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La Russia zarista si trovava in condizioni ben più arretrate di quelle delle altre nazioni europee; l'immenso impero, composto da oltre cento nazionalità diverse, era ancora un paese contadino e arretrato, dove la servitù della gleba era stata abolita solo nel 1861, basato su comunità contadine che costituivano un ostacolo allo sviluppo dell'agricoltura, privo di efficienti linee di comunicazione, con un settore industriale limitato all'industria pesante. Il processo di industrializzazione fece sorgere anche in Russia la classe operaia e formò la borghesia. Quest'ultima si opponeva al regime aristocratico e assoluto dello zar sulla base dei principi liberali; gli operai invece erano organizzati nel partito socialista, dove convivevano un'ala riformista (menscevichi) e una rivoluzionaria (bolscevichi).
La sconfitta militare con il Giappone (1904-05) ebbe gravi ripercussioni all'interno: il paese fu sconvolto per tutto il 1905 da una serie di agitazioni, scioperi, ammutinamenti (tra cui quello della corazzata Potëmkin) e rivolte autonomiste, che indussero lo zar a promettere la convocazione di un Parlamento, dai poteri però molto limitati (Duma). L'entrata nella Prima guerra mondiale, determinata oltre che dalle alleanze con Francia e Gran Bretagna anche dalla volontà di espansione nei Balcani e dalla volontà di un largo settore dell'aristocrazia e della corte di scaricare le tensioni e le crisi interne con l'impegno bellico, si rivelò un disastro. Nel 1916 l'esercito russo era in ritirata lungo tutto il fronte e aveva dovuto cedere la Polonia, la Galizia e la Lituania alle truppe austro-tedesche in avanzata. Quando, durante l'inverno 1916-17, le condizioni si fecero insostenibili, le manifestazioni divennero più decise e nel marzo 1917 si determinò l'insurrezione popolare a Pietrogrado, che l'esercito si rifiutò di reprimere (rivoluzione di febbraio, con riferimento al calendario giuliano in uso nella Russia zarista). La Duma costituì un governo provvisorio, lo zar Nicola II dovette abdicare e fu proclamata la repubblica
Contemporaneamente si formarono in tutto il paese dei consigli (soviet), formati da rappresentanti di operai, contadini, soldati, che cercarono di dare un'organizzazione agli insorti.
Il nuovo governo guidato da A.F. Kerenskij e dominato dai moderati (menscevichi, socialrivoluzionari, esponenti della borghesia) non mantenne le promesse fatte agli insorti, rimandando di giorno in giorno la distribuzione delle terre e non mantenendo l'impegno di una pace immediata con la Germania.
Il capo dei bolscevichi, Lenin, lanciò la parola d'ordine dell'insurrezione, "Tutto il potere ai soviet" (i soviet, unica e autentica espressione della volontà popolare, avrebbero dovuto assumere il governo del paese, concludere la pace, confiscare le terre e distribuirle ai contadini). Il 6-7 novembre (24-25 ottobre secondo il calendario giuliano e da ciò la denominazione di rivoluzione d'ottobre) il governo Kerenskij venne rovesciato e i suoi membri arrestati o costretti alla fuga. Lenin si pose a capo di un nuovo governo e firmò i decreti di cessazione delle ostilità e di distribuzione, mediante esproprio senza indennizzo, della grande proprietà terriera. Il potere sovietico si affermò rapidamente in tutto il paese e il partito bolscevico assunse il nome di partito comunista. Nel giro di due mesi vennero promulgati importanti provvedimenti: dichiarazione dei diritti dei popoli e delle nazionalità, costituzione della polizia politica, fondazione dell'armata rossa, nazionalizzazione delle banche, annullamento dei debiti e crediti verso l'estero, adozione del calendario gregoriano, armistizio di Brest-Litovsk e trasferimento della capitale a Mosca. L'impero zarista non esisteva più: l'armistizio significò la perdita di Polonia, Finlandia, Ucraina, paesi baltici e di parte della Bielorussia. Poco dopo anche Georgia, Armenia e Azerbaigian si costituirono in repubbliche indipendenti. Il governo sovietico dovette affrontare la prova della guerra civile (1918- 20), scatenata dai controrivoluzionari (bianchi). In questi anni di terrore (Terrore bianco contro Terrore rosso) la capitale fu trasferita da Pietrogrado a Mosca e venne decisa la condanna a morte dello zar e della sua famiglia.
I contadini nel frattempo avevano progressivamente lasciato incolte le terre coltivate, perché tutte le eccedenze da loro prodotte erano state requisite e amministrate dallo Stato. Finita la guerra civile, nel 1921, Lenin fu quindi costretto a varare una Nuova politica economica (Nep), basata sui principi del libero mercato e dell'iniziativa privata. Anche le industrie furono riorganizzate sulla base del principio capitalistico del massimo profitto possibile e furono aperte le porte agli investimenti stranieri (non appena terminata l'emergenza, il Paese raggiunse una salda struttura economica, i criteri capitalistici furono abbandonati e si tornò a un controllo rigido dello Stato in tutti i settori della vita economica).
Nel 1922 il nuovo stato prese il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS).
Lenin morì nel 1924. Tra i suoi possibili successori (Trotzki e Stalin) prevalse Stalin, che varò una vera e propria "seconda rivoluzione", basata sulla rapida industrializzazione e sulla collettivizzazione forzata delle terre.
I costi umani di questa operazione furono altissimi. Milioni di contadini che volevano conservare la proprietà privata della terra furono deportati in Siberia o uccisi; molti membri del partito furono sottoposti alle famose "purghe" staliniane, furono cioè arrestati e condannati con l'accusa di opposizione al regime; Trotzki, espulso dall'URSS, fu ucciso da un sicario; l'intera popolazione fu sottoposta a uno sforzo produttivo senza precedenti. I risultati furono enormi: in 15 anni un paese agricolo, semianalfabeta e in miseria divenne la seconda potenza industriale dopo gli Stati Uniti.
Fonte: http://rossanaweb.altervista.org/blog/mater_studenti/storsunt.pdf
Sito web da visitare: http://rossanaweb.altervista.org/
Autore del testo: R.Cannavacciuolo
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