa quella svolta che portò all'introduzione anche in Italia della formula del girone unico all'inglese. L'ultima finale nella storia del campionato italiano fu dunque disputata fra i campioni uscenti granata e i forti rossoblu emiliani. Nell'andata, a Bologna, i felsinei si imposero nettamente grazie al gol del capitano Giuseppe Della Valle e alla doppietta del bomber Angelo Schiavio, mentre i piemontesi, in evidente difficoltà, non riuscirono ad andare oltre la rete della bandiera siglata verso lo scadere dall'oriundo Julio Libonatti. Nel ritorno, al Filadelfia, forte del pubblico amico, la squadra scudettata riuscì a tenere molto meglio il comando del gioco, segnando nel secondo tempo ancora con Libonatti. Grazie al regolamento, che prevedeva di calcolare unicamente gli esiti delle partite senza riguardo alla semplice conta dei gol segnati, il Torino riuscì a pareggiare la serie, guadagnandosi uno spareggio che la Federazione fissò per la settimana successiva a Roma.Allo stadio Nazionale del PNF di Roma l'altissima posta in palio determinò una gara assai contratta: le cronache riportano che non fu una partita molto esaltante, specialmente per un'epoca in cui la media delle reti segnate in una partita di calcio era decisamente più alta rispetto ad oggi. L'incontro si trascinò a reti inviolate fino all'ottantaduesimo minuto, quando Giuseppe Muzzioli riuscì a battere il portiere granata Vincenzo Bosia. Il risultato non cambiò più e il Torino, dopo due anni da protagonista, dovette così cedere lo scettro ai rossoblu, che festeggiarono il secondo scudetto della loro storia.
Risultati |
Città e data |
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Bologna |
3 - 1 |
Torino |
Bologna, 23 giugno 1929 |
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Torino |
1 - 0 |
Bologna |
Torino, 30 giugno 1929 |
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Bologna |
1 - 0 |
Torino |
Roma, 7 luglio 1929 |
Il Professionismo calcistico, articolo di Pozzo sulla Stampa di Torino dell’8 settembre 1929.
Il periodo dei trasferimenti fa affiorare ogni anno una piccola folla di problemi, che ai cambiamenti di Società da parte dei giocatori direttamente si connettono: professionismo, moralità dei trapassi, sproporzione fra i mezzi finanziari investiti e gli scopi pratici ottenuti, opportunità di certi mutamenti, convenienza di tanto rimescolio agli effetti del miglioramento del giuoco. Ecco, che ogni anno vi sia chi parte e chi arriva, è inevitabile ed è anche spiegabile. Il Calcio e sport dinamico per eccellenza e non sempre coloro che lo praticano, trovano di primo acchito la nicchia in cui piazzarsi, lavorare e vivere. Anzi, di nicchie, nel senso comodo della parola, non ne esistono nel giuoco : tutto si muove in esso, tutto si modifica e si trasforma. Si agita il giocatore sul campo, si agitano le squadre nella classifica, si agita il giuoco nella sua evoluzione. Quindi, le trasmigrazioni vanno considerate un po' come un male necessario: il regolamento pensa, del. resto, a mantenerne la percentuale al livello più basso che sia possibile. Ma uno dei lati meno belli della questione è dato dalla mentalità di tanti interessati che essa rivela, nonché dal fenomeni di natura tecnica che essa pone in luce. Ad enunciarlo nudo e crudo, l'aspetto della questione a cui alludiamo è questo: la Società che, nell'intento di rinvigorire la propria squadra, ricorre puramente agli acquisti dal di fuori, dimostra la propria incapacità passata e presente a produrre internamente quel mezzi tecnici che sono i giocatori, e dà prova aperta di disperare nella propria capacità produttiva avvenire. Comperare. Comperare su vasta scala, ed a qualunque prezzo. Equivale, primo di tutto, a riconoscere che non si è saputo dar vita a nulla di positivo, o di promettente in casa propria. Vuol dire, in secondo luogo, allungar l'occhio e la mano nell'orto del vicino, per portar via agli altri, pur pagando regolarmente, quanto non si è in grado di possedere in casa. Ma comperare, come mezzo esclusivo per formare o rinvigorire una squadra, vuol dire anche un'altra cosa. Significa conferire al professionismo forme e proporzioni che esso non dovrebbe affatto possedere, e significa anche non portar contributo alcuno al rinnovamento ed al ringiovanimento dei quadri del Calcio nazionale. Guardiamoci attorno. Diciotto squadre giocheranno la stagione prossima nella Divisione Nazionale. La Divisione Nazionale è la categoria somma del Campionato, ed essa è stata questo anno sfrondata, e depurata di una quantità di valori secondari, appunto per riunire in una categoria sola quanto di eletto il Calcio italiano possiede in fatto di tecnica, di capacità organizzativa e di forza finanziaria. Per giustificare la misura e contemporaneamente per dar vita e sostanza tecnica ad una lotta, che dovrebbe avere un carattere cosi elevato, occorrerebbe, calcolando un minimo di quindici uomini per ognuna delle diciotto squadre, — minimo inconfutabilmente inferiore alte necessità reali, data la durata e la durezza eccezionali della prova — la presenza di duecentosettanta giocatori di classe eccelsa. Esiste un numero consimile di giocatori in Italia al momento attuale? V'è da dubitarne. Vi son Società, che essendosi proposte quest'anno di dare una sistemazione completamente nuova alla loro prima squadra, han potuto al massimo riempire qualche lacuna, ed han dovuto fermarsi per il rimanente di fronte alla difficoltà insormontabile della mancanza di elementi disponibili sul mercato. Per tenere in vita una organizzazione mastodontica, come quella del Calcio nostro, è necessario, è indispensa bile che ogni anno nuove energie vengano immesse nel tronco. Forze fresche e genuine debbono sopravvenire ogni stagione a ringiovanir l'ambiente. I giocatori arrivati debbono sentire uno stimolo a lavorare, debbono essere impediti di addormentarsi sulle posizioni conquistate, dal fatto che elementi più giovani cerchino di prender loro il posto, dal fatto che di sotto si spinga per salire. Sotto questo aspetto occorre che le Società si convertano in veri e propri organi di produzione Ma, proprio a questo particolare dovere, le Società mancano apertamente Di figure nuove, di energie, che sbocchino come per via naturale, di elementi, che imponendosi portino un tono di freschezza nell'ambiente, se ne vedono pochi. I buoni, gli eccellenti giocatori sono rari. Il Torino perdette il suo centro di seconda linea, Janni, ed il Bologna cessò di funzionare come attacco al momento che più non potè allineare un veterano, come Dellavalle. E, se si vuol di più, le due Società torinesi, per dare una iniezione di vigoria alle proprie squadre, dovettero superare questa estate quella che fu certo una difficoltà di ordine morale, e pensare a Viola e ad Allemandi. Perché? Perché non vi era altri da prendere. Questo sistema di non tendere che al giocatore di gran nome, di non occuparsi che della vedetta, dovrà pur venire abbandonato un giorno. Sulla strada della resipiscenza già ci han preceduto quelle Società d'Austria, che camminarono davanti a noi sulla via del professionismo. A Vienna, quest'anno, i movimenti dei grandi giocatori sono stati quasi nulli. Si è capito che alla lunga la stella acquistata a carissimo prezzo raramente dava un rendimento corrispondente alla somma investita. E si è capito pure che, tirando le somme, il sistema finiva per stroncare i virgulti ed intisichire l'ambiente. Sapete come nacque, in fatto dì giuoco, Smistik, quel centro di seconda linea del Rapid, che tanto contribui all'ultima sconfitta dell'Italia a Vienna? Nacque dal nulla. Fu preso dal direttore tecnico del Rapid, da una piccola Società della periferia, come materia greggia da studiare e da curare: e fu studiato e curato, tanto che in pochi mesi giunse all'onor della prima squadra non solo, ma spodesto anche il titolare del posto di centro di seconda linea della squadra Nazionale austriaca. Era nulla e divenne tutto. Questo è allevare. Giorno verrà anche da noi in cui le Società, quando avranno bisogno di uomini nuovi, ricorreranno ai giovani, e proveranno ed insisteranno, finché, risolvendo il loro caso, esse avranno dotato lo sport nazionale di una schiera di nuovi campioni. Giorno verrà in cui, più che agli uomini in vista, le Società, principalmente quelle che han mezzi a disposizione, dedicheranno la loro attenzione e concentreranno le loro energie su coloro che han talento da sviluppare. E le Società, cui è maggiormente affidala la difesa del buon nome del Calcio nazionale, avranno a lato della grande squadra, un piccolo vivaio di giovani calciatori. E i calciatori di grido penseranno per conto proprio a ridurre al minimo gli sbalzi della propria forma, che troppa gente sarà pronta ad occuparne il posto non appena l'occasione si presenterà. Quel giorno, il professionismo sarà ridotto a forme normali ed a proporzioni accettabili. Si comincerà a non più offrire denaro per prestazioni di giuoco a persone che proprio non meritano di venire retribuite, per lo scarso valore tecnico che posseggono: e cosi si costringerà a lavorare tutta una schiera di giovani, che ora si incanalano verso la scioperataggine. Si abbasseranno immediatamente i livelli massimo e medio dogli emolumenti, che la maggior offerta farà sentire indubbiamente il suo effetto sui prezzi correnti. E si renderà un segnalato servizio al nostro sport, sia nel senso tecnico, come in quello morale. Professionisti pochi, che lo meritino tutti, e retribuiti con somme nulla affatto iperboliche, compra-vendita di uomini limitatissima, e livello e tono generale del giuoco più elevato e più spigliato. Questo giorno giungerà tanto più presto, quanto più rapidamente le Società si convinceranno che la salvezza non sta nel pagar caro, ,ma nel produrre molto, e che, come in altri campi di attività nazionale, il miglior modo di far l'interesse del singolo, è quello di mirare all'utile della comunità. Non vivere su quanto già esiste e sfruttare quanto già funziona, ma generare, produrre, creare. Vittorio Pozzo.
Giugno 1929 la Figc si trasferisce a Roma. Il 12 settembre con la nomina a sottosegretario agli Interni si trasferisce anche Arpinati.
1929-30 primo campionato italiano a girone unico. L’Ambrosiana è campione d’Italia-
Il presidente del Napoli Ascarelli ingaggia Garbutt ed allestice una squadra competitiva che giungerà al 5° posto-Il 16 febbraio inaugurato il nuovo stadio e a marzo morte improvvisa a 36 anni di Ascarelli.
Bilancio di 27 campionati precedenti: 9 Genoa(1898-1924), 7 Pro Vercelli (1908-1922, ultimo CCI), 3 Milan (1901-1907), 2 Juventus (1905-1926), 2 internazionale-Ambrosiana (1910-1930), 2 Torino (1927-1928, di cui uno revocato), 2 Bologna (1925-1929), 1 Casale (1914) e 1 (Novese 1922, Ficc)
1930 Il punto sugli stadi. Esistevano 2405 stadi costruiti e gestiti dai comuni.
Dal 1926 dopo l’inaugurazione del Littoriale di Bologna si avvia il passaggio dai privati (modello inglese) al pubblico. Fino ad allora stadi sorti per iniziativa delle squadre. A Torino 1911 lo Stadium con pista per le corse dei cavalli, poco funzionale e poi abbattuto. A Roma lo stadio Nazionale, ma la Roma giocava al motovelodromo Appio e la Lazio al campo della Rondinella.Nel 1924 lo stadio Moretti ad Udine, nel 1926 il Filadelfia a Torino e San Siro a Milano (utilizzato dal Milan mentre l’Inter giocava all’Arena), nel 1929 il Testaccio a Roma dove nel 1928 fu ricostruito come polisportivo lo Stadio nazionale. Nel 1932 lo stadio Giovanni Berta a Firenze. Negli anni trenta sono inaugurati il Littorio a Trieste, la Favorita a Palermo il Mussolini a Torino (costruito in 180 giorni nel 1933) il Cibali a Catania, il Menti a Vicenza, l’Ascarelli a Napoli e ristrutturato il Marassi a Genova
ANTEFATTO
Sbarcato da clandestino sul finire dell'Ottocento, dopo essere stato a lungo imbucato nella stiva di chissà quale nave inglese, il pallone cominciò a rotolare tra gli italiani con l'umiltà e la circospezione dell'ospite indesiderato. Il concetto di sport popolare, inteso come distrazione dagli impegni lavorativi (il cosiddetto diporto non è che lo spostarsi altrove, il dedicarsi ad altro), non era ancora stato elaborato in un paese in cui la miseria e il bassissimo tasso di scolarizzazione rendevano un lusso inconcepibile l'idea stessa del "tèmpo libero". Le società ginnastiche, sorte in molte città del Nord nel corso del XIX secolo - unica forma di associazionismo ricreativo -, erano in realtà consorterie ristrette assolutamente incapaci di svolgere una qualsiasi funzione aggregante. Cosa che invece riuscì fin dal primo momento a quel singolare aggeggio di cuoio, attorno al quale si strattonavano incuriositi i marinai di Genova, di Napoli, di Palermo.
Dovette aspettare a lungo, il foot-ball, prima di abbandonare la banchina. Le società ginnastiche storcevano il naso di fronte al giocattolo d'importazione così poco confacente alle compassate abitudini dei loro soci. Quando si decisero ad accoglierlo, gli attribuirono un ruolo marginale: un'arruffata baraonda nella quale si facevano coinvolgere di tanto in tanto podisti e ginnasti al termine dello loro - serie - esercitazioni. Il passatempo del passatempo. E dove invece nacquero - come a Genova - società calcistiche, fu per iniziativa di marinai o studenti inglesi, incapaci di sopravvivere lontano da casa senza il loro amato foot-ball. In questo modo comunque, il pallone abbandonò i porti e trovò i primi campi.
Niente a che vedere, sia chiaro, con i curatissimi prati inglesi: ci si doveva accontentare delle immense spianate delle piazze d'armi o dei terreni sconnessi e spelacchiati della periferia. Lo scarso pubblico, amici o aspiranti giocatori, si sistemava alla meglio attorno al campo: qualcuno portava la sedia da casa. Alla finale del primo campionato italiano di calcio, giocato a Torino in una sola giornata (l'8 maggio 1898) assistettero 153 persone, sistemate su una rudimentale tribuna di legno.
Solo una cordicella divideva il pubblico dai giocatori. Gli spogliatoi? Un capanno di legno, se c'era. Altrimenti si arrivava già vestiti di tutto punto, mutandoli e scarpe chiodate comprese. A Roma i pionieri della Lazio risolvevano il problema della doccia tuffandosi nel Tevere.
Quando la federazione ha la bella pensata di riunire i migliori giocatori italiani in una rappresentativa nazionale - 1910 - l'unico contesto adatto per accogliere un pubblico un po' più numeroso del solito è l'Arena di Milano, monumento alla grandeur napoleonica, datato 1805. Solo negli anni Dieci sorgono impianti vagamente somiglianti a stadi, in grado di ospitare quattro-cinquemila spettatori (l'Inter si trasferisce al campo di via Goldoni, la Juventus in via Marsiglia, il Bologna allo Sterlino, la Lazio alla Rondinella): il calcio non è più un divertimento da dopolavoro.
Ma è alla metà degli anni Venti, quando il regime fascista comprende quale valore può avere lo sport popolare come veicolo di propaganda, che il calcio diventa un fenomeno di massa. Tra il 1926 e il 1934, l'anno dei Mondiali italiani, sorgono i primi grandi stadi: il Littoriale a Bologna, il San Siro a Milano, il Filadelfia e il Comunale a Torino, lo stadio del PNF e quello di Testaccio a Roma, l'Ascarelli a Napoli, il Berta a Firenze. Accanto ai colossi, grazie a un piano di agevolazioni che prevedeva la costruzione di un campo da calcio e degli impianti per l'atletica alla modica cifra di 150.000 lire, proliferarono le piccole strutture sportive.
Estate 1930 Enrico Colombari (1905-1983) acuistato dal Napoli per 265 mila lire.
Dal 1930- 31 al 1934-35 la Juventus di Edoardo Agnelli vince 5 scudetti di fila
18 dicembre 1932 si gioca a Torino Juventus Ambrosiana davanti a 14.000 spettatori e con un incasso di 140.000 lire
5 maggio 1933 estromesso Arpinati, la Federazione è gestita dal trinomio Vaccaro (presidente), Mauro, Barassi (segretario)
1934 l’Italia di Pozzo vince il campionato del mondo
14 luglio 1935 muore Edoardo Agnelli. Il figlio Giovanni sarà presidente nel 1947
Settembre 1935, parte la conquista dell’impero; Vecchiet parte al posto di Frossi
COMANDI. Sono spesso dirigenti attivi del partito fascista i presidenti delle società. Così taluni trasferimenti avvengono tramite conoscenze altolocate, in cambio di determinati favori che non sempre hanno carattere calcistico o sportivo. O addirittura sono «comandati». È il caso di Annibale Frossi, che gioca nel Padova. Il 12 settembre 1935 il caporal maggiore Frossi, fante della «Gran Sasso», è imbarcato sulla motonave «Saturnia» nel porto di Napoli. Mancano poche ore per la partenza per l'Africa Orientale, c'è l'Impero da conquistare. Serena, successore di Starace alla segreteria del partito, dà ordine che il «caporal maggiore Frossi Annibale deve scendere». E di persona spiega allo stupefatto fante che, anziché andare a combattere in Etiopia, giocherà nella squadra dell'Aquila. Un attaccante così, che il ct. Pozzo già aveva adocchiato per la Nazionale olimpica, può guidare la compagine abruzzese alla promozione promessa da Serena. Al posto di Frossi parte per l'Africa Bruno Vecchiet. Frossi si distingue, viene poi provato dalla Lucchese e subito, per 50 mila lire, finisce all'Inter.
Primavera(?) 1936 Lauro alla presidenza del Napoli al posto di Savarese.
1936 l’Italia vince le Olimpiadi
1938 l’Italia vince il secondo campionato del mondo
Sintesi del terzo periodo dal 1926 al 1940: calcio e fascismo. Ruolo della Federazione, girone unico, dilettanti/professionisti; organizzazione dei campionati in serie A,B,C,; disposizioni ed obblighi in materia economica delle squadre (obbligo del versamento per contanti dell’ammontare dei trasferimenti)
1941-42; il calcio di guerra
GUERRA. Le truppe italiane invadono l'Albania. Chi sa che nel Paese appena occupato ci sono alcuni calciatori di talento? La Juventus e la Roma, pronte a sfruttare la situazione. Lustha e Krieziu, questi i due campioni albanesi, diventano italiani per effetto della guerra. La mezzala Lustha scopre il Piemonte, completa l'attacco della Juventus, mentre l'ala destra Krieziu si ferma nella Capitale e fa parte della squadra che nel 1941-42 conquista lo scudetto. Intanto che la guerra si allarga, qualcuno scopre la conduzione «aziendale» — ma non si può dire «manageriale», visti i tempi — delle società di calcio. L'innovatore è — scusate il gioco di parole — il commendator Ferruccio Novo. Nel campionato va di moda il Venezia, trascinato dal tandem Loik-Mazzola. Il presidente granata comincia a creare quello che è destinato a diventare il «grande Torino» prelevando proprio Ezio Loik e Valentino Mazzola: dalla Laguna al Po, dalla maglia neroverde a quella granata. Il prezzo di un milione per la coppia di mezze-ali più forte e meglio affiatata del calcio italiano dimostra il lievitare dei costi, dovuto anche all'ingresso di Novo nella trattazione di questi affari. Novo diventa il polo del mercato. Per somme di poco inferiori alle 100 mila lire il suo Torino acquista ancora Ballarin e Grezar dalla Triestina, poi Castigliano dallo Spezia ed infine Gabetto dalla Juventus. Il passaggio dell'elegante centravanti da una riva all'altra del Po solleva discussioni e polemiche, ma mai come per quello di Peppino Meazza dall'Ambrosiana Inter al Milan. Il clima bellico incombe sempre di più.
1943-45:guerra civile. La Federazione si divide. Nel sud liberato il governo del calcio è affidato a Bernardini e Barassi. Nel Nord la direzione rimane nelle mani di Giovanni Mauro
14 ottobre 1945 ha inizio il primo campionato italiano del dopoguerra
RICOSTRUZIONE. Nell'immediato dopoguerra esplode il calcio. C'è da ricostruire anche il mondo del pallone, che già qualche anno prima stava assumendo una veste manageriale per iniziativa del commendator Novo presidente del Torino. Mancano però i giovani, conseguenza diretta del periodo bellico, e si riaprono le frontiere per rinsaguare le nostre squadre, nell'intento pure di non far scadere il contenuto tecnico dei campionati. Ed è in tale contesto che il mercato fa notizia. Vi si affacciano due personaggi che resteranno inimitabili: Paolo Mazza, presidente della Spal, che riassumeva in sé anche le funzioni e le mansioni del segretario-manager, e Giuseppe «Gipo» Viani, che tra una disputa e l'altra per contendere a Rocco la paternità del «calcio all'italiana» — con l'impiego cioè del libero, già adottato dal capitano Barbieri con la squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia nel campionato di guerra 1943-44 e prima ancora ideato da Banas nel Padova nel quale militava proprio Rocco — fiuta il futuro. Viani porta la Salernitana in Serie A e, mentre arrivano a frotte gli stranieri, i sudamericani più o meno oriundi, più o meno autentici campioni, e si scopre anche il filone europeo, «Gipo» manovra i trasferimenti alla corte del principe Raimondo Lanza di Trabia.
14-16 maggio 1946 assemblea della Federazione. Il principio elettivo sostituisce quello gerarchico anche se ciò non comporta un cambiamento sostanziale dei dirigenti (Papa-Panico, p.239) La Svezia incanta alle Olimpiadi di Londra del 1948
TRIO SVEDESE. Giocano in Italia autentici campioni, come il trio svedese Gren-Nordhal-Liedholm ricostituito dal Milan dopo l'exploit svedese all'Olimpiade di Londra 1948; come i danesi John e Karl Hansen, Praest, che si sono messi in luce giocando contro gli azzurri olimpici; come l'ungherese Nyers, gli argentini Verdeal, Martino, Curti, Ricagni. E sì potrebbe allungare l'elenco dei «bravi». Ma arrivano anche i «bidoni», addirittura le controfigure. I sudamericani Bovio, Cerioni, Pedemonte e Zapirain vedono la neve all'Arena e piantano in asso l'Inter. C'è il curioso affare di Felix Benegas, centravanti del Paraguay avversario dell'Italia ai mondiali del 1950 in Brasile, che approda alla Triestina. Ma resta sempre il dubbio che non fosse il vero «9» paraguayano, bensì il fratello; dubbio provocato dall'insufficienza tecnica del giocatore...
Estate 1950 comincia la carriera di allenatore Fulvio Bernardini
Nel 1950 Bernardini tornò alla Roma in veste di allenatore, ma la sua avventura fu interrotta da un brusco esonero. Allenò quindi la Reggina in serie C e il Vicenza in Serie B, dal 1951 al 1953. Successivamente vinse invece lo scudetto alla guida della Fiorentina e del Bologna (prime squadre non-milanesi e non-torinesi in grado di aggiudicarsi fino ad allora i Campionati italiani di calcio nel dopoguerra) e la Coppa Italia del 1958 con la Lazio. Bernardini fu latore di un credo calcistico fondato sul "WM elastico" e gli spazi liberi, il quale non si basava sul passare il pallone direttamente al compagno, ma nel lanciarlo in quello spazio libero dove questi era in grado di arrivare prima dell'avversario. Era tuttavia convinto che nel calcio la tattica «non è importante» e che «una squadra forte la fanno soltanto i piedi buoni dei suoi giocatori»[4]. Grazie a dette idee e alla summenzionata tattica, che ricorda quella utilizzata dalla vittoriosa Nazionale brasiliana del campionato del mondo 1958[4], Bernardini riuscì a vincere lo scudetto con la Fiorentina. Col Bologna conquistò il campionato del 1963-1964, offrendo un calcio gradevole e redditizio specie sotto il profilo realizzativo, che consentì di ottenere il record di dieci vittorie consecutive. Il percorso verso la vittoria finale non fu tuttavia ageovole: il 4 marzo 1964, durante il girone di ritorno che il Bologna stava giocando ad alti livelli, furono comunicati gli esiti dei test antidoping effettuati un mese prima dopo la vittoria per 4-1 sul Torino, che videro risultare positivi cinque calciatori rossoblu (Fogli, Pascutti, Pavinato, Perani e Tumburus). Bernardini fu accusato di aver somministrato le sostanze proibite a insaputa dei giocatori e squalificato per un anno e mezzo, mentre la squadra ottenne la sconfitta a tavolino per la gara contro il Torino e, in aggiunta, un punto di penalizzazione[5]. Il ricorso esperito dalla società, che dimostrò di essere estranea alla vicenda, fece sì che i punti le venissero riassegnati, così il Bologna poté agganciare l'Inter in testa alla classifica a tre giornate dal termine. La situazione non mutò e le squadre rimasero appaiate fino all'ultima giornata, rendendo pertanto necessario uno spareggio per l'assegnazione del titolo (tuttora unico caso in Italia). Quattro giorni prima dell'incontro decisivo il Bologna perse il presidente Renato Dall'Ara, che morì per problemi cardiaci, ma a Roma, il 7 giugno 1964, batté l'Inter per 2-0, aggiudicandosi dunque il campionato. Nella circostanza Bernardini indovinò un'importante mossa tattica, schierando il terzino Capra all'ala, in modo da marcare l'attaccante avversario Mario Corso, che difatto venne neutralizzato[4]. Nel 1965 Bernardini inizia una lunga carriera a Genova come allenatore della Sampdoria. Il suo affiancamento a "Pinella" Baldini però non basta ad evitare la retrocessione (dopo un famoso rigore non dato contro la Lazio). Ma l'anno successivo guida la cavalcata nel Campionato cadetto e quindi, dal 1966 al 1971 consente la permanenza in Serie A alla Sampdoria. Dal 1971 al 1973 sarà il Direttore Sportivo del Brescia Calcio scoprendo tra gli altri Alessandro Altobelli. Nel 1974 gli venne affidata la Nazionale, che guiderà fino al 1977, quando venne sostituito da Enzo Bearzot. Ritornerà a Genova dal 1977 al '79 come Direttore Generale della Sampdoria. Poco tempo dopo si ammalerà di morbo di Gehrig (sindrome laterale amiotrofica o SLA) e dopo circa tre anni, il 13 gennaio 1984, morirà a causa di esso [6], come si evince anche dal certificato di morte. Solo 20 anni dopo verrà data importanza al motivo della sua morte (per altro avvenuta a 78 anni quindi ad un'età in cui la SLA, seppure malattia rarissima, può colpire), per il fatto che a partire dal 2003 il magistrato torinese Raffaele Guariniello sta indagando tra le connessioni tra Calcio e SLA.
Estate 1951 l’Atalanta acquista per 33 milioni il campione svedese Jeppson
Estate 1952 Jeppson acquistato da Lauro per 105 milioni (75 all’Atalanta e 30 in Svizzera al calciatore)
IL MEDIANO IN REGALO. A Milano operano sempre di più Mazza e Viani, il principe Lanza di Trabia acquista il danese Bronèe, poi sposa l'attrice Olga Villi e sorge l'aneddoto che le abbia «regalato» il mediano laziale Fuin, finissimo palleggiatore. Dalla Scandinavia, dove opera Pagliarini, arriva il centravanti Jeppson, «fiutato» dal dirigente atalantino Tentorio. Un anno in maglia nerazzurra bergamasca, poi il clamoroso colpo: il comandante Lauro lo porta a Napoli. Prezzo da capogiro: 105 milioni. E l'inizio di un mercato sempre più folle. Mazza si rivela grandissimo talent-scout. Viani un organizzatore eccezionale. La coppia ha in mano il mercato. Mazza mette a segno alcuni colpi notevoli: preleva l'ala Astorri per 250 mila lire dallo Schio e lo rivende per due milioni alla Juventus; cede il trio De Lazzari, Montanari, Brandolin alla Lazio a dodici volte il prezzo pagato all'origine; preleva per tre milioni Pandolfini dalla Fiorentina e lo rivende sempre ai viola per 15 milioni. Il mediano Nesti costa 700 mila lire, passa all'Inter per 35 milioni; decuplica il valore dell'ala Frizzi.
Gipo Viani si dà una struttura organizzativa estremamente efficiente che gli permette di dominare il mercato di acquisti e vendite dei calciatori
Viani allestisce una fitta rete di informatori, opera per tutte le società, per tutti quelli che gli chiedono consigli. Dirige un'organizzazione capillare. Il cinquanta per cento dei movimenti del mercato è sotto suo controllo. Ad ogni affare allarga i confini della sua tenuta agricola a Nervesa della Battaglia. I maligni dicono che «Gipo» battezza i capi di bestiame con i nomi dei giocatori che ha venduto... Di vero è che egli è un professionista che domina un ambiente dilettantistico, guidato da mecenati. Viani «inventa» le opzioni sui giocatori a campionato ancora in corso, per bruciare la concorrenza. Ricorre persino a trucchi. Frignani, ad esempio, passa all'Udinese parecchi giorni dopo la chiusura delle liste: basta far apporre sull'espresso con cui si notifica il trasferimento un timbro retrodatato... Il mercato registra l'arrivo di altri intermediari che cominciano a far concorrenza a Viani ed a Mazza: il toscano Giacchetti «inventa» le comproprietà quando si deve definire lo status di Dell'Angelo fra la Fiorentina e il Prato.
Non gli è da meno Mazza L'ASSEGNO DI LAURO. Mazza in pochi minuti vende al Napoli il portiere Bugatti per 55 milioni: Lauro gli consegna un cartoncino ricavato da un pacchetto di sigarette svizzere sul quale ha scritto «pagate 55 milioni» e sotto ci ha messo l'autografo. «Vai alla Commerciale», dice a Mazza. Il giorno dopo il presidente della Spal riscuote tranquillamente 55 milioni presentando quel bigliettino allo sportello dalla Banca Commerciale di Palermo. Lauro è sindaco di Napoli. Il calcio gli serve anche per la sua immagine di primo cittadino. Nel 1960 batte il record di Jeppson: paga 375 milioni per l'accoppiata Pivatelli-Ronzon offertagli da Viani. I giornali scrivono che non ci sono più frontiere.
III) Gli effetti del boom economico (1961- 1983)
I958-1967 Il periodo buio della Federazione
Un altro periodo buio che costa all'Italia un pedaggio pesantissimo in termini sportivi e politici: mortificata ai Mondiali in Brasile (1950) e in Svizzera (1954) e addirittura eliminata in fase di qualificazione quattro anni dopo, nel 1958.
E' una crisi pesante anche per la Figc: si dimette il presidente Ottorino Barassi, aprendo la strada a una gestione commissariale, nelle mani di Bruno Zauli.
Ma proprio il periodo del commissario straordinario favorisce la profonda trasformazione dell'intero apparato federale e delle sue strutture: vengono istituite le tre Leghe, l'Associazione Arbitri viene trasformata in Settore della Figc e nascono altri due Settori di servizio: quello Tecnico, che conserva la sua sede a Coverciano, e quello Giovanile Scolastico, che dà nuovo impulso ai vivai e al rapporto con il mondo della scuola.
Esaurito il mandato del commissario Zauli, al vertice della Federazione arriva Umberto Agnelli che però ben presto decide di lasciare l'incarico perché troppo assorbito dagli impegni Fiat.
Dura poco anche il periodo di Giuseppe Pasquale, travolto dal fallimento della Nazionale ai Mondiali del 1966 contro la Corea.
Giuseppe Pasquale |
1961 |
1966 |
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Artemio Franchi |
1966 |
1976 |
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Franco Carraro |
1976 |
1978 |
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Estate 1961:la stella Allodi
ALLODI. Il calcio-mercato diventa il fenomeno dei tempi. A Milano confluiscono sempre più operatori, consiglieri, accompagnatori, curiosi. Il «Gallia» diventa il polo dell'attenzione estiva. All'orizzonte spunta Italo Allodi; dal Mantova all'Inter, dalla provincia alla corte di Moratti che fa grande la squadra nerazzurra. Allodi riassume le doti di Viani e il fiuto di Mazza. In breve li supera. Nel 1961 porta a Milano lo spagnolo Suarez: 280 milioni, nuovo record per un giocatore. La dimensione aumenta, è ormai un fatto di costume. Si entra nella vera epoca manageriale, precorsa da Viani, perfezionata da Allodi. I presidenti di società cambiano, uno degli ultimi mecenati resta il conte Marini Dettina presidente della Roma, il quale vuole assumere Mazza (gli offre 50 milioni l'anno) perché diventi general-manager della società giallorossa; e per acquistare giocatori — non sempre valgono sul campo quanto gli costano — deve sacrificare alcuni capolavori di Tintoretto o Tiepolo intaccando il patrimonio di famiglia.
Estate 1962: il primato della Juventus SCUDETTO DEL GALLIA. La stampa assegna «lo scudetto del Gallia» alla squadra che mette a segno il colpo più importante. L'atmosfera nell'albergo milanese cambia e peggiora ogni estate, si espande sempre più il profumo dei milioni. A centinaia. Quando sta per scoccare la mezzanotte dell'ultimo giorno, quando il mercato «chiude», il presidente interista Moratti raduna stampa e presidenti, gli operatori più conosciuti, nel bar dove Oscar, il barman che assiste a molte contrattazioni ma custodisce gelosamente i segreti, stappa bottiglie di champagne. E un tocco di classe cui Moratti tiene. Intanto la Juventus nel 1962 stabilisce il nuovo primato: alla riapertura delle liste, in ottobre, preleva dalla Sampdoria l'ala Mora per 350 milioni. I bianconeri hanno un'ala vera, dopo che Dell'Omodarme ha fatto il pendolare fra Ferrara e Torino, andata e ritorno con aumento notevole di prezzo, da 30 a 220 milioni. E Mazza sorride.
1963 Il Milan di Viani e Rocco vince la Coppa dei Campioni
Nuovi record nell’estati del 1963 e 1964
Ogni estate è scandita da colpi a sensazione: mezzo miliardo nel 1963 per Sormani dal Mantova alla Roma; 525 milioni l'anno dopo per Meroni dal Como al Torino (ad affare concluso, Rocco, allenatore granata, raccomanda al giocatore venuto al Gallia per presentarsi al neo-presidente Pianelli: «Bisognerebbe tenerti in vetrina sotto una campana di vetro...»). L'ambiente del mercato comincia però a degradarsi. Nella confusione del «Gallia» si intrufolano troppi curiosi, arrivano dirigenti di società persino di Serie D, con il viaggio pagato dalla colletta degli amici. Bisogna essere al Gallia, questa la moda. E lo status symbol. Arrivano a frotte. E non tutti, poi, pagano il conto...
1964 e 1965 l’Inter di Herrera vince due edizioni consecutive della Coppia dei Campioni
Estate 1965 Il Napoli tornato in serie A ingaggia Sivori e Altafini
IL MERCATO fa crescere la febbre dell'estate. Davanti al «Gallia» centinaia, addirittura migliaia di tifosi attendono notizie sui trasferimenti più clamorosi. Quando il Napoli tratta Sivori, sul piazzale ci sono parecchi scugnizzi che indossano la maglia azzurra con il numero 10, applaudono ogni qual volta un dirigente della società entra o esce dall'albergo. L'atmosfera da Barnum trasforma la hall dell'albergo quasi in un bivacco. Kermesse fra parolai, tutti hanno il campione da piazzare, tutti giurano sulle sue qualità. Andirivieni in ascensore, telefoni che squillano dappertutto, P.R. all'opera per magnificare il centravanti o il portiere; svolazzanti donnine pronte a partecipare ai brindisi di rito per suggellare qualche affare.
1966 Con l'avvento di Artemio Franchi, il calcio italiano torna protagonista anche in campo internazionale.
Estate 1967: Gioacchino Lauro strappa Zoff alle grandi
L'avvento di Gioacchino Lauro al vertice del Napoli porta nuova vivacità, anche simpatia, in un mercato che già freme per la caccia a Riva e sul quale, ovviamente, il dirigente cagliaritano Arrica è il più corteggiato. Nel luglio 1967 Gioacchino Lauro fa il «colpo alla napoletana». Milan e Inter si contendono a lungo Zoff, portiere del Mantova. Ad ogni colloquio il prezzo sale. Il Napoli sta alla finestra, attraverso alleanze esterne segue la trattativa passo per passo. Si avvicina la mezzanotte, chiusura del mercato. Dove giocherà Zoff? È il grande interrogativo. Si attende l'arrivo di Moratti, come sempre in extremis, giusto in tempo per siglare l'ultimo affare e brindare a champagne. C'è una folla davanti al Gallia, telecamere TV, il mercato è fenomeno nazionale che polarizza tutto. Tifosi irrequieti, polizia per tenere un po' d'ordine, ma anche gli agenti sono tifosi. Moratti deve entrare da una porta secondaria. Mezzanotte suonata, tappi che saltano, Zoff che resta al Mantova. Cinque minuti dopo il fatidico termine si brinda intorno a Gioacchino Lauro: il Napoli annuncia l'acquisto di Zoff. Non sarebbe legale, a mercato chiuso. Ma le vie delle raccomandate sono infinite e tutto diventa regolare. Che sono, in fondo, solamente cinque minuti per un portiere di calcio?
Primavera estate 1968: il caso Anastasi
A volte negli acquisti di giocatori bravi c'entra anche il caso, la fortuna. Come per Pietruzzu Anastasi.
Il Varese gioca in serie B a Catania; la squadra riparte in aereo il lunedì, il volo è completo, c'è una signora prossima alla maternità che deve raggiungere in fretta Milano. Il manager varesino Casati le cede il posto. Resta a Catania un giorno, per curiosità assiste ad un allenamento di calcio della Massiminiana e scopre Anastasi. Lo paga 45 milioni. L'aveva rifiutato Mazza «perché non si fidava». Il Varese viene in A, Anastasi fa 11 gol ed è in vetrina. Fraizzoli, da poco presidente dell'Inter, medita il colpo. Sogna di affiancare il centravanti siciliano a Mazzola, e tratta con insistenza senza limiti di cifre. Il 18 maggio 1968 l'Inter gioca in amichevole con la Roma a S. Siro, l'occasione buona per provare il tandem Mazzola-Anastasi. Il centravanti varesino segna due gol, Fraizzoli è felice, la signora Renata sorride gioiosa. Fraizzoli pensa che sia ormai sufficiente siglare un accordo che gli hanno detto praticamente concluso.
Paga l'ingenuità del nuovo arrivato. Poco distante da lui, nella stessa tribuna d'onore dello stadio meneghino, il presidente varesino Borghi annuncia che Anastasi è della Juventus. Nessuno, prima di quel momento, aveva sentito nemmeno sussurrare il nome della «Signora» a proposito di Anastasi. Prezzo ufficiale 660 milioni. Ma pare che il pagamento avvenisse attraverso forniture industriali, apparati motori per i frigoriferi della Ignis.
Nel '68, l'Italia di Valcareggi si laurea Campione d'Europa, nel 1970 vice-campione del Mondo in Messico.
3 luglio 1968 nasce l’Associazionae italiana calciatori
L'Associazione Italiana Calciatori nasce ufficialmente il 3 luglio del 1968: a costituirla è un gruppo di giocatori che, a Milano, nello studio del notaio Barassi, firma l'atto costitutivo espletando le necessarie formalità legali.Del gruppo fanno parte Bulgarelli, Mazzola, Rivera, Castano, De Sisti, Losi, Mupo, Sereni, Corelli e Sergio Campana, avvocato, che da appena un anno ha lasciato il calcio giocato accettando l'invito di assumere la direzione dell'Associazione.L'idea di costituire un sindacato nasce dall'esigenza di una difesa della figura del calciatore, ancora non ben delineata e sufficientemente tutelata, un sindacato che sia riconosciuto come interlocutore da Federazione e Leghe e che avesse come propri rappresentanti gli stessi calciatori .Inizialmente l'Aic raccoglie solamente i calciatori di seria A e B, mentre, successivamente, nasce l'esigenza di integrare anche la serie C (1971) e la serie D (1973). Uno dei principali obiettivi dell'Aic è proprio il riordino di questo settore, i cui calciatori erano etichettati come "semiprofessionisti", vale a dire atleti con tutti gli obblighi del professionista, ma con uno status giuridico di dilettante. Si arriva, dopo anni di scontri, ad una ristrutturazione dei campionati, alla suddivisione in C1 e C2 con la serie D che, passando nei dilettanti nel 1981, esce dall'Associazione.
Gennaio 1969 Corrado Ferlaino dopo aver acquistato il 51% del Napoli è eletto presidente della società
L´ingegnere che seppe costruire il miracolo-scudetto DI GUSTAVO AFFINITA Un concetto viene fuori nitido, l´altro si frantuma in una esitazione. Corrado Ferlaino è l´ingegnere del dubbio. Ha nutrito di dilemmi la vita e di nebbie le biografie. La sua è l´esistenza irrisolta di un uomo che ha vinto. Conserva una sagoma sfumata, malgrado i mille ritratti finiti nella sua galleria. «Forse - sussurra sedendosi - non è il caso di parlare di calcio. Che ne dice?». Alla sua arruffata cortesia non rinuncia mai. Resta tuttora difficile staccarlo dagli scudetti, da Savoldi e Maradona. E da ognuna delle leggende che da sempre prosperano attorno ai suoi silenzi. Di lui si poteva dir quasi tutto. Raramente reclamava la ribalta per vestirsi da tribuno, per piazzare una propria versione dei fatti. Gli bastava che la verità fosse altrove, tenuta sotto chiave, custodita come un diamante. E se proprio era costretto a tirarla fuori, sapeva spargerla qua e là, lasciando nelle mani di ciascuno solo un frammento illeggibile della mappa. «Per carità. Ogni segreto del Napoli, ogni mossa di calciomercato, non la rivelavo a nessuno, nemmeno a mia moglie. Ora vivo questa fase da ex come una disintossicazione. Sa quante volte, in questi anni, mi hanno posto domande del tipo: "ingegne´, dica la verità, è pentito, sotto sotto vorrebbe rientrare?" Non so quanto mi crediate. La risposta autentica è soltanto una: nemmeno per sogno. L´esperienza da padrone del Napoli è stata affascinante e devastante. Penso spesso a una frase di Achille Lauro. Quando ebbe chiaro che il Napoli l´avrei tenuto io, mi disse: "vedrai che saranno pochissimi vantaggi e tante, tantissime grane". Ora so cosa volesse dire. Aggiungo che la Guardia di Finanza si mosse immediatamente per dargli ragione. Nemmeno avevo messo piede nella sede del club, era il ‘69, e già partiva con un´ispezione. Mio padre, quando gli dissi d´aver comprato il Napoli, ebbe un solo commento: "tu sei pazzo". Ma basta col calcio. Da questo momento starò attento a non parlarne più». E dunque avvicina i ricordi distanti. Sepolti nella Napoli coi palazzi sbrecciati e le macerie, la Napoli da ricostruire che il papà ingegnere venuto dalla Calabria rimette in piedi un po´ per sé un po´ col ruolo di alto funzionario del Comune. «Io nasco in via Arcoleo, a un passo dal mare. Ma ho una gioventù tutta vomerese. A diciannove anni abitavo in via Scarlatti, in un palazzo costruito da mio padre. Qui conobbi Flora, figlia dei dirimpettai. Per lei provai un´attrazione che mi divorava. Ma Flora chiarì subito che, se la volevo, avrei dovuto sposarla. E allora la sposai, e non avevo ancora vent´anni. Passò qualche mese e m´accorsi d´una nuova dirimpettaia. Carina anche questa, che potevo farci? Me ne innamorai. Di lì a poco partì misteriosamente con la famiglia, e non la vidi più. Venni a sapere che s´erano trasferiti a Parigi, e che mio padre aveva orchestrato e pagato tutto. Voleva che mi concentrassi sugli studi. Dopo qualche anno inaugurai l´avventura di imprenditore. In società col mio amico Enrico Verga comprammo suoli nella zona collinare della città, col sogno di tanti palazzi e tanti negozi. Ci fu chi polemizzò, perché nel progetto si vedevano edifici ammassati l´uno sull´altro, troppo vicini tra loro. Può anche darsi che avesse ragione. E allora comprammo una pagina sui quotidiani. La lasciammo volutamente spoglia, al centro sistemammo il disegno di un indiano, un pellerossa che invitava tutti a raggiungerlo nelle praterie di questo nuovo quartiere. Un espediente che suggeriva spazi sconfinati. In più, inventai un nome che ancora adesso trovo geniale: Rione Alto. Stuzzicava i sogni di chi vuole elevarsi, sentirsi altolocato. L´idea funzionò. Il valore dei suoli si moltiplicò. Dalla cessione ricavai una cifra enorme. Troppo grossa per conservarla tutta. Corsi a Genova, Salone della Nautica. Volevo la barca più bella. Conclusi l´acquisto e mi presentai a Capri da protagonista. La mia "Estela de Luna" faceva un figurone. A proposito, visto che si riesce a non parlare di calcio?». Lui ne avrebbe parlato pochissimo soprattutto quando dalla carica di presidente si sentiva inseguito. «Non potevo prendere un caffè o salire su un taxi. Era un assalto continuo: "allora, ingegne´, lo compriamo un centravanti? Preside´, sentite a me, servono un terzino di fascia e un regista...". E io, diciamolo, non ero per niente adatto a far passerella tra la gente». Adesso srotola giorni che in passato frequentava pochissimo. «Il Napoli non è mai stato il mio lavoro, ma molto, molto di più. Mi sono sempre sentito un imprenditore prestato al calcio. Ed oggi sono tornato nel mio vecchio recinto. Io al Napoli davo più di ventiquattro ore al giorno. Sul finire degli anni Novanta, con la crisi degli stadi, col calo d´interesse, tanti si sono accorti della dittatura di quei due o tre grandi club del Nord. In realtà era così pure quando comprai la società, poco meno di quarant´anni fa. Quei pochissimi hanno sempre gestito mezzi e poteri negati a tutti gli altri. E a noi si chiedeva di essere competitivi, di strappar loro gli scudetti. Io ci ho provato tutte le volte in cui ho potuto. Con Vinicio in panchina, con l´acquisto di Savoldi, con Krol. Poi ho capito che bisognava fare altro. Molto altro. L´ingrediente decisivo delle vittorie è stato l´arrivo di Maradona, non c´è dubbio. Ma avrebbero neutralizzato anche lui se non avessi aggiunto tanta attività diplomatica. Ero arrivato al punto da non avere vacanze mie. Le trascorrevo con la famiglia nelle località preferite dai presidenti federali in carica. Estate o inverno, non importa. In Kenya, in Svizzera. Ho seguito tutti: Sordillo, Nizzola, Matarrese. Era fondamentale intrattenere col potere rapporti stretti, continui. E le necessità non si fermavano lì. Dovevi aver certi rapporti pure con De Mita, con Pomicino. Era il solo modo per esistere davvero». La politica resta però solo una redditizia stampella. Loro usano lui. Lui usa loro. «Un giorno mi proposero un seggio al Parlamento. Rifiutai. Nei panni dell´onorevole capitato lì per caso non mi ci vedevo. Altri accettarono, penso a Dino Viola. Non credo che l´abbia mai considerato un gran successo». Quando il presidente degli scudetti è solo un ingegnere, si tiene vivo con le intuizioni edili e le corse in auto. Sfida con Porsche e Ferrari la Targa Florio e il Mugello, e con le ruspe una nuova prateria ai Colli Aminei. Rione Alto è già affidato alle realizzazione pratica di altri. La sua vocazione autentica è quella di acquistare suoli, ottenerne l´edificabilità, creare progetti e poi vendere tutto, carte e terreni. Durante uno dei mille party a Capri conosce Patrizia Sardo, la seconda vera compagna della vita. Da lei avrà due figli, Luca e Cristiana, che si aggiungono a Giulio e Tiziana, frutto del primo matrimonio. In seguito ci sarà Francesca, nata da una Patrizia successiva e più ingombrante, la Boldoni. «All´inizio dei Settanta, la crisi petrolifera paralizzò il lavoro. Affidai il Napoli ad altri e partii per il Venezuela. Anche lì comprai suoli, dei quali credo di essere tuttora il proprietario. Mettemmo su progetti, ma non se ne fece nulla. Tornai per rituffarmi nel Napoli. Dicevano che fossi uno dei re del mercato. Era divertente, lo ammetto. Il segreto? Allora pochissimi erano informati sui calciatori. Bisognava sapere, conoscere, arrivar primi, e si poteva anche prendere qualche campione vero a prezzi modici. Il mio avversario era Italo Allodi. Lo presi nel Napoli per non averlo più contro. Ero anche ossessivamente attento a tenere la camorra fuori dal Napoli. Un giorno venne un tizio, disse di essere "il Lupo". Mai visto. Usò il tono di chi è certo d´essere riconosciuto. Spiegò che a lui spettavano biglietti e favori vari. Lo feci cacciare. Un paio di mesi dopo lessi che l´avevano ammazzato. Lo so, sto parlando di calcio, ma non lo faccio apposta». Non gli credevano nel ‘69, quando pareva un precario alla guida del Napoli. Non gli credevano nemmeno nel 2002, quando se ne liberò. «Non è stato facile rinunciarvi, ammetto anche questo. Già nel 2000 avevo più d´una offerta. Insisteva molto il mio amico Mario Maione, ora presidente del basket, ma voleva almeno tre quarti del Napoli. Scelsi Corbelli perché s´accontentava della metà. Due anni dopo decisi la cessione definitiva e intanto rompevo il matrimonio con Patrizia Boldoni». Al fianco ha adesso Roberta Cassol. Chiude un´epoca, ne apre un´altra. Soprattutto, apre un albergo ad Ercolano. Rileva Villa Aprile, dimora del Seicento del Miglio d´Oro, e ne fa un hotel di lusso. Fa sua una quota robusta dell´Hotel San Francesco a Napoli. Mostra d´aver saputo sottrarre alle pressioni delle banche le sue vecchie proprietà, scongelate dopo la fase del grande debito vissuta negli anni Novanta. La fa finita anche con la sua casa simbolo. La residenza di corso Vittorio Emanuele, ceduta nei mesi scorsi per 6 milioni di euro, luogo spesso bersaglio di verniciatori ostili e talvolta di lanciatori di molotov. Continuerà ad occuparla sognando il trasloco nella dimora dei sogni, Palazzo D´Avalos in via Dei Mille. «Edificio del quale conservo da anni una fetta importante della proprietà. Dei terreni a Giugliano mi sono liberato. Sto lavorando su alberghi, residences e ville nel Cilento, soprattutto ad Ascea e Montecorice, a Roccaraso e Rivisondoli, a Castiglioncello, ad Anacapri, a Massalubrense. Sono tornato un ingegnere, nulla di strano. Vent´anni fa conquistavo scudetti. Ora ho conquistato i weekend. Ce li ho tutti liberi». |
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Estate 1969 la Juventus acquista dalla Sampdoria Vieri e Morini per un miliardo
CONTESTAZIONE. Nel 1969 la Sampdoria rischia di restare travolta dalla contestazione dei tifosi. Ha un gioiello a centrocampo, Bob Vieri, e un mastino in difesa, Francesco Morini. La coppia vale un miliardo. Questa cifra-record viene sborsata dalla Juventus. I tifosi della Sampdoria fanno addirittura stampare un fac-simile di banconota con le effigi di Vieri e Morini, la dicitura «1000 milioni di sogni nel cassetto» e l'annotazione in calce «la legge del campionato punisce i dirigenti che hanno pensato solo al bilancio». Sul retro la filastrocca «I milioni abbiamo in banca / ma la squadra male arranca / se quest'anno ci salviamo / solo il cielo ringraziamo». La valutazione parziale di Vieri è di 675 milioni.
Estate 1972: Il Napoli è costretto a cedere Zoff alla Juventus e la Fiorentina acquista Antognoni
Zoff torna sul mercato nel 1972, destinazione Juventus. Al pranzo con cui la «Vecchia Signora» festeggia lo scudetto l'avvocato Gianni Agnelli annuncia l'acquisto del portiere. Italo Allodi, che da quattro anni dirige le manovre bianconere, viene colto in contropiede: di Zoff, finora, nessuno ne aveva parlato, non c'erano neppure barlumi di contatti con il Napoli. Ma non può deludere l'avvocato, Allodi si mette al lavoro, conclude la trattativa con qualche ansia: 600 milioni e il portiere Carmignani che dal Po va all'ombra del Vesuvio. Il Milan beffa l'Inter per Chiarugi e cede Prati alla Roma. La Fiorentina preleva Antognoni dal Macobi Asti: 720 milioni, l'affare più clamoroso realizzato da una società di Serie D.
Nasce la figura del mediatore calcistico: il prototipo è Anconetani
II mercato lievita ad ogni nome che vi viene buttato. I mediatori sono ormai i veri e unici padroni di questa fiera estiva della vanità. Il posto di Viani e di Mazza viene coperto da operatori che valgono sì e no un decimo di questi «maestri», Allodi manovra da lontano, poi l'incarico alla federazione lo distoglie e l'allontana dall'estate milanese. Romeo Anconetani, squalificato a vita per illecito e poi amnistiato, si avvale di un'organizzazione capillare che gli consente di controllare la fascia delle società medio-piccole. Capita più di una volta che venda a se stesso un giocatore, trasferendolo cioè da una società ad un'altra sotto il suo controllo operativo: assegni e cambiali passano da un taschino all'altro della sua giacca. Per ogni mossa, intasca il 5%. Il sindacato calciatori sta alla finestra, dichiara guerra ai mediatori, si batte perché le trattative avvengano in una sede federale e propone il centro tecnico di Coverciano. La spuntano i mediatori, che restano a Milano. La federazione invia sul mercato gli 007 dell'ufficio inchieste, per controllare la regolarità dei trasferimenti; per accontentare anche il sindacato di Campana
Dicembre 1974 intervista del Guerino a Edmondo Fabbri (1921-1995), allenatore del Torino. Dichiarazioni sull’importanza dello staff
Quest'anno molti presidenti hanno voluto affiancare all'allenatore un preparatore atletico, perché si dice che per arrivare al calcio totale dell'Olanda, occorre anche una preparazione specifica.
«Io allora posso considerarmi all'avanguardia, perché il secondo anno della mia permanenza a Bologna feci assumere un maestro dello sport. Accolsi volentieri un invito del CONI e presi al mio fianco il maestro Nadalini, un ragazzo preparato ed entusiasta, che dimostrò notevoli qualità anche come osservatore e che ora è a Coverciano».
Però a Torino preferisce fare da solo...
«Da solo no, perché tutto da solo non si può fare e anch'io sono per l'equipe. Ogni decisione deve essere ponderata e io, prima di prendere certe decisioni, mi consulto con il presidente, il vicepresidente e il general manager. Sul campo, poi, ho ad aiutarmi Sattolo e Sentimenti III».
— Ma non c'è un preparatore atletico. E i preparatori atletici dicono che voi allenatori non vi siete aggiornati. Continuate .a far fare ai vostri giocatori quello che vedevate fare dai vostri allenatori.
«Io dico invece che noi allenatori cerchiamo di tenerci aggiornati anche per quanto riguarda la preparazione atletica. Dicono che l'interval-training è ormai superato e ci sono nuove metodologie. Per quanto mi riguarda, nell'interval-training non ci ho mai creduto».
— Però ho l'impressione che non creda troppo nemmeno nei preparatori atletici...
«Dipende. Con il maestro Nadalini ero affiatatissimo. Però, vede, questi istruttori spesso dimenticano che la preparazione per l'atletica leggera è una cosa e quella per il calcio è un'altra. Nel calcio tutto deve essere fatto in funzione del calcio, non so se mi spiego. Sono i giocatori stessi a chiedere di prepararsi soprattutto con il pallone, perché le partite si giocano con il pallone, non bisogna dimenticarlo».
— Questi preparatori atletici sostengono che anche in Italia si deve arrivare all'allenamento bi-quotidiano...
«E penso che ci si arriverà quando il giocatore andrà ad allenarsi come se andasse in ufficio. E si farà orario unico, dalle 10 del mattino alle 5 del pomeriggio. Si dovrà arrivare ai "colleges" anche per i giovani. Anche i giovani vanno curati, certo. Però non bisogna dimenticare che il primo dovere per un giovane è lo studio e chi non studia deve imparare un mestiere. Il calcio deve diventare un lavoro solo quando diventa effettivamente un lavoro, cioè quando il giovane diventa un professionista. Se si dimentica questo, il calcio diventa una fabbrica di spostati».
— Dicevamo che i maestri dello sport che escono dalla Farnesina spesso contestano voi allenatori...
«Ma a me risulta che certi preparatori troppo teorici dopo la partita tentano di portare i giocatori sul campo per una seduta defatigante, ma hanno dovuto rinunciarvi per l'opposizione dei giocatori stessi».
— Dicono che i giocatori sono stati abituati male dagli allenatori...
«Io dico, invece, che certe teorie sono valide solo sul piano della teoria. Dopo la partita un giocatore, per il dispendio di energie anche nervose, di cui dicevo prima, non si regge più in piedi».
— Mi sembra di capire che lei se la cava meglio senza preparatore atletico.
«Un allenatore deve applicare soprattutto il buon senso. Con il buon senso si risolvono tutti i problemi anche quelli che riguardano la preparazione atletica. E' logico che ogni giocatore, richiede un allenamento specifico, in rapporto al suo fisico, ma con il buon senso un allenatore riesce a fare tutto».
Estate 1975 Savoldi acquistato dal Napoli per 1,8 miliardi di lire. Oltre settantamila gli abbonati del Napoli
MILIARDO. Per 800 milioni Boni e Pecci vanno rispettivamente alla Roma e al Torino, l'Inter si porta al vertice delle spese con gli 850 milioni versati al Varese per l'ala Libera. Ormai siamo in vista del traguardo del miliardo, che pareva così lontano... lo raggiunge la Juventus per Tardelli a beneficio del Como. Primato bianconero per poco. Incalza il Napoli, pare che la società partenopea voglia conquistare almeno gli scudetti estivi. Da Jeppson a Pivatelli-Ronzon, da Zoff a Savoldi. Il centravanti del Bologna cambia casacca per 1 miliardo e 800 milioni. Savoldi è appetito dalle «grandi», ma gli accordi fra Agnelli e Conti, presidente rossoblu, impediscono che il centravanti finisca al Milan o all'Inter che si potenzierebbero oltremisura. A guidare l'attacco del Napoli non dà fastidio. Il Bologna ha bisogno di quattrini, deve realizzare: riscuote 1200 milioni in contanti e in aggiunta gli arrivano Clerici e, in comproprietà, Rampanti.
1976 Franchi, che nel frattempo è stato eletto presidente dell'Uefa, lascia il posto a Franco Carraro, ma lo riprende quando quest'ultimo viene eletto numero uno del Coni.
1978 Artemio Franchi sostituisce Carrano ( che va al Coni) alla presidenza della Federazione
Luglio 1978 dopo 16 stagioni nel Napoli il capitano della squadra Antonio Juliano va al Bologna
Antonio Juliano (Napoli, 1º gennaio 1943 è un ex calciatore e dirigente sportivo italiano, per tutta la sua carriera (tranne un anno al Bologna) centrocampista del Napoli; fu campione d'Europa nel 1968 e finalista al campionato del mondo 1970 con la Nazionale italiana. Antonio Juliano crebbe calcisticamente nel Napoli, compiendo tutta la trafila dalle giovanili fino alla prima squadra, alla quale fu aggregato nella non positiva stagione 1962/63, terminata con la retrocessione in serie B sotto la guida tecnica di Bruno Pesaola. L'esordio avvenne il 17 febbraio 1963 in Napoli-Inter 1-5. Da allora, e fino a tutto il 1977/78, rimase al Napoli, compresi due campionati di serie B consecutivi, collezionando 355 incontri in serie A e 39 in serie B, secondo per presenze totali solo a Giuseppe Bruscolotti; 72 incontri in Coppa Italia e 39 tra Coppa UEFA e Coppa delle Coppe. Pur non vincendo mai il campionato Juliano, divenuto nel 1966 capitano a soli 23 anni, guidò la squadra a risultati sportivi di rilievo: due secondi posti, nel 1968 alle spalle del Milan di Nereo Rocco, e nel 1975 dietro alla Juventus, tre terzi posti, il primo dei quali conseguito da neopromossa nella stagione 1965/66 alle spalle di Inter e Bologna, le squadre che avevano vinto gli ultimi due campionati, e un quarto posto. Ad essi si aggiunse la vittoria nella Coppa Italia 1975-1976
Lasciò il Napoli nell'estate del 1978 per giocare l'ultima stagione della sua carriera nel Bologna, in cui fu decisivo ai fini della salvezza conquistata in extremis, realizzando una rete al Torino.Nazionale. Juliano esordì in Nazionale il 18 giugno 1966 a Milano contro l'Austria (1-0) e fu convocato tra i 22 che parteciparono al campionato del mondo 1966 in Inghilterra anche se non fu mai utilizzato. Fu quasi sempre schierato nelle partite di qualificazione al campionato d'Europa 1968, la cui fase finale si disputò in Italia, e fu proprio allo Stadio San Paolo di Napoli che giocò la semifinale di quell'edizione del campionato, contro l'URSS, il 5 giugno 1968. Fu in campo anche allo Stadio Olimpico di Roma il successivo 8 giugno nella prima delle due finali contro la Jugoslavia, quella terminata 1-1 che obbligò alla ripetizione, poi vinta 2-0 (nella quale fu tra coloro che non presero parte avendo giocato solo due giorni prima), che diede all'Italia il titolo di campione d'Europa.Nel successivo campionato del mondo 1970 fu impiegato in una sola occasione, a Città del Messico, nei 16 minuti terminali della finale Brasile-Italia 4-1 in sostituzione di Bertini. Convocato per il campionato del mondo 1974 in Germania Ovest, non fu tuttavia mai schierato. Il suo 18º e ultimo incontro in Nazionale fu a Rotterdam il 20 novembre 1974, sconfitta 3-1 contro l'Olanda nel girone di qualificazione al campionato d'Europa 1976. Dopo il ritiro Tornato da dirigente al Napoli, curò la sessione di mercato che nel 1984 portò all'ingaggio, dal Barcellona, dell'argentino Diego Maradona Attualmente è commentatore sportivo e opinionista per la trasmissione televisiva del Napoli Number Two.
Agosto 1978 intervista del Guerino a Juliano appena approdato a Bologna
Ma cosa manca al Napoli per puntare decisamente allo scudetto?
«Difficile rispondere. Due sono, però, gli argomenti che balzano maggiormente agli occhi: gli altissimi costi di gestione e la mancanza d'un settore giovanile davvero valido. La società, pensi, costa oltre un miliardo e mezzo all'anno: e solo in parte a causa degli ingaggi dei giocatori. I nostri emolumenti, infatti, non superavano l'anno passato gli ottocento milioni. E' che il Napoli ha troppe persone alle sue dipendenze. Il vivaio, poi, non ha mai offerto serie garanzie. Eppure è sempre costato fior di milioni. E quanti sono i napoletani veri che hanno giocato nella loro città con la casacca azzurra? Facciamo i conti: Juliano. E basta».
Estate 1978 alle buste per la risoluzione della compoprietà di Paolo Rossi con la Juventus il presidente del Vicenza Farina scrive 2,612 valutando cioè il calciatore 5,224 miliardi (secondo altra fonte 2,240)
PAZZIE. Intanto alcuni presidenti fanno autentiche pazzie. L'estate del 1978 manda in orbita due centravanti, sono Roberto Pruzzo, «o rey di Crocefieschi», e Paolo Rossi. La valutazione che il Genoa dà al suo cannoniere sembra irreale, un miliardo più di quella che tre anni prima aveva avuto Savoldi. La Roma sta costruendo la squadra del futuro, dello scudetto. Pruzzo è suo per 2 miliardi 750 milioni. Più clamore ancora, però, lo solleva Giussy Farina, presidente del Vicenza. Deve risolvere la comproprietà di «Pablito» con la Juventus attraverso le offerte segrete in busta. Boniperti cerca l'accordo, gli anticipa che scriverà, sull'offerta, 750 milioni. Farina pensa che l'astuto presidente juventino voglia soffiargli Rossi per qualche lira in più dei 750 milioni. Fa così un po' di conti e scrive due miliardi 240 milioni! E se lo tiene. All'apertura delle buste, presso gli uffici della Lega calcio, Farina ci resta maluccio: Boniperti non aveva bluffato. L'anno dopo Paolo Rossi lascia il Vicenza e va in prestito al Perugia registrando comunque un record: 800 milioni per il disturbo. Il centravanti costa 26 milioni e mezzo a partita.
23 marzo 1980 alla fine delle partire numerosi arresti di calciatori per la denuncia degli scommettitori Cruciani e Trinca
Lo scandalo del calcio-scommesse 1980 è uno scandalo che colpì il calcio italiano nella stagione agonistica 1979-1980 e vide coinvolti giocatori, dirigenti e società di Serie A e B, i quali truccavano le partite di campionato attraverso scommesse clandestine che per la FIGC rappresentavano casi di illecito sportivo. Le società coinvolte nell'inchiesta erano Milan,[1] Lazio,[1] Bologna, Avellino, Perugia e Pescara in Serie A, Palermo e Taranto in Serie B. Il Pescara fu l’unica società ad essere prosciolta dall’inchiesta.
Si trattò del primo grande scandalo di illeciti sportivi e partite truccate nella storia del calcio italiano, tanto che il presidente federale Artemio Franchi (all'epoca anche presidente dell'UEFA) decise, in seguito, di rassegnare le dimissioni dalla carica che ricopriva e il tutto avveniva a soli tre mesi dall'inizio del Campionato europeo di calcio 1980, che si sarebbe disputato proprio in Italia, il che faceva perdere molta credibilità al calcio nazionale, sia in patria che all'estero.
Il 1º marzo 1980, un commerciante all'ingrosso di ortofrutta, Massimo Cruciani, presentò un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, sostenendo di essere stato truffato. Egli, tramite Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante di cui era fornitore, era venuto in contatto con alcuni giocatori della Lazio, che lo avevano indotto a scommettere su alcune partite di Serie A che erano state "combinate". Tuttavia, non tutti i risultati concordati si erano verificati, facendo perdere a Cruciani somme ingenti (centinaia di milioni di lire).
In seguito alla denuncia di Cruciani e di Trinca, il 23 marzo 1980 (24° turno di Campionato di Serie A e 27° turno di Campionato di Serie B) la magistratura fece effettuare una serie di arresti proprio sui campi di gioco, a fine incontri. Le manette scattarono per i giocatori Stefano Pellegrini dell'Avellino, Sergio Girardi del Genoa, Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Giuseppe Wilson della Lazio, ClaudioMerlo del Lecce, Enrico Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Guido Magherini del Palermo, Gianfranco Casarsa, Mauro Della Martira e Luciano Zecchini del Perugia. Altri ricevettero ordini di comparizione, tra cui Paolo Rossi del Perugia, Giuseppe Dossena e Giuseppe Savoldi del Bologna, e Oscar Damiani del Napoli.
Di Morini si accertò la consegna a Roma di 20 milioni, forniti dal presidente rossonero Felice Colombo, avvolti in carta da giornale per far tacere Fabio Trinca e Massimo Cruciani a seguito della partita contro la Lazio, giocata il 6 gennaio e vinta dal Milan 2-1[2], mentre Paolo Rossi venne accusato d'aver concordato il pareggio dell'incontro tra Avellino e Perugia, giocato il 30 dicembre 1979 e finito 2-2.
Le immagini degli arresti e delle camionette di Polizia e Guardia di Finanza presenti negli stadi sono famose ancora oggi per essere state riprese in diretta nel corso della trasmissione sportiva 90º minuto[3].
Il 23 dicembre 1980 tutti gli indagati vennero rilasciati poiché il fatto, a livello penale, non costituiva reato. Vennero invece presi provvedimenti in ambito calcistico, in quanto venne provata l'accusa di illecito sportivo[4].
La sentenza di primo grado fu resa pubblica dalla Commissione Disciplinare della Lega Nazionale Professionisti tra la fine di maggio e la prima metà di giugno, a campionati conclusi, con l’eccezione del calciatore Giuseppe Wilson per la gara tra Milan e Lazio del 6 gennaio, che fu giudicato il 13 luglio, e con le eccezioni di Giancarlo Antognoni e Piergiorgio Negrisolo, che furono giudicati il 24 luglio per l’incontro tra Pescara e Fiorentina del 10 febbraio, vinto dalla Fiorentina 2-1[5].
Nel processo d'appello la CAF, con sentenze inappellabili rese pubbliche tra il 19 e il 31 luglio 1980, con l’eccezione dei calciatori Giuseppe Wilson, per la gara tra Milan e Lazio del 6 gennaio, Giancarlo Antognoni e Piergiorgio Negrisolo, per l’incontro tra Pescara e Fiorentina del 10 febbraio, che furono giudicati il 29 settembre. Furono confermate la maggior parte delle decisioni di primo grado con sconti di pena in alcune situazioni e con un aumento della pena in altre[3][5][6].
Dopo la vittoria dell'Italia nel Campionato mondiale di calcio 1982, la FIGC fece una sorta di amnistia, condonando due anni di sospensione ai calciatori che in quel momento erano squalificati (Pellegrini, Cacciatori, Della Martira, Albertosi, Giordano, Wilson, Manfredonia, Petrini, Savoldi e Zecchini in Serie A, Magherini e Massimelli in Serie B)[2]. Ci furono cambiamenti anche a livello di squalifica dei tesserati: il massimo periodo di squalifica era limitato a cinque anni con proposta di radiazione, e la radiazione dei tesserati poteva deciderla il presidente federale anziché i giudici sportivi.
Pasqua 1980 Juliano assunto nel Napoli come direttore generale
Estate 1980: torna uno straniero per squadra. Arriva al Napoli Rudy Kroll
GLI STRANIERI. Nel 1980 si riaprono le frontiere. Gli ultimi stranieri ad arrivare erano stati nell'estate 1964 il peruviano Gallardo (Cagliari), il francese Combin (Juventus) e l'argentino Longo (Cagliari). Il mercato assume nuove dimensioni, ancora più stratosferiche. Sono gli stranieri i pezzi più ricercati e più pagati. Vengono a giocare sui nostri campi talenti confermati come Bertoni e Prohaska, soprattutto Falcao, Brady e Krol. Ma vengono anche mezze figure quali Danuello Luis Silvio e Fortunato. Il filone con l'estero porta il mercato a quotazioni ancora più alte anche per i giocatori nostrani: una legge proprio da mercato. Così, se diventa difficile poter stabilire con precisione il prezzo pagato dal Cesena per l'austriaco Schachner, dalla Fiorentina per l'argentino Passarella, dall'Inter per Muller perché ci sono di mezzo barriere valutarie da infrangere senza... infrangerle — trovare cioè l'inghippo giusto per sfuggire alla legge — ecco la Sampdoria pagare 4 miliardi al Bologna per il giovane attaccante Mancini. Ed ecco lo stopper della nazionale, Collovati, saltare dalla sponda del Milan a quella dell'Inter con una valutazione complessiva che si può collocare intorno ai cinque miliardi, essendo entrata nell'operazione la comproprietà del trio nerazzurro Canuti-Pasinato-Serena, che per una stagione veste la maglia rossonera.
1981 l’anno della legge 91
Ma il 1981 rimane una data determinante per tutto il sport italiano sopratutto per l'emanazione della Legge 91, quella che regola i rapporti tra società e sportivi professionisti e che riconosce lo status di lavorarore dipendente ai calciatori. La struttura del calcio professionistico italiano si sviluppa così in 144 squadre suddivise in serie A (16), B (20), C1 (36) e C2 (72). Un nuovo cambiamento avviene poi nell'88 e successivamente nel 2003, e porta all'attuale struttura del nostro calcio con 132 squadre professionistiche suddivise in serie A (20), B (22), Lega Pro 1ª divisione (36), Lega Pro 2ª divisione (54).
Con l'entrata in vigore della Legge 91 per lo sport professionistico italiano sono cambiate molte cose una sorta di "nuova vita" per gli atleti con il conseguimento di molte certezze giuridiche. La "91" non ha fatto altro che ribadire quelle conquiste che l'Associazione prima del 1981 aveva già provveduto a garantire ai calciatori in tema di "assicurazioni sociali" vale a dire la pensione e la liquidazione al termine della carriera conquiste fondamentali datate rispettivamente giugno '73 e gennaio '75.
La gestione della pensione che la Legge n°366 ha sancito per i calciatori professionisti è affidata all'Enpals e per averne diritto occorrono una serie di requisiti più avanti riportati. L'indennità di fine carriera meglio conosciuta come liquidazione determinata dai vari versamenti che le società hanno l'obbligo di versare al Fondo di Fine Carriera può essere riscossa dal calciatore professionista al termine dell'attività a livello professionistico.
Il 4 marzo 1981 rimarrà sicuramente una data storica per il mondo sportivo professionistico:
il Senato approvava infatti una Legge (che secondo l'ordine progressivo sarà la n° 91) che regolava finalmente i rapporti tra società e sportivi professionisti. E' inutile dire che tra i "beneficiari" di tale normativa un posto di primo piano spetta proprio ai calciatori che non per niente furono i "responsabili" di questa vera e propria rivoluzione nel mondo del calcio. Tutto partì nell'estate del 1978, esattamente il 4 luglio, quando, a seguito di un esposto del presidente Campana, il pretore Costagliola bloccò, a Milano, il cosiddetto "calcio-mercato".
I carabinieri fecero irruzione nei saloni dell'albergo milanese Leonardo da Vinci, allora sede delle contrattazioni, per "accertare eventuali violazioni di norme che vietano l'intervento di mediatori nello svolgimento delle pratiche comunque attinenti al trasferimento di calciatori che sono da considerare lavoratori subordinati a tutti gli effetti". Esattamente una settimana dopo, l'allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Andreotti, onorevole Evangelisti, si fece promotore di una riunione dei ministri competenti per studiare il problema. Da quel momento serviranno oltre due anni di consultazioni e riunioni prima di arrivare all'emanazione di una legge che, dopo dubbi, perplessità, incertezze, e speranze in precedenza sempre deluse, definiva finalmente lo status giuridico dello sportivo professionista.
Una conquista determinante per la categoria, certamente una delle tappe più importanti del cammino dell'Associazione: lo sport professionistico, calcio in primis, si trovava ad avere finalmente delle certezze giuridiche, delle tutele ben precise. Ovviamente la Legge 91 è stata base di partenza per molte conquiste che l'Aic è riuscita ad ottenere negli anni: con la nuova normativa il calciatore da quel momento diventava infatti lavoratore subordinato, le cui prestazioni a titolo oneroso costituivano oggetto di contratto di lavoro subordinato. Venivano introdotte la tutela sanitaria, l'indennità di preparazione e promozione, abrogata in data 7/6/96 a seguito dell'applicazione in Italia della "Sentenza Bosman", le assicurazioni infortuni, il trattamento pensionistico, e soprattutto veniva abolito il vincolo sportivo, che fino a quel momento aveva fatto del calciatore un'autentica "merce di scambio".
Estate 1981 dopo l’ennesima lite con Ferlaino , Juliano lascia il Napoli
1982 L’Italia di Bearzot vince il suo terzo campionato del mondo
Lo scandalo del calcio scommesse provoca le dimissioni di Franchi alla vigilia del Mondiale di Spagna, dove l'Italia guidata da Enzo Bearzot supera una fase iniziale difficile fino al trionfo del terzo titolo mondiale, sotto la gestione del presidente Federico Sordillo.
Federico Sordillo (Pietradefusi, 30 gennaio 1927 – Milano, 7 febbraio 2004) è stato un dirigente sportivo italiano.Dopo essere stato per un anno presidente del Milan, tra il 1971 e il 1972, cominciò ad intraprendere la carriera da dirigente federale. Entrò a far parte del Consiglio Federale della FIGC nel 1972, diventò presidente del Settore Tecnico nel 1976 e nel 1980 divenne presidente federale, dopo le dimissioni di Artemio Franchi dovute allo Scandalo del calcio italiano del 1980. Durante la gestione Sordillo il calcio italiano riaprì le frontiere ai calciatori stranieri dopo quattordici anni di chiusura e, nel 1982, l'Italia vinse il suo terzo titolo di Campione del Mondo in terra di Spagna. Sordillo diventò il primo presidente federale italiano del dopoguerra Campione del Mondo. Nel 1984 venne rieletto numero uno della FIGC ed entrò a far parte del comitato esecutivo dell'UEFA (quest'ultimo impegno durò fino al 1988). Nel 1986 il calcio italiano venne travolto da un nuovo scandalo riguardante il calcio-scommesse e la Nazionale uscì dai Mondiali messicani agli ottavi di finale, battuta dalla Francia per 2-0. In seguito a questi due episodi, il 4 luglio 1986 Federico Sordillo rassegnò le dimissioni dalla presidenza federale e la FIGC venne commissariata per un anno. Muore il 7 febbraio 2004, all'età di 77 anni, per una grave malattia alla spina dorsale[1].
Estate 1982: alla Juventus arriva Platini
Certo, gli stranieri fanno sensazione. La Juventus mette tutti in riga con l'acquisto di Michel Platini. Un'operazione quasi segreta, notturna. Un vero blitz aereo fra Parigi e Torino, la firma quasi all'alba e poi un bel periodo di segreto. Solo indiscrezioni e supposizioni, ma niente annuncio ufficiale per un mese e mezzo. Anche questa è abilità di mercato. Il costo? Ufficialmente 1040 milioni. (Secondo altra fonte sarebbe costato invece 260 milioni)
Estate 1983 all’Udinese arriva Zico
ZICO. È il colpo dell'Udinese, provinciale di lusso, alla quale l'ex presidente della Zanussi, Mazza, dà una conduzione prettamente manageriale e di marketing. Per eludere le limitazioni sull'esportazione di valuta la società friulana si avvale dell'apporto esterno della «Grouping», una società di marketing con sede a Londra ma operante da Zurigo e Lugano — l'avvocato Rezzonico ne è l'immagine legale — che entra nell'operazione apportando un paio di miliardi, somma che dovrebbe rientrare con lo sfruttamento pubblicitario del calciatore brasiliano. Quanto è costato Zico? Soltanto Mazza e il general-manager dell'Udinese, Dal Cin, lo sanno con certezza. Per gli altri va bene la cifra di sei miliardi.
FINE. E' di fatto questo l'episodio che chiude la parte “epica” della storia del calciomercato, dove ormai al posto delle vecchie trattative si impongono la grande finanza e il marketing: ora è tutto calcio-business.
Estate 1983 il presidente Brancaccio che provvisoriamente sostituisce Ferlaino richiama Juliano alla direzione generale del Napoli
IV) Il calcio industria (1984-2010)
Estate 1984 arriva Diego Maradona al Napoli. In un solo anno il bilancio del Napoli passa da 22 a 34 miliardi
29 maggio 1985 la tragedia dell’Heysel
Estate 1985 Ferlaino liquida Juliano e chiama Allodi
Primavera 1986 Berlusconi strappa il Milan a Farina
L'Associazione Calcio Milan S.p.A., nota semplicemente come Milan,[9] è una società calcistica di Milano, dove fu fondata il 16 dicembre 1899. Attualmente milita nella Serie A del campionato italiano di calcio e figura al nono posto (seconda italiana) della graduatoria continentale dell'UEFA, stilata sulla base dei risultati ottenuti nelle coppe europee nell'ultimo quinquennio.[10] L'Associazione Calcio Milan è una società del Gruppo Fininvest dal 1986. La carica di presidente del club è vacante dall'8 maggio 2008,[5] in quanto l'assunzione dell'incarico di presidente del Consiglio dei ministri da parte di Silvio Berlusconi ha determinato la sua dimissione dalla massima carica sociale del Milan.[11][12] Il vice presidente vicario e amministratore delegato della società è Adriano Galliani
2 maggio 1986 si costituisce e viene arrestato Armando Carbone collaboratore del dg Napoli Allodi. 2° scandalo scommesse partite truccate 1984 85 e 1985-86. Coinvolti Tito Corsi e Lamberto Mazza dellUdinese, Janich del Bari Dario Maraschin Presidente del Vicenza, presidente Perugia, Ghini, Ulievi allenatore del Cagliari e Agroppi del Perugia. Coinvolti anche Palermo, Ascoli, Monza e Triestina.
1986 Dopo la delusione dei Mondiali in Messico nel 1986 e un breve periodo di commissariamento prima con Carraro, poi con Andrea Manzella, alla presidenza della Figc viene eletto nell'ottobre del 1987 Antonio Matarrese, fino a quel momento alla guida della Lega nazionale professionisti.
Nel frattempo la riforma dello Statuto voluta da Carraro garantisce un assetto più funzionale all'intera organizzazione.
Maggio 1987 Il Napoli vince il suo primo scudetto
Estate 1987 Luciano Moggi dg del Napoli
Sono anni importanti per il calcio italiano che ottiene un terzo posto agli Europei del 1988 in Germania
1989 e 1990 Il Milan di Sacchi vince la Coppa dei Campioni
Maggio 1990 Il Napoli vince il suo secondo scudetto
1990 l’Italia ospita la fase finale del Campionati del mondo. La Nazionale di Vicini è sconfitta dall’Argentina di Maradona ai rigori.
Estate 1990 La Juventus acquista Roberto Baggio per 16 miliardi. Fiorentini in rivolta. I tifosi laziali bloccano invece la vendita di Signori al Parma appena acquistato dalla Parmalat di Calisto Tanzi
Proprietario di numerose società, tra cui Parmalat da lui fondata nel 1961, e del Parma A. C. (divenuto Parma Football Club dopo il crack Parmalat). Venne arrestato nel 2003 nell'ambito delle inchieste sul crac Parmalat. Dagli atti dei processi in corso appare come Calisto Tanzi fosse riuscito a creare un sistema perverso dal quale per anni tutti hanno tratto la propria convenienza (politici, banche, giornali) eccetto i piccoli investitori, sui quali si sono riversati gli enormi costi di un'esposizione debitoria accumulatasi negli anni senza essere frenata da nessuno dei soggetti istituzionalmente deputati a vigilare sulla solidità patrimoniale della Parmalat (Consob, Banca d'Italia, società di rating, società di revisione). Il 18 dicembre 2008 viene condannato in primo grado e successivamente il 26 maggio 2010 in appello, per aggiotaggio, a 10 anni di reclusione a Milano[1]. È tuttora in corso il processo a Parma per bancarotta.
1992 l’imprenditore Sergio Cragnotti acquista la Lazio per 25 miliardi Nel 1992 rileva per 25 miliardi di lire la S.S. Lazio, dall'allora presidente Calleri.Presidente tra il 1992 e il 2003, anche se nel periodo tra il 1994 e il 1998 la carica presidenziale fu affidata a Dino Zoff; sotto la sua gestione, la società capitolina ottiene ottimi risultati in ambito nazionale ed europeo, vincendo 1 Scudetto, 2 Coppa Italia, 2 Supercoppa Italiana, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Europea. Nel 1998 Sergio Cragnotti decide di far entrare la Lazio nella Borsa italiana: il 6 maggio 1998 la società biancoceleste esordisce a Piazza Affari; è la prima società italiana a farlo. Successivamente, seguiranno Roma (maggio 2000) e Juventus (dicembre 2001). Nel 1994, dopo esserne stato socio, diventa azionista unico della Cirio–Bertolli-De Rica che, con l'acquisizione della Bombril, della Centrale del Latte di Roma e della Del Monte, trasforma in un vero e proprio colosso agro-alimentare. Tutte le sue attività hanno raggiunto il massimo della parabola, compresa la Lazio, che nel 2000 conquisterà il secondo scudetto della sua storia. Da lì a un anno inizierà la fase discendente, si intravvedono le prime avvisaglie di una crisi che culminerà nel 2002 con il default dei bond Cirio. Cragnotti è invitato a mettersi da parte e a lasciare le sue imprese, compresa la Lazio, nelle mani delle banche. Nel 2003 viene inserito nel registro degli indagati dalla Procura di Roma, con l'accusa di bancarotta fraudolenta. Nel febbraio del 2004 viene rinchiuso nel carcere di Regina Coeli con ordinanza di custodia cautelare; esce ad agosto dello stesso anno. Il processo relativo al crack Cirio è tuttora in corso. Nel novembre del 2006, Sergio Cragnotti ha pubblicato la sua autobiografia (scritta con Fabrizio Pennacchia): Un calcio al cuore, pubblicata da Fazi Editore.
Sfumata la qualificazione agli Europei del '92 in Svezia, salta la panchina di Vicini e si apre un periodo nuovo e per certi versi inedito: la Federazione inverte la tradizione degli allenatori di scuola federale e rilancia se stessa e la Nazionale con l'ingaggio di Arrigo Sacchi, reduce dai trionfi internazionali alla guida del Milan e "profeta" di un calcio diverso.
Estate 1992 Lentini dal Torino al Milan per 21 miliardi. Si scoprirà poi un giro di nero che coinvolge il Milan, il presidente del Torino e lo stesso giocatore
Nel 1992 Milan e Juventus si contendono il cartellino del giocatore, che alla fine viene acquistato dai rossoneri del presidente Berlusconi, tra il clamore del tifo granata (in rivolta verso la società e lo stesso giocatore) e della stampa (il cartellino fu pagato 18,5 miliardi di lire, una cifra record per l'epoca, inoltre vi furono indagini giudiziare per il presunto pagamento di altri 10 miliardi fuori bilancio.
1993 Giuseppe Gazzoni Frascara prima in gruppo poi da solo con una sua società acquista il 100% del Bologna calcio appena aver avviato la vendita agli svizzeri della Novartis il gruppo di aziende Gazzoni ( Dietor, Dietorelle, idrolitina e pasticche del Re Sole). Il Bologna è appena retroceso in serie C , MA FALLITO. Fu acquistato per 6 miliardi. Ne uscirà dopo 12 anni con una prdita di 72 milioni. Ha raccontato a Ivan Zazzaroni la sua esperienza in un libro denuncia “La rete” pubblicato da Libero
Maggio 1993 L’imprenditore petrolifero Francesco Sensi acquista la Roma con l’amico Mezzaroma. In autunno resterà il solo proprietario.
Estate 1993 Rai e Fininvest si dividono il calcio: 230 miliardi ai club
Se sul piano politico si vive un periodo tranquillo, con Matarrese alla presidenza della Federazione e l'avvocato torinese Luciano Nizzola alla guida della Lega professionisti, su quello sportivo non mancano le polemiche e le divisioni tra "sacchiani" e "anti-sacchiani": è la solita lotteria dei rigori a negare all'Italia il quarto titolo mondiale.
Usa '94 si chiude con un secondo posto alle spalle del Brasile.
Fallito l'appuntamento europeo in Inghilterra nel '96, finisce anche l'idillio tra la Nazionale e Sacchi che si dimette a sorpresa per tornare sulla panchina del Milan.
La sua caduta trascina anche Matarrese e l'assemblea delle società elegge al vertice della Figc, con un responso vicino all'unanimità, Luciano Nizzola, per molti anni presidente della Lega di Milano, chiudendo così un periodo commissariale di 4 mesi nelle mani del segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi, chiamato a gestire una fase transitoria dopo una prima assemblea elettiva andata a vuoto.
1994 Il Milan vince la coppa dei campioni
Estate 1994 Marcello Lippi ingaggiato dal Napoli e Moggi dalla Juventus
Marcello Lippi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Marcello Romeo Lippi (Viareggio, 12 aprile 1948) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore. Ha rivestito il ruolo di CT della Nazionale italiana dal 2004 al 2006 e dal 2008 al 2010, conducendola alla vittoria del titolo di campione del mondo nei Mondiali di Germania 2006. Ha inoltre vinto cinque scudetti, una Coppa Italia, quattro Supercoppe italiane, una Champions League, una Supercoppa europea e una Coppa Intercontinentale. È stato tra l'altro insignito per due volte del premio Allenatore dell'anno IFFHS (1996 e 1998) e per una volta del premio Commissario tecnico dell'anno IFFHS (2006)[1], e inserito dal Times nella lista dei migliori allenatori della storia del calcio[2].È stato il primo tecnico del mondo ad aver vinto le massime competizioni internazionali a livello di club e la Coppa del Mondo FIFA, primato che dal 2010 condivide con il tecnico di Real Madrid e Spagna Vicente Del Bosque. La sua carriera di giocatore inizia nel 1969; ha militato nel Savona, nella Sampdoria e nella Pistoiese ricoprendo a buon livello il ruolo di libero. Curioso l'episodio del 1972 in un Sampdoria-Torino quando rinvia un pallone già all'interno della rete, tirato dal granata Agroppi; il gol fu prima convalidato, poi ingiustamente annullato dallo stesso Barbaresco di Cormons dopo le numerose proteste dei padroni di casa, i quali aggiudicandosi la vittoria per 2-1 condannarono il Torino al 2º posto ad un solo punto dal capolista Milan. Allenatore. La carriera da allenatore inizia nel 1982, nella squadra giovanile della Sampdoria. La prima squadra tra i professionisti è invece il Pontedera in Serie C2. L'anno successivo allenò il Siena in Serie C1 e fu esonerato a seguito di una sommossa popolare[Poco a poco sale di categoria, tra alti e bassi. In particolare, nel corso della stagione 1987-1988 allena la Pistoiese e nella stagione seguente la Carrarese, in Serie C1. Al termine di quella stagione, il Presidente del Cesena, Edmeo Lugaresi, lo sceglie per guidare la compagine romagnola: è il debutto in Serie A. Il Campionato si conclude con una brillante salvezza; per la sua fisionomia, i tifosi lo soprannominano "Paul Newman"[5]. L'anno seguente, tuttavia, la squadra fatica e Lippi subisce il penultimo esonero della sua carriera. Allena poi la Lucchese (8ª in serie B nel 1991-92) e l'Atalanta[6] (7ª in serie A 1992-93). Viene quindi ingaggiato dal Napoli, prima società blasonata [7], e con una squadra giovane si mette in luce, raggiungendo il sesto posto in classifica e centrando così la sua prima qualificazione alla successiva edizione della Coppa UEFA, nonostante i problemi economici della societa' partenopea.
Nel 1994, Lippi diventa allenatore della Juventus[8]. Il cambio di dirigenza della squadra bianconera[9] porta in quell'anno alla cessione di molti giocatori di fama, per motivi di bilancio. Pochi credono nella possibilità di vincere qualcosa e invece la squadra si laurea Campione d'Italia per la ventitreesima volta, riportando lo scudetto a Torino dopo 9 anni[10].
È l'inizio di un quinquennio ricco di soddisfazioni che si conclude con tre scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa europea, una Coppa Intercontinentale, una finale di Coppa UEFA, persa contro il Parma nel 1995, e due di Coppa dei Campioni, perse per 3-1 contro il Borussia Dortmund nel 1997 e per 1-0 contro il Real Madrid nel 1998. Lascia la guida tecnica dei bianconeri nel febbraio 1999, dopo una sconfitta interna contro il Parma (2-4, con tripletta di Hernán Crespo)[11] verrà sostituito dall'ex allenatore parmense Carlo Ancelotti[12].
Dopo 4 stagioni e mezzo alla Juventus, Lippi passa all'Inter[13], dove non riesce a replicare i successi ottenuti in bianconero e raggiungerà solo la finale di Coppa Italia 1999-2000 e di Supercoppa Italiana dove verrà sconfitto in entrambe le occasioni dalla Lazio. Trova ostile l'ambiente nerazzurro (tra questi c'è sicuramente Roberto Baggio con cui già ai tempi della Juventus non aveva ben convissuto), abituato a considerarlo un avversario, e alla fine della prima stagione chiede la risoluzione del contratto al presidente Moratti. Questi rifiuta, ma esonera l'allenatore dopo la prima partita di campionato della stagione successiva contro la Reggina persa 2-1 e la precedente eliminazione ai preliminari di Coppa Campioni contro l'Helsingborg (1-0 in Svezia e 0-0 a Milano).
Nell'estate del 2001 Lippi torna sulla panchina bianconera, dove resta per 3 stagioni vincendo 2 scudetti e 2 Supercoppe italiane. Raggiunge anche una finale di Champions League (la quarta della sua carriera), persa ai rigori contro il Milan per 3-2.
Il 16 luglio 2004 viene nominato commissario tecnico della Nazionale italiana. L'esordio non è benaugurante (Azzurri sconfitti in Islanda per 2-0), ma disputa un ottimo cammino di qualificazione e porta la selezione azzurra al Campionato mondiale di calcio 2006 in Germania e nel torneo iridato ha portato la Nazionale alla vittoria della Coppa del Mondo il 9 luglio.
Il 12 luglio 2006 ha annunciato la sua volontà di non rinnovare il contratto con la FIGC, ritenendo esaurito il suo ruolo alla guida della Nazionale[14].
L'11 dicembre 2006, a seguito del successo conquistato dalla squadra azzurra al Campionato mondiale di calcio 2006 è stata conferita a Marcello Lippi una "Panchina d'oro" speciale[15].
Per l'edizione 2007/2008 della Champions League è stato commentatore dell'emittente SKY[16][17].
25 febbraio 1995 Massimo Moratti acquista l’inter dall’imprenditore Pellegrini. ll padre Angelo Moratti, presidente dal 1955 al 1968, l’aveva venduta ad Ivanoe Fraizzoli
Estate 1995 Si tratta con Rai e Tv private per il rinnovo del contratto 1996-1999!) Rai 90° minuto e Tutto il calcio + partita in differita 157 miliardi contro i precedenti 135, 2) Telepiù anticipo di serie B, posticipo di serie A da 44,8 a 55 mild 3) pay per view Telepiù garantisce alle società un minimo annuo garantito di 70 miliardi + il 50% dei ricavi da abbonamenti. Ricapitolando se il contratto 1993-96 ha assicurato alla lega 571 miliardi quello 1996-99 ne porterà circa il doppio
Dicembre 1995 sentenza Bosmann
La cosiddetta sentenza Bosman è una decisione presa nel 1995 dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che consente ai calciatori professionisti aventi cittadinanza dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente a un altro club alla scadenza del contratto con l'attuale squadra. La sentenza fu resa rispetto a tre casi legali separati, i quali coinvolgevano tutti il calciatore belga Jean-Marc Bosman:
La Federazione calcistica del Belgio (Union royale belge des sociétés de football association ASBL) contro Jean-Marc Bosman La squadra di calcio Royal Football Club de Liège contro Jean-Marc Bosman ed altri L'UEFA contro Jean-Marc Bosman Bosman giocava nella Jupiler League, la massima serie belga e il suo contratto era scaduto nel 1990. Il calciatore intendeva cambiare squadra e trasferirsi al Dunkerque, una squadra francese. Il Dunkerque non offrì al club del RFC Liège una contropartita in denaro sufficiente, e la squadra belga rifiutò il trasferimento.Inoltre, nel frattempo, l'ingaggio di Bosman venne ridotto e si ritrovò fuori dalla prima squadra. Portò il caso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in Lussemburgo e denunciò una restrizione al commercio. Dopo una dura battaglia legale vinse il processo e il 15 dicembre 1995 la corte stabilì che il sistema fino ad allora in piedi costituiva una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori e ciò era proibito dall'articolo 39 del Trattato di Roma. A Bosman e a tutti i calciatori dell'Unione Europea fu permesso di trasferirsi gratuitamente alla fine del loro contratto, nel caso di un trasferimento da un club appartenente a una federazione calcistica dell'Unione Europea a un club appartenente ad un'altra federazione calcistica, sempre dell'Unione Europea. Inoltre, un calciatore può firmare un pre-contratto con un altro club, sempre a titolo gratuito, se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale ai sei mesi. La sentenza Bosman ha anche proibito alle leghe calcistiche nazionali degli stati UE, e anche alla UEFA, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione Europea. All'epoca, molte leghe ponevano dei limiti al numero dei non-nazionali ai quali era permesso far parte delle squadre. Inoltre, la UEFA prevedeva che alle squadre non fosse permesso, nelle partite giocate nell'ambito delle sue competizioni (quindi nella Coppa dei Campioni, nella Coppa delle Coppe e nella Coppa UEFA), convocare più di tre giocatori stranieri. Questo aveva un effetto particolarmente negativo sulle squadre del Regno Unito, in quanto sia la UEFA che la FIFA considerano l'Inghilterra, l'Irlanda del Nord, la Scozia e il Galles delle nazioni separate. Dopo la sentenza, la regola poteva ancora essere imposta, ma solo con riguardo ai calciatori non aventi cittadinanza di paesi facenti parte dell'Unione Europea. Il 21 aprile del 2005 le 52 federazioni aderenti alla UEFA hanno approvato all'unanimità una regola volta ad aumentare il numero di calciatori allenati nel proprio paese. La misura è un tentativo di combattere alcuni degli effetti della sentenza Bosman
1996 La Juventus vince la coppa dei Campioni
18 novembre 1996 approvata la legge 586 con la quale le società sportive pssono distribuire gli utili agli azionisti. Via libera al fine di lucro
Estate 1997 L’Inter acquista Ronaldo per 51 miliardi. Rivaldo al Barcellona per 55 e Denilson al Siviglia per 62. La Juve incassa 34 miliardi per cedere Vieri all’Atletico Madrid . ( La Lazio ne pagherà 50 l’anno dopo per riportare Vieri in Italia e ne incasserà 90 dall’Inter nel 1999.Il Bologna ingaggia Baggio per 5 miliardi (e 2 netti a lui) e fa 28.500 abbonati
Dicembre 1997 la Consob cancella per le società di calcio la norma che prevede
l’obbligo per la quotazione in borsa di tre ilanci in utile
I° Maggio 1998 la Lazio entra nel listino
1999 Enrico Fedele è assunto come direttore sportivo del Parma.
Nato a Nola nel 1946 , direttore sportivo del Benevento dal 1972 ed in seguito a Reggio Calabria, Caserta, Salerno e Catania e, dal 1999 al 2002 al Parma. Divenuto procuratore di calciatori, gestisce col figlio Gaetano la Fedele management.
23 maggio 2000 la Roma entra in borsa
Estate 2000 Batistuta passa dalla Fiorentina alla Roma per 70 miliardi. La Lazio ne spende 110 per Crespo dal Parma. Il Real Madrid investe l’equivalente di 143 miliardi di lire per assicurarsi le prestazioni del portoghese Figo.
Ferlaino che ha riportato il napoli in serie A cede una quota e lascia la presidenza all’industriale lombardo Giorgio Corbelli
Estate 2001 la Juventus cede Zidane al Real Madrid per 160 miliardi
Ottobre 2001 fondata la GEA sarà messa in liquidazione nel luglio 2006
La Gea World S.p.A. era una società per azioni costituitasi a Roma l'8 ottobre 2001 dalla fusione delle società General Athletic e Football Management. Presieduta da Alessandro Moggi, figlio di Luciano, con vicepresidente Riccardo Calleri, amministratore delegato Franco Zavaglia e Chiara Geronzi come socio di maggioranza, la Gea World gestiva molteplici procure di calciatori e allenatori di calcio di Serie A e B. Si sciolse il 18 luglio 2006 dopo essere stata accusata di associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, nell'ambito di un'inchiesta dalla quale scaturirono in seguito le indagini che portarono all'altra inchiesta sulla cosiddetta Calciopoli. Il processo alla Gea World si chiuse l'8 gennaio 2008 con l'assoluzione della società dall'accusa di associazione per delinquere e con la condanna dei soli Luciano e Alessandro Moggi per violenza privata.
20 dicembre 2001 la Juventus entra in borsa
Estate 2002 Corbelli e Ferlaino cedono il Napoli all’imprenditore napoletano Salvatore Naldi. La Fiorentina dell’imprenditore Cinematografico Cecchi Gori fallisce. Entra l’imprenditore Diego Della Valle e si riparte dalla C1.
Dicembre 2002 decreto salvacalcio spalmadebiti poi convertito in legge 27 del 21/2/2003
Crisi del calciomercato
La crisi del mercato nei primi anni 2000
Verso la fine degli anni novanta si è registrato un aumento esponenziale del costo medio di trasferimento dei giocatori, dovuto ad una pericolosa tendenza al rialzo, una eccessiva valutazione di giocatori mediocri (anche causata dallo sfruttamento delle cosiddette "plusvalenze", vedi paragrafo sotto) ed a gestioni economiche deficitarie. Il record del trasferimento più costoso è stato infatti abbattuto praticamente ad ogni estate, arrivando a toccare la cifra di 150 miliardi di lire per il passaggio di Zinedine Zidane dalla Juventus al Real Madrid nell'estate 2001. Questa corsa alla spesa ha poi causato una stagione di vacche magre, caratterizzate da problemi finanziari per la maggior parte delle squadre: due "big" di quegli anni come Lazio e Parma, sempre ai vertici sia in Italia che in Europa, per colpa dei miliardi di debiti accumulati sotto le gestioni di Sergio Cragnotti e Calisto Tanzi (padroni rispettivamente di Cirio e Parmalat, che anche hanno avuto pesanti rovesci e perdite) hanno subito grossi ridimensionamenti e hanno dovuto cedere i giocatori più rappresentativi, uscendo di fatto dalla lotta alle prime posizioni. Non solo: nomi celebri come Fiorentina, Napoli e Perugia sono falliti e solo grazie ad una legge "ad hoc", il Lodo Petrucci, sono potuti ripartire dalle serie inferiori con una nuova proprietà. In realtà il Napoli si iscrisse alla serie C1 quando già erano scaduti i termini stabiliti nel Lodo Petrucci. Alcune Società di Calcio hanno avuto e continuano ad avere molti debiti ma a queste ultime non è stato attribuito lo stesso trattamento di Fiorentina, Napoli e Perugia: è il caso del Messina o della Lazio a cui è stato consentito di spalmare il debito in molti anni al fine di evitare il fallimento, in barba ad ogni legge dello Stato italiano. Ma i fallimenti non si sono fermati alle grandi squadre: decine di formazioni hanno avuto gli stessi problemi e ogni stagione dal 2002-2003 in poi è stata caratterizzata, dalla A alla C2, da penalizzazioni o retrocessioni causate da inadempienze finanziarie o fallimenti. Questa diffusa incertezza finanziaria si è ovviamente riflessa sul mercato: dal 2004-2005 in poi non ci sono più state grandi cifre come quelle degli anni passati e anche il volume di movimenti si è di molto ridotto. Le squadre, anche le più grandi, puntano molto sul meccanismo del prestito e riservano gli investimenti, eventualmente finanziati dalle casse private dei ricchi proprietari, solo per i campioni più famosi. Il calcio italiano sta in questi anni subendo il sorpasso di club stranieri, come quelli spagnoli e inglesi, nelle disponibilità finanziarie e nell'attrattiva verso i calciatori. I dirigenti ora pongono molta attenzione a raggiungere il pareggio di bilancio ed essere una società autonoma, che si finanzia grazie alle sue entrate, prendendo come modello la Juventus degli anni Novanta e Duemila, sotto la gestione di Moggi, Giraudo e Bettega[1]. Si sta sviluppando negli ultimi tempi un movimento di opinione per cercare di ridurre i costi del calcio in generale, dagli stipendi ai prezzi dei biglietti allo stadio.
Il caso delle plusvalenze
Era uso comune in quegli anni il puro scambio di giocatori tra due società, senza esborso di denaro. Questa mossa si rivelava una vera e propria arma segreta per ripianare i bilanci delle società in cerca di ossigeno: il trucco approntato dagli operatori di mercato era infatti, al momento di scambiare i giocatori con un'altra società, di dare loro una valutazione spropositatamente alta, palesemente fuori mercato. Il guadagno era infatti che formalmente la vendita del proprio giocatore (e il conseguente incasso di una cospicua cifra) veniva ascritto al bilancio dell'anno in chiusura, spesso negativo, per migliorarne nettamente l'aspetto, mentre l'acquisto del giocatore, cioè l'esborso del costo del suo cartellino, entrava come voce del bilancio successivo, riuscendo così a spostare il problema di pareggiare quella uscita alla prossima gestione, quando ancora c'era tutto un anno per poter rimediare. Entravano spesso in questo tipo di trasferimenti calciatori meno famosi, provenienti dalle giovanili, ai quali, neanche facenti parte della rosa della prima squadra, venivano date valutazioni di vari miliardi, ma anche dei campioni affermati come Hernan Crespo, Domenico Morfeo e Bernardo Corradi. Nel gennaio 2007 sono iniziate, da parte di varie procure italiane, Milano, Roma, Torino, Napoli, indagini su scambi di giocatori giovani, con valutazioni, stimate dalle procure in fase di indagine, fuori mercato; nel filone dell'inchiesta milanese è venuto fuori il caso dell'Inter e del Milan, circa il nome del giocatore Simone Brunelli della Primavera. L'ufficio indagini della Lega Calcio ha, peraltro, deferito i due medici sociali e i dirigenti responsabili per irregolarità non afferenti alle plusvalenze. Infatti leggere ammende sono state inflitte alle due Società per responsabilità oggettiva. Il calciatore Brunelli è stato altresì condannato a due mesi di squalifica per violazione art. 27 dello Statuto FIGC, art. 1, C.G.S. e art. 95 e ss. NOIF. rif.sentenza CAF n°281. La questione del doping amministrativo rimane in attesa di una sua soluzione legislativa, resa difficile dalla difficile valutazione di parametri oggettivi per la valutazione di un giocatore giovane. Altre società che sono venute fuori in questa inchiesta sono Roma, Sampdoria, Lazio e Genoa. Nessuna di queste squadre è stata punita seriamente.
I trasferimenti più costosi [modifica]
|
|
|
Giocatore |
Da |
A |
Costo |
Anno |
1 |
Cristiano Ronaldo |
Manchester Utd |
Real Madrid |
93,6[2] |
2009 |
2 |
Zinedine Zidane |
Juventus |
Real Madrid |
75,0[3] |
2001 |
3 |
Zlatan Ibrahimović |
Inter |
Barcellona |
71,0[4] |
2009 |
4 |
Kaká |
Milan |
Real Madrid |
67,2[5] |
2009 |
5 |
Luís Figo |
Barcellona |
Real Madrid |
60,1[6] |
2000 |
|
Fernando Torres |
Liverpool |
Chelsea |
58,5 |
2010 |
6 |
Hernán Crespo |
Parma |
Lazio |
53,6[7] |
2000 |
7 |
Robinho |
Real Madrid |
Manchester City |
51,1 |
2008 |
8 |
Gianluigi Buffon |
Parma |
Juventus |
49,2 |
2001 |
9 |
Christian Vieri |
Lazio |
Inter |
48,3[8] |
1999 |
10 |
Dimitar Berbatov |
Tottenham |
Manchester Utd |
46,4 |
2008 |
11 |
Andrij Ševčenko |
Milan |
Chelsea |
45,3[9] |
2006 |
|
Kun Aguero |
Atletico Madrid |
Manchester City |
45 |
2011 |
12 |
Rio Ferdinand |
Leeds |
Manchester Utd |
43,9 |
2002 |
13 |
Gaizka Mendieta |
Valencia |
Lazio |
43,7 |
2001 |
14 |
Ronaldo |
Inter |
Real Madrid |
43,0[10] |
2002 |
15 |
Juan Sebastián Verón |
Lazio |
Manchester Utd |
42,4 |
2001 |
16 |
Manuel Rui Costa |
Fiorentina |
Milan |
42,2 |
2001 |
|
Xavier Pastore |
Palermo |
Paris SG |
42 |
2011 |
17 |
David Villa |
Valencia |
Barcellona |
40,0[11] |
2010 |
|
Falcao |
Porto |
Atletico Madrid |
40 |
2011 |
18 |
Marc Overmars |
Arsenal |
Barcellona |
39,6 |
2000 |
19 |
Xabi Alonso |
Liverpool |
Real Madrid |
39,4 |
2009 |
20 |
Fernando Torres |
Atlético Madrid |
Liverpool |
39,0 |
2007 |
21 |
Pavel Nedvěd |
Lazio |
Juventus |
38,5 |
2001 |
22 |
Daniel Alves |
Siviglia |
Barcellona |
38,2[12] |
2008 |
23 |
David Beckham |
Manchester Utd |
Real Madrid |
37,5 |
2003 |
24 |
Arjen Robben |
Chelsea |
Real Madrid |
36,5[13] |
2007 |
25 |
Michael Essien |
O. Lione |
Chelsea |
36,8 |
2005 |
26 |
Didier Drogba |
O. Marsiglia |
Chelsea |
36,2 |
2004 |
Inzaghi |
Juventus |
Milan |
36,2[14] |
2001 |
|
27 |
Javier Saviola |
River Plate |
Barcellona |
35,9 |
2001 |
28 |
Nicolas Anelka |
Arsenal |
Real Madrid |
35,4 |
1999 |
Mario Gómez |
Stoccarda |
Bayern Monaco |
35,4 |
2009 |
|
29 |
Karim Benzema |
O. Lione |
Real Madrid |
35,0[15] |
2009 |
30 |
Gabriel Batistuta |
Fiorentina |
Roma |
33,2 |
2000 |
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|
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|
|
2003 Il Milan vince la Champion
Estate 2004 limprenditore cinematografico Aurelio De Laurentis acquista il Napoli dopo il fallimento della società e riparte dalla serie C1. Claudio Lotito diventa presidente della Lazio
Estate 2005 Tanzi vende Gilardino al Milan per 24 milioni di euro
Primavera 2006 scoppia lo scandalo di Calciopoli.
Il 4 maggio 2006 furono pubblicate su alcuni giornali alcune intercettazioni telefoniche di un'inchiesta archiviata dal tribunale di Torino (i cui faldoni erano stati trasmessi all'allora presidente della FIGC Franco Carraro) in cui alcuni dirigenti si informavano con il designatore arbitrale Pierluigi Pairetto, delegato arbitrale UEFA, sui nomi di alcuni direttori di gara che dovevano essere sorteggiati per dirigere le partite della successiva Coppa dei Campioni. Da qui, l'uscita a cadenza giornaliera sui quotidiani di ulteriori intercettazioni provenienti da un'inchiesta ancora in corso della Procura di Napoli (Indagine Offside) aperta nel 2004 per indagare su un giro di scommesse clandestine.Scoppiò quindi uno scandalo mediatico che portò l'11 maggio alle dimissioni di Moggi e degli altri due dirigenti Antonio Giraudo e Roberto Bettega, in un'inchiesta che teorizzava il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Inoltre, sempre stando alle intercettazioni, Moggi intratteneva singolari rapporti con alcuni soggetti (tra cui Fabio Baldas, ex arbitro e all'epoca moviolista de Il processo di Biscardi, trasmissione che andava in onda su LA7) che gravitavano attorno al giornalismo sportivo italiano, grazie alla condiscendenza dei quali poteva esercitare pressioni atte a mettere in buona o cattiva luce l'operato di arbitri e società a seconda delle convenienze del caso. A luglio, la Corte Federale della FIGC conferma la squalifica di Moggi per cinque anni con richiesta di radiazione.Il 28 marzo 2010 la FIGC dichiara che Moggi, viste le vicende dell oscandalo, è soggetto a radiazione[3]. Successivamente Moggi comunica che al momento alcuna comunicazione in tal senso gli è stata rinvenuta[4]
Il processo a Roma
È stato accusato di associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza tramite minacce e violenza privata nell'ambito dell'inchiesta GEA. Secondo i pm romani Palaia e Palamara, Luciano e Alessandro Moggi, nonché Franco Zavaglia, sarebbero stati i promotori del sistema di potere che avrebbe portato la Gea World ad esercitare una funzione dominante nel mondo del calcio. Nel capo di imputazione si afferma che i tre avrebbero creato la Gea per "acquisire il maggior numero di procure sportive, tramite esse, ottenere un potere contrattuale in grado di incidere in maniera determinante sul mercato calcistico, per condizionare la gestione dei calciatori e, di riflesso, quella di svariate squadre del campionato di calcio". Il 3 ottobre 2008 è stato rinviato a giudizio insieme ad altri ventiquattro imputati nell'inchiesta. Al relativo processo, l'11 novembre 2008 il PM ha chiesto una condanna a 6 anni per Moggi per associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza tramite minaccia e violenza privata, senza le attenuanti del caso per il pessimo comportamento tenuto in aula. 5 anni di condanna sono stati richiesti per suo figlio.L'8 gennaio 2009 la X sezione del tribunale di Roma ha condannato Luciano Moggi a 1 anno e 6 mesi di reclusione per violenza privata nei confronti dei calciatori Blasi ed Amoruso. Con Luciano Moggi è stato condannato anche il figlio Alessandro. Ha invece assolto Luciano Moggi e tutti gli altri componenti della GEA World dall'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, sconfessando così le tesi dei PM Palaia e Palamara.La sentenza del processo d'appello è attesa l'1 febbraio 2011. [5]
Il 20 gennaio 2009 è iniziato a Napoli il processo di Calciopoli che vede Moggi come imputato. Una svolta decisiva nel processo in corso, si ha indubbiamente con la scoperta da parte dei legali di Moggi e la successiva l'acquisizione, di nuove intercettazioni mai ascoltate o precedentemente trascritte. Esse dimostrerebbero infatti l'esistenza di contatti diretti di altri dirigenti mai indagati con arbitri e designatori, facendo venir meno l'ipotesi accusatoria di unicità di rapporti tra Bergamo e Pairetto e gli imputati.[6] .Il processo con rito ordinario si è concluso l'8 novembre 2011 con la lettura del dispositivo da parte del giudice Teresa Casoria (le motivazioni saranno rese note entro i 90 giorni successivi). Sono stati condannati altri sedici imputati: 5 anni e 4 mesi di reclusione per promozione della associazione a delinquere per l'ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi (che ha avuto anche il Daspo di 5 anni e l'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici), 3 anni ed 8 mesi per l'ex designatore arbitrale Paolo Bergamo (più 5 anni di interdizione dai pubblici uffici), 2 anni e 2 mesi per l'ex vicepresidente FIGC Innocenzo Mazzini (questi ultimi due ritenuti anch'essi colpevoli di promozione dell'associazione), 1 anno ed 11 mesi ciascuno per l'altro ex designatore Pierluigi Pairetto e per l'ex arbitro Massimo De Santis, 1 anno ed 8 mesi per l'altro ex arbitro Salvatore Racalbuto, 1 anno e 6 mesi (più ammenda di 30.000 euro) per il presidente della Reggina Pasquale Foti, 1 anno e 5 mesi ciascuno per altri due ex arbitri, Paolo Bertini ed Antonio Dattilo, 1 anno e 3 mesi ciascuno (più 25.000 euro di multa) per i dirigenti Claudio Lotito (presidente della Lazio), Andrea e Diego Della Valle (ex presidente e proprietario della Fiorentina) e Sandro Mencucci (amministratore delegato della Fiorentina), 1 anno ciascuno (più 20.000 euro di multa) per l'ex dipendente del Milan Leonardo Meani e gli ex assistenti arbitrali Claudio Puglisi e Stefano Titomanlio. Otto gli imputati assolti: l'ex direttore sportivo del Messina Mariano Fabiani, l'ex arbitro Pasquale Rodomonti, gli ex assistenti Marcello Ambrosino, Silvio Gemignani ed Enrico Cennicola, l'ex designatore degli assistenti Gennaro Mazzei, l'ex segretaria della CAN A-B Maria Grazia Fazi e l'ex giornalista Rai Ignazio Scardina. Escluse, invece, tutte le istanze risarcitorie contro la Juventus, citata al processo come parte civile, in quanto la corte considerò che il club non era responsabile a titolo oggettivo né civile nella vicenda[13][14]. La società torinese, sulla base della sentenza e dei contemporanei sviluppi del suo ricorso al TNAS contro la mancata revoca dello Scudetto 2005-2006 all'Inter, ha annunciato, il 14 novembre, ricorso al TAR del Lazio contro la Federcalcio e l'Inter per vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni subiti dalle sentenze sportive del 2006.
Va notato che, complessivamente tra rito abbreviato e rito ordinario, le uniche condanne non coperte completamente da indulto sono quelle di Moggi e di Bergamo. Sottraendo lo "sconto" di 3 anni dovuto all'indulto, al momento Moggi dovrebbe scontare 2 anni e 4 mesi di reclusione (ai quali vanno però aggiunti un ulteriore anno per il caso GEA e quattro mesi per diffamazione nei confronti di Franco Baldini, condanna quest'ultima arrivata pochi giorni dopo quella di Napoli). Bergamo dovrebbe scontare invece 8 mesi di reclusione. Tuttavia le pene non sono immediatamente esecutive ed occorrerà dunque attendere i successivi gradi di giudizio.
Nell'aprile 2007, gli atti relativi all'ipotesi di sequestro di persona di Luciano Moggi ai danni dell'arbitro Gianluca Paparesta furono trasmessi per competenza alla Procura di Reggio Calabria. Dopo aver svolto le indagini, la procura archiviò il caso perché "il fatto non sussiste". [7].Il 21 gennaio 2009, il GUP di Milano ha assolto Luciano Moggi dall'accusa di diffamazione nei confronti dell'Inter. Moggi era accusato di aver diffamato la società nerazzurra, in quanto aveva dichiarato che la società nerazzurra si era salvata patteggiando il caso del passaporto falso di Recoba, senza conseguenze rilevanti, a differenza di quanto accaduto alla Juventus nel caso Calciopoli. Gabriele Oriali, all'epoca dirigente dell'Inter, aveva effettivamente patteggiato una pena di 6 mesi di reclusione per ricettazione e concorso in falso. Il GUP di Milano ha ritenuto che le parole di Moggi fossero solo "espressione del diritto di critica, al massimo imprecise, ma non penalmente rilevanti". [8] Il 14 maggio 2009 il Giudice di Pace di Lecce ha assolto Luciano Moggi e l'arbitro Massimo De Santis accusati di frode sportiva, in concorso per aver alterato l'andamento delle gare Lecce-Juventus e Lecce-Fiorentina del campionato 2004-2005, come sancito dalle sentenze sportive. In particolare il giudice ha stabilito che: «non è stato in alcun modo provato il fatto descritto», «il Giudicante non ritiene inoltre pienamente utilizzabili le sentenze rese dagli organi di giustizia sportiva essendo quest’ultimo giudizio strutturalmente diverso rispetto al giudizio ordinario. Né si ritiene che le intercettazioni telefoniche richiamate nel corso del giudizio possano avere valenza probatoria, non essendo utilizzabili in un procedimento diverso da quello nel quale esse sono disposte» [9].Il 24 novembre 2009 a Torino Moggi, insieme a Giraudo, Bettega ed alla società Juventus, è stato assolto "perché il fatto non sussiste" dalle accuse riguardanti la gestione dei conti della società bianconera durante il periodo della triade. I PM avevano chiesto tre anni di reclusione per l'ex DG[10]. Inoltre l'11 novembre 2010 la Juventus Football Club ha ritirato la querela contro Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega, presentata nell'ambito dello stesso processo per i bilanci della vecchia gestione finanziaria della società.[11].Il 14 settembre 2010 Moggi, insieme a Giraudo, Bettega, Blanc e Giovanni Cobolli Gigli, è stato prosciolto dall'accusa di violazioni fiscali sui bilanci del club bianconero dal 2005 al 2008. Il giudice torinese Eleonora Montserrat Pappalettere ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla stessa Procura della Repubblica e chiuso il caso aperto da un accertamento della Guardia di Finanza[12].
2006 L’italia di Lippi vince il quarto campionato del mondo
2007 il Milan vince la Champion
Rapporto 2008 sul calcio europeo Deloitte & Touche
Il Manchester United scala la classifica ma a dominare è sempre il Real MadridI club inglesi occupano tre posizioni fra le top 5, eccellono i club tedeschi |
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Il Manchester United ha scalato due posizioni, passando al secondo posto della Football Money League, classifica elaborata dalla società di consulenza Deloitte. La Football Money League viene redatta sulla base della cifra d’affari dei 20 maggiori club di calcio al mondo. Il Real Madrid rimane il club che, al mondo, genera la maggiore cifra di affari, dominando una tripletta davvero di prim’ordine: Manchester United al secondo posto e FC Barcelona al terzo. L’analisi della Football Money League è basata sui dati finanziari della stagione 2006/07.
Oltre al Manchester United, nelle top five ritroviamo altri due club inglese: il Chelsea e l’Arsenal. Il Chelsea guadagna due posizioni, piazzandosi al quarto posto, mentre l’Arsenal si aggiudica il primato per avere fatto la scalata più grande nella Money League 2007, salendo di quattro posizioni, dal nono al quinto posto. Il Barcelona perde invece una posizione, scendendo dal secondo al terzo posto.
Dan Jones, Partner nel Gruppo Sports Business Group Deloitte, ha commentato: “È la prima volta che un paese si ritrova tre club nella top five della Money League. Il trasferimento dell’Arsenal all’Emirates Stadium è sicuramente una ragione del miglioramento della cifra di affari; d’altro canto, l’aumento della cifra d’affari ha significato per il Chelsea il rientro nella top five.”
Il Real Madrid e il Manchester United sono stati i club di calcio a generare più di 300 milioni di Euro a stagione. Il Real ha goduto di una crescita impressionante del 20% che ha portato la cifra d’affari totale a 351 milioni di Euro (236 milioni di sterline), mentre la cifra d’affari del Manchester United è cresciuta ancora più velocemente, fino a 315 milioni di Euro (212 milioni di sterline).“Con i nuovi accordi televisivi di Premier League in onda per la stagione 2007/08, il Manchester United ha l’opportunità di chiudere in maniera significativa il divario sul Real e una Champions League ricca di successi potrebbe persino vederlo in lizza nuovamente per il primo posto” commenta Jones.
Sta di fatto che il calcio rimane uno sport in crescita, specialmente a livelli alti. Nel 2006/07, i ricavi complessivi dei primi 20 club sono cresciuti dell’11% a 3.7 miliardi di Euro (2.5 miliardi di sterline), registrando il tasso di crescita più alto dalla stagione 2002/03. I primi 20 club generano oggi più del triplo dei ricavi complessivi dei club considerati nella prima edizione Money League, relativa alla stagione 1996/97.
La top 20 mondiale di quest’anno è dominata interamente da club europei: sono presenti sei club inglesi, .quattro tedeschi e quattro italiani, tre spagnoli, due francesi e uno scozzese. Dopo i mondiali di calcio, nella Money League è presente il numero maggiore di club tedeschi della storia.
Alan Switzer, Director del Gruppo Sports Business, commenta: “E` la performance dei club tedeschi ad attirare particolarmente l’attenzione, laddove la crescita della cifra di affari è da collegarsi allo stato – nuovo o migliorato – degli stadi. Lo stadio è un asset di primaria importanza per il club e la maggioranza dei club presenti in Money League stanno cercando di completare, a corto-medio termine, la realizzazione di nuove strutture.”
Se il numero dei club inglesi, in questa Money League, è sceso da otto a sei, per il prossimo anno potrebbe aumentare in maniera significativa. Paul Rawnsley, Director del Gruppo Sports Business Group dichiara: “Club quali Aston Villa, Everton, Manchester City e West Ham United sono appena fuori dalla top 20 e con la crescita di cifra di affari derivante dai nuovi accordi sui diritti televisivi, di cui beneficiano i Club, ci si aspetta che le squadre inglesi dominino le posizioni basse della Money League del prossimo anno.”
Per passare in rassegna i risultati completi dello studio Deloitte Football Money League e ascoltare Dan Jones sul nostro podcast, visitate www.deloitte.co.uk/sportsbusinessgroup
Posizionamento attuale in classifica |
Club |
Ricavi (£m) |
Ricavi (€m) |
1 (1) |
Real Madrid |
236.2 |
351.0 |
2 (4) |
Manchester United |
212.1 |
315.2 |
3 (2) |
FC Barcelona |
195.3 |
290.1 |
4 (6) |
Chelsea |
190.5 |
283.0 |
5 (9) |
Arsenal |
177.6 |
263.9 |
6 (5) |
AC Milan |
153.0 |
227.2 |
7 (8) |
Bayern Munich |
150.3 |
223.3 |
8 (10) |
Liverpool |
133.9 |
198.9 |
9 (7) |
Internazionale |
131.3 |
195.0 |
10 (12) |
AS Roma |
106.1 |
157.6 |
11 (15) |
Tottenham Hotspur |
103.1 |
153.1 |
12 (3) |
Juventus |
97.7 |
145.2 |
13 (11) |
Olympique Lyonnais |
94.6 |
140.6 |
14 (13) |
Newcastle United |
87.1 |
129.4 |
15 (16) |
Hamburg SV |
81.0 |
120.4 |
16 (14) |
Schalke 04 |
76.9 |
114.3 |
17 (-) |
Celtic |
75.2 |
111.8 |
18 (-) |
Valencia |
72.4 |
107.6 |
19 (-) |
Olympique de Marseille |
66.6 |
99.0 |
20 (-) |
Werder Bremen |
65.5 |
97.3 |
Fonte: Deloitte Football Money League 2008
Questo comunicato stampa si basa sul rapporto Deloitte Football Money League, pubblicato nel mese di febbraio 2008. Come spiegato in maniera esaustiva nella pubblicazione, i dati sulle cifre di affari sono stati ricavati dai conti annuali della stagione 2006/07 delle singole squadre oppure da altre fonti dirette.
I quattro club che sono usciti dai primi 20 posti della classifica Money League sono il Manchester City, il Rangers, il West Ham United e il Benfica.
Esistono diverse modalità per esaminare lo stato di salute finanziaria o il valore relativo di un club calcistico. Nel Deloitte Football Money League, la cifra d’affari è stata considerata il criterio di performance finanziaria più facilmente reperibile e confrontabile.
I ricavi non includono quelli generati dalla cessione di giocatori, l’IVA e altre entrate derivanti da imposte. In alcuni casi, sono stati effettuati degli aggiustamenti sui ricavi totali per consentire, secondo la nostra opinione, un confronto più significativo del business del calcio sulla base delle analisi di ciascun club. Ad esempio, nei casi in cui le informazioni erano disponibili, le attività significative non strettamente riguardanti il calcio e le transazioni di capitale sono state escluse dai ricavi. Eventuali differenze nelle cifre d’affari fra i club o relative alle diverse tempistiche contabili sono da attribuirsi ai diversi tipi di modelli contabili e alla modalità secondo cui le transazioni sono registrate nei conti annuali, oppure per via della differente applicazione dei principi contabili in vigore nei vari paesi, cosicché lo stesso tipo di transazione potrebbe essere registrata in maniera diversa.
Non abbiamo svolto nessun lavoro di verifica né revisione contabile dei dati contenuti nei conti annuali dei club né delle altre fonti impiegate ai fini della pubblicazione.
Tutti i dati della stagione 2006/07 sono stati convertiti al tasso di cambio al 30 giugno 2007 (1 sterlina = 1.4856 Euro). Le cifre comparative sono state ricavate dalle precedenti edizioni del Deloitte Football Money League.
Nel corso di quest’anno, sarà pubblicato la Deloitte Annual Review of Football Finance, che fornirà un’analisi più dettagliata del panorama finanziario del calcio inglese ed europeo.
Negli ultimi 15 anni, Deloitte ha dedicato un interesse particolare al business legato allo sport. Il Gruppo Sports Business Deloitte fornisce un servizio professionale multidisciplinare, attraverso professionisti dedicate con competenze che conferiscono un significativo valore aggiunto al mondo degli affari legato allo sport. Fra i servizi offerti ricordiamo analisi comparative (benchmarking), riviste di business strategico, operational turnarounds, revenue enhancement strategy o stadium/venue development plan, business planning, analisi di mercato, acquisizioni, due diligence, perizie, audit e pianificazioni fiscali. Più di qualsiasi altro consulente, il Gruppo Sports Business Deloitte ha collaborato con numerose società calcistiche, federazioni, enti governativi, responsabili per lo sviluppo degli stadi, organizzatori di eventi, partner commerciali, finanziatori e investitori.
Per ulteriori informazioni sui servizi forniti dal Gruppo Sports Business visitate il sito www.deloitte.co.uk/sportsbusinessgroup
In questo comunicato stampa, con il nome Deloitte si intende la società Deloitte SA, una controllata di Deloitte & Touche LLP.
Deloitte, società leader nella consulenza aziendale, fornisce servizi di revisione dei conti, consulenza fiscale, consulenza aziendale e corporate finance in tutto il mondo, tramite una rete di 150,000 collaboratori in circa 150 paesi.
Il brand Deloitte si riferisce a una Verein svizzera, le cui member firm sono entità giuridicamente separate e indipendenti. Né DTT né ciascuna delle member firm ha responsabilità l’una nei confronti dell’altra per azioni o omissioni delle singole società. I servizi sono forniti dalle member firm o dalle loro controllate e non da DTT.
Nel 2006, Deloitte Svizzera (i.e. Deloitte SA) e Deloitte UK (i.e. Deloitte & Touche LLP) si sono unite per presentarsi ai propri clienti come un’unica forte impresa integrata. Questa scelta, risultata in un organico di oltre 11 000 professionisti, conferma il ruolo della Svizzera quale importante centro finanziario e primaria piazza di affari. In Svizzera, oltre 700 professionisti operano in cinque città - Zurigo (sede principale), Basilea, Ginevra, Losanna e Lugano – per fornire valore a imprese di qualsiasi tipo e dimensione, dalle multinazionali alle imprese pubbliche e private, come pure alle piccole e medie imprese.
20 giugno 2009 Intervista di Platini sul far play finanziario
Intervista esclusiva a Platini: "Più controlli sui bilanci"
Redazione Sabato 20 Giugno 2009 07:00
Michel Platini è nato a Joeuf in Francia il 21 giugno del 1955. E' stato un leader in campo e un personaggio mai banale fuori; insofferente e gigione con i giornalisti, brillante e istrionico nei rapporti con i colleghi.
La sua carriera da calciatore lo ha portato ad ottenere i massimi successi, sia con le maglie dei clubs con
i quali ha giocato (Nancy, St. Etienne, soprattutto Juventus, la squadra con la quale ha vinto tutto), sia con la Nazionale francese, da lui trascinata alla conquista del primo titolo continentale, nella manifestazione più dominata da un singolo che la storia del calcio ricordi.
Persona di spiccata intelligenza e indiscutibile carisma, comprese che ritirarsi ancora competitivo avrebbe lasciato un'immagine indelebile della sua grandezza.
Appena ritiratosi, pur non avendo mai avuto particolari velleità da allenatore, Platini rispose alla chiamata della Federazione francese per gestire il delicato momento dei "bleus" rimasti orfani del suo stesso ciclo vincente.
Ma il suo futuro era dietro una scrivania, e l'organizzazione del Mondiale francese del 1998 passò attraverso la sua supervisione.
Fu un grande successo, completato dal trionfo della Nazionale di casa, e Michel, in tribuna in abito elegante, ma con la maglia della nazionale al posto della camicia ("obbligando" politici e autorità a seguirne l'esempio,
presidente Chirac compreso), uscì da quell'esperienza da trionfatore. La brillante ascesa di Platini lo portò alla vicepresidenza della FIFA (dal 2002), mentre nel gennaio 2007 pose termine al "regno" dello svedese Lennart Johansson (che durava dal 1990), rilevandone la presidenza UEFA.
Platini, che da anni si batte per restituire al calcio europeo la prevalenza dell'aspetto sportivo su quello meramente commerciale, pur non sottovalutando gli aspetti riguardanti l'enorme business che vi gira attorno, è ora l'incubo di tanti presidenti. Quelli dai bilanci "allegri".
Il momento del calcio europeo, con un impoverimento generale (escludendo qualche eccezione, seppur eclatante) e interi sistemi a rischio fallimento, necessita di un cambio di rotta immediato.
In esclusiva per Ju29ro.com, Michel Platini ci spiega come la UEFA guiderà il cambiamento.
- Buongiorno Presidente. Innanzitutto La ringraziamo per aver accettato di rispondere alle domande che la nostra Redazione Le ha posto su un argomento di estrema attualità, come il fair play finanziario e i bilanci delle società di calcio europee. In particolare si sente parlare spesso dell’elevato indebitamento complessivo della Premier League mentre, a nostro avviso, la situazione di squilibrio finanziario nei conti del calcio è di ordine globale e riguarda principalmente le società che fanno capo a proprietari facoltosi che hanno facilmente accesso al credito bancario; Qual è al riguardo la valutazione dell'Uefa?
La situazione di “squilibrio finanziario” è tipica di tutto il sistema calcio e sarebbe riduttivo ricondurla a singoli club o paesi. Si tratta di un problema europeo, che colpisce tutti i paesi, dalle grandi alle piccole nazioni calcistiche e che quindi richiede una soluzione a livello europeo. Le cause di questa situazione sono da ricercare negli obiettivi perseguiti dalle società di calcio e nella struttura delle competizioni a tutti i livelli. A differenza delle imprese “normali” la ricerca del successo sportivo è l’obiettivo principale di una società di calcio, non il profitto. Il successo sportivo genera sovente un ritorno economico importante che spinge le società di calcio a preferire la spesa nel breve termine a scapito di un investimento di lungo periodo. L’UEFA ritiene pertanto necessaria una riforma globale che dovrà correggere comportamenti orientati al breve periodo fornendo incentivi per ridurre i costi, in particolare quelli legati agli stipendi e ai trasferimenti dei giocatori.
- A fronte dell’indebitamento riteniamo necessario differenziare quello contratto a fronte di investimenti duraturi, come lo stadio, da quello utilizzato per finanziare la gestione corrente e la corsa verso ingaggi sempre più elevati e rose di giocatori sempre più "esagerate". Nella giusta battaglia che l'Uefa porta avanti si potrà tener conto di questa sostanziale differenza?
Certamente si terrà conto di questa sostanziale differenza. Il debito per se non è negativo. E` necessario però che il livello d’indebitamento sia “sostenibile” nel medio/lungo termine. Sostenibile, non in funzione della capacità finanziaria di facoltosi proprietari ma della capacità del club di generare reddito. La riforma fornirà inoltre incentivi volti ad aumentare gli investimenti nelle infrastrutture e nei settori giovanili.
- I bilanci delle società italiane in particolare sono poco trasparenti e spesso artificiosamente sostenuti perché, in molti casi, si fa ricorso a società controllate e/o collegate unicamente per far emergere utili fittizi come quelli rivenienti, ad esempio, dalle finte compravendita dei marchi. Bisognerà ricorrere a nuovi accorgimenti e nuovi controlli, per esempio sul Bilancio Consolidato; l'Uefa li ha già studiati e li metterà subito in atto?
L’UEFA ha previsto l’applicazione delle nuove norme a livello di bilancio consolidato. In futuro saranno previsti maggiori controlli volti ad aumentare la trasparenza. Si tratta di una questione complessa che deriva in molti casi dalla complessità delle strutture societarie e dei sistemi giuridici nei 53 paesi membri dell’UEFA.
- Abbiamo letto della costituzione da parte dell'Uefa di un Comitato (Panel) di Controllo Finanziario per Club che valuterà la concessione delle licenze per le competizioni internazionali. Questo controllo sarà operativo già da questa estate in vista della Champions 2009-10? La stampa ha riportato la notizia secondo la quale il Comitato valuterà se i rispettivi organismi nazionali (in Italia la Covisoc) hanno operato adeguatamente nella concessione delle licenze Uefa. Nel caso di controlli nazionali indeguati, cosa succederà? Si darà modo ad una società non in regola di adeguarsi gradualmente oppure può succedere che un Club possa essere ammesso alle competizioni nazionali e non alle competizioni Uefa?
Al Panel di Controllo Finanziario per Club spetterà il difficile compito di monitorare l’applicazione delle norme delle licenze da parte degli organismi nazionali e il rispetto dei criteri finanziari da parte dei club. Il Panel, che sarà operativo già nel corso della stagione 2009/10, disporrà di ampi poteri di controllo e potrà deferire l’associazione nazionale e/o i club alla commissione disciplinare. I controlli riguarderanno solo ed esclusivamente i club qualificati per le competizioni Europee. In caso di inadempienze è possibile che un club non sia ammesso alle competizioni dell’UEFA.
- Oltre ad un maggior rigore nei controlli sui bilanci, l'Uefa sta ricercando consenso su altre misure di fair play finanziario, prima tra tutte il vincolo nel rapporto tra spese e fatturato. Ha la sensazione che sia un obiettivo raggiungibile? Non c'è il pericolo che le grandi società europee si orientino per un loro campionato, una specie di Eurolega?
Riteniamo che il vincolo tra spese e fatturato sia un obiettivo raggiungibile. Non sarà semplice ma riteniamo sia necessario. Ci vorrà del tempo. I club dovranno imparare a competere con i “propri mezzi”. Dovranno ridurre le spese e aumentare le entrate. In molti paesi il sistema dovrà essere profondamente riorganizzato, e si dovrà agire in fretta altrimenti si rischia il collasso. Su questo tema delicato siamo in costante contatto con i presidenti dei club che ci sostengono in questa iniziativa perché hanno capito che le nuove regole che stiamo studiando non sono contro di loro, ma, al contrario, sono in loro favore. Le nuove regole dovranno infatti permettere di raggiungere un equilibrio finanziario di medio/lungo termine proteggendo i club dalla continua ed inesorabile lievitazione dei costi che sta portando molte società sull’orlo del fallimento. Siamo convinti che la riforma del sistema fornirà ai club nuove opportunità di sviluppo. Coloro che agiranno in fretta e sapranno sfruttare le nuove opportunità saranno avvantaggiati. Molti presidenti lo hanno capito e hanno già cominciato a guardare al bilancio con maggiore rigore che in passato e ad implementare politiche mirate per accrescere il valore del proprio club nel medio/lungo termine.
- Dei bilanci “gonfiati” si è parlato apertamente in Italia (e noi di www.ju29ro.com l'abbiamo documentato) di illeciti tollerati, cioè di operazioni tecnicamente non regolari in termini di normativa sportiva ma “tollerate” dall'autorità di vigilanza nazionale. A Suo avviso, c'è oggi una sensibilità diversa rispetto al passato nelle istituzioni, nell'opinione pubblica, negli sportivi stessi che renda possibile l'obiettivo di bilanci sostenibili e quindi la somministrazione di adeguate sanzioni per chi si rende responsabile di quelle operazioni sportivamente illecite?
L’UEFA ritiene vi sia maggiore sensibilità in materia di rigore economico/finanziario. L’attuale crisi finanziaria ha evidenziato la vulnerabilità del sistema. Le società cominciano a capire che i ricavi non potranno crescere per sempre e le istituzioni sono preoccupate e richiedono maggiori controlli. Per esempio in Gran Bretagna una commissione parlamentare formata da rappresentanti di tutti i partiti ha richiesto una profonda riforma del sistema calcio. Anche altri paesi si stanno muovendo nella stessa direzione. E` un passo difficile ma fondamentale. Chi non sarà in grado di mantenere una politica sostenibile o si renderà responsabile di illeciti sportivi sarà sanzionato o privato di incentivi che verranno invece ridistribuiti tra coloro che hanno rispettato le regole ed adottato misure di fair play finanziario.
- Le società di calcio in Europa devono sottostare a regimi fiscali differenziati e vigenti nella nazione di appartenenza. Alcune di queste beneficiano di aliquote più basse con la conseguenza di una maggiore competitività nell’ambito del calciomercato. L’Uefa ha considerato questo problema e ha in programma di presentare proposte in sede Europea per eliminare questa importante anomalia che penalizza, ad esempio, le squadre italiane rispetto a quelle spagnole?
L’UEFA ha considerato la problematica dell’armonizzazione fiscale e auspica che i governi dei vari paesi dell’UE possano affrontare questa situazione che è molto complessa. Comprendiamo bene che dal punto di vista italiano la situazione possa apparire sfavorevole se paragonata ad altre realtà Europee. L’Italia però non è il solo paese in Europa con una pressione fiscale elevata; altri paesi affrontano il medesimo problema. Si tenga poi conto che più di venti federazioni dell’UEFA non fanno parte dell’UE e pertanto un’armonizzazione a livello UEFA sarebbe ancora più difficile. Non è poi l’unica anomalia. Per esempio importanti differenze tra i vari paesi esistono in materia di strutture societarie, modelli di ownership, regole sulla proprietà degli stadi oppure ancora in materia di ridistribuzione degli introiti televisivi. I club, a livello nazionale ed internazionale, non sono uguali e l’UEFA non può armonizzare i vari regimi fiscali e commerciali. Fair play finanziario non significa uguaglianza finanziaria ma capacità di competere con il proprio reddito tramite una politica finanziaria sostenibile nel medio/lungo termine.
L'intervista si conclude qui. Abbiamo voluto focalizzare la nostra attenzione sull'argomento bilanci e allo stesso tempo cogliere l'occasione per schierarci ufficialmente, come WWW.JU29RO.COM, al fianco del Presidente Platini e dei suoi progetti di riforma per un calcio finanziariamente sostenibile. A Michel vanno dunque i nostri più affettuosi saluti e il nostro caloroso incoraggiamento per la difficile battaglia che ha deciso di sostenere.
Serie A
CATANIA
JUVENTUS
5 dicembre h. 20.45
Intercettazioni inedite - Audio - Video - PDF
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Video - Deposizioni
Novembre 2009La torta dei diritti Tv che la Lega calcio distribuisce alle società
Roma, 2 nov. (Ign) - Se il campionato di Serie A si chiudesse oggi, con la classifica attuale la Fiorentina e la Sampdoria ne uscirebbero in qualche modo vincitrici. Sarebbero premiate dai diritti televisivi che la massima serie incassa ogni anno e spartisce alle varie squadre. Le due formazioni, infatti, grazie al nuovo sistema di ripartizione deciso dalla Lega calcio che entrerà in vigore dal 2010, sono quelle che registrerebbero l'aumento maggiore di incassi. La Fiorentina, stima il 'Sole 24 ore' oggi in edicola, raggiungerebbe i 49 milioni di euro, +30,8% rispetto allo scorso campionato, mentre la Sampdoria raggiungerebbe quota 42 milioni, a +24%. A seguire, ci sarebbero i buoni risultati dell'Atalanta, del Chievo e del Genoa, rispettivamente a +23,5%, +22,6% e +21,3%.
Le grandi, per contro, rimarrebbero pressoché invariate. L'Inter si aggiudicherebbe 5 milioni di euro vincendo lo scudetto, sommabili ai 16 milioni derivati dal fatto che per cinque anni consecutivi è giunta al primo posto in Serie A. Ma alla fine dei conti, la squadra di Moratti incasserebbe complessivamente 92 milioni di euro, un basso +1,6% rispetto all'anno precedente. La Juventus grazie ai successi passati raccoglierebbe, secondo la simulazione del quotidiano, circa 106 milioni (-2,2%). Analoga situazione anche per il Milan (88 milioni, -1,9%) e per la Roma (65 milioni, +0,13%).
L’Inter di Maurinho vince la Champion
Giugno 2010 Presentato il rapporto sul calcio mondiale di Deloitte
Deloitte Annual Review of Football Finance 2010
· Il calcio europeo resiste alla recessione e tocca i 15,7 miliardi ma il
controllo dei costi richiede maggiore attenzione
· La Premier League inglese ha conservato la prima posizione a livello
mondiale in termini di ricavi.
Milano, 8 giugno 2010 - Il calcio europeo ha raggiunto i 15,7 miliardi di euro di ricavi nel 2008/2009,
nonostante l’impatto della crisi economica globale. È quanto emerge dall’ultimo “Annual Review of
Football Finance” di Deloitte, secondo il quale le prime cinque grandi Federazioni europee - le cosiddette
Big Five: Inghilterra, Germania, Spagna, Italia e Francia - sono riuscite a raggiungere complessivamente
nel 2008/09 i 7,9 miliardi di euro (dai 7,7 miliardi di euro del 2007/08). La Bundesliga, la Serie A e la
Ligue 1 hanno ottenuto incremento una crescita, grazie a tre grandi fonti di ricavi – cessione dei diritti
TV, vendita dei biglietti e diritti commerciali.
La Premier League inglese ha conservato la prima posizione a livello mondiale in termini di ricavi e le
sue squadre hanno generato 2,3 miliardi di euro. Il deprezzamento del 7% della sterlina sull’euro ha,
tuttavia, contribuito a diminuire il divario (0,7 miliardi di euro) con la principale rivale, la Bundesliga
tedesca, che ha registrato un aumento record del 10%, toccando quota 1.575 milioni di euro. Ciò ha
permesso alla Bundesliga di superare La Liga spagnola, che ha ottenuto entrate di 1.501 milioni di euro,
grazie alle triplici vittorie di Barcellona e Real Madrid, mentre è sceso il totale dei ricavi degli altri 18
club. I ricavi della Serie A sono aumentati di 73 milioni di euro (5%) registrando 1.494 milioni di euro,
davanti alla francese Ligue 1, i cui ricavi hanno superato 1 miliardo per la prima volta, arrivando a 1.048
milioni.
“La Serie A deve la sua crescita nella stagione 2008/2009 a un incremento di tutte e tre le principali fonti
di ricavi” – spiega Dario Righetti, Partner di Deloitte, responsabile del Consumer Business. I diritti
TV sono cresciuti di 29 milioni di euro (+3%) arrivando complessivamente a 892 milioni di euro. I ricavi
generati dalla vendita dei biglietti hanno registrato una crescita di 10 milioni di euro (+5%) toccando
quota 195 milioni di euro, incremento dovuto a una crescita della presenza media di spettatori giunta a
24.700. I ricavi provenienti dai diritti commerciali hanno visto una crescita di 34 milioni di euro (+9%),
arrivando a 407 milioni di euro.
“L’incremento del numero medio di spettatori presenti per ogni partita - precisa Righetti, rappresenta un
risultato tangibile degli effetti positivi generati dalle azioni svolte per rendere gli stadi più sicuri, anche se
in Italia siamo solo agli inizi.”
“La costante crescita dei ricavi del calcio europeo dimostra una tenace resistenza alla crisi economica -
aggiunge Dan Jones, Partner dello Sport Business Group di Deloitte, “dimostrando così sia la fedeltà
dei tifosi sia l’alto grado di attrattiva che il calcio mantiene nei confronti di sponsor e Media. Senza
dubbio, la sfida più grande del settore non è dunque rappresentata dalle entrate ma dalla necessità di
attuare un maggior controllo dei costi – in particolare degli stipendi dei giocatori e delle operazioni di
calcio mercato.”
Gli stipendi dei giocatori delle Big Five sono aumentati di 305 milioni di euro (+6%) fino a superare, per
la prima volta, i 5 miliardi di euro. In Italia e in Inghilterra gli stipendi sono cresciuti più dei ricavi
andando a intaccare il reddito operativo (operating profits). La Bundesliga è salita al primo posto tra le
federazioni più profittevoli d’Europa, incrementando il suo reddito operativo di 172 milioni di euro fino a
superare la Premier League, i cui profitti sono scesi sino a 93 milioni di euro. La Serie A e la Liga hanno
chiuso il 2009 in perdita. In Spagna, il Barcellona e il Real Madrid hanno generato ampi profitti mentre
gli altri club hanno registrato una significativa perdita. Per l’Italia si prevede un recupero nella stagione
2009/2010 grazie anche agli storici successi ottenuti da F.C. Internazionale.
“Per la prima volta dalla stagione del 2001/2002 – prosegue Righetti - gli stipendi dei giocatori della
Serie A hanno superato un 1 miliardo di euro giungendo fino a 1.093milioni di euro (+12%) nella
stagione del 2008/2009, il più alto livello mai registrato. La crescita ha ripreso il suo trend, dopo che
nelle cinque stagioni precedenti a quella del 2007/08 gli stipendi avevano subito un taglio, seppur esiguo.
Il rapporto stipendi/ricavi (principale indicatore di performance economico-finanziario ) della Serie A è
tornato a superare il 70% ed è il più alto tra tutte le cinque principali Federazioni calcistiche europee”.
“Il recente successo della F.C. Internazionale, rileva Righetti– rappresenta una evidente nota positiva per
tutto il nostro calcio Auspichiamo che ora i club italiani tornino a privilegiare una gestione più sobria,
ristabilendo al più presto un equilibrio tra costi/ricavi, che ormai sta raggiungendo livelli di alto rischio. Il
calcio è una passione ma non deve farsi guidare solo dal cuore, soprattutto quando il giro d’affari
raggiunge cifre così elevate”.
Le nuove norme approvate in maggio dalla UEFA in tema di Club Licensing e in tema di fair play
finanziario, costringeranno i club europei a una miglior gestione economica per poter accedere alle
competizioni UEFA. Il caposaldo del regolamento è “chiudere in parità”, che in pratica significa che ai
club si chiederà di spendere non più di quanto prevedono di incassare, tenendo conto anche delle spese
pianificate.
Alan Switzer, Direttore dello Sport Business Group di Deloitte spiega “Le nuove norme UEFA sulle
licenze per i club e il fair play finanziario saranno applicate per la prima volta ai bilanci in scadenza nel
2012, senza alcuna sanzione prima del 2013/14, quindi i club avranno sufficiente tempo per adeguarsi, ma
è necessario che incomincino sin da ora a prepararsi.”
Dallo studio di Deloitte “Annual Review of Football Finance 2010” sono emersi i seguenti altri spunti:
· I ricavi derivanti dai diritti televisivi continuano a essere la principale fonte di entrate per le
‘Big five’ e ammontano a 3.712 milioni di euro pari al 47% dei ricavi totali per la stagione
2008/09. L’aumento dei ricavi provenienti dai diritti televisivi ha interessato tutte e 5 le
Federazioni.
· I ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti sono aumentati di 39 milioni di euro ( +2%)
arrivando a 1.795 milioni di euro nel 2008/09 all’interno dei campionati delle ‘Big five’,
mentre i ricavi commerciali sono aumentati di 117 milioni di euro (+5%) arrivando a 2.437
milioni di euro.
· Le presenze negli stadi sono aumentate per tre delle Big Five nel 2009/10 (Bundesliga, La
Liga e Serie A) mentre la Premiere League inglese ha perso il 4%, principalmente a causa
della retrocessione del Newcastle United. Il calo dei ricavi della Ligue 1 francese (- 4%),
potrebbe essere recuperato grazie all’assegnazione alla Francia degli Europei 2016, che
consentirà di usufruire di significativi investimenti agevolati.
· Gli stipendi dei club di Serie A sono cresciuti di 121 milioni di euro (+12%) mentre per la
Premier League si è registrata una crescita delle retribuzioni di 132 milioni di sterline
(+11%), idem per la Bundesliga, che ha avuto un incremento di 78 milioni di euro (+11%).
La Liga spagnola e la Ligue 1 francese hanno avuto aumenti più modesti, rispettivamente del
4% e 3%. Il rapporto stipendi/ricavi al 51% della Bundesliga rimane il più ”in salute” delle
Big Five, mentre alla Serie A spetta il più alto pari al 73%.
· Il mondo dei club europei tende a diventare sempre più polarizzato. I primi 20 club d’Europa
hanno generato ricavi per oltre 3,9 miliardi di euro sull’intero mercato della stagione 2008/9
pari a oltre il 25% del mercato. Tra le Big Five la Liga spagnola è la meno equilibrata con
una differenza di incassi di 25 volte tra il club più grande e il più piccolo. La Premier League
e la Ligue 1 sono le più equilibrate, entrambe con una disparità tra il club più grande e il più
piccolo di 6 volte.
· La Dutch Eredivisie continua a essere la prima della lista tra le leghe nazionali al di fuori
delle big five, sebbene le entrate siano rimaste fisse a 422 milioni di euro nella stagione
2008/9. Secondo il rapporto dell’UEFA 2007/8, la Premiere League russa (352 milioni di
euro), la Super Lig turca (342 milioni di euro) e la Liga portoghese (256 milioni di euro) sono
le candidate sfidanti. La English Football League Championship è più grande in termini di
entrate di tutte le altre leghe con entrate di 440 milioni di euro.
Indice rapporto stipendi/ricavi – Fonte Deloitte Annual Review of Football Finance 2010
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Note sulla ricerca
Il comunicato stampa qui presentato è estrapolato dalla 18esima edizione dello studio “Deloitte Annual Review of
Football Finance” (Giugno 2010). L’origine dei commenti sintetici espressi nel comunicato stampa si trova in questa
pubblicazione.
L’analisi dei risultati finanziari delle varie Federazioni di calcio europeo e la loro comparazione è basata su dati
estratti dai rispettivi bilanci o su informazioni a noi fornite direttamente dalle associazioni / leghe nazionali.
In qualche caso Deloitte ha apportato degli aggiustamenti ai dati al solo scopo di rendere la comparazione fra le
varie squadre più comprensibile. Nell’elaborazione dello studio, Deloitte non ha condotto verifiche o realizzato
lavori di audit sulle informazioni contenute nei bilanci da cui queste derivano.
In relazione alle stime/proiezioni finanziarie contenute nello studio Deloitte, si evidenzia che i dati reali possono
risultare differenti da quelli stimati a causa di eventi o circostanze non prevedibili, e che tali differenze potrebbero
essere significative. Deloitte non assicura la corrispondenza fra i dati effettivi e quelli stimati.
I bilanci delle società di calcio raramente distinguono i compensi dei giocatori da quelli dei non giocatori. Pertanto,
ove non diversamente specificato, i riferimenti ai compensi fanno riferimento allo staff completo di ciascun
club/divisione, che comprende sia i giocatori sia i non giocatori.
Lo studio e il presente comunicato stampa si pongono l’obiettivo di fornire informazioni generali sugli aspetti
finanziari delle squadre di calcio europee e non possono essere considerati nel dettaglio per ogni altro aspetto.
Deloitte & Touche LLP, Deloitte Touche Tohmatsu e tutte le altre member firms facenti parte di Deloitte Touche
Tohmatsu, compresi eventuali successori o assegnatari, non si assumono responsabilità per danni derivanti da azioni
intraprese da singoli o organizzazioni in seguito alla lettura delle informazioni qui divulgate. I lettori non dovranno
agire in base alle informazioni qui raccolte e comunicate, ma ricorrere eventualmente ad un supporto professionale
adeguato.
Tasso di cambio
Il tasso di cambio utilizzato per convertire i dati finanziari è quello del 30 giugno 2009, ovvero £1 = _1.1741.
Sports Business Group di Deloitte
Negli ultimi 15 anni Deloitte ha sviluppato un approccio unico all’economia dello sport.
I nostri professionisti del team “Sports Business Group” offrono servizi di consulenza multi-disciplinare
relativamente a revisioni delle strategie di business, turnaround, piani di sviluppo di stadi, benchmark, fusioni e
acquisizioni, due diligence, revisione o pianificazione fiscale e molto altro. Abbiamo lavorato con squadre,
organizzatori di eventi, partner commerciali, investitori in stadi in tutta Europa.
Posizionamento attuale in classifica (scorso anno) |
Club |
Ricavi (£m) |
Ricavi (€m) |
1 (1) |
Real Madrid |
236.2 |
351.0 |
2 (4) |
Manchester United |
212.1 |
315.2 |
3 (2) |
FC Barcelona |
195.3 |
290.1 |
4 (6) |
Chelsea |
190.5 |
283.0 |
5 (9) |
Arsenal |
177.6 |
263.9 |
6 (5) |
AC Milan |
153.0 |
227.2 |
7 (8) |
Bayern Munich |
150.3 |
223.3 |
8 (10) |
Liverpool |
133.9 |
198.9 |
9 (7) |
Internazionale |
131.3 |
195.0 |
10 (12) |
AS Roma |
106.1 |
157.6 |
11 (15) |
Tottenham Hotspur |
103.1 |
153.1 |
12 (3) |
Juventus |
97.7 |
145.2 |
13 (11) |
Olympique Lyonnais |
94.6 |
140.6 |
14 (13) |
Newcastle United |
87.1 |
129.4 |
15 (16) |
Hamburg SV |
81.0 |
120.4 |
16 (14) |
Schalke 04 |
76.9 |
114.3 |
17 (-) |
Celtic |
75.2 |
111.8 |
18 (-) |
Valencia |
72.4 |
107.6 |
19 (-) |
Olympique de Marseille |
66.6 |
99.0 |
20 (-) |
Werder Bremen |
65.5 |
97.3 |
Fonte: Deloitte Football Money League 2008
30 giugno 2010 Enrico Fedele, procuratore del capitano della Nazionale italiana, annuncia che Fabio Cannavaro giocerà per i prossimi due anni a Dubai
Oggi, come riferisce il quotidiano 'Leggo', Fabio e Paolo Cannavaro partono alla volta del Dubai per una vacanza con le relative famiglie, con annessa presentazione da parte dell'Al Ahli dell'ex Capitano azzurro, arruolato con un ricchissimo contratto biennale ed una serie di benefit da far impallidire una rockstar.
La clamorosa novità sta nel fatto che la vacanza potrebbe trasformarsi in 'lavoro' anche per il più piccolo dei Cannavaro, che potrebbe coronare il sogno di giocare assieme al fratello sotto le palme del Dubai. Fantamercato? Non tanto, a giudicare dalla situazione di stallo sempre più preoccupante nelle trattative per il rinnovo del contratto del Capitano del Napoli.
"Le parti non sono vicine, questa è la realtà - spiega asciutto il procuratore Gaetano Fedele ai microfoni di 'Radio Kiss Kiss' - comunque Paolo in Dubai ci andrà solo per accompagnare Fabio". Se poi passasse a volo uno sceicco meno cocciuto di De Laurentiis...
Ma la colonia italiana negli Emirati potrebbe accrescersi anche con il contributo del Milan, e qui le probabilità sembrano nettamente maggiori. Alla presentazione di Cannavaro in Dubai ci sarà infatti anche l'agente di Rino Gattuso, Andrea D'Amico, che vorrà toccare con mano il reale interesse dei paperoni arabi per il veterano rossonero. Con un contratto che dice 3 milioni e mezzo netti per i prossimi due anni, Galliani sarebbe ben contento di regalargli il cartellino...
Settembre 2010 La serie A taglia gli ingaggi? Ecco perché non è così
7 settembre 2010
Gli ingaggi dei calciatori di serie A volano oltre il miliardo di euro, ma i club non lo confermeranno mai. Anzi, le prime stime (che derivano dai contratti-base) portano a un monte-stipendi di 802,5 milioni. In apparente diminuzione rispetto agli ultimi due anni. Per capire meglio il giochino vi raccontiamo la storiella di Ibra e Eto' o. Un anno fa le loro strade si erano incrociate sulla rotta Milano-Barcellona. Lo svedese guadagnava 12 milioni netti in Catalogna e il camerunese 10,5 all' Inter. Un anno dopo a Zlatan in rossonero viene attribuito uno stipendio di 9, mentre addirittura Samuel scende a 8 in nerazzurro. Ci credete? Davvero le due attuali stelle del calcio italiano si sono autotassate così facilmente? Noi siamo portati a credere che nei loro contratti queste cifre ci sono davvero. Il problema è capire, invece, quanti soldi i due troveranno in busta paga a fine stagione. E se fossero 12? Si accettano scommesse. I conti flessibili Ciò, allora, come può accadere? Non ci sono alchimie. Tutto è legato alla flessibilità dei contratti, un' innovazione che guarda caso le società della massima serie hanno posto al primo punto delle loro sette richieste all' Assocalciatori per il nuovo accordo collettivo. In attesa che la percentuale della parte fissa scenda sotto il 50%, sono già tanti gli esempi dei calciatori che hanno sottoscritto intese innovative, con incentivi e premi personali per ogni uso e consumo. Un po' quel che accade nel mondo del lavoro, soprattutto ai manager: un' elasticità che permette ai club di modulare i propri investimenti senza sentire il fiato sul collo degli azionisti. E dell' opinione pubblica. Comunque sia, è facile prevedere che a fine stagione si arriverà comodamente alla soglia del miliardo di euro e includendo i bonus collettivi si potrà anche andare oltre. La svolta Resta il fatto che i presidenti sono tornati a spendere. Il 2010 è l' anno dei cambiamenti. Arrivano più soldi dalle televisioni, grazie anche alla ripartizione collettiva che fa sempre più ricca la medio-borghesia della Serie A. Così sono cresciuti gli investimenti sul mercato, ma soprattutto le risorse dedicate agli stipendi dei calciatori. É un fenomeno conseguenziale alla nuova frontiera retributiva. I calciatori che accettano di rischiare, rinunciando agli emolumenti certi, in compenso chiedono di alzare la posta dei loro guadagni finali. E ciò avviene a tutti i livelli, non solo per le squadre di vertice. Eppure questo nuovo boom non va certo in direzione dell' applicazione del fair play finanziario di Platini. Tra due anni l' Uefa chiederà conto alle società che non si metteranno in regola con i conti. E purtroppo il nostro calcio continua a ricadere nei soliti errori. Già due anni fa la Serie A aveva un triste primato europeo: da noi il costo-lavoro incide per il 70% sui ricavi e di questo passo sarà difficile invertire la tendenza. Tanto più che il nostro calcio dipende sempre più dalle tv e stenta ad aumentare gli incassi di altra natura (stadi, merchandising, eccetera). Ed è questo il vero gap rispetto agli altri Paesi di punta. Il sorpasso Ad animare la sfida milanese sul mercato è stato senza dubbio il Milan, con il doppio colpo Ibrahimovic-Robinho. E dire che Adriano Galliani aveva iniziato l' estate con il bilancino in mano, provando a risparmiare su tutti i fronti: dall' addio a Dida e ai suoi 4 milioni netti alle spalmature di Oddo e Gattuso. Invece è cambiata la filosofia rossonera con il colpo di coda di Berlusconi, un' operazione che comporta investimenti pluriennali per 150 milioni e passa. In questa maniera il Milan torna ad essere il club più spendaccione d' Italia con un lordo da 130 milioni, togliendo il primato proprio al club di Moratti che si ferma a 121. Segue in scia la Juventus di Andrea Agnelli che pure ha registrato dei risparmi, scendendo da 115 a 100. Dieta Moratti Nei commenti di fine mercato ha fatto discutere la scelta «astensionista» di Massimo Moratti in zona acquisti. I critici sono soprattutto coloro i quali hanno visto come uno smacco il blitz catalano dei rossoneri. Piuttosto va analizzato il perché di questa strategia. Il d.t. Marco Branca in questi mesi ha risparmiato un po' di soldini con le cessioni di Quaresma, Burdisso e Jimenez. Poi, ha promosso un po' di ragazzi, attenuando i costi della rosa. E l' investimento più costoso, Ranocchia, arriverà più avanti. L' idea è quella di dimagrire e ringiovanirsi con gradualità. Intanto si ricordi che Moratti ha risparmiato un po' di soldini anche con gli allenatori. Via Mourinho, non solo ha sollevato il club da una spesa lorda di 16 milioni, ma il Real per liberarlo ha pagato 10 milioni. E con quei denari ora viene pagato Benitez... Effetto scudetto Per restare all' Inter in questi anni ha pesato in maniera ingente il pagamento dei premi-scudetto (cinque consecutivi). Una voce questa che ha inciso non poco nei conteggi delle spese per i propri tesserati. Invece i premi per l' ultima Champions League sono di fatto pagati dai generosi contributi dell' Uefa. Ma è chiaro ormai che in casa nerazzurra sono finiti i tempi delle spese senza controllo. Anche se poi è dura chiudere i rubinetti. Le altre In linea con i ricchi investimenti in entrata merita attenzione l' operato del Genoa di Preziosi, generoso sia nel cercare sempre il meglio, ma anche nel pagare i suoi giocatori. Quei 4 milioni netti a Luca Toni rappresentano un autentico lusso e a ruota anche gli altri ingaggi hanno comportato spese rilevanti. In controtendenza c' è la Fiorentina. I Della Valle hanno tenuto inalterate le spese per i giocatori. Non è facile, ma anche questa è la riprova di una programmazione che tende a far crescere il gruppo: dando ai più il tempo di crescere, senza forzature di alcun tipo. In questo contesto attenzione anche alla politica del Palermo. Il club di Zamparini riesce a tenere bassi gli stipendi, anche perché avanzano i giovani. Una politica che a Udine fanno da anni. A riprova che è possibile uno sviluppo sostenibile. Senza ricorrere ad illusori e pericolosi salti in avanti. A patto, pero, che non s' inseguano le stelle. **** 494 I GIOCATORI DELLA A E' il totale dei calciatori presenti nelle liste tenute in considerazione nella nostra inchiesta. A questo numero devono essere aggiunti molti giovani aggregati in prima squadra * * * IN 5 ANNI COSTI QUASI DOPPI Per un' uniformità di giudizio, nella serie storica abbiamo preso in esame il monte stipendi dei calciatori nella sua globalità (parte fissa più parte variabile), escludendo i premi di squadra. Parte variabile che incide in media per il 25% sugli ingaggi. Ecco perché, quest' anno, la Serie A, partendo da una base di 802,5 milioni, toccherà il miliardo di euro in stipendi
Laudisa Carlo
Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=178239
Sito web da visitare: https://www.docenti.unina.it
Autore del testo: indicato nel documento di origine
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