Concezioni politiche del ‘600

Concezioni politiche del ‘600

 

 

 

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Concezioni politiche del ‘600

Le nuove concezioni politiche del ‘600

Le vecchie concezioni politiche

  1. Giustificazione divina del potere del sovrano, cioè che deriva da Dio

 

Le nuove concezioni politiche

  1. Monarchia parlamentare
  2. Diritto di natura
  3. Contrattualismo tra monarchia, Dio e sudditi

 

Non sono però molto diffuse (sono infatti solo in Inghilterra), ma a livello teorico intellettuali e studiosi lasciano opere importantissime su questi temi

I primi teorici e la scienza (§ 1.1-1.4)

Il clima culturale in cui studiano i teorici è della rivoluzione scientifica. Il sapere cambia, evolve. La rivoluzione sta nel metodo sperimentale, che si basa sulla riproducibilità, individuano quindi delle leggi (anche se con variabili) della natura. Lo scienziato medievale si pone il problema di chi ha creato tutto, e quindi entrava nel campo soprannaturale. Se invece si fossero chiesti come succedono le cose, sarebbero entrati in un campo naturale. La nuova scienza abbandona la domanda “chi”, aprendo una nuova ricerca che si basa su cosa succede nella natura, al suo interno.

La politica

 

Anche il mondo della politica è influenzato dalla scienza, abbandonando la ricerca delle risposte nel soprannaturale, chiedendosi se anche lo stato ha un fondamento nella natura o se è semplicemente divino.

Da dove viene lo stato

 

Giusnaturalismo = attribuire ad ogni singolo individuo dei diritti inalienabili

Lo stato deriva dal giusnaturalismo, e quindi non può togliere i diritti naturali a nessuno. Il potere dello stato si deve quindi basare su un contratto. Il giusnaturalismo è il risultato delle ricerche sulla natura.
Il primo a formulare queste ipotesi fu Grozio nel 1583-1645. I pensatori maggiori di questi pensieri sono Thomas Hobbes (1588-1679) e John Locke (1632-1704).

Hobbes e Locke

 

Le loro indagini hanno lo stesso percorso o metodo, ma hanno conclusioni completamente opposte. Per Hobbes la necessità di governare gli uomini è l’assolutismo, mentre per Locke è lo stato parlamentare.
Il loro è un metodo di dimostrazione razionale. La base è il giusnaturalismo, che comprende la vita, la libertà e l’uguaglianza. Ma per Locke c’è un altro diritto naturale: la proprietà privata.

 

Il giusnaturalismo

 

E’ un’idea che viene da Calvino per primo, e poi dall’esperienza olandese, quando hanno usato i diritti naturali per sormontare il sovrano. Il pensiero finale arriva da uno stesso olandese: Ugo Grozio. Per Grozio ogni uomo nasce con i diritti naturali, che sono inalienabili e alla base della convivenza sociale e politica. Quella politica è basata su un patto tra il popolo e il sovrano (teoria contrattualistica). Il giusnaturalismo quindi inverte la concezione politica esistente, perché consolida appunto quella dal basso.
Grozio però non ha messo in discussione l’origine divina del potere, perché il potere viene investito da Dio al sovrano e al popolo. La differenza è che ora il potere è anche giustificato dal basso.

Le differenze nelle due concezioni

 

Per Hobbes e Locke l’origine del potere dello stato è ormai laica, non più divina, e rifacendosi alle nuove idee scientifiche, ritengono di trovare nella natura l’origine, la spiegazione e il potere dello stato. Questo giustifica la laicità dello stato. Lo stato trae quindi origine dalla natura.
La condizione di stato di natura però diventa insoddisfacente, gli individui vogliono formare uno stato sociale (= vivere assieme con dinamiche ben precise), vivere quindi in società. Nel passaggio tra lo stato di individui e lo stato sociale interviene un patto.

Vedi foglio a parte.

Hobbes

 

Lo stato di natura è uno stato di diritti naturali (vita, libertà, uguaglianza) derivanti dalla ragione. Gli uomini sono tutti individui e sono in guerra fra di loro, perché ognuno vuole godere pienamente dei suoi diritti. Gli individui quindi arrivano alla rinuncia dei diritti naturali, sostituendoli con i diritti collettivi.
L’idea di entità di controllo dei diritti naturali è lo stato assoluto, che conta sulla razionalità e il re non è vincolato dalla legge, ma non deve assolutamente essere un tiranno. La giustificazione del potere deve essere laica. Lo stato però ha anche una responsabilità: in cambio della gestione diritti collettivi, deve assicurare la pace e proteggere i cittadini.

Locke

 

Per Locke lo stato non è assoluto. La società ha assolutamente bisogno di uno stato con i poteri (legislativo del parlamento, esecutivo del re, giuridico dei magistrati) divisi e dei doveri verso gli individui, che sono in pace. Deve cioè garantire i diritti individuali. Lo stato è indispensabile, perché è l’unico garante della società, che si fonda sul comune consenso. Questa è la prima forma di stato liberale.
Anche gli individui che seguono l’idea di Locke sono insoddisfatti, perché l’isolamento impedisce il progresso e il miglioramento. Decidono dunque di mantenere i loro diritti naturali, ma di istituire uno stato politico, migliore elemento organizzativo della società.
Anche in questo caso lo stato ha un dovere ben preciso: garantire i diritti individuali del cittadino.

Perché il diritto di resistenza? Serve a garantire lo stato in questa forma. Se il sovrano cerca di accentrare i poteri, viola il patto e quindi scatta il diritto di resistenza negli individui (come nel Bill of Rights).

Habeas corpus = garanzia dei diritti naturali

L’origine dello stato di Hobbes

Introduzione:

  1. lo stato ha origine dalle volontà degli uomini
  2. lo stato di Hobbes è conservatore
  3. il re non è sottomesso alle leggi (inegualitario)
  4. pessimismo antropologico, guerra
  1. Gli uomini sono spinti dalla volontà di garantire la propria conservazione e quindi sono spinti ad assalire l’altro. Lo stato di natura stabilisce una legge che lo impedirebbe, ma l’uomo viola questa legge, rendendola debole e quindi lo stato di natura è negativo e pieno di contraddizioni.
  2. Per garantire la sicurezza bisogna associarsi in tanti , ma le prime associazioni sono troppo piccole.
  3. La soluzione di aggregarsi ha un limite: il rischio di scissione all’interno del gruppo, anche se magari si ricompatta in vista di un altro pericolo e quindi è una soluzione non sicura. C’è dunque il problema del mantenimento dell’unione, che può essere risolto con qualcosa di vincolante.
  4. Hobbes fa un confronto con gli animali; alcuni riescono ad andare d’accordo anche se non sono razionali. L’uomo è l’unico animale che possiede la ragione, e con la stessa si concludono i patti, permettendo così la sottomissione ad un ordinamento politico. Lo stato deve rappresentare una volontà unica e uguale per tutti. Gli animali vivono per istinto, mentre gli uomini litigano a causa di onore e dignità. Gli animali non distinguono neanche fra interesse collettivo e individuale, invece gli uomini sì, perché nascendo con i diritti naturali (che sono individuali) nasce già con l’individualità. All’interno della società ci sono individui con idee innovative (progresso), elemento di conflitto. Gli uomini possono esprimersi attraverso la parola per difendere le proprie opinioni e la propria posizione, e quindi anche questo è motivo di conflitto. Tutti gli individui vogliono migliorare e non lottano per cose futili. Il patto è qualcosa che l’uomo decide artificialmente con la ragione, non esiste in natura; quindi il patto crea un’associazione, un potere comune che deve avere un potere repressivo (lo stato moderno ha il monopolio della forza) e le leggi della natura non sono sufficienti.
  5. Per superare il problema si deve arrivare a costituire una sola volontà, perché tante volontà a volte convergono e a volte no e ci può essere disaccordo. Da qui si arriva alla conclusione che ogni individuo deve sottomettere la propria volontà; solo se ciò accade le decisioni diventano di tutti.

 

Assemblea = riunione di più uomini che deliberano ciò che si deve fare o meno per il bene comune

  1. L’uomo si può sottomettere a un uomo solo o a un’assemblea. C’è un patto verso tutti gli individui, che quindi non opporranno resistenza all’assemblea o ad un sovrano singolo. Ai cittadini rimane però il diritto di legittima difesa. La volontà dell’assemblea si basa su una maggioranza (concetto che vige ancora oggi).
  2. Chi è sottomesso trasferisce la propria forza e i propri diritti sui propri averi all’assemblea o al sovrano, in modo da renderlo abbastanza potente da limitare la volontà dei singoli.
  3. Si forma quindi uno stato. Lo stato e la società formano un’unità inscindibile. La volontà del singolo non conta più e nessuno può dire di rappresentare lo stato (negazione del diritto di rappresentanza) e quindi si va verso uno stato con i poteri non divisi, uno stato assoluto. Lo stato ha la volontà di tutti (una volontà unica) e la rappresenta.
  4. Viene descritta la differenza tra stato e società civile. L’individuo può fare delle associazioni con altri, secondo il pensiero della società civile, che si organizza in associazioni. Il patto, per Hobbes, è un patto di rinuncia totale, mentre quello associativo non lo è. Le associazioni sono a loro volta subordinate allo stato.
  5. Perché la sovranità assoluta? Lo stato ha la il supremo comando perché l’individuo si è sottomesso, rinunciando a tutto. Lo stato può essere un re o un’assemblea. Ogni individuo ha trasferito la sua forza e il suo potere allo stato, e fra le sue rinunce c’è anche la rinuncia al diritto di opporre resistenza. L’individuo diventa un suddito dello stato.
  6. Tenendo per buono ciò detto sopra. Lo stato formato sottomettendo con la forza i sudditi viene chiamato stato naturale, in cui non esiste il patto, lasciando così che il sovrano diventi dispotico, non seguendo più il dovere di salvaguardare e proteggere i sudditi. Lo stato che invece viene a formarsi tramite il consenso comune di chi non vuole farsi sottomettere con la forza (e che quindi sceglie un capo che li guidi), viene chiamato stato politico, in cui il patto è in vigore e quindi il sovrano deve difendere i propri sudditi.

 

Fonte: http://www.myskarlet.altervista.org/Scuola/Nuove%20concezioni%20politiche%20del%20'600.doc

Sito web da visitare: http://www.myskarlet.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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