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Dopo l’anno Mille ci fu in Europa una forte ripresa economica, dovuta a numerosi fattori: la fine delle invasioni, la rinnovata fiducia nel futuro (dato che con l’anno Mille non si era verificata la temuta fine del mondo), i favorevoli mutamenti climatici, l’introduzione di nuove tecniche agricole e le grandi opere di dissodamento dei terreni organizzate dai feudatari. La maggiore quantità di cibo a disposizione e la conclusione delle distruttive invasioni barbariche determinarono una sensibile crescita demografica, che si tradusse in una maggiore disponibilità di braccia per coltivare le
enormi estensioni di terreno lasciate incolte dopo la caduta dell’Impero romano. La riconquista delle terre incolte fu finanziata dai feudatari che desideravano ricavare maggiori guadagni dallo sfruttamento delle terre presenti nei loro feudi. In tutte le regioni d’Europa masse di contadini si spostarono dai loro villaggi per abbattere foreste, prosciugare paludi, costruire canali allo scopo di ricavare nuovi campi coltivabili. L’aumento della produzione agricola, dovuto all’ampliamento delle aree coltivabili, fu favorito anche dalla diffusione di alcune importanti innovazioni tecnologiche. Al posto del falcetto venne sempre più usato un nuovo tipo di falce, dal manico lungo, che facilitava e rendeva più veloce la mietitura.
L’aratro in legno a piolo venne sostituito dall’aratro in ferro munito di un vomere ricurvo (una grande lama) in grado di incidere in profondità le zolle e di ribaltarle. Ai cavalli si applicò, oltre alla ferratura degli zoccoli, che rendeva meno frequenti le azzoppature, il collare a spalla, che risolse il problema della strozzatura dei cavalli durante il lavoro. Grazie a questi accorgimenti il cavallo, più veloce e potente del bue, poté sostituire sempre più il bue nel traino degli aratri. Con l’introduzione dei mulini l’energia prodotta dal vento e dall’acqua venne utilizzata per il funzionamento delle macchine agricole al posto della forza animale. Solo con la tecnica della rotazione triennale dei campi, però, si realizzò una completa rivoluzione agraria che fece aumentare in modo considerevole la produzione e la popolazione. In precedenza i campi erano divisi in due metà, una veniva seminata e l’altra veniva lasciata a riposo, per non fare impoverire troppo il terreno; l’anno successivo si faceva l’inverso. Con la rotazione triennale i terreni vennero divisi in tre parti: nella prima si seminavano in primavera orzo, avena o legumi, nella seconda venivano seminati in autunno frumento e segale, mentre la terza veniva lasciata a riposo per la crescita di erba spontanea (maggese). Ogni anno la coltivazione si spostava nella parte adiacente. Questo sistema aggiungeva al vantaggio di rigenerare il terreno in tempi più brevi quello di avere una superficie produttiva pari a due terzi del campo invece che alla metà. La possibilità di avere due raccolti all’anno allontanò il timore della carestia; la diversificazione delle colture, inoltre, portò a una dieta alimentare più ricca e molto più equilibrata, grazie alla quale migliorarono notevolmente le condizioni di vita della popolazione.
L’ampliamento delle terre coltivabili determinò anche un cambiamento nel rapporto tra feudatari e contadini. I feudatari si resero conto che era più redditizio cedere in affitto piccoli terreni a famiglie di contadini, piuttosto che tenerli come schiavi e abolirono quindi la servitù della gleba. Nell’Europa settentrionale si diffuse il sistema dell’allòdio, cioè la cessione di piccoli poderi in cambio di un affitto. In Italia si ricorse invece alla mezzadria, che consisteva nell’assegnazione di un campo in cambio della metà dei prodotti annuali.
Fonte: http://rossanaweb.altervista.org/blog/mater_studenti/storsunt.pdf
Sito web da visitare: http://rossanaweb.altervista.org/
Autore del testo: R.Cannavacciuolo
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