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STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO
DAL CODICE NAPOLEONE AL CODICE CIVILE
-Fonti Formali e Fonti Sostanziali-
Per dare un giudizio storicamente corretto sul codice del 1942,occorre considerare due fonti ben distinte: da un lato le fonti sostanziali, vale a dire le fonti originarie delle disposizioni adottate dal codice, indipendentemente dal fatto che il legislatore le abbia direttamente conosciute, e dall’altro le fonti formali, in pratica le fonti concretamente utilizzate dal legislatore nel corso della composizione del codice. Queste ultime sono relativamente poche e annoverano in posizione di spicco i grandi codici anteriori e coevi: dal codice civile italiano del 1865, a quelli stranieri come il Codice Napoleone del 1806, il codice austriaco del 1811, il BGB germanico del 1899. Sono fonti formali, per singole materie, le leggi speciali,non solo italiane, ed anche opere di dottrina e pronunce giurisprudenziali. Il criterio per identificarle è un criterio formale, consiste cioè nella prova che il legislatore ha avuto in mano quel testo e che il dettato di esso abbia influito sulla redazione del codice.
Le fonti sostanziali costituiscono invece la radice storica del codice. Si collocano in un enorme lasso di tempo,giacché il diritto privato è andato formandosi nel corso dei secoli,quasi per stratificazioni successive. Nel codice del 1942 vi sono infatti sezioni intere,dalla materia delle successioni legittime e testamentarie,a quelle delle servitù prediali, che rispecchiano fedelmente la disciplina del diritto romano classico e postclassico. Nel codice civile,in ogni modo, quasi ogni età storica ha lasciato tracce più o meno evidenti,così che possiamo trovare la disciplina della patria potestà che cessa col raggiungimento della maggiore età tipica dell’alto medioevo germanico. Riprese dall’età del diritto comune, troviamo delle definizioni che spaziano dalla nozione di persona giuridica alle regole di diritto internazionale privato. Ereditata dal diritto canonico è la disciplina del vincolo matrimoniale e la teoria della rappresentanza diretta nonché dell’esecutore testamentario. Occorre però osservare che se è vero che tanta parte delle regole entrate nel nostro codice trova la sua genesi in epoche e fonti ben anteriori all’età delle moderne codificazioni, è però innegabile che soltanto a partire da quest’età il diritto privato abbia assunto alcuni dei tratti fondamentali che caratterizzano il codice stesso.
-Il Codice Napoleone e L’idea di Codice-
La svolta dei primi dell’800 che ha condotto al varo dei due codici civilistici di Francia ed Austria, ha significato l’abbandono di un terreno coltivato da secoli in cui il diritto privato nasceva da due grandi fonti, estranee entrambe alla statualità: la dottrina e la consuetudine. In questo contesto le fonti legislative svolgevano ovunque un ruolo marginale.
Si apre così l' era della statalizzazione del diritto privato che dal Codice napoleonico giunge sino ai giorni nostri. La scelta di fondo effettuata in quel momento dal legislatore era stata duplice: da un lato abrogare formalmente les loi roimanes, les ordinances, les coutumes, les status sino ad allora in vigore, dall’altra parte costringe il giudice a decidere in ogni caso senza poter addurre a pretesto silenzio, oscurità o insufficienza della legge, in base all’art. 4 codice napoleone. Con la prima disposizione s’impediva il ricorso all’arsenale ricchissimo delle fonti tradizionali, mentre con la seconda si vietava il ricorso del giudice al legislatore nei casi non contemplati dal Codice abrogando l’istituto del refer legislatif, ma non per questo restituendogli un ruolo normativo esercitato nell’ancient regime. Il giudice non è più legislatore perché in base all’art. 5 la sua decisione riguarda solo il caso in esame, ma il problema che nasce dall’art 4 è che a lui spetta decidere su base normativa anche in caso di lacune del codice. Si è dimostrato che la commissione che ha preparato il progetto del codice civile, dove operò pure Portalis, intendeva consentire in determinati casi il ricorso all’equità, intesa come ritorno alla legge naturale. Un altra scelta del legislatore che resterà acquisita per il futuro, è l’adozione di una lingua intelligibile a tutti e non più rivolta ai soli tecnici. La ricerche recenti hanno dimostrato come il Codice napoleonico sia in realtà il risultato conclusivo di un intenso lavoro di preparazione condotta per diversi anni nella Francia post-termidoriana, e come il proposito di Napoleone nella realizzazione del codice fosse di segno autoritario. Capiamo bene perciò che il codice napoleone non è quel testo liberale come veniva decantato, né tanto meno un inno all’individuo. Sicuramente grazie alla dottrina e alla giurisprudenza esso diviene funzionale rispetto alle nuove degenze della borghesia francese ed europea dell’800, grazie all’ articolazione d alcune sue norme fondamentali sulla proprietà e contratti che lasciavano largo spazio ad un interpretazione. Leggendo il codice napoleone si può capire che esso è fortemente ancorato all’istituto della proprietà privata. Non è, infatti, un caso che la materia dell’obbligazioni sia collocata nel terzo libro intitolato “i modi con cui si acquista la proprietà”. In questo senso il codice è espressione della borghesia e più in particolare della fondiaria. Ricordiamo però che dal punto di vista del legislatore, la proprietà è vista come correlato inscindibile della libertà individuale o meglio come condizione fisica della libertà che è a sua volta condizione naturale dell’individuo, incoercibile da parte del legislatore come lo è la proprietà privata. Il codice comunque non può definirsi espressione della borghesia dal momento che si basa sul concetto dell’uguaglianza, frutto della rivoluzione.
Aspetti normativi del codice modificano in profondità struttura ed assetti antihi di secoli trasmettendo all’800 e 900 un diritto rinnovato. Sul terreno del diritto di famiglia la disciplina del matrimonio è analoga alla disciplina canonistica, ma profondamente diversa dato l’introduzione dell’istituto del divorzio e la rivendicazione della competenza esclusiva dello stato. Così avviene anche per l’uguaglianza stabilita tra i figli nella successione legittima, con un netto ritorno a Giustiniano che contrasta con le consuetudini che andavano a discapito dei cadetti e delle figlie. Vi furono altre conquiste definitive, come l’enunciazione del principio fondamentale dell’autonomia delle parti nei contratti, che incontra il solo limite generale dell’ordine pubblico e buon costume.
-I Codici della Restaurazione-
Con brusca caduta del regime napoleonico, il tentativo di far rivivere l’universo politico, sociale e giuridico travolto dalle riforme asburgiche e soprattutto dall’ondata di rivoluzionaria di matrice francese, venne in un primo tempo intrapreso anche sul terreno del diritto privato, con l’abolizione quasi immediata del codice napoleonico, nell’Italia della restaurazione. Pochi mesi e pochi anni furono però sufficienti per affermare l’esigenza di mantenere in uovo modello codcistico, con tale vigore, da condurre al varo e all’adozione di codici gran parte degli stati della penisola, da Napoli a Parma, da Lombardo-Veneto al Piemonte. I codici preunitari di matrice italiana s’ispirarono in modo diretto e letterale al napoleonico, e là dove essi se ne distaccarono, la disciplina giuridica adottata fu il ripristino di tradizioni tipiche dell’ordine antico specie in materia familiare e nel campo delle successioni. Così ad esempio si ritornò al matrimonio canonico, si rafforzò la patria potestà, resa vitalizia dal Codice Albertino del 1837, e ancora le figlie si ritrovarono in una posizione successoria svantaggiata. In questi codici non vi è però soltanto un ritorno al passato. Essi hanno costituito il tramite attraverso cui l’idea di codice si è trasmessa al futuro stato unitario, ed in essi vige ancora il principio dell’uguaglianza civile di matrice illuministica. Vi sono istituti nei singoli codici elaborati in modo indipendente nei diversi contesti, che sono giunti fino al codice civile vigente. Ciò vale, anzitutto, per una serie d istituti del codice civile austriaco del 1811 l’ABGB. In esso troviamo una disciplina del patria potestà ben più rispettosa della parità dei coniugi e delle esigenze educative dei figli rispetto al modello napoleonico. Ancora, ad esempio, possiamo menzionare la diversa posizione della donna per la quale non si esigeva più l’autorizzazione maritale come vincolo all’esercizio della capacità negoziale. Anche gli altri codici preunitari presentano aspetti innovatori degni di nota.
Il Codice parmense del 1820, per quanto riguarda la disciplina della dote, si pone su una linea comune ai codici italiani opposta alla linea napoleonica che prevedeva la comunione dei beni come regime patrimoniale normale, ma che per la prima volta abolisce l’obbligo di dotare la figlia.
Il Codice civile di Napoli del 1819, prevede un regime matrimoniale misto, cioè canonico per forma e celebrazione, civile per pubblicità ed effetti. Innovatrice in questo codice è la disciplina dell’enfiteusi, fondata sull’obbligo della “melioratio” del fondo.
Il Codice Albertino del 1837, fu il primo a menzionare i principi generali del diritto come fonte alla quale attingere da parte del giudice in caso di lacuna.
Il Codice estense del 1851 contiene, ad esempio, in materia di trascrizione, disposizioni di notevole pregio innovatrici rispetto al modello francese.
-Il Codice Civile del 1865-
Il raggiungimento improvviso dell’unità nazionale, fece sorgere quasi subito la questione dell’unità legislativa del nuovo stato al rango di questione cruciale. La moderna storiografia ha posto in luce le alternative drammatiche davanti a cui si trovò, anche nel campo del diritto privato, la classe politica e di governo italiana tra il 1859 e il 1864. La scelta in favore dell’unificazione legislativa sciolse il nodo, adottando una linea di rinnovamento. Di base si volle un diritto privato uniforme, che evitasse i problemi di conflitto che si sarebbero venuti a creare qualora codici diversi avessero dovuto coesistere nel medesimo ordinamento. Da subito si scartò l’ipotesi più semplice, quella che estendeva all’intera penisola uno dei codici preunitari, e ne derivò l’iniziativa di un rifacimento ex novo del testo legislativo che condusse all’approvazione del codice civile del 1865. Approvazione realizzata tramite lo strumento della legge delega. Il codice si tenne vicino alle scelte napoleoniche, anche là dove i codici preunitari le avevano abbandonate per tornare al passato. Ciò vale anzitutto per il matrimonio civile dove fu nettissima la scelta laica e separata. Le innovazioni furono tantissime, a volte derivanti da un’accorta combinazione tra i testi preesistenti, e altre volte da formulazioni nuove se non da omissioni. Tra queste ultime ricordiamo in particolar modo l’abolizione dell’obbligo di dotare la figlia, e l’eliminazione degli atti rispettosi in caso di matrimonio al fine di ottenere il consenso del padre. Tra le disposizioni innovative molte riguardano la famiglia. Viene così riconosciuto alla madre un ruolo suo proprio nell’esercizio della patria potestà, sia pure in subordine rispetto al marito, mentre è noto che l autorizzazione maritale viene accolta ed estesa anche alle parti di regno dove mancava come in Lombardia e Veneto. Il regime dotale ritornava a costituire il regime ordinario tra i coniugi secondo la tradizione italiana così come venne ripristinata la figura dell’erede testamentario in luogo del semplice legatario universale. Originale fu il riconoscimento allo straniero dei diritti civili spettanti al cittadino. Sul terreno dei diritti reali furono importanti le distinzioni dei beni dello stato in beni demaniali e patrimoniali, che consentì una parziale liberalizzazione del regime giuridico di questi ultimi. Ancora troviamo il riconoscimento della proprietà intellettuale e la minuziosa disciplina della servitù prediale. Meno significative furono le innovazioni relative alla materia delle obbligazioni.
Infine la disciplina delle trascrizioni immobiliari esemplato in parte della legge francese 1855, in parte dal codice estense e in parte di nuovo conio, viene a porre riparo con efficacia ad un difetto del codice napoleonico e di quasi tutti i codici preunitari.
-Mezzo Secolo senza Riforme-
Il cinquantennio seguito all’approvazione dei codici del 1865 è stato definito un mezzo secolo senza riforme. Malgrado ciò, questi anni, definiti da Zweig l’età d oro della sicurezza, portarono non pochi elementi innovatori.
Sul fronte della giurisprudenza, sappiamo che nell’Italia post-unitaria, anche per via della presenza di 5 corti di Cassazione per oltre mezzo secolo dopo l’unità, non venne mai svolto un ruolo paragonabile a quello della Cassazione francese dell’800 sia nell’interpretazione, che nella trasformazione dall’interno del Code civil. La situazione in Italia mutò in seguito alla creazione della Cassazione civile unica del 1923. Se è certo che il legislatore del 1942 tenne conto in più occasioni delle soluzioni offerte dai tribunali, sia nel risolvere con apposita norma punti contraddittori, sia nell’accogliere indirizzi che la giurisprudenza aveva elaborato, come avvenne in materia di pignoramento di mobili, è anche vero che ciò non sempre accadde. Sacco ha, infatti, osservato che alcune innovazioni importanti elaborate dalla giurisprudenza tra cui la disciplina dei rapporti di fatto e la teoria dell’apparenza, rimasero estranee al nuovo codice.
Sul fronte dei modelli legislativi, posteriori al codice del 1865 vanno senz’altro menzionati tre testi. Il completo rifacimento del codice di commercio del 1882 comportava una disciplina del diritto privato dell’economia destinata a trasferirsi in misura notevole nel codice del 1942, non solo riguardo ad istituti propriamente commercialistici, ma anche riguardo a taluni principi generali delle obbligazioni, come avvenne per la normativa degli artt. 1326-1327 del nostro codice sulla conclusione del contratto. Nel 1881 entrava in vigore nella confederazione elvetica il così detto obbligationenrecht, che realizzava una felice fusione tra il diritto commerciale e quello generale delle obbligazioni. Nel 1899 vede la luce il codice civile tedesco, il BGB. esso influenzò molto la realizzazione del codice del 1942 in primo luogo perché la cultura scientifica dei giuristi italiani si è costruita sul fondamento di uno studio del pensiero giuridico tedesco. In secondo luogo vi sono regole che il codice del 1942 ha tratto dal BGB, com’è avvenuto sulla distinzione tra nullità ed annullabilità del contratto, o riguardo il ruolo delle clausole generali. Altre norme, come quella relativa alle clausole vessatorie nella vendita con riserva di proprietà, derivano invece da leggi speciali.
Sul fronte del pensiero giuridico, solo in anni recenti si è acceso l’interesse per la ricognizione storica d’alcune linee dottrinali e per alcune figure eminenti di privatisti italiani del tardo ottocento e primo novecento come Grossi ed Irti.
-Il nuovo Codice: i Primi tre Libri (1923-36)-
Andando ad analizzare la genesi ed i caratteri salienti del codice del 1942 notiamo che la spinta d avvio dei lavori fu data dal trauma profondo della prima guerra mondiale. La legislazione speciale degli anni di guerra aveva in più occasioni investito il terreno del diritto privato ,intervenendo in tema d’assenza,successioni e rapporti familiari,nonché a proposito della parificazione tra l’eccessiva onerosità e l’impossibilità dell’adempimento dell’obbligazione . Altre leggi di quegli anni accentuarono i poteri dello stato sul terreno dell’economia. Si tratta di una vasta serie d’interventi che ai più parvero occasionali e transitori,ma che in realtà avevano una portata strumentale e rispondevano ad esigenza non contingenti,essendo legate all’evoluzione dell’economia,della produzione e società. Fu proprio la necessità di coordinare le recenti disposizioni con la disciplina codicistica a fornire a Vittorio Scaloja l’occasione per promuovere nel 1923 una revisione del Codice civile attraverso lo strumento della legge delega. Vittorio Scaloja fu il protagonista di questa prima fase di lavori conclusi nel 1930 con la pubblicazione del progetto preliminare del Libro primo. In questa prima fase furono compiute alcune scelte che andranno a caratterizzare il futuro codice. Notiamo anzitutto che è eliminata dal codice una parte generale analoga quella premessa al BGB. Avviene la formulazione,nelle disposizioni preliminari,del ritorno al principio della reciprocità del diritto internazionale privato. Viene formulata la disciplina delle persone giuridiche ispirata per un verso al principio statualistico di stampo germanico ma integrata con la valvola d’apertura dell’autonomia privata dell’art. 36 sulle associazioni non riconosciute.
Per quanto riguarda il diritto di famiglia, tra le innovazioni più rilavanti emerge il nuovo regime patrimoniale legato agli esiti del concordato del 1929. Si nota perciò l abbandono dal criterio separatista del codice Pisanelli che conduce all’adozione del doppio regime:civile e canonico. Tra gli intenti del legislatore vi era quello di garantire l unità della famiglia,dove col termine famiglia si designano due entità diverse: la famiglia patriarcale e la famiglia nucleare,come dimostra la differenziata disciplina giuridica della successione legittima e della successione necessaria. Tale intento è stato perseguito con strumenti tradizionali mantenendo così la supremazia del padre,discriminando l adulterio del marito rispetto a quello della moglie,e conservando l istituto dotale ormai in declino. Per altri aspetti vi fu un timido progresso là dove si migliorò la posizione successoria del coniuge o dove si rese meno svantaggiata la posizione successoria dei figli naturali,o dove ancora s’introdusse l istituto dell’affiliazione. Il rapporto tra pubblico e privato costituisce un profilo cruciale e caratterizzante dl nuovo codice. La sua rilevanza emerge in particolare sul terreno della disciplina della proprietà e dei diritti reali. Tra le innovazioni del terzo libro notiamo che se non poche consistono in una più razionale sistemazione delle materie, altre comportano differenze di sostanza. Già nella definizione della proprietà viene meno quel carattere d assolutezza presente nel Codice del 1865. I limiti infatti introdotti sono molteplici e di varia natura derivanti non solo dalla pubblica utilità, come presupposto dell’espropriazione, ma anche dalle necessità dell’economia nazionale. La proprietà rurale è assoggettata ad una disciplina che mira l riordino delle unità fondiarie e alla bonifica. Vincoli sono previsti per scopi idrogeologici allo sfruttamento dei terreni,all’uso dei boschi in caso di rischio per coltivazioni o abitazioni,ai pascoli e ai corsi d acqua. Un primo embrionale accenno è compiuto riguardo ai piani regolatori e alla tutela di beni d interesse storico ed artistico. Da tutto ciò possiamo affermare che la dilatazione della nozione d interesse pubblico è più che evidente.
-Obbligazioni, Contratti, Lavoro (1936-42)-
La formazione del libro delle obbligazioni è avvenuta in tre fasi: al progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti seguì nel maggio 1940 un progetto ministeriale composto di 837 articoli e limitato alle obbligazioni civili,sostituito alla fine dello stesso anno da un progetto di 1019 articoli in cui era inclusa la materia delle obbligazioni commerciali. Da poche settimane, infatti,era stata presa la decisione di fondere in unico codice i due rami di diritto privato ripartendo la materia commercialistica tra il libro 4 e 5. Le linee portanti e le scelte di fondo del Codice sul terreno delle obbligazioni e dei contratti hanno felicemente resistito alle prove del tempo. Così l’atipicità delle obbligazioni adottate con la formula residuale dell’art. 1173 che dà spazio ai rapporti contrattuali di fatto;la nuova formula adottata per la responsabilità contrattuale con l’art. 1218, che fissa il criterio dell’impossibilità della prestazione come limite obiettivo per il risarcimento del danno;le clausole generali inserite nel codice come la buona fede nei contratti o il principio generale di correttezza dell’art. 1175;l’instaurazione della rescissione del contratto come rimedio generale e l’introduzione di nuovi tipi contrattuali come la spedizione,l’agenzia ed i contratti bancari,sono esempi di soluzioni nuove del nostro codice sul terreno delle obbligazioni e dei contratti. È da porre l’accento sul fatto che l incremento dei tipi contrattuali si coniuga con la affermazione della liceità dei contratti atipici e che il superamento dell’impianto individualistico del contratto ottocentesco si accompagna all’apertura di nuovi spazi lasciati all’autonomia contrattuale.
La fusione del diritto civile col diritto commerciale avvenne, quando la dottrina giuridica si schierò in favore del mantenimento di un distinto codice di commercio. La scelta però alla fine fu disegno opposto ed ebbe conseguenze di gran rilievo. Viene ad esempio a cadere la doppia disciplina dei contratti come la vendita,mandato e mutuo. Tramite l adozione di un codice unico delle obbligazioni le regole più efficaci e funzionali ad u economia di scambio,proprie del diritto commerciale, affermarono la loro prevalenza rispetto a quelle di diritto civile,e così furono accolte nel nuovo codice ed estese ad ogni ordine di negozi le figure del contratto con se stesso e della vendita di cosa altrui,ad esempio. La disciplina della società è staccata dalla materia delle obbligazioni e collocata nel libro 5 intitolato” dell’impresa e del lavoro” e poi soltanto “del lavoro”. Le innovazioni rispetto l codice di commercio del 1882 furono molto rilevanti. In particolar modo il regime delle azioni fu modificato escludendo le azioni a voto plurimo ed introducendo le azioni privilegiate e quelle a voto limitato,e disciplinando l acquisto d’azioni delle società controllate. Inoltre al criterio del voto a scalare subentrò la corrispondenza proporzionale dei voti alle azioni possedute. Per quanto riguarda gli organi sociali,venivano riconosciute l assemblea degli obbligazionisti e le assemblee speciali. Venne inoltre modificato il regime della responsabilità degli amministratori,ora esclusa riguardo alle attribuzioni del comitato esecutivo e degli amministratori delegato. Molto importante era inoltre la limitazione della competenza dell’assemblea, quanto alla gestione della società,ai soli oggetti ad essa riservati nell’atto costitutivo o ad essa sottoposti dagli amministratori.
Sul fronte del diritto del lavoro la tipologia accolta dal Codice superava l impostazione datata del Codice del 1865 che si poneva nell’ottica della locazione d’ascendenza romanistica. Era un progresso sicuramente innegabile, anche se la disciplina del contratto di lavoro subordinato assegnava poi al datore di lavoro un ruolo discrezionale amplissimo nel decidere la fine del rapporto contrattuale ,in un contesto in cui la disparità di posizioni tra datori di lavoro e lavoratori subordinati risultava macroscopica per il divieto di diritto di sciopero.
Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/157813/24441/STORIA%20DEL%20DIRITTO%20MEDIEVALE%20E%20MODERNO.cap%2014.doc
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Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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