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Mentre l'Inghilterra si avviava verso l'affermazione del sistema parlamentare, la Francia procedeva verso un opposto traguardo: l'assolutismo, cioè l'incondizionato potere del re senza alcun controllo parlamentare. Il parlamento francese era nato anch'esso nei primissimi anni del Trecento, ed era un'assemblea nella quale sedevano i rappresentanti del clero (Primo stato), della nobiltà (Secondo stato) e infine del Terzo stato, al quale appartenevano i rappresentanti della borghesia. Per questa ragione il parlamento era stato chiamato Stati generali, cioè rappresentanza di tutte le categorie sociali del paese. Ognuna di esse aveva diritto a esprimere un voto, e proprio perciò gli Stati generali erano un Parlamento aristocratico; in caso di dissenso, infatti, il Primo e il Secondo stato, che erano naturali alleati, avevano inevitabilmente la meglio sul voto isolato del Terzo stato. In Francia, però, il parlamento aveva un peso molto minore, rispetto a quello inglese. Il re infatti lo convocava raramente e tutte le decisioni importanti venivano prese dal Consiglio del re, formato da pochi ministri scelti tra i nobili di corte fedeli al sovrano.
Con Luigi XIII e i suoi ministri, Richelieu e Mazarino, ma soprattutto con Luigi XIV, detto il Re Sole, si affermò in Francia l’assolutismo.
Luigi XIV concentrò nella sua persona tutti i poteri politici, affermando che il potere di governare gli era stato attribuito direttamente da Dio. Il Re Sole applicò questa convinzione in ogni campo: nella religione perseguitò gli ugonotti (seguaci francesi di Calvino, un “riformatore” religioso svizzero) e poi con un editto li espulse dalla Francia; nella cultura praticò il Mecenatismo (proteggendo artisti e letterati), ma nello stesso tempo fece uso della censura. Trasformò quindi i nobili in cortigiani sottomessi e amministrò la riscossione delle tasse e l’ordine pubblico attraverso funzionari alle sue dipendenze.
Per arricchire le casse dello stato e sostenere la politica di grandezza di Luigi XIV, il suo ministro delle finanze Colbert avviò una politica di protezionismo sulle merci francesi, dando aiuti e sovvenzioni alle officine francesi e istituendo tariffe doganali molto alte in modo da scoraggiare l’importazione dei prodotti stranieri. Il programma di Colbert, tuttavia, ebbe effetti limitati, in primo luogo perché riguardò solo superficialmente il settore agricolo (che era ancora alla base dell’economia e della ricchezza delle nazioni), in secondo luogo perché enormi furono le spese che la Francia dovette sostenere a causa del coinvolgimento, voluto dal Re Sole, nella Guerra di Successione spagnola, scoppiata all’inizio del ‘700.
In Russia, tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, governò con potere assoluto lo zar Pietro il Grande. Ammiratore della cultura occidentale, che aveva conosciuto direttamente soggiornando a lungo in Europa, Pietro il Grande prese una serie di provvedimenti per far uscire la Russia dallo stato di arretratezza in cui si trovava (la Russia, infatti, era ancora ferma al feudalesimo e i contadini erano “servi della gleba”). Lo zar riformò l’amministrazione, creando un gruppo di funzionari fedeli alla corona e stipendiati dallo stato, fondò scuole che insegnassero ai figli dei benestanti la cultura occidentale, limitò il potere della Chiesa ortodossa, riorganizzò l’esercito e fece allestire una flotta.
La modernizzazione di Pietro il Grande però non toccò gli strati più bassi della popolazione urbana, né i contadini, che restarono “servi della gleba”; non ebbe inoltre profonde conseguenze, in quanto in Russia non esisteva una classe borghese abbastanza estesa da appoggiare le iniziative dello zar e farle durare nel tempo.
Fonte: http://rossanaweb.altervista.org/blog/mater_studenti/storsunt.pdf
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Autore del testo: R.Cannavacciuolo
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