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La Rivoluzione francese durò dieci anni (1789-1799). Gli storici la considerano l’evento che pone termine all’età moderna e fa iniziare l’età contemporanea, perché con il 1789 comincia il definitivo declino della nobiltà e l’ascesa politica della borghesia che, nonostante i successivi tentativi di restaurazione, arriverà gradualmente ad appropriarsi delle leve del potere.
La popolazione francese alla fine del ‘700 viveva per l’85% nelle campagne ed era formata in piccolissima parte da rappresentanti della nobiltà e del clero (meno del 10%) e in grandissima parte dal cosiddetto Terzo stato, che comprendeva la borghesia (medici, avvocati, banchieri, commercianti, proprietari terrieri non nobili, artigiani, ecc.) e i meno abbienti.
La crisi economica era grave (anche per le spese sostenute per le guerre in America) e molti erano i motivi di scontento. I borghesi erano stanchi di un sistema fiscale che faceva pagare le tasse solo ai rappresentanti del Terzo stato, le masse urbane protestavano per l’aumento dei prezzi, i contadini desideravano l’abolizione dei privilegi feudali, i nobili erano contrari all’assolutismo monarchico e volevano una monarchia parlamentare come quella inglese.
Tutte queste persone, pur se con motivazioni differenti, si trovarono ad avere un comune interesse: abbattere la monarchia assoluta.
Per risollevare lo stato delle finanze il ministro di Luigi XVI, Necker, propose una riforma fiscale che abolisse i privilegi che consentivano a clero e nobiltà di non pagare le tasse. Il re cercò di imporre la riforma avvalendosi dei suoi poteri assoluti, ma nobili e clero chiesero la convocazione del parlamento, gli Stati generali, perché, avendo la maggioranza, avrebbero potuto bocciare la riforma.
Il re si oppose, in quanto temeva che convocando l’assemblea si decretasse la fine della monarchia assoluta e la nascita di una monarchia di tipo parlamentare. Alla fine di un duro braccio di ferro, il re, sottoposto alla pressione di tutto il paese, convocò gli Stati generali. Il Terzo stato a questo punto chiese la riforma del sistema di voto: non più un voto per ogni stato, ma un voto per ogni deputato. Questo significava togliere la maggioranza ai rappresentanti della nobiltà e del clero. Di fronte a questa proposta rivoluzionaria il re fece sospendere i lavori dell’assemblea. I deputati del Terzo stato si riunirono allora nella stanza della pallacorda e, non riconoscendo più l’autorità del vecchio parlamento, costituirono un’Assemblea nazionale costituente per riformare tutta l’organizzazione politica della nazione. Il re cercò di riportare tutto alla condizione di prima, arrivando persino a licenziare il Necker, sostenitore della riforma fiscale. A questo punto intervenne il popolo di Parigi, che scese in piazza e il 14 luglio 1789 assaltò la Bastiglia, una delle prigioni della città, e la rase al suolo. Le notizie dei disordini si diffusero rapidamente nelle campagne, dove migliaia di contadini assaltarono le residenze dei nobili e del clero. In agosto l’Assemblea nazionale abolì tutti i privilegi del sistema fiscale e compilò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, dove si sosteneva che “gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti”. Nel 1791 fu terminata la Costituzione che prevedeva un parlamento composto da una sola camera, chiamato Assemblea legislativa. Il re e la regina decisero di scappare verso il Belgio, ma vennero catturati. Intanto Austria e Prussia, temendo che l’esempio francese venisse seguito anche nel resto dell’Europa, entrarono in guerra contro la Francia. L’esercito francese, disorganizzato, andò incontro a una serie di sconfitte e, di fronte alla “patria in pericolo”, il parlamento diede tutto il potere alla sua ala rivoluzionaria, rappresentata dai Giacobini capeggiati da Danton, Marat e Robespierre. Nel 1792, dopo elezioni a suffragio universale per eleggere la Convenzione Nazionale, venne proclamata la repubblica.
Robespierre, a cui si opponeva il gruppo moderato dei Girondini, si trovò a fronteggiare diversi problemi: il processo al re, la guerra e l’insurrezione dei contadini della Vandea. Robespierre sconfisse i Girondini, condannò a morte il re e la regina e sedò con la forza la rivolta della Vandea (i contadini di quella regione si erano opposti alla rivoluzione sia perché quella aveva perseguitato gli uomini di chiesa, sia perché non accettavano la leva obbligatoria imposta dalla guerra). Dopo la morte del re si schierarono contro la Francia anche Inghilterra, Spagna, Regno di Napoli e Russia, che diedero vita alla Prima coalizione.
In questi anni, noti come il periodo del Terrore, furono compiuti diversi abusi: molti individui vennero mandati alla ghigliottina perché sospettati, a volte ingiustamente, di essere dei controrivoluzionari. Intanto la guerra proseguiva positivamente per i Francesi, che ottennero una serie di vittorie, in alcune delle quali si mise in luce un giovane ufficiale, Napoleone Bonaparte.
L’errore di Robespierre fu quello di non capire che con le vittorie militari occorreva porre fine alle misure eccezionali (blocco dei prezzi e dei salari, ricorso ai tribunali speciali contro spie, traditori e controrivoluzionari). Nel 1793 Marat morì, assassinato da una donna filomonarchica (sostenitrice della monarchia). L’anno successivo Robespierre, nel generale clima di sospetto, fece condannare a morte l’ex alleato Danton. Invece di proclamare la fine del Terrore, Robespierre l’aveva inasprito. I deputati della Convenzione decisero infine di fare arrestare Robespierre e i suoi ormai pochi
sostenitori. Il giorno dopo il capo rivoluzionario venne ghigliottinato. La rivoluzione continuò, ma il potere passò nelle mani del centro moderato, che affidò il governo a un Direttorio di cinque membri, abolì sia la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”, sia il suffragio universale (furono create due assemblee legislative, la cui elezione spettava però solo a 200.000 cittadini, scelti in base al loro reddito).
Motivazioni ideali (fraternità con i popoli oppressi dalle monarchie assolute) e motivazioni economiche (necessità di mantenere a spese dei paesi occupati grandi masse di uomini arruolati nell’esercito che in patria non avrebbero trovato lavoro per la crisi) costringevano la Francia a continuare la guerra contro il resto dell’Europa.
I due fronti principali erano il Belgio e l’Italia. Questa seconda campagna venne affidata nel 1796 a
Napoleone Bonaparte, ormai promosso generale.
La campagna d'Italia durò dal 1796 al 1797. Napoleone batté prima i Savoia, poi gli Austriaci e fondò la Repubblica Cisalpina, sottoposta alla Francia e composta da Emilia, Romagna, Lombardia. Quindi occupò il Lazio, fece prigioniero il papa e fondò la Repubblica Romana. Dopo aver occupato il Veneto firmò, nel 1797, il Trattato di Campoformio con l’Austria, con il quale cedeva il Veneto agli austriaci in cambio del Belgio e della conferma del passaggio della Lombardia alla Francia. Nel 1799, sperando nell'aiuto francese, insorsero anche i giacobini napoletani, che scacciarono i Borboni e fondarono la Repubblica Partenopea. Abbandonati a loro volta dalla Francia, essi furono attaccati dalla flotta inglese e dalle bande del cardinale Ruffo; i Borboni riebbero il trono e gli insorti pagarono duramente il loro tentativo. Fin dal 1798, intanto, Napoleone era impegnato nella campagna d'Egitto, intrapresa per interrompere i traffici commerciali britannici .Dopo una prima vittoria nella battaglia delle Piramidi, la flotta francese venne distrutta ad Abukir ad opera dell'ammiraglio inglese Nelson. L’armata napoleonica si trovò isolata in Egitto, mentre la Gran Bretagna dava vita alla Seconda coalizione contro la Francia. Nel 1799 Napoleone abbandonò l'Egitto e accorse in Francia, dove, sciogliendo con le armi l'Assemblea parlamentare, compì con l’appoggio di parte della borghesia il colpo di Stato che pose fine al decennio della Rivoluzione iniziato nel 1789. Proclamatosi Primo console, Napoleone promosse riforme e iniziative a favore della borghesia, che mettevano in pratica alcuni valori della rivoluzione. Dopo aver battuto gli Austriaci a Marengo (in Italia) firmò la pace prima con l’Austria (1801) e poi con l'Inghilterra (1802). Ciò confermò la sua conquista di parte della Germania, del Belgio e dell'Olanda. In quegli stessi anni egli varò il Codice Napoleonico, un nuovo codice di leggi basato su princìpi illuministici e borghesi. Nel 1804 un plebiscito al quale parteciparono tutti i francesi maschi adulti proclamò la fondazione dell'Impero e l’elezione di Napoleone a imperatore. Nel 1805 si formò la Terza coalizione. Dopo la vittoria della flotta inglese, comandata da Nelson, a Trafalgar (vicino a Gibilterra), seguirono due vittorie napoleoniche sul continente. Contro l'Inghilterra, Napoleone proclamò il Blocco continentale, che proibiva l'attracco in Europa di navi inglesi e ne impediva i commerci. Nel 1807 quando era già nata una Quarta coalizione, Napoleone occupò Spagna e Portogallo e ne affidò la corona a suo fratello, Giuseppe Bonaparte. Dopo averne cacciato i Borboni, diede il trono di Napoli a Gioacchino Murat. Tra il 1809 e il 1812 batté la Quinta e la Sesta coalizione e iniziò la campagna di Russia, che si concluse con una disastrosa ritirata nell'inverno dello stesso anno. Nel 1813 gli eserciti della Settima coalizione sconfissero Napoleone a Lipsia (in Germania). Mentre Luigi XVIII, fratello del re ghigliottinato, tornava a Parigi, l'imperatore veniva esiliato all'isola d'Elba. Riuscito a fuggire, nel 1815 Napoleone veniva definitivamente battuto a Waterloo (in Belgio) dai Prussiani e dagli Inglesi ed esiliato a Sant'Elena (un’isola dell’Atlantico a occidente dell’Africa), dove morì nel 1821.
Fonte: http://rossanaweb.altervista.org/blog/mater_studenti/storsunt.pdf
Sito web da visitare: http://rossanaweb.altervista.org/
Autore del testo: R.Cannavacciuolo
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