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IL XX SECOLO
Il ‘900 si apre in Europa all’insegna di ottimismo e innovazioni; ma in realtà ci si avvia verso il primo conflitto mondiale dovuto anche alle lotte per la conquista delle colonie. All’inizio del XX sec. i progressi scientifici e tecnologici sembrano promettere all’umanità un futuro pacifico ma le tensioni fra le grandi potenze per ottenere le colonie lo mettono a rischio: nei Balcani la situazione precipita; il nazionalismo mette in contrasto i popoli dentro e fuori degli stati; esplode la questione sociale:operai e contadini reclamano una vita migliore e un maggiore potere politico.
Austria e Russia lottano per la supremazia nei Balcani ma i due imperi sono indeboliti nella loro stabilità da forti disagi sociali e politici. La Germania con una politica aggressiva di sfida alle grandi potenze coloniali mantiene la propria egemonia politico-militare sull’Europa. La Francia medita vendetta contro la Germania vincitrice a Sedan. Nel paese, però,al nazionalismo si oppone il riformismo sociale. La Gran Bretagna,seppur minacciata dalla Germania,mantiene il proprio dominio su mari e conserva un solido impero coloniale e una grande stabilità politica. L’Italia si affida a Giovanni Giolitti che incoraggia la modernizzazione e l’industrializzazione,sostiene l’imparzialità dello stato nelle questioni sociali e cerca accordi con la parte riformista del Partito Socialista.
Agli inizi del 900’ il mondo occidentale vive un periodo che,con la scienza e la tecnica in continuo progresso,stravolge il modo di vivere delle persone. Tra le più importanti invenzioni:la fotografia,che riproduce la realtà cosi come è,il cinema,il telegrafo e poi il telefono,che permettono la comunicazione a distanza e soprattutto l’aeroplano e l’automobile,che consentono maggiori spostamenti.
Anche il mondo dell’arte è stravolto:si verifica una vera e propria esplosione di creatività e di innovazione. La fotografia,riproducendo la realtà,spinge i pittori a dover esplorare nuove strade. Si aggiunge poi che nascono nuove teorie che mettono profondamente in discussione le certezze ottocentesche di cui due sono fondamentali:la teoria della relatività di Einstein,che dimostra che il tempo e lo spazio non sono categorie assolute,e la teoria freudiana dell’inconscio,dove l’uomo è un essere pulsionale e i cui comportamenti non hanno necessariamente motivazione pubblica,distruggendo la certezza del collegamento tra desideri e comportamenti sociali dell’uomo.
La questione sociale è all’ordine del giorno in molti paesi nel XX secolo:operai e contadini lottano per il diritto di voto e una maggiore democrazia,nonché per un miglioramento delle condizioni di vita. In un’Italia appena industrializzata le prime grandi fabbriche creano grosse concentrazioni operaie. Nelle fabbriche nelle masse di operai, a stretto contatto fra loro, nasce lo spirito di classe,cioè di appartenenza ad una collettività con interessi comuni;nasce anche un quotidiano per i lavoratori: l’Avanti,organo del partito socialista italiano a testimonianza dei primi sindacati dei lavoratori. La questione sociale in questo secolo si allarga anche alle donne,con le cosiddette suffragette,per il diritto al voto e la tutela del lavoro femminile,e dunque per una maggiore emancipazione politica e dignità femminile nella società.
All’inizio del nuovo secolo, la fiducia nella scienza e i progressi tecnologici della seconda rivoluzione industriale facevano immaginare un futuro dove le condizioni di vita e di benessere della popolazione dei Paesi più sviluppati sarebbero migliorate. L’Europa aveva vissuto un lungo periodo di pace poiché la diplomazia era riuscita a risolvere le controversie tra le grandi potenze attraverso congressi internazionali. Fra le potenze esistevano attriti relativi all’espansione coloniale, ma sembrava che le tensioni militari potessero rimanere confinate nei territori d’oltremare. I primi anni del Novecento vennero chiamati Belle Epoque.
La Belle Epoque non fu solo un periodo di progresso, la società europea viveva profonde contraddizioni, perché una buona parte degli abitanti del continente rimaneva in condizioni economiche al limite o al di sotto della soglia di sussistenza. Inoltre esisteva una disuguaglianza tra l’Europa e il resto del mondo, perché le potenze occidentali erano proiettate verso la conquista degli altri continenti e la formazione di vastissimi imperi. Tale politica di espansione territoriale veniva chiamata imperialismo, ed era determinata dalla necessità di conquistare territori ricchi di materie prime per l’industrie europee e di creare mercati protetti per i loro prodotti.
Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 ci furono grandi progressi nel campo scientifico. Con l’invenzione della lampadina fu possibile usufruire dell’elettricità anche per uso domestico, inoltre le comunicazioni divennero più facili con l’invenzione del telefono e ai nuovi mezzi di trasporto. Ci fu la grande invenzione dell’aereo grazie ai fratelli Wrigth, aumentarono le linee ferroviarie e si svilupparono le vie marittime grazie al motore a turbina che diede più velocità alle navi. Con l’utilizzo del petrolio ci fu l’uso dei motori a scoppio che portò a diminuire l’uso del carbone. Ebbe un grande sviluppo anche l’industria chimica con la scoperta dei raggi X e della radioattività che aumentarono le conoscenze mediche. Ci fu un grande progresso anche nel campo artistico con i pittori dell’ Espressionismo e del Cubismo tra cui emerse Pablo Picasso.
Nei paesi più progrediti lo sviluppo di una società industriale portò cambiamenti demografici importanti. La nuova società, legata alle tecnologie avanzate, possedeva caratteristiche che risultano molto simili a quella dei giorni nostri: bassa natalità, nuclei familiari sempre più piccoli, bassa mortalità. La tradizionale aristocrazia restava la classe dominante. Molti dei più autorevoli esponenti politici europei erano infatti ancora di estrazione nobile. Tuttavia, sul piano economico, i nobili iniziarono a fare i conti con la sempre più benestante borghesia, vera protagonista del nuovo secolo. Essa era suddivisa in:
Rari erano i matrimoni tra aristocratici e borghesi, divisi da pregiudizi e diffidenze. Un mondo a parte era costituto dai ceti meno abbienti: proletariato e mondo contadino. I proletari erano coloro che possedevano come unica ricchezza i loro figli (prole) e vivevano nel degrado sociale. Venivano sfruttati dalle fabbriche in cui lavoravano e non gli veniva riconosciuto nessun diritto. I contadini rappresentavano ancora la maggioranza della popolazione europea e mondiale. Le condizioni sociali dei ceti agrari erano rimaste pressoché immutate in quanto era ancora molto diffuso il latifondo. A fianco di questi ceti sociali era diffusa la presenza di gruppi di miseri che costituivano una “non classe”, emarginata e trascurata. L’urbanizzazione divenne un fenomeno sempre più importante, agli inizi del XX secolo alcune città asiatiche e americane superavano il milione di abitanti. Le diverse opportunità sociali offerte dai vari paesi e città fecero si che milioni di uomini e donne generassero un flusso migratorio dalle zone depresse d’Europa, tra cui l’Italia meridionale, verso zone più vivibili. La meta scelta dalla gran parte degli emigranti furono le Americhe. La popolazione statunitense non a caso passò fra il 1850 e 1900 da 26 a 82 milioni di abitanti. In Asia e in Africa, seppur non caratterizzate dallo stesso tasso di immigrazione, ci fu un sostanziale incremento della popolazione, segno che i cambiamenti sociali ed economici in atto interessarono l’intero pianeta.
In alcuni paesi d'Europa dopo l'approvazione del suffragio universale maschile ci fu una lotta per la concessione del diritto di voto alle donne. questo perché fino alla metà del XIX secolo l’immagine della donna corrispondeva a quella di moglie e madre, sottomessa al marito. Inoltre, il codice civile napoleonico sanciva tale soggezione negando alle donne sposate di presentarsi come testimoni o di divenire tutrici di minori. le donne impegnate nella lotta per i propri diritti vennero chiamate suffragette. Questa lotta per l'emancipazione femminile coinvolse sopratutto esponenti della borghesia e aree socialmente più avanzate.
L’impetuoso progresso economico e scientifico, oltre a spingere verso una maggiore democratizzazione della società fece emergere nuovi problemi tra cui il dibattito sulle questioni politiche.
Nel 1911 ci fu una nuova organizzazione scientifica del lavoro, infatti l’ingegnere americano Frederick Taylor propose nella sua opera “L’organizzazione scientifica del lavoro” una regolamentazione più efficace, nei ritmi di lavoro (cioè eliminando pause inutili). Questo sistema preparò alla nascita della catena di montaggio. I principi delle teorie di Taylor vennero in parte applicati da Henry Ford nelle sue aziende, aumentando la produzione.
I partiti socialisti portarono avanti le rivendicazioni dei proletari secondo due linee di condotta differenti: la via parlamentare riformista e quella sindacalista rivoluzionaria.
Nella prospettiva del riformismo si collocava il revisionismo, teorizzato da Eduard Bernstein che preparò un programma che determinò l’adesione al marxismo. Successivamente egli propose un distacco dal marxismo basandosi sull’ipotesi che il capitalismo avrebbe potuto superare le proprie crisi, migliorando addirittura la situazione dei lavoratori, anche se minimamente. Il movimento operaio avrebbe dovuto collaborare con le forze politiche in campo tentando di riformare il sistema dall’interno. Il sindacalismo rivoluzionario fu ispirato dalle teorie di Georges Sorel, che esaltava l’azioni di sciopero e di protesta violenta. L’inizio del secolo fece registrare un incremento della partecipazione alle associazioni sindacali da parte degli operai.
Nel XX secolo ci fu la nascita delle associazioni cattoliche e dei movimenti nazionalistici che si diffusero soprattutto in Italia, Francia e Belgio. Il papa Pio X censurò le espressioni più progressiste del sindacalismo e del modernismo. Alternativi al sindacalismo apparivano i movimenti nazionalisti che esaltavano i valori della forza militare, di un’identità patriottica antagonista alle altre e sostenevano la necessità di una politica estera aggressiva. I movimenti nazionalisti presero piede nei principali Paesi europei, la Pangermanica e il partito nazionalista italiano scatenarono nei rispettivi paesi violente campagne antisocialiste, antidemocratiche, belliciste da cui sorse il movimento Panslavista, che proponeva l’unione politica e religiosa dei popoli di razza slava sottoposti all’ingiusto giogo degli Imperi ottomano e austriaco.
Tra la fine dell’800 e i primi del 900 la Gran Bretagna rimaneva la maggior potenza mondiale, però, ci furono episodi che definirono il suo declino come la guerra anglo-boara, e l’aggressività produttiva delle nuove potenze industriali in particolar modo della Germania. Sul piano interno la politica britannica vide sostituirsi l’egemonia liberale prima con quella del partito conservatore e poi con il partito laburista, di ispirazione socialista, nato per fornire uno strumento politico di riferimento alle lotte sindacali e si ispirava a un programma riformista.
Il piano politico in Francia risultava sempre più completo. Lo scontro fra la destra e le forze riformiste si ebbe nel caso Dreyfus. Alfred Dreyfus era un ufficiale in servizio, egli venne arrestato in seguito all'accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania. Dopo che venne condannato i partiti progressisti si opposero a questa decisione e fecero riaprire il caso in quanto non credevano all'attendibilità del giudizio. Infatti nel 1898 emersero le falsificazioni degli atti d'accusa e il ministro della guerra fu costretto alle dimissioni. Tra il 1902 e il 1905 si accentrò lo scontro tra Stato e Chiesa che portò alla rottura delle relazioni diplomatiche instaurate anni prima.
La situazione nell’area centro-orientale d’Europa rifletteva la crisi degli equilibri internazionali in seguito alla svolta militarista e antirussa del Kaiser Guglielmo II.
La Germania era indiscutibilmente la potenza emergente in Europa, sia su piano militare sia su quello economico. La decisione di intraprendere una politica coloniale espansiva consentì un accordo fra liberali e conservatori e assicurò stabilità alla Germania.
L’Impero austro-ungarico era travagliato dall’accentuarsi dei conflitti nazionalistici al suo interno. Le tensioni etniche erano talmente forti che nel 1897 la nomina a capo del governo del polacco Felix Badeni scatenò la reazione rabbiosa di ungheresi, cechi e tedeschi.
Anche nella penisola balcanica le tensioni nazionalistiche erano aspre e alimentate dagli interessi contrapposti di Austria e Russia. L’indebolimento dell’impero ottomano aveva favorito le ambizioni russe di conquistare uno sbocco diretto alo Mediterraneo.
Al proprio interno la Russia viveva un momento di grave crisi sociale: nonostante le timide riforme dello zar Alessandro II l’impero russo conservava una struttura arretrata. Fra il 1902 e il 1903 emerse al suo interno il forte contrasto fra la linea minoritaria (menscevichi) e i maggioritari bolscevichi il cui leader era Lenin. Il disastro militare del 1905 fu l’occasione per lo scatenarsi dei conflitti interni. Le manifestazioni si propagarono in tutto il Paese, finché lo zar Nicola II concesse la Costituzione e l’elezione di un Parlamento (la Duma). Negli anni successivi, però, si scatenò una feroce repressione nelle campagne e nelle città.
Fonte: http://classe4ba.altervista.org/il900.doc
Sito web da visitare: http://classe4ba.altervista.org/
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