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3.1 Generalità
L’insegnamento della tecnica natatoria avviene in due momenti successivi: il primo di carattere acquisitivo (proprio della scuola nuoto), il secondo di carattere applicativo (nuoto sportivo e competitivo). La fase acquisitiva ha come macro obiettivo il raggiungimento del gesto efficace (che raggiunge il suo scopo) attraverso il consolidamento delle singole nuotate con la costruzione di una adeguata forma anche sotto il profilo biomeccanico e l’affinamento della sua immagine interna. La fase applicativa ha come macro obiettivo l’efficienza del gesto (minimo investimento per massimo risultato) attraverso la ricerca della soluzione più economica in ogni situazione. Considerando che il nuoto è uno sport ciclico e di resistenza, risulta necessario sviluppare azioni quanto più possibile redditizie ma minimamente dispendiose. La finalità ultima del programma di lavoro risulta dalla sintesi di ciascuno dei macro obiettivi propri delle due fasi: una capacità di nuotata efficace ed efficiente.
3.2 Presupposti al lavoro tecnico
L’insegnamento tecnico ha lo scopo di far acquisire al discente la padronanza del gesto finalizzata all’efficacia dell’azione e si compone di due fasi distinte e successive: la prima di apprendimento base e consolidamento delle abilità, la seconda di affinamento e perfezionamento dell’immagine interna del movimento. Il discente, all’inizio dell’esperienza in acqua, ha una modestissima capacità di sensazione cinestesica e può apprendere in modo limitato dal punto di vista della consapevolezza. I primi apprendimenti devono essere “ascoltati” e monitorati dal discente in modo da sviluppare la capacità di “sentirsi” che gli consentirà di selezionare e comprendere le sensazioni vissute quale necessario presupposto alla formazione dell’immagine interna del movimento. Solo una adeguata percezione del gesto ne consente la correzione e l’affinamento. Obiettivi successivi sono: il continuo perfezionamento del gesto e dell’immagine motoria interna, la capacità di variare i parametri di spazio tempo del movimento. L’allievo giovane passa attraverso fasi diverse di crescita con alternanza di turgor e proceritas che influenzano la sua capacità di coordinazione ed espressione di forza: l’apprendimento della tecnica deve essere continuamente riadattato. L’apprendimento efficace non consegue all’imitazione del modello ma è il frutto della capacità di continuare ad apprendere per perfezionare la propria azione con un processo di consapevolezza e volontarietà dell’allievo. La consapevolezza caratterizza un atteggiamento stimolato da un programma didattico composto di esercitazioni istruenti variate che inducano naturalmente il discente a mantenere sempre un costante stato di allerta per rendere sempre più nitida l’immagine interna del movimento: può essere d’aiuto invitare il discente a descrivere a parole quello che sente, per renderlo cosciente nella ricerca della “buona sensazione”, stella polare per una corretta esecuzione tecnica. Un obiettivo importante di questa fase è il recupero in superficie di informazioni usualmente tenute “sottotraccia” per l’accesso a nuove vie di adattamento e regolazione sensomotoria. Si provvede alla economicità del gesto utilizzando quante più afferenze possibili: maggiori informazioni garantiscono una migliore possibilità di esecuzione precisa. Le esercitazioni mirate ad un apprendimento acquisitivo devono essere proposte all’inizio della lezione, appena dopo la fase di avviamento: è importante che possano essere eseguite in condizioni di freschezza; l’affaticamento può pregiudicarne l’esito.
3.2.1 La percezione del movimento
Si distingue in priorità medesime per tutte la nuotate e sono:
Le esercitazioni preparate dall’insegnante devono indurre il discente ad individuare le priorità indicate e ad interpretarle per la loro conveniente gestione: anche il controllo visivo può essere uno strumento ulteriore in questa direzione. La selezione di alcuni analizzatori, con l’esclusione di altri, l’intensificazione delle differenze (contrasto), la guida manuale del gesto da parte dell’insegnante, l’auto osservazione, la segnalazione in tempo reale di alcuni aspetti, risultano azioni efficaci al fine dell’affinamento percettivo.
3.2.2 L’automatismo
L’apprendimento di un movimento sconosciuto produce nel discente una esecuzione incerta e contratta proprio perché i meccanismi di controllo e regolazione del gesto sono del tutto volontari, conseguenza di una scelta cosciente. Fintantoché il discente è costretto a cotanto controllo, il gesto rimane macchinoso: la mancanza di automatismi provoca un grande sovraccarico di coscienza, che necessariamente deve intervenire in ogni minuzia del movimento ”. La nascita dell’automatismo è necessaria per togliere attenzione, in modo che la coscienza sia disponibile per altri compiti. La ripetizione rende il gesto automatico: è necessario che la struttura sia corretta, altrimenti viene pericolosamente automatizzato anche l’errore. Gli automatismi non sono movimenti bensì meccanismi di correzione, forme del comportamento regolatore : nell’esecuzione automatizzata c’è possibilità che la coscienza intervenga, anche se solo in parte , dato che la memoria motoria continua a funzionare. I meccanismi di controllo automatico sono riconducibili al controllo della coscienza che è un obiettivo prioritario in questa fase, conservando consapevolezza sul movimento, per perfezionarlo. La coscienza deve partecipare alla formazione di ogni nuovo atto motorio: non si può apprendere la tecnica senza un suo intervento .
3.3 L’applicazione della tecnica nel nuoto competitivo ovvero pillole di “Touretski pensiero”
In ambito competitivo la tecnica deve essere stabilizzata, attraverso la ricerca di massima economicità: si affinano i meccanismi che consentono la disputa della gara. Le esercitazioni vengono fatte eseguire dipendentemente dal meccanismo energetico che deve essere sollecitato, quindi nel momento dell’allenamento all’uopo individuato.
Priorità del nuoto competitivo: una esperienza concreta di altissimo livello
L’efficienza fa la differenza nella nuotata dei campioni rispetto all’agonista di medio livello: l’analisi biomeccanica della nuotata di Popov ha dimostrato che crea meno drag addirittura di atleti a lui pari; a parità di velocità però la potenza erogata è del 30% in meno di quella dei suoi colleghi . Popov sente l’acqua in modo finissimo ed è pertanto in grado di bilanciare la forze propulsive e di resistenza incontrate nella nuotata, riducendo al minimo le fluttuazioni intraciclo dell’accelerazione e decelerazione nelle differenti fasi. L’osservazione della nuotata di un campione in azione rivela una apparente assenza di sforzo: la situazione massimamente allenante è appunto la gara stessa che nessuna sessione ad alta intensità può rimpiazzare.
Nuotare al massimo della velocità con il minimo dispendio energetico: si può?
Vengono riportate di seguito alcune considerazioni tratte da “Swimming like a fish” di Dan Drollette a commento delle opinioni espresse da Gennadi Touretski sul merito : “ci sono due modi per nuotare a grandi velocità: aumentare le forze propulsive che i nuotatori utilizzano per avanzare all’interno del fluido o diminuire le resistenze che quest’ultimo oppone al loro avanzamento. I due metodi hanno efficacia propria, ma Touretski pensa che il secondo sia di molto migliore. Per aumentare la velocità in acqua si può aumentare la frequenza di bracciata: il motore consumerebbe però in fretta tutto il carburante. Ne “il nuoto dei pesci” scritto dallo zoologo John Videler si dice che il consumo di energia nell’ambiente acquatico cresce in rapporto cubico rispetto all’aumento della frequenza di bracciata (mantenendo inalterata la sua efficienza). In altre parole, per raddoppiare la velocità di movimento delle braccia in acqua c’è bisogno di un quantitativo di energia otto volte superiore a quello iniziale. C’è dell’altro: l’aumento della frequenza di bracciata si traduce spesso, se non sempre, in una diminuzione della sua lunghezza, ovvero della sua efficienza: l’esatto contrario della strategia utilizzate da molti animali. Quando gli animali si vogliono spostare a velocità superiori, iniziano ad aumentare la distanza da coprire con ciascun movimento. I cavalli accelerano la loro corsa aumentando la lunghezza della loro cavalcata e non la frequenza. I canguri fanno lo stesso aumentando la lunghezza dei loro balzi. Touretski afferma che i nuotatori dovrebbero in qualche modo applicare lo stesso comportamento ed accelerare cercando di aumentare la distanza coperta con ciascuna bracciata. Questa filosofia sta alla base dei parametri della prima grande vittoria di Popov (Olimpiadi di Barcellona nella gara dei 50 sl) quando ha coperto la distanza in 33 bracciate contro le 36 di Matt Biondi. Se aumentare la frequenza di bracciata non può essere considerata una risposta adeguata come valutare l’alternativa rappresentata dallo spingere forte, a mò di bulldozer, quando si nuota? Fino agli anni ’80 tecnici ed atleti si sono quasi esclusivamente concentrati sulla potenza muscolare prendendo ad ispirazione modelli meccanici come eliche o ruote o pale: il nuotatore aveva spalle da sollevatore di peso bulgaro e l’allenamento poneva assoluta enfasi su tonnellate di serie e lunghe distanze. Questo è lo scenario disegnato da Cecil Colwin, autore del rinomato Swimming into 21st Century , nel quale afferma anche che “la scienza della biomeccanica ha fatto un grave sbaglio quando ha concentrato i suoi sforzi verso il tentativo di emulazione dell’azione di propulsori meccanici piuttosto che di meccanismi più assimilabili a quello umano, quali ad esempio il volo degli uccelli e la nuotata dei pesci.”
Nuotatori come delfini
Dice Touretski: “Perché i delfini riescono a nuotare a 50 miglia orarie? Per riuscire a farlo ci vuole la potenza di un piccolo aviogetto, cosa che nel caso specifico non c’è. Il segreto è che i delfini non generano attrito. Cosi pure la mia filosofia di nuoto è incentrata sul concetto di non generare resistenze”. Touretski condivide l’opinione di Colwin sulla base di alcuni principi di fisica. La dinamica dei fluidi ci dice che l’attrito è funzione della resistenza e della frizione dei vari strati di fluido che scorrono attorno al corpo. I delfini riescono a raggiungere velocità straordinarie perché hanno una forma idrodinamica ed una pelle che riduce al minimo la frizione evitando la formazione dei vortici di flusso turbolento attorno al loro corpo . Gli esseri umani non hanno nessuno di questi vantaggi: il vero problema del nuotatore agonista è la resistenza d’onda. Muoversi sulla superficie dell’acqua genera inevitabilmente delle onde: i nuotatori forzano una massa d’acqua antistante loro ad alzarsi e a superare la forza di gravità. Non solo questa massa ruba una grossa quota dell’energia del nuotatore, ma il suo effetto diventa sempre più grande man mano che l’atleta aumenta la sua velocità in acqua. Ogni aumento della velocità di nuotata fa aumentare al cubo la resistenza d’onda. Per non parlare degli effetti negativi dovuti a movimenti disordinati o non voluti, come ad esempio l’oscillazione laterale dell’asse longitudinale corporeo, che causano un ulteriore spreco di energia generando onde aggiuntive. Per questi motivi Touretski ritiene che, prima o poi, si arriva ad un punto in cui non ha alcun senso cercare di aumentare la propria velocità mediante l’incremento delle forze propulsive. “Arrivi al punto che un aumento delle tue forze propulsive genera solo onde più alte e non velocità più alte.” Se non puoi sottomettere l’acqua allora è meglio imparare come minimizzare il più possibile la resistenza all’avanzamento. Una buona partenza è rappresentata da una adeguata riduzione della frizione. Ecco perché Klim si è rasato la testa. Poi si può lavorare sulla forma corporea: ecco perché i nuotatori rimangono sempre ben allungati in acqua, bilanciano il loro peso premendo su testa e torace, si inclinano lateralmente ad ogni bracciata nel tentativo di presentare all’acqua un profilo più possibile affilato. Infine per eliminare la resistenza d’onda, Touretski chiede sempre ai propri nuotatori la massima compostezza di nuotata. Un effetto curioso della resistenza d’onda è che penalizza di più i nuotatori bassi: questo è uno dei motivi per cui i nuotatori di vertice tendono ad essere alti. Per ridurre tutte queste resistenze i nuotatori di Touretski si allenano sempre su parametri quali il bilanciamento corporeo in acqua, l’efficienza di nuotata ed il “senso” dell’acqua. L’enfasi di ogni sessione di allenamento è totalmente riposta nella qualità della nuotata durante la prestazione svolta, piuttosto che sui metri nuotati. Il concetto base è che con una ripetizione costante dei movimenti effettuati con enorme precisione possono diventare una seconda natura, in pratica dei riflessi. Per funzionare, il suo sistema di allenamento richiede una attenzione spasmodica verso i dettagli. “Se non lo esegui alla perfezione, non lo esegui affatto”. Preferisce sempre vedere i propri atleti nuotare poco ma esattamente come lui desidera piuttosto che molto e fuori dei suoi parametri. Un altro dei suoi termini ricorrenti è quello di “memoria muscolare”. “Se non stai eseguendo il giusto tipo di allenamento o lo stai eseguendo in maniera scorretta allora non stai archiviando la giusta informazione: l’obiettivo è quello di aumentare il più possibile la percentuale del tuo allenamento eseguito con la corretta bracciata”. Rispetto a tutti gli altri nuotatori di vertice mondiale, Klim e Popov passano più tempo e nuotano più vasche alla ricerca della perfezione tecnica, questo il motivo alla base dei loro allenamenti relativamente leggeri, nonostante il volume settimanale si aggiri sempre attorno ai 70 km. “Gennadi fa eseguire esercizi in modo abbastanza divertente; continuo a migliorare grazie ai suoi metodi di allenamento” dice Matt Dunn, un atleta di livello internazionale. Il tecnico Bill Irwin ha scritto “Popov nuota lunghe serie con una bracciata meticolosamente precisa e uno scivolamento sublime. In tre settimane non l’ho mai visto nuotare un 50 tirato e scomposto”.
Imparare a nuotare piano
Parte di ciò a cui ho assistito fa parte del metodo ultra lento di Touretski. Me lo spiega camminando a rallentatore nel suo ufficio: muovendosi pianissimo è costretto a concentrarsi sulla corretta posizione di ciascun muscolo e l’equilibrio diventa un imperativo categorico. “Le persone diventano molto traballanti quando si muovono lentamente perché sono costrette a spostare in continuazione le loro componenti gravitazionali per poter centrare alla perfezione il proprio equilibrio. Lo stesso si può applicare in acqua; inoltre se il nuotatore impara a muoversi in maniera fluida a bassissime velocità, ha più probabilità di riuscirci anche ad alte velocità. Nuotare a velocità ultraridotta costringe i nuotatori a concentrarsi nel tentativo di estendere le loro braccia il più possibile per poter ampliare al massimo il movimento di bracciata. Inoltre si migliora la capacità del nuotatore di rimanere rilassato alla massima velocità. Se sai che le tue braccia e le tue gambe si trovano nella giusta posizione in ogni preciso istante del ciclo di nuotata, si eliminano tutti i movimenti parassiti e c’è meno spreco di energie durante una gara. Si deve raggiungere un’azione armonica e simultanea di contrazione e rilassamento dei gruppi muscolari. Imparare a rilassare i muscoli non utilizzati durante alcune fasi del ciclo di nuotata si traduce in un risparmio di energia ed in un rallentamento dello stadio di fatica. Allenarsi a bassa velocità aiuta il nuotatore ad acquisire il “senso” dell’acqua che permette all’atleta di anticipare, controllare e manipolare il flusso che gli scorre attorno al corpo. I nuotatori entrano quasi in una dimensione mistica quando descrivono questa loro abilità, quasi fossero degli artisti che descrivono il loro occhio. Per un nuotatore il “senso” è quello che ti permette di percepire quando sei entrato in presa con la mano e quando il tuo corpo avanza con la minima resistenza. Quando il nuoto ultra rallentato sembra non aiutare i suoi atleti a sviluppare il senso dell’acqua, Touretski tenta l’approccio diametralmente opposto e utilizza una macchina per il nuoto facilitato. Questo apparecchio tira i nuotatori in acqua a velocità molto sostenute (ipervelocità), così che percepiscano molto amplificata la sensazione di quello che accade quando posizionano correttamente braccia e gambe.
3R
I metodi di Touretski vogliono ottimizzare quelle che lui chiama le tre R: ampiezza (range) di bracciata, rilassamento e ritmo. Il ritmo è fondamentale per ridurre gli strappi in acqua. Quando la mano del nuotatore entra in acqua, la sua velocità di avanzamento aumenta, ma quando è recuperata, il suo corpo inizia a rallentare: il risultato è quello di una propulsione irregolare. Più grandi sono le variazioni di velocità all’interno del ciclo di nuotata, maggiore è l’energia sprecata. Per muoversi a velocità costante diventa importante coordinare l’azione delle braccia in modo tale che quando una mano scompare in acqua l’altra inizia la fase di recupero, così che il risultato finale è quello di una propulsione più regolare generata da un motore a due cilindri, nel quale un pistone spinge il motore mentre l’altro recupera. Per affinare la sincronia delle braccia, Touretski fa svolgere ai suoi atleti quello che lui chiama la “azione del kajak” che consiste nel disporli a bordo vasca, dare loro una doppia pagaia e iniziare a farli remare all’interno di un tragitto immaginario. Lo stesso Popov dimostra come sia in grado di coordinare alla perfezione le braccia in maniera tale che una estremità della pagaia inizia la sua fase propulsiva nel preciso istante in cui è terminata quella dell’altra estremità. Touretski è estremamente esigente in questi frangenti, pretendendo che l’esercizio sia svolto nei minimi dettagli per far diventare il gesto una “seconda natura”, ovvero un riflesso (automatismo). Questi esercizi e metodi di allenamento insoliti sembrano tuttavia funzionare, come del resto è testimoniato da studi che dimostrano che la tecnica di nuotata di Popov permette al campione russo di nuotare alla stessa velocità dei suoi avversari con un impegno energetico minore del 30% . Conclude Touretski dicendo che la sua è una battaglia in nome di una tecnica stupenda e che bellezza e perfezione sono concetti vicini.
3.3.1 Nuotare da campioni: elementi della nuotata di Popov
Questo grande campione , per diventare l’essere umano più veloce al mondo in acqua, ha seguito un programma di lavoro diverso dai suoi colleghi. Il metodo è trasferibile a tutti, anche a chi nuota semplicemente per passione. La scelta metodologica, confortata da otto anni di imbattibilità, ha evidenziato che il vero parametro che separa il campione dagli altri non è la forza ma l’efficienza. Nella prima clamorosa vittoria sui 50 sl in 21.91, ha avuto la meglio su Matt Biondi proprio grazie alla efficienza della sua nuotata: come già ricordato, Popov ha coperto la distanza effettuando 33 bracciate contro le 36 di Biondi. La nuotata di Biondi veniva considerata assai efficiente, sostenuta da una apertura di braccia di due metri ed uno stile elegantissimo. Popov è stato più efficiente di lui. Per nuotare così bisogna saper rispondere a quesiti importanti: le resistenze che uno sprinter incontra nell’avanzamento sono molto superiori a quelle di un fondista e serve quindi molta più energia. E’ difficile organizzare una risposta adatta che non pregiudichi il peggioramento dell’efficienza di nuotata. La strada metodologica che prevede l’abbattimento delle resistenze, più che lo sviluppo della forza, sembra quindi necessaria nonostante una buona parte della comunità degli allenatori intenda disertarla, avvezzi a far percorrere ai loro atleti distanze infinite correlate ad interminabili sedute in sala pesi. Del resto l’acqua è elastica: più forte ti spingi avanti, più forte lei ti spinge indietro ; il solo sviluppo di nuotate sempre più potenti rischia facilmente di tradursi in una auto sconfitta. La ricerca della efficienza passa attraverso la capacità di far lavorare il corpo come un tutt’uno e non come un insieme di parti indipendenti. Quindi è importante il modo in cui si nuota, secondo l’assioma che recita “ se non sei in grado di nuotarlo in modo perfettamente corretto non nuotarlo proprio”: il volume di lavoro di Popov è stato pertanto calcolato su quanto gli fosse possibile fare all’interno di rigorosi standard di eccellenza tecnica prestabiliti dal suo allenatore. Il volume e l’intensità del lavoro hanno potuto essere aumentati solo quando Popov aveva dimostrato di mantenere inalterate lunghezza ed efficienza di nuotata per più tempo e a velocità superiori.
- La lunghezza della bracciata
Gli animali usano la stessa frequenza di corsa per tutte le velocità ed aumentano la propria velocità allungando il passo non accelerandolo, al contrario di quanto si vede in acqua dove, nell’immaginario collettivo, si associa, al tentativo di aumentare la velocità, un aumento del numero di bracciate diminuendo la loro lunghezza. Touretski ha fatto diventare la lunghezza di bracciata l’elemento critico del processo di allenamento di Popov durante gli anni iniziali. Il risultato di Barcellona con le 33 bracciate è stato il frutto della consuetudine di allenamento dello sprinter russo. Di più, nei suoi allenamenti in vasca da cinquanta ha effettuato dalle 23 alle 24 bracciate per vasca (su 25 metri corrispondono a 7 – 8 bracciate per vasca) considerando bracciata ogni volta che la mano entra in acqua e non l’intero ciclo di nuotata.
- Azione rilassata: Weismuller più di 60 anni fa affermava” il solo grande segreto dello sprint è la capacità di rimanere rilassati ad alte velocità”. Rimanere rilassati a bassa velocità e difficile, ad alta velocità è ancora più difficile: il rilassamento abbassa il costo energetico della nuotata. Il controllo automatico del gesto è frutto di un lavoro continuo che porta ad eseguire ogni bracciata con il massimo grado di precisione tecnica.
- Nuotate lente: gran parte dell’allenamento di Popov è avvenuto a basse intensità, nuotando spesso serie lunghe con una bracciata meticolosa e precisa ed un eccellente scivolamento. Poche volte ha affrontato grosse dosi di ripetute ad altissima intensità. Anche durante la fase prima della gara “sembrava concentrarsi unicamente nel trovare il perfetto senso del ritmo e scivolamento, per lasciare tutte le energie e la velocità per la gara ”. La nuotata lenta a bassa intensità di sforzo consente di mettere massima attenzione sulla lunghezza della bracciata e sull’efficienza della nuotata. Può essere una interessante ed utile soluzione di allenamento quella di cercare di diminuire di 2 – 4 unità le bracciate impiegate per percorrere 25 metri: all’uopo si può rallentare la velocità di percorrenza, ricercando il minimo sforzo di spostamento. All’inizio la “nuova “ bracciata potrà sembrare troppo lunga, poi verrà percepita sempre con maggior naturalezza. Di lì si può ricominciare l’azione di ricerca con una ulteriore diminuzione.
- Azione di scivolo: Popov nuotava nella ricerca della massima percezione dell’acqua, esplorando soluzioni creative per sottrarsi alla resistenza prodotta. Il risparmio energetico che ne deriva aumenta esponenzialmente durante la nuotata veloce se la tecnica viene mantenuta inalterata. Del resto, con l’aumento della velocità, è sempre più difficile conservare una esecuzione tecnica inalterata, rimanendo con la concentrazione e percezione attive sulle sensazioni ricevute, per capire quando il problema è la resistenza dell’acqua e quando invece è l’esecuzione della nostra nuotata.
- La posizione del capo: nella nuotata di Popov la testa appare più bassa di quanto si osserva di solito, con lo sguardo diretto verso il fondo, cercando una sensazione di scorrimento dell’acqua sulla nuca. Il feed back esterno che informi quando l’acqua inizia a scorrere sulla nuca può essere di aiuto al riconoscimento della posizione. Popov variava più volte l’assetto del capo durante il ciclo di nuotata.
- Arti allungati: il corpo, prima di iniziare la bracciata, deve essere allungato quanto più possibile, quindi la mano deve sforzarsi di allungare la linea del corpo del nuotatore.
3.3.1.1 Altre indicazioni tecniche
- I feed back negativi e critici da parte dell’allenatore sono stati dati solamente in risposta a pigrizia o a deficit tecnici.
- L’azione tecnica è sempre stata accuratamente controllata, anche in fase di recupero o riscaldamento: è necessaria, a tal fine, la passione per l’eccellenza e la cura maniacale di ogni dettaglio e sensazione.
- Il sistema – nuotatore deve essere rigido, minimizzando le vibrazioni in tutti gli stili.
- Le esercitazioni per crawl e dorso devono essere focalizzate sul rollio: è importante che aiuti a ridurre i movimenti orizzontali del corpo.
- Per quanto riguarda le nuotate rana e farfalla appare determinante la flessibilità del bacino nel mantenimento della posizione rigida del corpo e delle gambe.
- All’insorgere della fatica che condiziona la corretta esecuzione tecnica (numero di bracciate prefissato) l’atleta deve essere fermato e lasciato a riposare.
Nelle fase di acquisizione il discente cerca il ritmo migliore, la correttezza di rapporti tra i diversi segmenti corporei per l’efficacia di trasferimento attraverso la costruzione di una esecuzione tecnica adeguata. Nella fase di applicazione (nuoto sportivo) questi riferimenti trovano consolidamento: il discente, divenuto atleta agonista, deve essere capace di esecuzioni corrette senza essere costretto ad intervenire (nella situazione competitiva) con la volontaria regolazione del gesto. L’atleta, alla ricerca del miglioramento dell’efficienza, deve conservare un livello di attenzione e consapevolezza altissimo. Il movimento non deve mai essere irrigidito e bloccato, tanto da risultare stereotipato e immodificabile: soprattutto con i giovani atleti, se pure durante la gara si trovino necessariamente in fase applicativa, la attività natatoria deve essere condotta in regime di consapevolezza e controllo, con massima attenzione sul gesto (Popov docet). L’obiettivo del lavoro tecnico è rivolto all’insegnamento – apprendimento di un gesto efficace ed efficiente (economico) anche in condizioni variabili.
3.5 La funzione dell’insegnante
L’insegnante deve saper comporre una esercitazione che metta l’allievo nella condizione di aver coscienza delle sensazioni cinestesiche che regolano il movimento: serve una educazione specifica al loro riconoscimento dato che sono perloppiù inconsapevoli. Il discente deve avere consapevolezza del gesto e dell’eventuale errore: senza riconoscimento dell’errore non c’è possibilità di correzione. Oltretutto in acqua le sensazioni cinestesiche si confondono con quelle tattili, poco percepite e male interpretate. L’analizzatore visivo non è che scarsamente utilizzabile perché grandissima parte dell’azione si svolge in un’area che non può essere controllata. Se il discente ha una errata interpretazione interna del movimento, l’insegnante deve intervenire per il suo riordino; la adeguata percezione del movimento passa attraverso una esperienza vissuta: l’esercitazione istruente individuata e proposta dall’insegnante.
3.5.1 Feed back ed apprendimento tecnico
- Feed back intrinseco: il discente deve saper adeguare in continuazione i gesti alle variazioni funzionali, nella conservazione della consapevolezza del gesto, attraverso feed back intrinseci. La scelta programmatica di proporre esercitazioni di variazione continua dell’esecuzione ha proprio l’obiettivo di tenere alta l’attenzione dell’esecutore sulla sua esecuzione, attraverso l’attivazione di feed back intrinseci di solito non percepiti.
- Feed back estrinseco: tutte le informazioni esterne, con funzione informativa e di rinforzo, devono assicurare coscienza alle informazioni interne di feed back intrinseco. Le informazioni sulla forma del movimento, cioè su quello che si vede, relativo a posizioni del corpo ed al rapporto tra i vari segmenti sono utili solo nella prima fase dell’apprendimento, quando il discente è orientato alla costruzione della forma del gesto. Con l’evoluzione dell’apprendimento, le informazioni sulla forma diventano sempre meno importanti mentre la capacità di riconoscere le sensazioni profonde fa la differenza. E’ fondamentale che l’insegnante sappia individuare correttamente il nesso causa effetto tra forma e contenuto, riuscendo a lavorare concretamente sulle cause senza accanirsi inutilmente sugli effetti.
3.5.2 La correzione dell’errore
Il presupposto di ogni azione correttiva è la consapevolezza del discente, unico a poter intervenire attivamente su quanto di sbagliato c’è nella propria esecuzione. L’errore deve essere quindi identificato considerando che, soprattutto i principianti, fanno fatica a rendersene conto. La procedura di correzione deve considerare le priorità, distinguendo le cause dagli effetti intervenendo su di un errore per volta. Il suggerimento di correzione va dato quanto prima possibile, direttamente dal bordo vasca all’allievo che sta nuotando in corsia. Sembrano inutili, soprattutto con i più piccoli, le conferenze didattiche generali a fine compito: l’efficacia ha bisogno di tempestività ed individualizzazione dell’intervento. Sottolineare la correttezza di alcuni gesti ha il significato di consolidare l’apprendimento, prevenendo l’insorgere di esecuzioni scorrette: l’insegnante deve ricercare collaborazione attiva nei discenti stimolandone la voglia di miglioramento, l’autonomia, migliorandone l’opinione di sé. L’utilizzo di video è uno strumento che può avere buona efficacia soprattutto con discenti che debbano perfezionare le nuotate .
3.6 L’apprendimento della tecnica natatoria
L’apprendimento della tecnica da parte di giovani discenti risulta penalizzato dalla mancanza di un modello di prestazione pensato e precisato per i giovani apprendisti nuotatori ed è limitato da uno sviluppo dimensionato della forza. Senza riferimenti specifici gli insegnanti e gli allenatori sono indotti a proporre la riproduzione di modelli mutuati dalle nuotate dei campioni, non sempre rispondenti alle effettive esigenze dei discenti principianti, producendo prestazioni imprecise. E’ fondamentale che la capacità esecutiva rimanga sempre, soprattutto in questa fase, plastica, duttile, suscettibile di cambiamenti necessari alla evoluzione dell’atleta. Uno sviluppo modesto della forza può causare squilibri che generano compensazioni penalizzanti; nella nuotata farfalla, per esempio, impedisce l’apprendimento del corretto ritmo esecutivo. Serve ribadire che, ancor più degli aspetti spaziali (angoli e traiettorie) si deve verificare con attenzione la voce “ritmo di nuotata” cioè la caratteristica strutturale del movimento. L’apprendimento delle nuotate passa perciò attraverso esecuzioni consapevoli, riferite a modelli variabili ed adeguate ai continui cambiamenti del discente, costruendo una base multilaterale di capacità coordinative e senso percettive, sostenendo l’allievo nello sforzo.
3.6.1 Obiettivi della tecnica e coordinazione
L’apprendimento delle nuotate passa attraverso la ripetizione del gesto. La ripetizione imperfetta che caratterizza il principiante rischia di rendere stereotipata e scorretta l’azione. Per mantenere modificabile l’esecuzione e, per quanto possibile, corretta vale la pena di proporre gesti base, essenziali, non troppo dettagliati né precisati nella loro forma minuziosa. Conviene richiedere una continua adattabilità del gesto perché rimanga duttile e modificabile, in un progetto di costruzione progressivo del potenziale coordinativo e senso percettivo. La tecnica motoria, in questa fase iniziale, non deve essere stabilizzata. La qualità dell’esecuzione non è una conseguenza del numero di ripetizioni: la bassa efficienza della nuotata del principiante viene peggiorata dal lavoro ripetuto a lungo e sempre nel medesimo modo che è a rischio di monotonia e foriero di automatismi penalizzanti.
3.6.1.1 Nuotare consapevolmente
La consapevolezza in psicologia è una funzione psichica in cui si riassume la conoscenza del soggetto; in filosofia è invece la situazione in cui l’anima è in rapporto con se stessa, in grado di conoscersi e giudicarsi in modo diretto ed infallibile.
La meditazione conduce alla consapevolezza: “seduto per terra, a gambe incrociate, con le mani posate una sopra l’altra, all’altezza dell’ombelico, le palme rivolte all’insù, la schiene diritta, le spalle rilassate e gli occhi chiusi, a pensare alla punta del mio naso, a cercare quell’attimo in cui il respiro, fattosi lento e leggero, entrando e uscendo, tocca un punto preciso della pelle… cercando di essere sempre cosciente di ogni gesto, di ogni pensiero, di ogni sensazione” .
La consapevolezza va oltre l’autocoscienza: l’autocoscienza mi dice come sto in quel preciso luogo, in quel dato momento mentre la consapevolezza implica ciò che devo saper fare per evitare l’errore in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo .
L’attenzione conduce alla consapevolezza e si arriva a nuotare bene solo attraverso consapevolezza ed attenzione vigile che guidano il discente al riconoscimento e differenziazione delle sensazioni motorie. La capacità di coordinazione si affina attraverso la risoluzione di compiti motori che devono essere difficili ma non impossibili: l’adattamento del sistema motorio è la conseguenza di una soluzione ad un problema. Più adattamenti potenziano il sistema coordinativo: l’insegnante continua a ricercare, trovare e proporre situazioni che inducano l’allievo a produrre soluzioni, consapevole che “ è più facile stare al centro della strada se i confini sono definiti molto chiaramente” , provvedendo a differenziare le situazioni istruenti proponendo un notevole numero di varianti di una soluzione già data al fine di perfezionare il gesto; la struttura fondamentale resta invariata, vengono modificati solo alcuni dettagli. L’insegnante deve avviare il discente al riconoscimento di sé fino all’interpretazione fine delle proprie sensazioni in acqua, educandolo all’intelligenza motoria, indicandogli la via del discernimento e della scelta. La capacità di discriminare e regolare il movimento (differenziazione cinestesica) si acquisisce attraverso la riuscita delle esperienze di esplorazione motoria orizzontale e verticale .
3.6.1.2 Esplorazione orizzontale e verticale
Orizzontale: induce l’apprendimento di molte abilità motorie attraverso la variazione di quelle già conosciute per tenere allenata la coordinazione ed impedire la stereotipia del movimento in favore della sua continua possibilità di trasformazione.
Verticale: induce il continuo perfezionamento delle tecniche già consolidate e si propone a discenti non più principianti; la ricerca precoce dell’affinamento tecnico rischia infatti di provocare automatismi imperfetti, si propone quindi solo a discenti capaci di confrontare il programma motorio (valore richiesto) con il gesto (valore reale) e di eliminare le differenze attraverso ripetizioni ben controllate che arrivano a far coincidere programma e gesto.
3.6.1.3 Individuazione di caratteristiche comuni alle nuotate
Saper sottolineare le caratteristiche base che accomunano gli stili di nuotata favorisce il consolidarsi di azioni importanti ed efficaci: la necessità della continuità, dalla accelerazione nella parte finale delle fasi di espressione di forza, la capacità di respirare in modo armonico e la fluidità dell’azione sono tratti comuni al crawl come alla rana , alla farfalla come al dorso. Consegnare al discente la possibilità di comprendere ed interpretare l’azione significa dotarlo di uno strumento ulteriore per il suo affinamento tecnico.
3.6.2 Lo sviluppo del ritmo di nuotata
Una condizione di scarsa forza o di insufficiente sensibilità cinestesica influisce negativamente sulla possibilità di garantire un efficiente ritmo di nuotata, soprattutto sulla possibilità di imprimere la necessaria intensità di impulso nella fase finale della passata subacquea. L’ errata rappresentazione mentale della bracciata distinta in due fasi (subacquea e di recupero) provvede a sdoppiare in due momenti diversi una azione che è corretta solo se è unitaria: il movimento di bracciata è unico e continuo dalla fase subacquea a quella aerea e viceversa, senza soluzione di continuità. La mano, alla fine della passata subacquea, non deve fermarsi ma, al contrario, accelerare per garantire il mantenimento della corretta struttura di base con il necessario ritmo. L’aspetto ritmico della nuotata va appreso quanto prima: la sua tempestiva impostazione condiziona positivamente gli apprendimenti connessi immediatamente successivi. Il discente può essere aiutato dall’insegnante con informazioni acustiche sul ritmo di riferimento: gli si può indicare quando è opportuno accelerare (o non decelerare) con la voce. Di fronte ad errori di ritmo è necessario intervenire subito per non penalizzare tutti gli apprendimenti successivi.
3.6.3 La ricerca della naturalezza esecutiva nello sviluppo della autonomia di ciascun segmento articolare
La naturalezza di nuotata si ottiene investendo solo la forza necessaria all’esecuzione di un gesto efficiente, conseguente ad un controllo fine e selettivo dell’impiego muscolare e si fonda sulla cura con cui il discente ha vissuto le fasi dell’ambientamento (galleggiamenti statici e dinamici). Riuscire a rimanere rilassati è anche una conseguenza della capacità di sentire e mantenere indipendenti i vari distretti coinvolti. Saper mantenere rilassate le parti non coinvolte è significativo di una buona maturazione senso percettiva cioè della capacità di sentire se stessi nell’azione, garanzia di una nuotata che può diventare sempre più efficiente. Saper rilassare o tenere rilassato un determinato muscolo è un fattore determinante per una esecuzione naturale: nell’azione motoria alcuni muscoli intervengono attivamente per vincere una resistenza, altri mantengono una posizione, altri ancora devono rimanere rilassati garantendo economia e scioltezza. Durante l’esecuzione di un singolo gesto si assiste ad un cambiamento continuo del grado di tensione e di rilassamento dei vari muscoli, ad una variazione di combinazioni ed interazioni. Nel nuoto le azioni motorie sono determinate dal programma dell’attività di gara pertanto è possibile lavorare in anticipo sulla capacità di rilassare volontariamente i muscoli, sincronizzando l’attività degli agonisti con antagonisti rispetto alla prestazione richiesta. Si può riscontrare una tensione muscolare eccessiva nella esecuzione a causa di un compito troppo impegnativo o dell’ambiente : l’insegnante deve rendere fattibile la proposta didattica senza complicarla con troppe richieste o informazioni che possono fare confusione, insistendo solo sulla consapevolezza esecutiva da parte del discente. L’affaticamento si manifesta con la difficoltà, da parte del discente, di rilassamento volontario dei muscoli: i gesti peggiorano risultando meno coordinati, ampi e veloci. Lo sviluppo della capacità di contrarre e rilasciare i muscoli passa attraverso esercitazioni mirate che alternano rilassamento, tensione volontaria e graduata. (esecuzioni variate per intensità e passaggio da una condizione all’altra). In ambito competitivo, la capacità di sopportare stress emotivi e di investire nel lavoro una tensione psichica ottimale sono fattori fondamentali per la capacità di rilassamento volontario dei muscoli . In ambito di primo apprendimento la ricerca di modulare convenientemente gli interventi muscolari va allenata richiedendo sempre al discente attenzione e concentrazione.
3.6.4 Lo sviluppo della sensibilità all’acqua
Il sistema senso motorio deve essere sollecitato verso lo sviluppo dei prerequisiti al perfezionamento delle nuotate evolute: esercitazioni a tal fine vanno quindi programmate con discenti che siano già padroni dei riferimenti di base degli stili, la cui struttura natatoria sia consolidata, che abbiano già percorso con successo le tappe della scuola nuoto. L’esercizio di remata è un ottimo strumento in questa direzione: sottolinea l’intervento delle estremità con una cura particolare ai dettagli della bracciata. Lo sviluppo della sensibilità di adduzione del braccio (omero), del braccio propriamente detto (radio ed ulna) e della mano al tronco consolida la capacità di esercitare forza in acqua con l’appoggio su vere e proprie “maniglie di sollevamento” . Le mani sono sollecitate a cercare e trovare il miglior punto di appoggio. L’azione di remata può essere richiesta in condizione statica o dinamica, a mani nude o con attrezzi amplificatori (palette o guanti), concentrando l’intervento agli arti superiori (gambe bloccate) o lasciando gli arti inferiori liberi di lavorare, con il corpo in decubito prono, supino o su di un lato, con gli arti superiori in atteggiamento lungo o corto.
3.6.5 Le esercitazioni coordinative
Si possono proporre esercizi di combinazione, esclusione e variazione:
A) Combinazione: le combinazioni proposte devono essere significative e mirate. La combinazione braccia delfino – gambe crawl ha il significato di ridurre le oscillazioni verticali della nuotata delfino favorendo anche l’indipendenza delle braccia dalle gambe; la combinazione braccia rana gambe crawl o delfino può aiutare la fluidità della bracciata rana.
B) Esclusione: si può proporre una esercitazione che preveda di nuotare ad occhi chiusi (esclusione dell’analizzatore visivo per favorire la sensibilità di presa). Se si esclude una parte del movimento si riduce la difficoltà di gestione generale: si riducono i compiti da fare, assicurando maggior attenzione all’obiettivo. Identicamente, escludendo una parte del corpo, si pone attenzione sui distretti impegnati: eseguire bracciate con la mano chiusa a pugno favorisce la sensibilità di appoggio sull’acqua del braccio propriamente detto.
C) Variazione: l’esecuzione di un nuovo movimento sollecita l’esplorazione orizzontale e quella verticale, impegnando le capacità coordinative di trasformazione ed accoppiamento. Possono essere variati i parametri dello spazio (in fuori, in dentro, in alto, in basso), di tempo (velocità), di forza (massima o minima). Sembra opportuno sottolineare l’opportunità, a proposito della capacità di gestione della fase espiratoria ed inspiratoria, di variare le modalità di emissione di aria. Si deve richiedere al discente di soffiare con la bocca aperta, socchiusa, con la gola, solo con il naso, soffiando in modo esplosivo o lentissimamente come anche in ritardo o in anticipo su un determinato gesto. La variazione serve a migliorare la sensibilità attraverso un abbassamento o innalzamento della soglia di percezione, consentendo al discente una gamma di scelte che favorisce l’individuazione della soluzione più conveniente.
3.6.6 La quantità di lavoro somministrabile
La quantità di metri nuotati non è indicativa della qualità del lavoro svolto ma si impara a nuotare nuotando quindi, non solo per il poco tempo che si passa in vasca, è necessario che l’insegnante limiti al necessario le spiegazioni, richiedendo ai discenti azioni in acqua. La certezza che la monotonia di un esercizio produce un abbassamento dell’attenzione (senza attenzione si rischia di cadere in errore) e che le ripetizioni lunghe di un errore provvedono a stabilizzarlo, automatizzandolo, non deve persuadere a far nuotare troppo poco. Rimangono fondanti la consapevolezza e l’attenzione quali requisiti ineludibili di un lavoro tecnico efficace e devono essere coniugati con un volume di lavoro corretto. Concretamente, senza voler generalizzare né confezionare sintesi aprioristiche ma intendendo fornire qualche elemento operativo utile sul campo, riferendoci a classi di utenza particolarmente coinvolte in questa fase di apprendimento, possiamo dire che ad un gruppo di dieci allievi (attorno ai nove anni di età) che frequentano un corso di avviamento al nuoto sportivo (ovvero di perfezionamento degli stili) con una frequenza trimestrale di tre giorni alla settimana, dovrebbe essere proposto un programma che li faccia nuotare almeno 500 metri ciascuno ogni lezione di quaranta minuti. Un gruppo medesimo per età e composizione di pre agonisti, per un allenamento di 60 minuti, dovrebbero nuotarne almeno 1000. La valutazione della quantità di lavoro deve in ogni caso riferirsi specificamente al discente con attenzione specifica al carico interno.
3.6.6.1 Il carico di lavoro
La quantità di lavoro e la sua durata concorrono a formare il carico dell’esercitazione che può essere definito come l’insieme di tutti gli effetti sull’organismo che provocano il cambiamento del suo stato funzionale . Tale volume si riferisce al lavoro svolto dal discente (quanto spazio in quanto tempo) e si definisce carico esterno, oppure può precisarsi con la valutazione del reale costo per il discente (il suo sforzo, la sua fatica) e si definisce carico interno. Il carico esterno è quello misurabile, indipendentemente dagli effetti provocati; il carico interno è invece il lavoro che l’organismo produce, in relazione alle sue modificazioni biologiche, psicologiche e di fatica . Il potenziale allenante del carico è la sua possibilità di produrre una reazione funzionale di adattamento, i corrispondenti cambiamenti del suo stato e dell’insieme delle sue interazioni esterne: è un concetto relativo e deve essere considerato e rapportato allo stato attuale del discente. La programmazione di un corso (di dieci come cento lezioni) deve essere sempre preceduta da una attenta valutazione della “caricabilità” di chi apprende.
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Si intende per allenamento sportivo “un processo d’azione complesso che si pone lo scopo di influire, in modo pianificato e rivolto ad un oggetto specifico, sullo stato (livello) di prestazione sportiva e sulla capacità di realizzare nel migliore dei modi possibile questa prestazione in situazioni in cui ci si misura con gli altri” (Carl 1989).
Fonte: http://www.dsnm.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid725052.doc
Sito web da visitare: http://www.dsnm.univr.it
Autore del testo: A. Campara
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