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Partiamo dal concetto di Universalismo medievale: in Europa tra la fine del Duecento e l’ inizio del Trecento la sola unità sentita a livello politico è la respublica christiana: l’ unione dei popoli e dei re cristiani, fondata sull’ unica fede, sull’ obbedienza alla Chiesa romana e sulla preminenza del Sacro Romano Impero. In Occidente, come è noto, l’ Impero romano aveva cessato di esistere nel 476, ma era stato ricostituito nel Natale dell’ 800 con l’ incoronazione di Carlo Magno da parte del Papa Leone III. Nel 962 la corona imperiale era passata con Ottone I ai re di Germania, ai quali rimase con qualche interruzione fino al 1806.
Tale Impero medievale presenta 3 aspetti principali:
- è sopranazionale in quanto cristiano: come realtà al di sopra dei vari regni formatisi in seguito alle invasioni barbariche, tende a ricondurre la diversità all’ unità cristiana. Ciò comporta il diritto/dovere di proteggere la Chiesa da nemici esterni ed interni. Questa missione viene conferita all’ Imperatore con l’ incoronazione da parte del Papa, e comporta diverse occasioni di ingerenza nella vita della Chiesa (lotta contro l’ eresia e Inquisizione, legislazione ecclesiastica, benefici ecclesiastici, nomine vescovili etc.)
- l’ Impero si presenta come continuazione di quello romano: la nuova compagine statale creata dai Franchi cerca i propri fondamenti giuridici nel Diritto Romano. Così anche in seguito Federico I dichiara che il Corpus iuris Civilis di Giustiniano vale per tutti i popoli dell’ Impero. Federico II afferma, nel Liber augustalis del 1231, che nella sua persona si accentrano il potere legislativo e quello esecutivo, "perché questo aveva voluto il popolo di Roma ". Con ciò viene affermata l’ origine laica -piuttosto che religiosa- del potere politico.
- Infine l’ Impero è germanico, è cioè costituito, a livello territoriale, dal regno di Germania, dal quale l’ Italia (specie dopo il 1266) si è del tutto resa indipendente. L’ elezione del re di Germania però interessa non solo i Tedeschi, ma anche Roma e la Chiesa: il re di Germania dovrà completare la sua investitura imperiale facendosi incoronare a Roma come ‘ Re dei Romani’ .
Questi diversi aspetti comportano occasioni di conflitto: il carattere ‘ romano’ dell’ Impero comporta una sostanziale indipendenza di Imperatore e Papa,; il carattere ‘ germanico’ comporta, almeno sul suolo tedesco, una netta superiorità dell’ Imperatore rispetto al Papa, anzitutto con la nomina imperiale dei Vescovi-conti. Il suo carattere ‘ cristiano’, simboleggiato dalla corona che il neo-eletto Imperatore riceve dal Papa, si può leggere in due modi: o come diritto-dovere dell’ Imperatore di immischiarsi nelle faccende interne della Chiesa, o, al contrario, come sottomissione dell’ Imperatore alla superiore autorità religiosa del Papa.
Dopo il Concordato di Worms il Papato, sentendosi comunque minacciato, propone sempre più una visione cesaropapistica dei rapporti tra potere spirituale e temporale. L’ Imperatore del Sacro Romano Impero di nazione germanica è solo capo temporale, mentre il Papa di Roma è quello spirituale. Spetta al Papa esaminare la dignità del neoeletto re di Germania, prima di incoronarlo Imperatore romano; tale incoronazione non è più un atto dovuto: il Papa può rifiutarsi di innalzare il Re di Germania a Re dei Romani (Imperatore), anzi può sciogliere i sudditi dell’ Imperatore dai doveri di obbedienza, facendolo così decadere.
Ma l’ arma della scomunica, efficacissima ai tempi delle lotte per le Investiture, richiedeva un prestigio che i Papi del Trecento (già prima della negativa fase avignonese) non avevano più. I ripetuti proclami papali sulla propria superiorità si rivelano dannosi per lo stesso papato.
Così accade a Bonifacio VIII (1294-1303). Nella bolla Unam sanctam (1302), partendo dall’ idea che fuori della Chiesa non c’ è salvezza, Bonifacio dichiara che ogni potere, sia quello spirituale sia quello temporale, ha la sua origine in Dio e che perciò appartiene al suo vicario in terra, il Papa. Si sa come finisce: il Papa prima venne dichiarato eretico da Filippo IV di Francia, poi fu addirittura catturato dai Francesi e morì in seguito al suo tentato trasferimento (come prigioniero) in Francia.
Questo è, dunque, il quadro della respublica christiana, in cui Papa e Imperatore, in concorrenza tra loro, aspirano ad un dominio universale. Ma un potere universale può significare in realtà un dominio debole ed incerto. Tra Due e Trecento, mentre in Inghilterra, Francia e Spagna si passa a forme statali più evolute intorno a monarchie dinastiche, in Germania e nell’ Italia settentrionale l’ Imperatore non riesce a rivestire la medesima funzione unificatrice svolta dai sovrani negli altri regni. La Germania è politicamente polverizzata: gli studiosi hanno censito, con riferimento al 1618, addirittura più di 2.000 centri di sovranità più o meno indipendenti tra loro e verso l’ Impero. Abbiamo ducati (Baviera, Svevia, Franconia, ecc.), marche (Brandeburgo), contee (Turingia, Tirolo, …), principati ecclesiastici (Treviri, Colonia, Magonza), città che godono ampia autonomia (Norimberga, Amburgo, Lubecca, l’ Hansa…). Inoltre l’ Imperatore del Sacro Romano Impero viene eletto dai principi tedeschi.
Alla morte di Federico II (1250) ebbe inizio il grande interregno, che indebolì ancora di più l’ autorità imperiale. I prìncipi tedeschi evitarono ogni elezione fino al 1273, quando il Papa Gregorio X, che mirava ad una crociata, riuscì ad ottenere che venisse scelto come re di Germania un personaggio allora secondario, Rodolfo d’ Asburgo (1273-1291). Questa soluzione suscitava la lotta accanita di Ottocaro re di Boemia , che contestava la validità dell’ elezione di Rodolfo. La vittoria militare di quest’ ultimo sul re di Boemia (a Marchfeld, nel 1278) gettò le basi della futura potenza asburgica. Infatti a Ottocaro rimanevano la Boemia e la Moravia, mentre i ducati d’ Austria, di Stiria, di Carinzia e di Carniola passavano a Rodolfo.
Successivamente gli elettori, e il Papa francese Clemente V (1305-1314) con loro, scelgono come Imperatore un personaggio piuttosto oscuro: Enrico VII di Lussemburgo (1308-1313). Questi, al contrario delle aspettative, fa ben presto conoscere la sua volontà di venire in Italia per cingere la corona imperiale. Tale intenzione viene salutata con entusiasmo dai ghibellini italiani e dallo stesso Dante, che in suo onore scrive il De monarchia (1310).
Quando nel giugno del 1312 egli comunica la sua incoronazione imperiale ai re e ai vescovi dell’ Occidente, tiene a sottolineare che "come tutti gli ordini e le schiere celesti servono sotto un solo Dio, così pure tutti gli uomini, ordinati in province e regni, devono essere sottoposti ad un unico monarca" . La vicenda di Enrico dimostrò al contrario che il potere imperiale non aveva più solide basi, soprattutto non in Italia.
Dopo la cacciata degli Angioini dalla Sicilia (1302) il partito filoimperiale torna a respirare: si riaccendono forti tensioni tra guelfi e ghibellini. Il Papa, risiedendo in Francia, e volendo proteggere lo Stato della Chiesa, nominò il re di Napoli Roberto d’ Angiò, rettore della Romagna (passata dall’ Impero alla Chiesa); rinviò l’ incoronazione imperiale, fissata per il 2 novembre 1311; impose a Enrico col giuramento di mantenere integro lo Stato della Chiesa e di rispettare i guelfi.
Ma invece al suo arrivo in Italia nel gennaio 1311, Enrico espugna con la forza le città guelfe che gli chiudevano le porte (Crema, Cremona, Lodi, Brescia). Il Papa a questo punto si rifiuta di incoronarlo.
Erico VII non se la sentì di assediare il Vaticano: se le sue truppe avessero combattuto anche a Roma, il valore simbolico della sua incoronazione sarebbe stato gravemente compromesso. Enrico si dovette accontentare: l’ incoronazione imperiale ebbe luogo in S. Giovanni in Laterano il 29 giugno 1312, per mano di tre cardinali, in assenza del nunzio apostolico (il vicario ufficiale del Papa).
Il 26 aprile 1313, Enrico inizia un procedimento legale contro Roberto d’ Angiò, pubblicando un decreto che lo dichiara decaduto da tutti i feudi, diritti e possedimenti. L’ Imperatore si muove verso il meridione per far valere con le armi tale decreto, ma la morte lo coglie a Siena il 24 agosto.
Subito dopo il Papa Clemente V annulla tutte le disposizioni emanate da Enrico. La nomina di Roberto d’ Angiò a vicario imperiale nei territori italiani (14 marzo 1314) è la logica conseguenza di questo principio. Insomma, come già accaduto a Bonifacio VIII, la pretesa universalità rivendicata dall’ Imperatore si ritorce contro di lui.
Nel frattempo il trasferimento del Papato ad Avignone ne accentua gli aspetti economici e politici più negativi. Con la bolla Cum inter nonnullos del 12 novembre 1323, il Papa Giovanni XXII metteva fine all’ acceso dibattito sulla povertà di Cristo e degli apostoli, in cui erano particolarmente coinvolti i Frati Minori. Il Papa dichiarava eretica l’ affermazione che Cristo e gli apostoli non possedettero nulla, né individualmente né in comune.
Nell’ ordine dei Francescani si delinearono ben presto due schieramenti: la maggioranza si sottomise alla decisione Papale (i cosiddetti conventuali), mentre gli oppositori rimasti in minoranza non tardarono ad allearsi con l’ Imperatore Ludovico IV il Bavaro (gli spirituali, detti anche con disprezzo fraticelli). Facevano parte di questo gruppo dissidente il generale dell’ ordine francescano, Michele da Cesena, ed il filosofo inglese Guglielmo d’ Ockham, una delle massime personalità di tutto il Medioevo. Nel maggio 1328, scomunicati e chiamati ad Avignone per essere giudicati come eretici, fuggirono presso l’ Imperatore Ludovico il Bavaro prima a Pisa e successivamente a Monaco di Baviera. Questa vicenda fornisce all’ Imperatore un formidabile appoggio contro il Papa. Si delinea la lotta tra Giovanni XXII e Ludovico il Bavaro, l’ ultimo grande scontro tra Papato e Impero.
Dopo la morte di Enrico VII, gli elettori tedeschi eleggono, non senza contrasti, Ludovico IV il Bavaro (1314). Il nuovo Papa Giovanni XXII (1316-1334) è in lotta contro Milano, città-capo dei ghibellini. Giovanni, temendo che Ludovico intervenga in Italia a favore di Milano, lo destituisce, dichiara l’ Impero vacante, e proibisce di inviare un vicario imperiale in Italia. Ma l’ Imperatore reagisce: nel 1315 , Ludovico manda a Milano un esercito, liberando la città dall’ assedio dei Francesi alleati del Papa, e riconsegnandola ai Visconti (ghibellini),
Il Papa, vedendo naufragare la vittoria sui Visconti, prende nuove misure contro Ludovico il Bavaro. Con la bolla Attendentes dell’ 8 ottobre 1323, Giovanni XXII accusa Ludovico di usurpare il titolo di Imperatore: "Prima che l’ uno o l’ altro dei candidati designati dai prìncipi elettori sia stato approvato o disapprovato dalla Sede apostolica, non è permesso ad alcuno degli eletti di prendere il potere e il titolo di re dei Romani"
Il Papa accusa inoltre Ludovico per aver appoggiato i Visconti (nemici della Chiesa), e lo convoca sotto pena di scomunica ad Avignone, entro tre mesi, a giustificarsi. Ludovico il Bavaro, nel dicembre 1323 alla Dieta di Norimberga, contesta al Papa il diritto di esaminare il re dei Romani, perché quando questi è eletto ed è incoronato nella sede tradizionale (Aquisgrana), è re legittimo anche senza incoronazione papale. Alla scomunica lanciata contro Ludovico da Giovanni XXII con la bolla Urget nos caritas del 23 marzo 1324, segue la replica dell’ appello di Sachsenhausen del 22 maggio. Ludovico accusa il Papa di fomentare le guerre in Italia, e di essere eretico, perché nega la povertà di Cristo e degli apostoli. Chiede, infine, la convocazione di un Concilio per destituire Giovanni e designarne il successore. All’ appello di Sachsenhausen, il Papa rispose con la bolla Sicut ad curam (11 luglio 1324), in cui dichiarava indegno del regno e dell’ Impero il duca dell’ Alta Baviera, scomunicandolo di nuovo. Ma, come già detto, i tempi di Canossa sono lontani, e la doppia scomunica papale passa sulla testa di Ludovico come acqua fresca.
Infine questi passa al contrattacco: scende in Italia con un grosso esercito. Il 31 maggio 1327 si fa incoronare re d’ Italia a Milano. Prosegue poi verso Roma, dove entra il 7 gennaio 1328. Lì Ludovico si fa incoronare Imperatore da Sciarra Colonna. Quindi, tra il 14 e il 18 aprile, un’ assemblea di laici convocata dall’ Imperatore depone il Papa e lo sostituisce con il frate minore Pietro Rainalducci da Corvara, che prende il nome di Niccolò V. Non potendo trattenersi più a lungo in Italia, Ludovico parte verso il nord, abbandonando a Pisa l’ anti Papa.
Intanto Giovanni XXII cerca in tutti i modi di destituire Ludovico. Ma una nuova elezione imperiale da lui indetta cade nel vuoto, e la nobiltà tedesca si oppone alla ingerenza papale nelle cose di Germania. Questo successo induce Ludovico ad insistere sulle accuse di eresia: le nuove tesi di Giovanni sulla cosiddetta ‘ visione beatifica’ offrivano l’ occasione giusta. I frati minori del suo entourage raccolgono nuovi elementi per accusare di eresia Giovanni XXII, oltre a quelli sulla negata povertà di Cristo e degli apostoli, per intentare un processo teologico contro il Papa in un Concilio che lo deponga. Ma il 4 dicembre 1334 Giovanni XXII muore. Nella primavera del 1335, Ludovico avvia trattative diplomatiche col nuovo Papa Benedetto XII (1334-1342), per arrivare alla pace. Nonostante la grande disponibilità mostrata dai legati imperiali, i negoziati falliscono.
Infine la situazione viene sbloccata dalla Dieta Imperiale: la dichiarazione di Rhens viene firmata da tutti i prìncipi tedeschi del 16 luglio 1338. In essa si dice che il re dei Romani, eletto dalla totalità o dalla maggioranza degli elettori dell’ Impero, non ha bisogno di alcuna nomina, approvazione, conferma o autorizzazione da parte del Papa. Nella primavera del 1339, nella successiva dichiarazione di Francoforte, i prìncipi elettori vanno oltre, affermando che il Papa non ha diritto nemmeno di esaminare il candidato all’ Impero; che è obbligato a consacrare colui che gli viene indicato dagli elettori imperiali.
La morte di Ludovico il Bavaro, avvenuta l’ 11 ottobre del 1347, aprì a Carlo IV re di Boemia la via verso il titolo imperiale. È importante che il nuovo Imperatore non chiese mai al Papa la conferma della propria elezione, sulla base della dichiarazione di Rhens. Comunque Clemente VI, proseguendo la linea del predecessore Giovanni XXII, non gli dette il permesso di venire a farsi incoronare a Roma. Glielo concesse, invece, Innocenzo VI (1352-1362). Dopo l’ incoronazione a Roma (5 aprile 1355), e perciò nel pieno possesso di tutti i titoli, Carlo IV attuò una importante riforma costituzionale.
Si trattava della famosa Bulla aurea (10 gennaio e 25 dicembre 1356), che regolava l’ elezione dell’ Imperatore. Finora l’ elezione imperiale era compiuta da tutti i prìncipi ma spesso con gravi inconvenienti a causa della scarsa organizzazione della nobiltà tedesca. Carlo IV stabilisce che il diritto di elezione del re di Germania, il quale è anche re dei Romani e dunque Imperatore, appartiene a sette principi elettori, tre ecclesiastici (gli arcivescovi di Magonza, di Treviri e di Colonia) e quattro laici (il re di Boemia, il margravio di Brandeburgo, il duca di Sassonia-Wittemberg e il conte del Palatinato). In caso di vacanza dell’ Impero, l’ amministrazione è devoluta al duca di Sassonia e al conte del Palatinato. Nella Bulla aurea non si fa parola né del Papa, né dell’ incoronazione romana. Ciò significa la secolarizzazione dell’ Impero. L’ Impero diventa sempre più di nazione tedesca. È la conclusione del processo di separazione tra sacerdotium e imperium, cominciato con la riforma gregoriana. Ma è anche la vittoria postuma di Ludovico il Bavaro.
In questa lunga contesa sono venuta meno le pretese di universalità sia del potere imperiale (che rinuncia ad ogni diritto sull’ Italia), sia di quello papale (che rinuncia ad ogni ingerenza nelle cose tedesche).
Dopo aver esposto le principali fasi del contrasto tra Ludovico il Bavaro e i papi del suo tempo, è ora opportuno illustrare in breve l’ apporto dei francescani spirituali alla causa di Ludovico.
Importante di spicco della corrente che si oppone al Papa avignonese è il frate minore inglese Guglielmo d’ Ockham (1290/1350). E’ noto che, dopo l’ avventurosa fuga da Avignone (e da una probabile morte sul rogo), Ockham si rifugia presso la corte bavarese. Gli è stata attribuita la seguente promessa all’ Imperatore: “Sicut tu defendis me gladio, sol ego defendam te calamo”. Il suo pensiero antipapale è raccolto in diversi scritti. Contro il monismo dei curialisti, Ockham sostiene una dottrina dei due poteri, nella quale l’ autorità temporale può vantare una primogenitura rispetto a quello papale. Ockham sottolinea con insistenza l’ autonomia del potere temporale. L’ Impero romano non proviene dal Papa, perché già prima di Cristo esso aveva una legittima giurisdizione, e fu riconosciuto dal Signore e dagli apostoli. Il potere imperiale, passato dai pagani ai cristiani, proviene da Dio, quindi dal popolo romano che istituì l’ Impero e, infine, dagli elettori dell’ Imperatore. Di conseguenza, il Papa non dà la giurisdizione all’ Imperatore, non può cassarne le leggi, non può deporlo. Dal canto suo l’ Imperatore non può rendersi vassallo del Papa, per non cessare di essere successore degli antichi imperatori romani e per non pregiudicare i diritti dei successori.
La Chiesa, come comunità di tutti i fedeli, è governata in modo monarchico per volontà di Cristo, che ha nominato Pietro suo rappresentante. Tuttavia nell’ ambito temporale il potere Papale è nullo, perché Cristo durante la sua vita ha rinunziato al dominio supremo che gli compete come figlio di Dio, e sottomettendosi come ‘ Re dei Giudei’ all’ autorità romana (la Passione) ha rinunziato esplicitamente al potere politico. Quindi Cristo ha trasmesso al suo vicario Pietro un potere puramente spirituale. Il potere Papale si estende a tutto ciò che è indispensabile per la salvezza dell’ anima e per il bene dei fedeli. Esso, perciò, implica il potere dottrinale e disciplinare. Ma anche in questo campo il potere Papale ha i suoi limiti: il pontefice, per es., non può comandare ciò che è in contrasto con la legge divina o con il diritto naturale, deve rispettare il titolo legittimo dei re, non può imporre il celibato a tutti i fedeli e così via.
Per quanto la dignità del Papa sia elevata, al di sopra di lui c’ è la Chiesa universale, che non va identificata con la Chiesa romana e che non sarà mai vittima dell’ errore. Guidata dallo Spirito santo, questa Chiesa universale è infallibile, e può essere costituita anche da pochi cristiani rimasti fedeli, e perfino da una sola donna, come è avvenuto quando Maria è rimasta sola ai piedi della croce di Cristo. Il Concilio non è esente da errori, ma costituisce una sorta di argine in grado di equilibrare il potere del Papa, oltre che un possibile ricorso contro il pontefice eretico.
Come il Papa in caso di necessità può intervenire nel temporale, così anche l’ Imperatore in quello spirituale in situazione di emergenza. Per es. l’ Imperatore può convocare un Concilio o addirittura destituire il Papa; può disporre dei beni ecclesiastici (di quelli cioè affidati alla Chiesa dai re e dai laici per provvedere ai poveri, alla costruzione di chiese ecc.) per dei compiti temporali, come per es. la difesa della popolazione contro il nemico. Sostenitore della libertà evangelica, Ockham è contrario ad ogni forma di autoritarismo; e se critica il Papato avignonese per la sua organizzazione burocratica e centralizzata che impedisce l’ armonioso sviluppo della vita cristiana, non lo fa certo per sottomettere la Chiesa al controllo del potere politico.
Ockham è uno dei precursori del pensiero politico moderno: nel proprio ambito, l’ Imperatore e il Papa non hanno un potere assoluto: questo, infatti, è limitato non solo dalla legge divina, ma anche dalla libertà del singolo e dal bene comune.
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cosa può fare |
Cosa non può fare |
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Papa
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Imperatore
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20. quali sono gli elementi democratici, o antiautoritari, che fanno di Ockham “uno dei precursori del pensiero politico moderno”?
Sulla questione teologica della Visione BeatificaI, vedi http://cronologia.leonardo.it/storia/aa1331.htm
La figura di Guglielmo di Ockham ha ispirato Umberto Eco nel tratteggiare il personaggio principale de Il nome della Rosa, il monaco francescano Guglielmo di Baskerville (impersonato da Sean Connery).
“Come tu mi difendi con la spada, così io ti difenderò con la penna”
Fonte: http://www.evan60.net/uploads/6/3/2/5/6325749/impero_e_papato_nel_trecento.doc
Sito web da visitare: http://www.evan60.net/
Autore del testo: F.IOZZELLI
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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