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Romagnolo, nasce a Predappio. Diventa maestro elementare; lavora come giornalista socialista (direttore dell’“Avanti”). Mussolini dal 1912 al 1914 era dunque un socialista, e un socialista radicale: in quegli anni Mussolini cercava di spingere gli operai alla rivoluzione.
Poi scoppiò la guerra e il PSI non voleva che l’Italia intervenisse. Mussolini invece era per l’intervento: fu espulso dal PSI, e cominciò a cambiare le sue idee politiche. Congedato durante la prima guerra (era interventista) per ferite durante un’esercitazione.
Il 23 marzo 1919 Mussolini fonda i Fasci italiani di combattimento., convocando in piazza San Sepolcro tutti gli ex-combattenti delusi, gli uomini a cui erano state promesse terre poi mai avute, i nazionalisti e coloro che erano rimasti delusi da come era terminata la guerra.
All’inizio il programma politico dei Fasci, movimento che in prima battuta prendeva poco più di un centinaio di persone, era ancora nettamente spostato a sinistra; tuttavia si voleva anche una politica estera che “valorizzasse la nazione italiana nel mondo” (nazionalismo, destra). Vedi il programma di San Sepolcro (p.246).
Ma le elezioni del 1919 mostrarono che quel miscuglio di socialismo e nazionalismo non funzionava affatto: i voti per Mussolini furono pochissimi.
La vera svolta del movimento fascista avvenne nel 1921
In questo periodo (biennio rosso) c’erano state molte agitazioni socialiste (lunghi scioperi; occupazione delle fabbriche).
Il fascismo abbandonò completamente il socialismo e diventò fortemente nazionalista; insomma, i fascisti, d’ora in poi, videro nel socialismo un nemico e svoltarono nettamente a destra (volgendosi verso gli interessi della borghesia).
E così iniziò anche lo squadrismo, prima nelle campagne e poi contro le organizzazioni socialiste. Insomma, vennero create delle squadre d’azione che dovevano cercare di distruggere tutta l’organizzazione politica e sindacale socialista, bruciando le Case del popolo, distruggendo le tipografie dei giornali socialisti, e perfino minacciando e uccidendo persone.
Le squadre d’azione fasciste (vestite in camicia nera), vero e proprio corpo paramilitare al servizio di un movimento (cosa illegale), introdussero così nella politica la violenza.
Il fatto è che:
La nascita del Partito nazionale fascista
Le violenze dei Fasci aumentarono sempre più.
Mussolini nell’agosto del 1921 firmò un patto di pacificazione con il PSI (con Bonomi, socialista riformista diventato primo ministro), impegnando il movimento fascista a far finire le azioni squadriste. Ma i capi delle squadre in realtà continuarono con le violenze.
Comunque nel novembre 1921 il movimento dei Fasci decise di riorganizzarsi e di darsi una struttura: nacque il Partito nazionale fascista. Si parla di “fascismo in doppiopetto”: Mussolini cerca di dare un’immagine rassicurante del movimento fascista, emarginando le parti più compromesse con le violenze e presentandosi come l’unico uomo capace di ristabilire l’ordine sociale.
Nell’ottobre del 1922 ci fu la marcia su Roma: 1400 squadristi marciarono su Roma, sfilando con le loro giubbe nere e occupando i centri di potere (Mussolini era prudentemente a Milano, pronto a fuggire). Il re Vittorio Emanuele III decise di non far intervenire l’esercito come voleva Facta (primo ministro che voleva lo stato d’assedio), anche perché molti chiedevano al re un governo in cui fossero presenti i fascisti; anzi, il 29 ottobre 1922 il re diede a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo. Quindi Mussolini non prese il potere facendo un colpo di Stato, ma fu il re stesso a darglielo.
Inizialmente Mussolini formò un governo di coalizione (insieme a liberali e popolari). Comunque è emblematico il “discorso del bivacco” (p.260, leggere), quello con cui Mussolini si presentò alle Camere per ottenere la fiducia (che ottenne, 306 sì e 116 no).
Ora bisognava dare stabilità; esisteva una duplice esigenza:
Per questo nasce la milizia volontaria per la sicurezza nazionale (1923); una milizia direttamente dipendente da Mussolini, quindi legata a un partito, ma con gli stessi compiti solitamente affidati a polizia ed esercito.
Insomma, come comunemente si dice, Mussolini sta “fascistizzando” lo stato...
Una svolta decisiva ci fu nel 1924. Mussolini cambiò la legge elettorale (“legge Acerbo”): disse che chi avesse preso il 25% dei voti, avrebbe poi avuto il 75% dei seggi.
La legge non piaceva al PPI; ma Mussolini, abilmente, cominciò a fare pressioni sulla Chiesa e a cercarne l’alleanza, cosa che contribuì a creare divisioni fra i cattolici...
E per ottenere la maggioranza (che ottennero) alle elezioni i fascisti ricorsero alla violenza e ai brogli.
Queste violenze e questi brogli furono denunciati in Parlamento dal deputato socialista Giacomo Matteotti. (pag.258) E per questo Matteotti fu rapito e ucciso dalle squadre fasciste.
L’opinione pubblica ne fu scossa profondamente. I deputati dell’opposizione (18 giugno 1924), per protesta, abbandonarono la Camera (secessione dell’Aventino; Turati disse che gli oppositori si ritiravano “sull’Aventino delle loro coscienze”, facendo riferimento all’episodio della storia romana in cui i plebei si ritirano sul monte Aventino per protesta contro i patrizi); volevano che il re cacciasse Mussolini. Ma il re non fece niente, e mantenne il proprio appoggio al fascismo.
E Mussolini? Mussolini passò al contrattacco; in un discorso alla Camera, si prese perfino tutte le responsabilità dell’omicidio e di tutte le violenze, senza che gli succedesse niente.
“Se il fascismo è un’associazione a delinquere (cioè di malviventi, di delinquenti), se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento fino ad oggi”.
Egli giustifica la violenza fascista nel nome del bene superiore della patria, che ne sarebbe stata rigenerata; anzi, criticava la secessione aventiniana di aver fomentato disordini con quel comportamento!
Mussolini dunque si assunse ogni responsabilità delle violenze fasciste, compresa quella ai danni di Matteotti. Da questo punto in poi Mussolini e i fascisti cominciarono ad eliminare tutte le libertà: si ha dunque una svolta autoritaria e la formazione vera e propria di un regime totalitario.
Per prima cosa i fascisti presero il controllo di tutti i più importanti quotidiani (controllo dell’informazione), almeno di quelli che non vennero direttamente soppressi. Quotidiani liberali importanti come il Corriere della Sera non potevano essere cancellati da un giorno all’altro: l’informazione venne però guidata, attraverso quelle che venivano dette “veline”, ossia le disposizioni dettagliate che venivano comunicate ai giornali, disposizioni sugli argomenti da trattare e sul come trattarli. (v. testo pag. 335)
In questo primo periodo ci furono 3 attentati a Mussolini. Un ragazzo di 15 anni (Anteo Zamboni) il 31 ottobre 1926 a Bologna sfiorò Mussolini con un colpo di pistole (e fu immediatamente linciato). Tale attentato servì da pretesto per l’emanazione delle cosiddette leggi fascistissime (5 novembre). Tramite esse:
Venne inoltre creata una polizia politica, l’OVRA (organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo).
Da questo punto in poi il fascismo diviene un regime totalitario: il partito fascista resta l’unica guida dello Stato, con un enorme aumento dell’esecutivo (cioè: rafforzamento del potere del capo del governo in aggiunta all’eliminazione di ogni opposizione). Stato e partito vengono a coincidere: partiti, sindacati, ordini professionali, associazioni giovanili o sportive non potevano più esistere, a meno di non essere fasciste. Sia lavoro che tempo libero vengono così inquadrati; bisognava, ad esempio, essere iscritti al partito per poter svolgere un lavoro pubblico (il 61% della popolazione si iscrisse al PNF).
Particolare attenzione fu rivolta ai giovani (per trasmettere l’ideologia fascista):
L’obiettivo di Mussolini era quello di fare della nazione italiana una grande e potente nazione. Questo ideale, secondo Mussolini, poteva realizzarsi solo se tutte le persone e tutte le classi sociali si fossero sottomesse e avessero ubbidito completamente allo Stato.
Mussolini, il Duce, doveva essere l’unico capo: a lui si doveva completa e totale obbedienza. Si parlava di lui come un uomo superiore, un uomo che non poteva mai sbagliare (mito di Mussolini).
Il popolo quindi non aveva alcun potere. Però il fascismo cercò anche di coinvolgere e mobilitare il popolo: il fascismo voleva creare nelle masse la sensazione di partecipare e di contribuire a realizzare gli obiettivi del fascismo.
Insomma, i fascisti volevano sì l’obbedienza; ma volevano anche il consenso (quindi, la sincera accettazione delle idee fasciste). Per questo i fascisti usarono ogni mezzo (e monopolizzarono ogni mezzo di informazione di massa) per comunicare le proprie idee, per fare propaganda. Le organizzazioni educative e la scuola, i raduni di massa, gli spettacoli, lo sport: tutto era usato per convincere il popolo che il fascismo era la scelta migliore per tutti.
Per la propaganda era necessario fare riferimento a immagini che colpissero l’immaginazione del popolo. Per questo si riprese il mito di Roma: Roma che nell’antichità aveva dominato il mondo. E quando Mussolini riuscì a conquistare l’Etiopia (1936), e presentò così al mondo un nuovo Impero, l’entusiasmo fu grandissimo.
Stato e Chiesa
Nel 1928 il Gran Consiglio del fascismo (cioè l’insieme dei più importanti rappresentanti del fascismo) diventa un organo costituzionale (con il compito di indicare il capo del governo e i ministri).
Viene poi emanata una nuova legge elettorale. Il Gran Consiglio del fascismo deve scegliere una lista di 400 candidati e formare così una lista unica per le elezioni del 1929. Agli elettori non resta che dire “sì” o “no”, in un voto palese (non è segreto, perché vengono consegnate due schede diverse per il sì e per il no): il risultato pone il sì al 98% . Questo anche perché la Chiesa si schiera a favore del fascismo: erano infatti già ben avviate le trattative che porteranno ai Patti lateranensi dell’11 febbraio 1929.
Lo scopo di Mussolini era quello di allargare al massimo il consenso del partito: per questo erano indispensabili i buoni rapporti con la Chiesa e con Pio XI. Con i Patti lateranensi non si parla più di “libera chiesa in libero stato”: lo Stato italiano diventa confessionale (la religione cattolica è sancita come religione di Stato): insomma, lo Stato riconosce la religione cattolica come l’unica e riconosce l’autonomia del Vaticano, in cambio dell’appoggio al regime.
I fascisti cercarono, almeno a parole, una “terza via” tra capitalismo e collettivismo (socialismo sovietico). Il tentativo è quello di costruire uno Stato corporativo: insomma, per ogni settore economico-lavorativo, vengono formate delle corporazioni che hanno il compito di coordinare le attività produttive nazionali. Questa linea restò più che altro una facciata, non si riuscì ad attuarla totalmente. Comunque l’effetto fu senza dubbio quello di accentuare l’intervento statale nell’economia: e sotto la tutela dello Stato si rafforzano ancora di più i grandi gruppi industriali (Edison, Fiat, Falck, Ansaldo, Breda) e finanziari.
Quindi possiamo ben dire che il fascismo rimase legato al modello dell’economia capitalistica.
Mussolini, per quel che riguarda l’economia:
à il governo interviene attivamente per sostenere i grandi gruppi monopolistici esistenti
à creazione dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale): tramite l’IRI lo Stato prendeva il controllo delle più grandi banche in crisi (Banca Commerciale, Banco di Roma ecc.) e di imprese di grandi dimensioni. Insomma, grazie all’IRI lo Stato controllava gran parte dell’economia italiana: nel 1939 l’Italia era il paese che, fatta eccezione per la Russia, possedeva il più ampio settore di industrie in possesso dello Stato.
Da notare questa tendenza all’autarchia (chiusura verso l’esterno) e la continua ricerca dell’autosufficienza, che porterà anche all’imperialismo e all’espansione coloniale.
POLITICA ESTERA
1925: adesione al trattato di Locarno (ITA e GB arbitre nella sistemazione dei confini tra GER FRA e BEL): da qui l’ITA entra a pieno titolo nel gioco della diplomazia europea, al pari di GB e FRA
Politica di espansione nei Balcani e nel Mediterraneo: Mussolini vuole modificare l’assetto europeo (REVISIONISMO)
Crisi austriaca
1934: l’AU è socialmente ed economicamente (soprattutto dopo il 29) in crisi.
Il cancelliere Dollfuss forma il Fronte patriottico, dove vengono riuniti tutti i partiti di destra; il Fronte è riconosciuto come l’unico partito legittimo.
Cerca poi l’appoggio di Mussolini (contro l’espansionismo tedesco) e lo ottiene.
I nazisti austriaci tentano un colpo di Stato: falliscono ma Dollfuss resta ucciso.
Mussolini manda diverse divisioni dell’esercito al confine tra AU e GER; Hitler, non ancora pronto per un conflitto, si dichiara estraneo al colpo di Stato.
CONFERENZA DI STRESA
(11-14 aprile 1935). Incontro, avvenuto nella città piemontese sul lago Maggiore, dei rappresentanti delle tre potenze già alleate nel primo conflitto mondiale (FRA, GB e ITA), sollecitato dai francesi, per discutere le ripetute violazioni, da parte della Germania hitleriana, dei divieti sul riarmo posti dalla pace di Versailles (1919), ultima delle quali la reintroduzione della leva obbligatoria, conseguente all’aperta denuncia di Hitler delle clausole militari del trattato (16 marzo 1935). Vi si costituì il "fronte di Stresa", fondato su una semplice dichiarazione d’intenti, con cui si condannò ogni contravvenzione all’ordine di Versailles che potesse mettere in pericolo la pace. Il fronte si spezzò pochi mesi dopo, con l’aggressione fascista all’Etiopia (ottobre 1935), anche se probabilmente un accordo segreto tra Mussolini e LAVAL (ministro degli esteri francese) dava via libera all’ITA all’invasione del territorio africano.
Mussolini in ETIOPIA
Motivi:
In questi anni l’ITA aveva rafforzato la sua posizione sia in LIBIA (dal 1912, con Giolitti) che in SOMALIA. La Somalia era vista come ottimo ponte per dirigere l’attacco verso la confinante Etiopia.
Per scatenare la guerra:
I tentativi di GB e FRA di mediare sono deboli (ci tengono a mantenere l’ITA dalla loro parte, evitando un pericoloso passaggio verso la GER).
Così, nel 1935, le truppe italiane senza dichiarazione di guerra invadono l’Etiopia.
La SdN (ITA e ETIOP ne facevano entrambe parte) condanna l’ITA e decide delle SANZIONI ECONOMICHE (v. fig.):
Le sanzioni furono inutili:
Nel 1936 Mussolini proclama l’Impero d’Etiopia.
Subito dopo, messa di fronte al fatto compiuto, la SdN ritira le sanzioni e riconosce l’annessione dell’Etiopia allo Stato italiano.
Mussolini stava cominciando a pendere dalla parte dei tedeschi. Non voleva però rompere i rapporti con GB e FRA.
Quindi (1936), mentre concludeva il cosiddetto genlemens’s agreement con la GB per il rispetto dello staus quo nell’area danubiana, firmò con la Germania hitleriana un patto di amicizia, il cosiddetto “asse Roma-Berlino”. Un anno dopo Mussolini si univa al patto anti-Comintern stretto tra GER e GIAP.
ASSE ROMA-BERLINO
(1936). Intesa stipulata tra Germania e Italia il 24 ottobre 1936. Patto d'amicizia formale e vago, ma di grande valore politico, sanciva il primo concreto avvicinamento tra i due paesi, divisi in precedenza dalla questione austriaca e dalla collocazione rispettiva nel quadro delle potenze europee. L’Asse era stato preparato dall'appoggio diplomatico che la Germania aveva offerto all’Italia impegnata nella guerra coloniale con l’Etiopia (ottobre 1935-maggio 1936) e nella reazione alle sanzioni. Le prime conseguenze dell’accordo furono la partecipazione di Italia e Germania alla guerra civile spagnola, in appoggio alle forze franchiste, e l’adesione dell’Italia al patto anticomintern (autunno 1937, insieme a GER e GIAP).
Nel 1936 Hitler rioccupò la Renania (smilitarizzata dopo il congresso di Versailles) affermando che il patto di mutua assistenza (patto Laval / Litinov, tra FRA e URSS) era un’aperta minaccia contro la GER. Nessuno intevenne, Mussolini appoggiò HItler.Solo un anno dopo l’AU fu annessa alla GER: Mussolini stette a guardare, senza intervenire.
Ulteriore conseguenza dell’avvicinamento tra ITA e GER fu l’emanazione, anche in Italia, delle leggi razziali, sull’esempio nazista (leggi documento pag.347)
Una parentesi: la guerra civile spagnola
Nel 1936 in Spagna era al governo una coalizione di partiti di sinistra (il Fronte popolare). Il Fronte popolare spagnolo voleva: fare riforme sociali; ridurre il potere della Chiesa in Spagna.
La borghesia spagnola cominciò a pensare (con molta paura) che la Spagna potesse diventare comunista come la Russia. Il 17 luglio 1936 il generale Franco, con l’appoggio della grande borghesia e della Chiesa, iniziò una rivolta contro il governo. Fu così che cominciò una sanguinosa guerra civile, terminata solo nel 1939 con la vittoria di Franco (e quindi della destra).
Questa guerra civile fu molto importante anche perché vi parteciparono molte delle nazioni europee. L’Italia e la Germania appoggiarono Franco, mandando armi e uomini. La Germania in particolare sperimentò in questa guerra molti nuovi armamenti (un esempio è il bombardamento fatto dagli aerei tedeschi sulla città di Guernica, da cui Picasso ha ricavato un quadro famosissimo). La Russia invece appoggiò il Fronte popolare. Francia e Inghilterra, non sapendo cosa fare, scelsero il non intervento.
Gli oppositori
Sopra tutti Croce, filosofo idealista (Manifesto degli intellettuali antifascisti): fu l’unico tollerato, primo perché la sua era un’opposizione solo intellettuale; e secondo per mettere in evidenza la “tolleranza” del regime.
Era però un’eccezione: Salvemini, che definì il fascismo una servitù politica e sociale fu costretto all’esilio, così come Nitti, Sturzo, Turati, Nenni, Amendola e tanti altri esponenti di spicco della politica italiana. Altri furono incarcerati o confinati. All’estero molti di essi cercarono di dar vita a coalizioni e movimenti antifascisti.
Più organica fu l’opposizione del partito comunista, prima di Gramsci (arrestato) e poi di Togliatti (rimasto capo del PC fino al 1964); la crisi del 29 fece sperare, si pensava che un crollo del capitalismo potesse portare con sé il fascismo stesso, ma erano tutte illusioni. Nel 1934 la politica dei fronti popolari portò a un riavvicinamento di PC e PS, per un’azione comune contro i fascismi.
Ma il fascismo non fu mai messo in pericolo dalle opposizioni: il fascismo si distrusse da sé.
Fonte: http://www.sdstoriafilosofia.it/download/VB/Benito%20Mussolini.docx
Sito web da visitare: http://www.sdstoriafilosofia.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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