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La rivoluzione del 1848 evidenziò due problemi: la trasformazione in senso liberale delle istituzioni e la convivenza nell’Impero delle diverse nazionalità.
Gli scontri ebbero come scenaio le città, nelle quali la diffusione delle idee liberali e della cultura romantica aveva favorito la nascita di una coscienza nazionale.
La prima città ad insorgere fu Praga, che voleva l’autonomia dal governo centrale e maggiori libertà politiche.
Poi toccò a Vienna, in cui gli insorti chiesero le dimissioni di Metternich, la concessione della Costituzione e l’introduzione di riforme liberali.
Seguirono poi le ribellioni dell’Ungheria e delle provincie italiane.
Metternich venne licenziato e il sovrano Ferdinando I formò un nuovo governo, promettendo la Costituzione.
Il Parlamento abolì le servitù feudali da parte dei contadini.
All’inizio della rivoluzioni le varie popolazioni dell’Impero promisero di collaborare tra loro; in realtà i contrasti furono subito evidenti.
I conflitti etnici si manifestarono al congresso panslavo di Praga, soprattutto tra Boemia e Germania.
Il comandante delle truppe imperiali in Boemia approfittò dell’occasione e cercò di riportare i sudditi di Praga all’obbedienza; a Praga venne instaurato un regime di occupazione militare.
La stessa cosa avvenne con l’Ungheria: qui venne sfruttata l’ostilità antimagiara degli Slavi, ai quali non venivano concessi dall’Ungheria gli stessi diritti nazionali; l’Austria inviò così contro l’Ungheria dei reparti di soldati croati.
L’Ungheria però nel 1849 riuscì a proclamare l’indipendenza
A Vienna nel mentre successe a Ferdinando, Francesco Giuseppe.
Il nuovo sovrano decise quindi di chiedere l’aiuto militare della Russia; Budapest venne così riconquistata dalle truppe zariste nel 1849.
Fonte: https://sociologiaunipi.files.wordpress.com/2013/03/riassunti-storia-contemporanea-sabbatucci-vidotto.doc
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