Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999

Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999

 

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999

11 - Gli anni ’80 e ’90 in Italia

E’ stato osservato da Paul Ginsborg (L’Italia nel tempo presente, Einaudi, 1998) che nell’ultimo ventennio l’Italia ha attraversato una trasformazione socio economica non meno spettacolare di quella del miracolo economico degli anni ’60.

  • Negli anni ’50 si passò da un’Italia agricola ad una urbana e industriale,
  • dalla metà degli anni ’70 a tutti gli anni ’90 si ha un rafforzamento del terziario.
  • Il censimento del ’81 segnalava macroscopici cambiamenti avvenuti dal ’51; ma soprattutto tali cambiamenti erano avvenuti negli ultimi 10-15 anni.
  • Il processo di urbanizzazione: nelle città superiori a 50.000 abitanti la percentuale di popolazione insediata era passata dal 28 al 37%.
  • La manodopera agricola era scesa dal 42,2% del ’51 all’11,2% dell’81.
  • La manodopera industriale era scesa dal 44,3% del 1971 al 39,8& del 1981: segno che il processo di terziarizzazione era in corso.
  • L’analfabetismo era sceso al 3%, il semianalfabetismo al 18.2%. Tutte le statistiche indicavano una forte crescita della scolarizzazione dopo l’istituzione della scuola media unica e l’istruzione obbligatoria per otto anni. Dal censimento del 11981 era emerso che il 72% dei giovani in età seguiva la scuola secondaria rispetto al 9,8% del 1951 e che un quarto si iscriveva all’università.
  • La dimensione media della famiglia era scesa da 4 a 3 membri, l’aspettativa di vita era salita a 74 anni, il tasso di mortalità era ridotto, il processo di invecchiamento avanzato.
  • I consumi alimentari, la disponibilità di elettrodomestici e di automobili e telefoni era a livello europeo.
  • \Di contro la criminalità era in aumento, la moralità pubblica deteriorata, la pornografia dilagava, si assisteva ad un degrado generale dei costumi.
  • Le molte attrazioni della società consumistica avevano ridotto drasticamente l’interesse per la politica ed incidevano negativamente sulla religiosità.

L’Italia si era trasformata: la società povera, prevalentemente agraria, patriarcale, confessionale e classista dell’immediato dopoguerra era scomparsa per far posto ad una società più libera, economicamente dinamica, affluente, in fase di rapida modernizzazione, più individualista.
Alcuni dati tra il 1948 e il 1995 danno il senso di quale tipo di cambiamento sociale sia intervenuto:
nel 1948 si hanno 46,3 milioni di abitanti, 18,9 milioni di occupati e 1,5 circa di disoccupati; la popolazione attiva è 20,6 milioni circa; tasso di partecipazione 44,7%, tasso di occupazione 40,8%, tasso di disoccupazione 7,2%.
Nel 1995 si hanno 56 milioni circa di abitanti, 20 milioni circa di occupati, 2,5 milioni di disoccupati; popolazione attiva: 22,7 milioni circa; tasso di partecipazione: 40,1%, tasso di occupazione 35,3%, tasso di disoccupazione 12%.
(Il tasso di partecipazione o di attività è dato dal rapporto tra forze di lavoro e popolazione. Intende misurare il gradi di partecipazione al mercato del lavoro di una popolazione, cioè la sua propensione a lavorare o a  cercare un lavoro).

Si constata che in 50 anni il numero degli occupati è aumentato in maniera moderata, che invece sono avvenuti cambiamenti radicali nella struttura, carattere e natura dell’occupazione.
I dati registrano:

  • un massiccio esodo dalla campagna: al 1951 si hanno 8,2 milioni circa di occupati pari al 42,2%; al 1991 si hanno 1,6 circa di occupati pari al 7,6%; al 1995 si hanno 1,4 circa di occupati pari al 7,4%.
  • altrettanta crescita nel terziario: al 1951 si hanno 5 milioni circa di occupati, pari al 25,7%; nel 1991 si hanno 12 milioni circa di occupati pari al 56,7%.
  • modesto cambiamento nell’industria. Nel 1951 ci sono 6,3 circa di occupati pari al 32,1%, nel 1991 vi sono 7,6 milioni di occupati pari al 35,6%.
  • Nel complesso si hanno ritmi di cambiamento molto intensi, che comunque fanno recuperare all’Italia quella distanza, in termini di composizione dell’occupazione,che la separava dagli altri Paesi europei e nord americani.

Qualche anno fa Sylos Labini ha suggerito di tener conto, nell’analisi dei mutamenti, di due lunghi periodi: 1950-74 e 1974-94.
Nel primo periodo si ha il grande esodo agricolo con il massimo grado di sviluppo industriale, nel secondo periodo colpisce lo sviluppo dei processi di terziarizzazione.
C’è inoltre da tener conto della presenza della donna sul mercato del lavoro, fenomeno collegato alla riduzione dell’occupazione agricola e alla più elevata scolarizzazione.
Altro tema importante: la presenza dei giovani in attesa di occupazione. Il problema emerge a partire dagli anni Settanta.

Struttura dell’occupazione
Caso Agricoltura: Fabiani (economista dell’agricoltura) ha osservato che alla percentuale di occupati nel 1980 (cioè il 14,2%) l’Italia vi è arrivata partendo dal 42,2% del 1950; che la Francia aveva all’inizio del ‘900 in tale settore il 43% ed è arrivata al 1970 con il 14,3% di occupati: cioè il processo, fatto dalla Francia in 70 anni, l’Italia l’ha fatto in 30 anni, quindi con un processo molto più traumatico.
Caso Industria: evoluzione attraverso un processo complesso e discontinuo; crescita fino agli anni ’70 poi crisi petrolifera ed energetica che impone la necessità di ristrutturazione con diminuzione degli occupati. Dagli anni ’70 inoltre la localizzazione territoriale si modifica in rapporto alla modificazione del nuovo modello di accumulazione, non più basato sulla grande impresa.
A parte l’incremento che si registra nel periodo 1951-1961 (da 6,3 milioni circa pari al 32,1% a 7,9 milioni circa pari al 40,6%) come pure negli anni Settanta (nel 1971 si hanno 8,3 milioni circa di addetti pari al 44,3%), si constata che nel 1995 il numero di occupati è inferiore a quello del 1959 quando inizia il boom economico (al 1961 si hanno 7,9 milioni circa pari al 40,6% e nel 1995 si hanno 7,6 milioni circa pari al 35,6%).
L’evoluzione dunque non è lineare: dopo la fase di riassestamento nei primi anni ’50, si ha un deciso trend di aumento a partire dagli anni del miracolo economico, fino alla crisi della fine degli anni ’70 quando si interrompe il trend storico di crescita numerica.
Tra il ’54 e il ’74: gli anni della grande crescita industriale delle regioni del “triangolo industriale”, con il modello della grande impresa e il modello fordista dell’organizzazione del lavoro.
Tra il ’74 e il ’94: è presente un nuovo processo di struttura industriale con sviluppo della piccola impresa, alta intensità del lavoro, lavoro a domicilio; poi dagli anni Ottanta c’è sviluppo del lavoro sommerso, che consente la ripresa degli anni ’80.

All’inizio degli anni ’80 l’Italia è in progressiva trasformazione.
Politicamente si è esaurita la fase del governo di solidarietà nazionale di Andreotti col PCI in maggioranza ma non nel governo.
Il PCI torna all’opposizione con una dura critica che induce il sindacato CGIL a riprendere una conflittualità se pure in termini diversi dal ’75.
Aumenta il deficit commerciale a causa delle importazioni petrolifere, denotando una ripresa economica consistente, pur in presenza di un’inflazione che nell’80 supera ancora il 20%.
A fronte della ripresa sta anche il debito pubblico, in continua crescita a causa degli interessi passivi pagati sui Bot. Tanto che una tempesta monetaria si abbatte sulla lira, svalutata del 6% nell’81 rispetto alle altre monete dello SME.

Finita l’esperienza di solidarietà col PCI alle elezioni del ’79 si assiste ad una crescita di DC e PSI con perdita del PCI.
Sono gli anni in cui CRAXI cerca di farsi largo a tutti i costi dopo che il PSI al Congresso del ’78 aveva adottato la linea dell’alternativa, cioè di un governo delle sinistre a guida del PSI con DC all’opposizione.
All’interno della DC la forza del’area Zac sta perdendo posizioni ed il partito è sospeso tra chi ancora spera in un rapporto col PCI e chi vuole chiudere definitivamente tale esperienza.

Tra il ’79 e ’80 due governi Cossiga. Il primo composto da DC, PSDI, PLI; il secondo composto da DC, PSI, PRI. Tra il primo e il secondo c’è il Congresso DC (febbraio 1980) in cui vince il gruppo Forlani-Donat Cattin-Piccoli con la linea del “preambolo”: cioè una dichiarazione di intenti, anteposta al documento finale del Congresso, che escludeva ogni alleanza col PCI e apriva l’alleanza col PSI di Craxi: infatti nel secondo governo Cossiga entrano ben 9 ministri socialisti.

Proprio mentre entrava in crisi il governo Cossiga, esplode la crisi Fiat (settembre-ottobre 1980) a causa di 15.000 licenziamenti; la lunga vertenza si conclude con una grande sconfitta per il Sindacato e 23.0000 persone in mobilità. Inizia la fase discendente della parabola del sindacato.

Dopo si ha il Governo Forlani (ottobre ’80-maggio ’81): si verifica il terremoto in Irpinia, lo scandalo della loggia massonica P2 (ragnatela cospirativa ai danni dello Stato democratico, non solo questioni di carriere: vi erano iscritti rappresentanti dei partiti, delle FF.AA., dei servizi segreti, medici, imprenditori).

Viene l’ora dei laici: governo Spadolini (giugno ’81- agosto ’82,) per la prima volta la Dc cede la guida del governo ad un repubblicano. Ancora alto il terrorismo nero e rosso: nell’81 ben 791 attentati con 24 morti.
L’attività del Governo si concentra su 4 emergenze:
economica  (costo del lavoro, stangata fiscale), morale (caso P2), civile (sicurezza delle istituzioni), internazionale (installazione missili Cruise, contingente militare in Libano).
Nel maggio 1982 al congresso della DC la segreteria passa a Ciriaco De Mita.
2° Governo Spadolini (agosto-novembre ’82). Ebbe vita breve. Molti scontri trai ministri economici Andreatta e Formica.

Governo Fanfani  dal dicembre 1982 all’estate ’83. Importante l’accordo del lavoro (Accordo Scotti) del gennaio 1983: per la prima volta c’è una modifica della scala mobile.
Elezioni 26 giugno 1983: sconfitta della DC, affermazione del PRI, buona affermazione del PSI, leggera flessione del PCI. Compare la Liga Veneta, a spese della DC.

Governo Craxi (’83-’87), pentapartito. Si caratterizza per il tentativo di potenziare il ruolo dell’esecutivo e per una presenza più incisiva dell’Italia nella politica internazionale.
Nel febbraio ’84 nuovo concordato con la Santa Sede.
Scontro con la CGIL(e quindi con il PCI) per la scala mobile: Craxi, con l’accordo con le parti non comuniste dei sindacati, vara un decreto legge che tagliava alcuni punti di scala mobile. I comunisti promossero un referendum abrogativo che si tenne a giugno ’85, ma ne uscirono sconfitti.
Scontro con il Parlamento per il problema del voto segreto. Poi si perviene alla costituzione di una Commissione parlamentare, presieduta dal liberale Albo Bozzi per una riforma istituzionale.
Scontro con la Magistratura impegnata a reprimere la corruzione trai grandi finanzieri.
Scontro con gli USA su Sigonella (ottobre 1985): i palestinesi dell’OLP effettuano il sequestro dell’Achille Lauro, uccidono un cittadino americano. Hanno un salvacondotto tramite l’Egitto; mentre i terroristi palestinesi sono in volo per rientrare alle loro basi, il loro aereo è affiancato da caccia USA ed è costrettpo ad atterrare alla base Nato di Sigonella. Il Governo americano reclama la consegna dei palestinesi per fare a questi il processo. Craxi oppone un problema di sovranità ed il salvacondotto egiziano. Abu Abbas riesce a fuggire con un aereo iugoslavo.

Sono gli anni in cui le emittenti tv allargano il loro bacino con la fine del monopolio Rai: appoggia la Fininvest con il decreto legge del 20.10.1984 convertito in legge nel febbraio ’85 con il quale le trasmissioni delle reti commerciali nazionali venivano ammesse in attesa di una legislazione organica in materia.

Col ministro Visentini (PRI) cercò di varare una riforma fiscale per combattereb l’evasione e raddrizzare lo squilibrio del carico fiscale, che gravava principalmente sul lavoro dipendente. Ne seguirono proteste dei lavoratori autonomi, commercianti ed artigiani. Non riuscì a colpire gli evasori. Quindi voragine nei conti pubblici dello Stato.
Ugualmente irrisolta fu la questione del controllo della spesa pubblica (113.000 miliardi di deficit nell’87). Una questione che presentava risvolti politici in quanto richiamava in causa i criteri e le forme dell’intervento statale, ampliatosi notevolmente, negli anni ’70, nei settori della sanità, della previdenza e dell’istruzione, ma ancora caratterizzato da inefficienza e da costi molto elevati.
Anche in Italia, come in tutto il mondo occidentale, gli anni ’80, videro svilupparsi una polemica che, partendo dalla denuncia degli eccessi di assistenzialismo, giungeva a mettere in discussioni alcune strutture portanti del Welfare State (come l’assistenza sanitaria e scolastica).
Queste difficoltà vennero in parte compensate da una certa ripresa economica che parte dall’84 grazie all’aumento delle esportazioni e al rinnovamento tecnologico di alcuni settori industriali. Nel complesso, il sistema economico italiano manifestò nel decennio ’80-90 –anche nei momenti di crisi più acuta- una vitalità notevole. Il fenomeno si spiega con la crescita dell’economia sommersa, cioè quella miriade di piccole imprese disseminate nella provincia italiana e caratterizzate da intensa produttività.
Lo sviluppo del terziario, il dinamismo di alcuni settori produttivi e la rinnovata competitività dei prodotti italiani sui mercati internazionali erano sintomi di vitalità del tessuto sociale e giustificavano un certo ottimismo sulle prospettive di crescita del Paese.

Il dilagare della malavita organizzata (mafia e camorra) si configurava come la minaccia più grave allo Stato e alla convivenza civile. È un attacco insidioso che passa per appalti, contrabbando, smercio della droga. A farne le spese il 30.4.1982 è Pio La Torre, segretario regionale PCI e deputato, ucciso mentre lavorava al progetto di legge per colpire “Cosa Nostra” (progetto che pochi mesi dopo divenne legge, introducendo la nuova figura criminosa di “associazione di tipo mafioso” unitamente ad accertamenti sui patrimoni dei presunti mafiosi).
Poi l’episodio più drammatico nel settembre ’82 è l’assassinio del Generale Dalla Chiesa, protagonista della lotta al terrorismo, inviato come prefetto a Palermo per combattere la mafia.
Sono momenti difficili per la capacità dello Stato di controllare il Sud, dove la malavita dominava in Sicilia, Calabria, Campania e sempre più in Puglia.

Elezioni 1987 (anticipate): scontro tra Dc e PSI. Risultati: il PSI  arriva al 14.3%, la DC recupera al 34,2% , PCI scende al 26,6% in favore di Verdi e Radicali. Il fenomeno Lega Nord mette radici anche nelle città: l’antimeridionalismo dei ceti moderati si congiungeva alla protesta contro la pressione fiscale e l’ingordigia di Roma.
Governo Goria (luglio ’87-marzo ‘88).
Governo De Mita (marzo ’88- luglio ‘89). De Mita mantiene anche la carica di Segretario DC, suscitando reazioni nel partito.
Congresso Dc dell’89: cambio di maggioranza interna, Andreotti si allea a Forlani e Gava, facendo fuori De Mita. Elezioni di Forlani a segretario.
Si stringe il cerchio attorno al Governo per un cambio di presidenza e si consolida quell’alleanza CAF (CRAXI-ANDREOTTI-FORLANI) che regge fino alle elezioni del ’92.
Il CAF si afferma per l’inadeguatezza e la debolezza del pentapartito e si presenta come una sorta di sindacato di controllo sul Governo.
Intanto nel giugno ’85 De Mita era riuscito a far eleggere Cossiga come Presidente della Repubblica al primo scrutinio, grazie all’appoggio socialista e alla copertura PCI.

Negli anni ’90 si accentua il processo di decomposizione del sistema di potere imperniato sulla convergenza tra DC e PSI – che negli ultimi tempi aveva trovato espressione nel CAF- ma a cui non era estraneo il PCI nell’elaborazione delle leggi e nei rivoli tangentizi che dai grandi appalti fluivano anche in periferia.
Scemava il consenso e l’interesse verso i partiti, accentuazione del riflusso nel privato.
La crisi del sistema politico si accentua vista l’incapacità del Parlamento di portare avanti una riforma istituzionale: la DC era per una riforma del sistema elettorale cui aveva lavorato Ruffilli prima di essere ucciso dalle BR (cancellierato; creare le condizioni, anche istituzionali, per il rapporto dialettico tra un Esecutivo stabile ed un Legislativo saldo; il cittadino come arbitro), il PSI insisteva per un sistema istituzionale Presidenziale a cui aspirava Craxi.
La crisi prende allora la strada del referendum. Tra i tanti nel giugno ’91 c’è quello sul numero di preferenze: affluenza bassa (62%), ma con esito favorevole alla preferenza unica (95,6%). L’on. Segni parte da questo successo per andare avanti e proporne un altro per il cambiamento del sistema di votazione: da proporzionale all’uninominale nell’aprile 1993.

Intanto nel 1992 la Magistratura scopre la vasta trama di tangenti. Il 17 febbraio 1992 è arrestato Mario Chiesa: inizia inchiesta Mani Pulite con la crisi e il processo Tangentopoli.
In Europa, dopo la caduta del Muro di Berlino e la crisi dei regimi comunisti c’è l’adesione al Trattato di Maastricht (‘92): trasformazione della CEE in Unione Europea; il Trattato dell’Unione prevedeva che, a partire dal gen’93, si giungesse alla creazione di un Mercato Unico, i firmatari si impegnarono a realizzare entro il ’99 il progetto di moneta unica (euro) e di una Banca Centrale Europea.

La crisi della politica italiana si riflette sulle elezioni politiche del 5 aprile ’92. La Lega Nord sfiora il 9%, la DC va al di sotto del 30%, il PDS intorno al 16%, il PSI il 13,6%, il MSI il 5,9%, Rifondazione Comunista il 5,6%, la Rete di Orlando  1,9%, Democrazia proletaria scompare.
La crisi di tangentopoli investe anche Craxi, ma i socialisti rivendicano la presidenza del Consiglio. Cossiga (25 aprile) si dimette da Presidente della Repubblica qualche mese prima della scadenza del mandato: quindi il Governo non è formato e il Presidente della Repubblica è dimissionario. Mentre c’è il confronto sui vari candidati alla Presidenza della Repubblica (Forlani, Craxi, Andreotti, Fanfani), viene ucciso a Palermo dalla mafia il giudice Falcone.
Si troncano le discussioni polemiche e viene eletto Scalfaro Presidente della Repubblica (25 maggio 1992).
Caduta la candidatura di Craxi dopo le indagini per lo scandalo delle tangenti, l’incarico di Governo fu affidato a Giuliano Amato, socialista. Si forma un Governo quadripartito che affronta subito il problema finanziario con interventi fiscali sui beni mobili e immobili e con tagli sulla spesa pubblica.
Il Governo Amato (DC, PSI, PSDI, PLI) cerca di estendere la maggioranza a PDS e PRI ma invano; viene ridotto il numero dei ministeri.
La situazione economica si fa sempre più difficile. Tasso di sconto dal 12 al 13%. Si impongono diverse tasse: sui depositi bancari, sui fabbricati ecc. aumenti dei bolli; c’è la riduzione di spese sociali e la dismissione di beni pubblici.
Fa l’errore di bloccare per due anni la restituzione dei crediti ricevuti dall’EFIM sul sistema bancario internazionale. Era un problema di credibilità. Costretto a fare marcia indietro. Allora si scatena la speculazione internazionale sulla lira. La Banca d’Italia tenta la difesa della parità prevista dallo SME: ci rimette la metà delle riserve valutarie.
A settembre si scatena la tempesta monetaria: tasso di sconto al 15%, svalutazione al 30% e uscita dallo SME (’92). Necessità di una manovra finanziaria di circa 90.000 miliardi.
Intanto il 19 luglio è ucciso anche il giudice Borsellino: il che evidenziava quanto era grande il problema mafia.
A fine luglio in un drammatico confronto tra sindacati, Confindustria e Governo si dà l’addio alla scala mobile, sostituita da un acconto in attesa di definire meglio il problema. Fu drammatico nel senso che dopo la firma dfa parte di Trentin, questi si dimise da Segretario della Cgil.
Tangentopoli è sempre più estesa, si manifestano i vari livelli di corruzione del sistema politico e come i grandi gruppi economici del Paese (Enimont, Ferruzzi, Olivetti, Fiat, Fininvest) fossero agganciati con i partiti.
Si verificano attentati mafiosi tra 1992 e 1993 a Roma, Firenze, Palermo e Milano.
Nel ’93, dopo il referendum per il sistema uninominale, il Parlamento vara la legge per l’elezione diretta dei Sindaci e la nuova legge elettorale (mattarellum).

In Italia all’inizio degli anni Novanta esplode:
- L’indebolimento della capacità di aggregazione dei partiti; la personalizzazione della vita politica nel senso che alla politica dei partiti si sovrappone e si sostituisce la politica personale dei leaders.
- L’esaurirsi delle ideologie e dei sistemi di valori fondati sull’impegno politico, se da un lato toglieva spazio alle ipotesi eversive, dall’altro contribuiva a perpetuare il distacco tra classe politica e società civile, a rafforzare la diffidenza nei confronti dei partiti, a far salire la polemica contro le disfunzioni del sistema. Gli ultimi anni ’80 videro accentuarsi queste difficoltà mentre si faceva più sentita la richiesta di riforme istituzionali.
- Nascono nuovi soggetti politici come la Lega di Bossi: le sue qualità tribunizie convivono con neoliberalismo, populismo, rivolta fiscale, ostilità verso la politica meridionalista del governo, che si accusava di farla con le risorse del Nord.

Deficit e inflazione apparivano come i principali ostacoli ad una piena partecipazione italiana al processo di integrazione europea.

1992 anno culminante della diffusione della corruzione in ambienti politici.
I mass media indicano con l’espressione “seconda repubblica” il nuovo assetto politico determinatosi in Italia a partire dal ’92-94. Il crollo del sistema dei partiti, la nuova legge elettorale maggioritaria, il profondo rimescolamento della classe politica e la nascita di un tendenziale bipolarismo, sono i fattori che caratterizzano il cambiamento attraversato dal nostro Paese.

Il Paese è scosso dal nuovo problema dell’immigrazione dall’Est e dal Terzo Mondo. Segnali negativi arrivano dall’economia: la crescita produttiva degli anni ’80 si interrompeva a partire dal 1990. I problemi di economia e finanza, la crescita della criminalità organizzata del sud, erano motivi per cui l’Italia rischiava di restare ai margini del processo di integrazione europea.

Sul piano della vita politica cambiamenti grandi sono legati alla fine del comunismo e a quanto accadeva nell’ex Urss. In Italia comportò il passaggio del PCI in PDS; l’ala più legata all’eredità del vecchio PCI diede vita al Partito di Rifondazione Comunista: la sinistra appariva attraversata da una profonda crisi di identità. La proliferazione di nuovi movimenti esasperava la frammentazione dello schieramento parlamentare. Per questi motivi le forze politiche pensavano seriamente ad una nuova legge elettorale. Infatti il referendum promosso da Mario Segni (primavera ’91) sulla riduzione a una del numero di preferenze significò la protesta nei confronti del sistema.

Mentre il governo Amato, pur con tutte le difficoltà, operava con incisività, il Parlamento non riusciva a risolvere il problema delle riforme istituzionali. Il tema più discusso era la legge elettorale.
Il 18 aprile ’93 il referendum abrogativo introduceva di fatto il sistema uninominale maggioritario al Senato. Con altri referendum fu abolito il finanziamento pubblico dei partiti.
Intanto l’inchiesta sulle tangenti si era concentrata sui maggiori esponenti del potere politico; anche 3 ministri del governo Amato furono accusati.
Dopo il referendum Amato si dimise.

Ciampi fu chiamato a formare un nuovo esecutivo ottenendo l’appoggio della vecchia maggioranza quadripartitica (Dc-Psi-Psdi-Pli). Sarebbero dovute entrare nel Governo anche personalità legate al PDS, ma il 29 marzo 1993 la Camera respinge l’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi  ed allora queste personalità non entreranno nel governo. L’impegno del nuovo Governo è principalmente rivolto a varare una nuova legge elettorale per le due Camere. Le leggi elettorali per Camera e Senato venivano approvate introducendo il sistema maggioritario uninominale (ma prevedevano entrambe una quota di seggi, pari al 25% da assegnare col metodo proporzionale).
L’altro impegno fondamentale del Governo fu il Patto del Lavoro, varato ai primi di luglio e poi sottoscritto dai sindacati verso la fine del mese dopo che aveva ottenuto l’approvazione delle assemblee dei lavoratori nelle aziende: fondamentali del patto del lavoro erano la concertazione e la politica dei redditi: il che consentirà negli anni successivi l’entrata nell’euro e la messa a posto dei conti economici.

Una volta approvata la nuova legge elettorale, vengono indette le nuove elezioni politiche per il 27-28 marzo 1994.
Alla fine del ’93 scende in campo Berlusconi, alleandosi con la Lega Nord e con AN. Il partito di Berlusconi, Forza Italia è di natura aziendale: nelle elezioni si ha il successo di Berlusconi (FI al 21%) e la crisi del Centro (Segni e PPI solo  11,1%). La nuova legge elettorale, che avrebbe dovuto portare alla semplificazione dei partiti, conduce invece alla frammentazione con coalizioni e ricatti.
Governo Berlusconi. Il problema del federalismo mette in crisi il rapporto con la Lega. Indagini su Berlusconi e su Mediaset per presunti rapporti con la mafia e per altro. Il decreto Biondi stabilisce il patteggiamento della pena e la limitazione della custodia cautelare.
Il conflitto di interessi, la gestione della Rai sono i problemi che più si evidenziano nei dibattiti e nelle polemiche. Durante la Conferenza internazionale sull’ordine pubblico a Napoli, Berlusconi riceve il mandato di comparizione.
La legge finanziaria del ’95, che intende affrontare il problema delle pensioni, crea problemi, numerosi disordini, due grandi scioperi nel novembre 1994, che portano alla sfiducia al Governo e successive dimissioni nel dicembre ’94.
Il Presidente della Repubblica non scioglie il Parlamento.

Nel gennaio ’95 Governo Dini, ministero di tecnici che punta alla riforma pensionistica e ad altre riforme che portino agevolmente il Paese alle nuove elezioni.
Nel 1995 si registrano scissioni nel PPI (PPI e CDU); nel PDS c’è il cambio da Occhetto a D’Alema.
Sensazione che il sostegno del Pds alla Magistratura fosse ripagato con un occhio di riguardo.
Ruolo della TV pubblica. Polemiche per trasmissioni come Samarcanda di Santoro

Intanto nel febbraio ’95 entra nella scena politica Romano Prodi (ex Iri, esponente del PPI) e si candida come antagonista di Berlusconi e leader della nuova alleanza di centro sinistra, l’Ulivo.
Alle elezioni regionali dell’aprile 1995 al centro sinistra vanno 9 regioni, al centro destra 6. Al referendum del giugno 1995 l’esito è opposto per quanto riguarda la riduzione delle reti concesse a un priovato e diminuzione pubblicità nei programmi televisivi.

Le elezioni del 21 aprile ’96: 2 schieramenti, Polo delle libertà e Ulivo con Rifondazione che appoggia l’Ulivo. La Lega si presenta da sola. Vince l’Ulivo di Prodi ma alla Camera ha bisogno dei voti di Bertinotti.
Intanto Bossi conduce la Lega Nord ad una forte radicalizzazione e il 15 settembre ’96 si ha la dichiarazione di indipendenza della Padania.

Il governo Prodi schierava molti esponenti del Pds, poi Ciampi, Di Pietro.
Il governo Prodi affronta i problemi irrisolti del Paese, in primo luogo una politica di rigore per la tutela dei ceti medi, per rilanciare l’economia e l’occupazione che è il problema maggiore del decennio.
Il primo obiettivo è quello di ridurre il deficit del bilancio statale entro il rapporto del 3% del PIL, per entrare in Europa secondo i parametri di Maastricht: si fanno interventi fiscali e tagli alla spesa pubblica; si ha il progressivo calo dell’inflazione fino a rientrare nello SME alla fine del ’96 e ottenere nel maggio ’98 l’ingresso nell’Unione Monetaria Europea.
Non riesce a modificare il sistema previdenziale e l’innalzamento dell’età nelle pensioni per l’opposizione di Rifondazione comunista e dei sindacati.
Irrisolti i problemi legati alla questione e al conflitto di interessi di Berlusconi.
La Commissione Bicamerale non trova la giusta mediazione per un progetto organico di riforme istituzionali e per il miglioramento della legge elettorale.
Il Governo Prodi cade nell’ottobre ’98 sulla politica economica (35 ore) non ottenendo la fiducia di Rifondazione.

Nasce il Governo D’Alema con appoggio dell’Ulivo e dell’Udr di Cossiga, dei Comunisti Italiani .
Un Governo che sembra la ripresa deigiochi dei vecchi partiti: è contestato dal Polo.
18 Aprile ’99 referendum per abrogare la quota proporzionale: non passa.
Intanto successo di FI e di Berlusconi alle Europee del ’99, come della lista Bonino e di Guazzaloca sindaco a Bologna.
Maggio ’99 elezione di Ciampi Presidente della Repubblica.
Alle elezioni regionali del 2000 avanza il Polo e flessione dell’Ulivo.
Dimissioni di D’Alema.

Governo Amato.

Fra il’96 e il 2000 il centrosinistra aveva guidato l’Italia verso la nuova dimensione europea, ma il Paese sembrava mantenere molte caratteristiche legate alle specifiche tradizioni della sua vita pubblica e del suo ordinamento istituzionale: in primo luogo la debolezza dell’esecutivo e la breve durata dei governi. Tuttavia l’insieme delle novità introdotte nel sistema politico a partire dai primi anni ’90 confermava il passaggio epocale attraversato dal Paese alla fine del secolo.

 

Bibliografia consigliata

E. Santarelli – Storia critica della Repubblica, l’ Italia dal 1945 al 1994, Feltrinelli, Milano, 1996.

Letture consigliate

Immigrazione e Stato multietnico.  In: A. Aruffo, C. Adagio, F. Marri, M. Ostoni, L. Pirola, S. Urso -  Geografia della storia, I mondi nuovi 3/II, Cappelli editore, Bologna, 1998.

 

Immigrazione e stato multietnico

La presenza degli immigrati in Europa e in Italia ha proposto da tempo sia questioni di politica immigratoria che di principi. Nel contempo ha sollevato anche una serie di interrogativi difficili da dipanare attorno alla «acculturazione», alla «integrazione», alla «assimilazione» con tutti i risvolti xenofobi e razzistici che ne sono emersi, ma anche con tutta una serie di approssimazioni definite
da Laura Balbo di «antirazzismo facile». Ritornano in campo concetti e temi legati all'etnia, alla «differenze» (culturali, linguistiche, religiose), e con essi vengono riciclati in chiave «moderna» in leit-motiv cari alla cultura dell'esclusione, del nazionalismo e dell'etnocentrisrno specifici dell' Europa ed, in generale, della «cultura occidentale».

Le valutazioni e le stime quantitative circa la pre­senza degli immigrati in Italia hanno subito, negli ultimi tempi, drastici ridimensionamenti, dopo es­sere state usate a lungo in modo terroristico. I lettori di quotidiani e gli ascoltatori della radio e della televisione sono stati in passato intensa­mente bombardati da notizie minacciose, incon­trollate e incontrollabili: si è parlato di masse in­genti e temibili che premevano alle nostre frontie­re, di orde barbariche che avrebbero invaso le no­stre città, portandole rapidamente al degrado, di torme di gente disposta a tutto pur di sopravvive­re, pronta a lavorare al di sotto dei minimi salaria­li, al di fuori di ogni regolamentazione e tutela, co­me a compiere atti di devianza: manodopera per lo spaccio della droga, per la vendita di prodotti contraffatti, per qualsiasi avventura. [...]
Di fronte al martellamento dei mezzi di comunica­zione di massa, che hanno contribuito decisa­mente a sottolineare e a rendere spettacolare il fenomeno dell'immigrazione, come ha reagito l'opinione pubblica? Come si sono regolate le for­ze sindacali? Quale ruolo hanno giocato, che po­sizioni hanno assunto gli intellettuali?
Secondo alcune autorevoli voci - penso in partico­lare a Laura Balbo, docente di sociologia, parla­mentare, membro di «Italia razzismo» -, la ten­denza generale è stata quella di un «antirazzismo facile». A suo parere, gli intellettuali, «facitori di conoscenze e pre-formulazioni», hanno un ruolo di rilievo nei processi di comunicazione con riguardo alla politica, ai media, all'elaborazione culturale in generale. Come hanno usato di queste possibi­lità, di questo loro ruolo? Spesso, nel senso di un «antirazzismo facile» se non di un «antirazzismo dogmatico», al cui interno verrebbe annullata ogni forma di critica, verrebbe paralizzata la stessa possibilità di «comprensione vera», in onore di semplificazioni estreme, di un modus operandi quantomeno riduttivo.
Secondo Laura Balbo la tendenza a una società multietnica o multiculturale sarebbe un concetto «romantico-mistificatorio», che assume come scontato un risultato di reciproco arricchimento fra culture diverse e la valorizzazione del plurali­smo. Sarebbe invece bene, a suo parere, richia­mare il fatto che le culture non sono affatto ugua­li fra loro, che non vi è alcuna possibilità di uno scambio tra uguali: tutto il resto, secondo la Bal­bo, è utopia. In un contesto che la Balbo suppone tutto orientato, in maniera acritica e sprovveduta, quantomeno utopica, alla edificazione di equilibri per definizione impossibili, la sua vuole essere una posizione di realismo; sarebbe anche, ove le cose stessero in questi termini, una posizione di grande audacia intellettuale: voce che grida nel deserto, che proclama l'urgenza, l'opportunità, se non la necessità, di accontentarsi di una «so­cietà-poco-razzista».
A suo dire, due sarebbero le principali modalità correnti a questo proposito: anzitutto, una moda­lità «dichiarativa» o assertiva, che tronca il dibatti­to, impedisce la comprensione, tipica di «coloro che prendono la parola» per dichiarare appunto «il proprio statuto di antirazzisti», tale modalità non serve, è inutile. Una seconda modalità è quella della «scoperta e la romanticizzazione della so­cietà plurietnica pluriculturale e multirazziale», ter­mini, questi ultimi, «entrati nel nostro dibattito molto recente» e quindi dilagati «in modo abnor­me».
In realtà, la Balbo non è isolata in questo tipo di analisi. Affinità con le sue interpretazioni si trova­no, ad esempio, in un intervento di Salvatore Pa­lidda e Giovanna Campani. Secondo questo te­sto, il coro polifonico pro-immigrati che si sarebbe avuto in Italia, senza precedenti al mondo, sareb­be stato originato dal desiderio di stabilire relazio­ni economiche privilegiate con certi paesi, di sot­trarre mercati ai paesi più ricchi: una lungimiranza inusuale per la classe politica e dirigente italiana. Nel testo si ricorda la molteplicità di convegni, conferenze, dibattiti, da cui sarebbero nati propo­siti <ultras pro-immigrati» e una «nuova visione di un messianesimo escatologico dove l'immigrato è elevato al rango di un nuovo soggetto storico», che (e qui la citazione chiama in causa in prima persona Ferrarotti) bisognerebbe ringraziare per l'occasione che offre all'Europa di costruzione di una società più giusta. Saremmo quindi di fronte a un turbinio eclettico di raffigurazioni e valori ca­ratterizzati dall'interazione e dalla concorrenza fra cristianesimo sociale, cattolicesimo integrista, lai­cismo, ecologismo, pacifismo e terzomondismo. Stato e nazione, in quest'ottica, non avrebbero più senso. Mancherebbero intanto, secondo la Balbo, inchieste serie sullo stato d'animo, sulla percezione dell'immigrazione da parte italiana. Le cose stanno proprio in questi termini? In par­te, certamente, queste notazioni non sono prive di consistenza: sarebbe certo auspicabile che la ricerca scientifica si muovesse con maggiore sol­lecitudine su temi e problemi sociali di tale rilie­vo. In realtà si sono mossi tempestivamente po­chi sociologi, alcuni pedagogisti come Francesco Susi, che è intervenuto sui bisogni culturali degli immigrati, demografi e statistici. Piuttosto assenti fino a tempi recenti, salvo poche eccezioni, i con­tributi di etnologi e antropologi, i cui studi sareb­bero invece particolarmente utili e pertinenti. Fra i pochi, mi pare importante segnalare gli studi coordinati da Clara Gallini, cui si deve un utile confronto fra studiosi di varie aree e nazionalità sul tema del razzismo. [...]
Quali sono, del resto, in positivo, i modelli, le pro­poste avanzate da chi ritiene utopica la prepara­zione a una società multirazziale e multiculturale (che in parte, di fatto, è già presente?): la società «poco razzista» di Laura Balbo, non meglio specifi­cata? Il modello di Stato forte di tipo francese, caro a Touraine? Francamente, la situazione dei rapporti interrazziali in Francia attualmente non sembra tale da poter essere additata come esemplare su scala mondiale. Le posizioni di altri pensatori italiani partono invece da una semplice constatazione: non è prevedibile un arresto dei moti immigratori, perché non si tratta di fenomeni legati a capricci momentanei, a velleità contingen­ti, bensì a necessità storiche e sociali, alla so­pravvivenza, alla persecuzione politica. D'altro canto, lo Stato-nazione ottocentesco mostra i suoi limiti, le sue intrinseche debolezze: andiamo, piaccia o meno, verso accordi più ampi, ci muo­viamo in vista di confini meno ristretti. La posizione di Ferrarotti, lungi dall'essere utopi­stica e acritica, mi sembra basata su una forte consapevolezza e su un sano realismo: vogliamo andare incontro a un futuro di lotte razziali, di scontri fra diverse culture e etnie? Vogliamo sot­tolineare le diversità nazionali (e quelle interne al­le singole nazioni) fino a contrapposizioni esaspe­rate? Non sarebbe allora più realistico, più pro­duttivo, pur tenendo conto delle diversità di situa­zioni e di tradizioni, prefigurare un'Europa unita nel tentativo di tener conto delle diversità come di potenziali ricchezze, una Europa che non eriga muri di Berlino, nella consapevolezza che gli equi­libri sono sempre suscettibili di mutamenti, che una società che si difende con la polizia, con il controllo burocratico eretto a sistema, con la chiusura mentale è una società che si avvia alla sclerosi? [...]
Si è molto riflettuto e scritto sul concetto di iden­tità, e ci si sta chiedendo cosa si intenda per in­tegrazione. L'integrazione è una fusione fra diver­si gruppi etnici e razziali, come indica un qualsia­si dizionario della lingua italiana? E se è così, è l'integrazione che vogliamo? Con quali costi, in termini di distacco e nostalgia, di lontananza e di anomia? Oppure intendiamo per integrazione, sul­la scorta di Luciano Gallino, lo stato che si realiz­za con la disponibilità di una maggioranza a coor­dinare le proprie azioni e quelle altrui, con la fina­lità di evitare conflitti e garantire l'ordine sociale? E’ questo tipo di integrazione che abbiamo in men­te, un po' strumentale, certo paternalistica? Op­pure, si pensa alla pura e semplice (ma è davvero semplice?) assimilazione? A un processo di as­sorbimento totale, di inglobamento del diverso? La sociologia potrebbe utilmente, mi sembra, con­tinuare la riflessione su questi temi, facendosi in­terprete delle istanze di realizzazione di una paci­fica convivenza fra gruppi etnici e culture diverse, in modo da consentire la comunicazione e l'ap­prendimento, il reciproco rispetto e riconoscimen­to, per realizzare una convivenza civile.
(Da M.I. Macioti, Verso una società multiculturale, in: M.I. Macioti, E. Pugliese, Gli immigrati in Italia,Laterza, Bari, 1991)

 

- Vicende politiche e sociali in Francia, Inghilterra e Germania nel secondo dopoguerra. Alcuni tratti essenziali.

 

In Inghilterra:
le elezioni del luglio ’45 il conservatore Churchill fu battuto dal laburista Attle. Il nuovo governo propose un programma qualificante per la nazionalizzazione della banca di Inghilterra, delle industrie elettriche e carbonifere, siderurgiche, dei trasporti; introdusse il Servizio sanitario Nazionale gettando le basi dello Stato del benessere (Welfare State). Queste riforme furono però attuate in un momento di difficile congiuntura economica, comportarono quindi molti sacrifici per la popolazione. Nel ’52 i conservatori tornarono alla guida del governo.

In Francia:
Tra il ’44 e il ’45 il governo De Gaulle propone un programma di nazionalizzazione e di sicurezza nazionale. I governi di coalizione basati sull’accordo tra tre partiti di massa: partito comunista, la Sfio e il Movim. Repubblic. Popolare di ispirazione dc. Nel ’46 De Gaulle si dimette perché non condivideva il progetto di costituzione che limitava il potere dell’esecutivo e dà vita al Raggruppamento del popolo francese (RPF).  Nello stesso anno la coalizione tra i 3 partiti si rompe, risentendo delle tensioni della guerra fredda. Da allora estromessi i comunisti dal governo si succedettero numerosi governi fondati su accordi tra socialisti e partiti di centro, tutti governi instabili (IV Repubblica).

 

 

GRAN BRETAGNA dalla fine della II Guerra agli anni ‘80
finita la guerra era la sola potenza che potesse sedere a pieno titolo tra le grandi, Usa e Urss.
Dal 1935 non vi erano state elezioni politiche a causa della guerra.
Churchill ritenne che si dovesse tornare alla normalità e furono indette elezioni per il luglio ’45, confidando anche sul momento favorevole della vittoria alleata.
Con sorpresa vincono i laburisti che ottengono il 47.8% con 393 seggi, i conservatori il 39% con 213 seggi.
Più che dissenso nei confronti dei conservatori, il popolo scelse il partito che in quel frangente si presentava con un programma di riforme più articolato.
Elaborato sin dal 1943 da Sir William Beveridge, il Welfare State (stato del benessere) cioè Stato attraverso un sistema di assicurazioni sociali si fa carico delle più elementari esigenze di vita dei cittadini, dalla culla alla tomba.
Per realizzare questo disegno nasce il Piano assicurativo e il Sistema sanitario Nazionale. Poi intervennero nell’economia con la nazionalizzazione dei settori chiave: banca d’Inghilterra, comunicazioni stradali e trasporti, ferrovie, aviazione civile, miniera di carbone, industria elettrica, siderurgica. Si ricorse anche ad una imposizione fiscale aggiuntiva per reperire fondi.
Fu uno sforza enorme per un apparato produttivo ancora fragile dopo la guerra; la situazione finanziaria era difficile; svalutazione della sterlina (1949).
Alle elezioni politiche del ’50 vincono ancora i laburisti, questa volta con una maggioranza risicata di 17 seggi.
Condizione in cui è difficile governare, anche perché la guerra di Corea impegna delle risorse, costringendo a restringere i fondi di bilancio per il servizio sanitario.
Attle preferisce tornare alle elezioni nell’ottobre ’51: vincono, per poco, di nuovo i laburisti.
Churchill è in carica fino al 1955: non si mette in discussione il Welfare State, denazionalizza l’acciaio, ridimensiona gli stanziamenti per il riarmo, ma prosegue il programma per l’atomica e la bomba H. Cresce l’edilizia popolare, si rinforzano le esportazioni.
1955 Eden subentra a Churchill ormai molto anziano.
1956: crisi di Suez.
1956 Alla guida del governo Mac Millan: migliora i rapporti con gli Usa, chiede di entrare nella Cee (1961) ma ha il rifiuto di De Gaulle (1963).
Elezioni del 1964 si affermano i laburisti con Harold Wilson (’64-70): gestisce una difficile congiuntura economica e nonostante una maggioranza di soli 4 seggi, dà inizio ad una modernizzazione. Poi di nuovo alle elezioni nel 1966 ottiene una maggioranza di circa 100 seggi.
Sviluppo di una vasta legislazione sui diritti civili, sulla spinta di quella rivoluzione del costume che si era manifestata alla fine degli anni ’50.
Nel 1964 viene soppressa la pena di morte;
1967 viene legalizzato l’aborto, abolita la legge che perseguitava l’omosessualità, modificata la legislazione penale, soppressa la censura teatrale, liberalizzata la legge sul divorzio. Nonostante un secondo rifiuto di De Grulle nel ’67, proseguirà nella richiesta di entrare nella CEE (ci riuscirà nel ’72 con Heath).
Si ha il riacutizzarsi della mai risolta questione irlandese: (fine anni ’60) la minoranza cattolica, la più povera, dà vita ad agitazioni in cui rivendicava il diritto di voto per ogni persona, la fine della discriminazione tra cattolici e protestanti (che danneggiava i primi nell’assegnazione di case e lavoro), la soppressione dei poteri speciali alla polizia.
Si scatenano molti scontri con intervento dell’esercito inglese (’69). La spirale di violenza raggiunge l’apice nel ’72 a Derry , quando in uno scontro un reggimento speciale apre il fuoco su migliaia di dimostranti.

Intanto nel 1970: elezioni con vittoria dei conservatori guidati da Heath.
Nel 1972 la gran Bretagna entra nella CEE.
Sin dal 1970 si tenta di restaurare una politica economica liberista, stimolando il rilancio dell’industria anche per preparare l’ingresso nella CEE. La difficile congiuntura e la crisi economica riaccendono lo scontro sociale: misure di austerity e lo sciopero dei minatori crearono gravi difficoltà alla produzione.
Il Governo preferisce andare alle lezioni per avere consenso: fu una campagna molto dura per chi avrebbe comandato: governo o sindacati?
Ne uscì un esito incerto e ambiguo, da parte di un elettorato disorientato di fronte ai due partiti, infatti:
i liberali 20% ma solo 14 seggi
conservatori 11.924   296 seggi
laburisti  11.654        301 seggi
un governo di minoranza laburista con Wilson.

Nell’ottobre del 1974 di nuovo elezioni e ne usciva in termini di seggi una vittoria migliore per i laburisti. Tra il ’74 e il ’76 sono anni difficili. Si affronta il problema della permanenza dell’Inghilterra nella CEE in quanto ai laburisti non erano piaciuti i termini dell’adesione negoziata prima da Heath.
Nel giugno ’75 un referendum in cui una larga maggioranza si pronuncia per l’adesione alla CEE: i laburisti si sentono sconfessati.
Recrudescenza dei fenomeni di terrorismo e di razzismo collegata alla massiccia immigrazione della popolazione di colore proveniente dalle zone dell’ex Commonwelth (India, Pakistan). Sempre negli stessi anni c’è un aumento della conflittualità sindacale, si aggrava la crisi economica e finanziaria, aumenta la disoccupazione, l’inflazione raggiunge i livelli del sudamerica, cade il potere d’acquisto dei redditi dei ceti medi.
1976 il governo è guidato da James Callaghan: stipula una sorta di contratto sociale con i sindacati ma le misure antinflazionistiche suscitano contrasti con i sindacati; firma con i sindacati un concordato che preventivava un’inflazione del 5% nel 1982. Reazione negativa della Borsa, La Camera toglie la fiducia a Callaghan: inizia l’era Thatcher.

LA GERMANIA dalla fine della II guerra agli anni ’80.
Nel maggio 1949 viene proclamata la Repubblica Federale Tedesca il cui ordinamento ha alla base la legge fondamentale della “non costituzione” per sottolineare la provvisorietà in attesa della riunificazione. Il Parlamento è costituito da due Camere, il Bundestag (potere legislativo) e il Bundesrat (funzioni di controllo e garanzia).
Nell ‘agosto ’49 ci sono le prime elezioni: CDU-CSU al 31%, SPD 29,2%, Liberali 12%, Comunisti 6%.
Elezioni del ’53 CDU e CSU si rafforzano e nel ’57 raggiungono la maggioranza assoluta. ADENAUER è il leader fino al 1963 e condivide con      e De Gasperi l’idea di dar vita ad organismi per l’integrazione europea.
Negli anni ’50 la Germania vive il momento d’oro, quello del massimo sviluppo.
Assorbe oltre 10 milioni di rifugiati provenienti dall’est e da altri Paesi europei; il ministro dell’economia Erhard è alla guida di questo miracolo.
Nel 1954 la Germania entra nella NATO. Nel 1956 il Partito Comunista viene messo fuori legge dalla Corte Costituzionale sotto l’accusa di attività eversive e anticostituzionali.
La CDU-CSU sfruttava bene l’anticomunismo di coloro che riuscivano a fuggire dalla Germania est.
Intanto dopo il ’57 la SPD comincia a organizzarsi meglio: novembre ’59 ripudiano ogni legame con il marxismo diventando partito riformista socialdemocratico e quindi prendendo le distanze da qualsiasi prospettiva rivoluzionaria.
Agosto ’61 crisi a Berlino: costruzione del muro. Si rafforza intanto l’asse Parigi-Bonn, rinsaldato dalla convergenza e dagli incontri tra Adenauer e De Gaulle .
Nel 1963 al ritiro di Adenauer subentra Erhard che propone un modello neocapitalistico di società integrata in cui diminuisse la conflittualità tra i gruppi sociali in vista dello sviluppo nazionale.
Nel 1966, a seguito dell’uscita dei liberali dalla coalizione di governo si ha un governo di centro-sinistra tra CDU e SPD.
1966-1969 Kurt Kiesinger; Brandt è agli esteri ed inizia l’OST POLITIK, cioè la ripresa delle relazioni con la Germania est ; la recessione erode l’autofinanziamento delle industrie, il governo risponde con una politica economica di stabilizzazione dei prezzi. Leggi eccezionali per accrescere il potere della polizia e limitare il diritto di sciopero, mettono in imbarazzo la SPD (ma gli consentono di avere consenso tra i ceti medi).
Placatasi la contestazione giovanile, nel settembre 1969 ci sono le elezioni: BRANDT usa la formula “osare più democrazia”; B. è una grande personalità che rompe la grande coalizione e si allea con i liberali in alternativa ai cristiano democratici.
La stagione dei governi socialdemocratici liberali si caratterizzò per una nuova politica estera impersonata da BRANDT a dal ministro degli esteri SCHEEL, che tendeva alla normalizzazione dei rapporti tra Germania fed. e paesi del blocco comunista, pur ponendo sempre il problema della riunificazione tedesca (Ost Politik). Questa si concretizzò con l’instaurarsi dei rapporti diplomatici coi paesi comunisti. Nel riconoscimento dei confini fissati dalla guerra attraverso i trattati con la Polonia e l’Urss.
12 agosto 1970 Trattato con l’Urss
dicembre 1972 Trattato con la Polonia (che sanciva in modo definitivo il confine sull’Oder-Neisse)
11 dicembre 1973 Trattato con la Cecoslovacchia (con cui si chiudono gli strascichi e le pendenze successive alla dominazione nazista).
La politica interna non ebbe la fortuna dell’Ost politik: la crisi petrolifera incide, come pure la necessità di tener sotto controllo la finanza pubblica; cresce la disoccupazione.
Dopo le elezioni del 1972 in cui la coalizione fu rafforzata B. è costretto a dimettersi nel ’74 per l’affare Guillame: un suo stretto collaboratore fu coinvolto in questioni di spionaggio a favore dell’est.
HELMUT SCHMIDT seppe far fronte alle difficoltà della crisi petrolifera e del terrorismo della Raf. Seppe contenere l’inflazione, rafforzò il marco ma si ferma l’espansione e l’occupazione.
Alle elezioni del 1976 diminuisce SPD e aumenta CDU: Schmidt mantiene il cancellierato solo grazie all’appoggio dei liberali. Aumentano i problemi dovuti al dilagare del terrorismo: viene rapito il presidente degli industriali.
Importante la proposta dello SME che legava le monete comunitarie in un rapporto di cambio con limitate oscillazioni per favorire una politica di maggiore stabilità economica.
Elezioni 1980: scollamento progressivo della coalizione di governo: uscita dei liberali dal governo.
KOHL: elezioni di marzo 1983, rafforzamento della coalizione CDU-CSU e liberali.

 

 

Francia
De Gaulle  in questi anni contesta l’egemonia americana e del dollaro. Propone l’Europa delle Patrie, rivalutando la potenzialità degli stati nazionali. Allenta i vincoli della Francia con l’Alleanza Atlantica, nel ’66 ritira le truppe francesi dalla Nato. Mise il veto all’ingresso della Inghilterra nella CEE perché troppo filoamericana. Nel ’60 sperimenta la bomba atomica. Costituisce una forza di intervento autonomo: andava però proponendo quella “grandeur” decisamente superiore alle risorse disponibili.
Nel ’65 inizia il declino della popolarità: alle elezioni presidenziali vince al ballottaggio con 55.2% contro Mitterand; nel ’68 è contestato dagli studenti ma rivince le elezioni. Nell’aprile ’69 propone alcune riforme e le sottopone a referendum: esito negativo. De Gaulle si dimette, muore nel 1970.

Gorge Pompidou 1969-74
Espresse un orientamento egemonistico che sfuggiva a De Gaulle. Si preoccupò affinché i partner europei avessero una politica agricola e monetaria comune, prima dell’allargamento della Cee. Mostra una certa apertura alla Gr.Bretagna : questo orientamento fu fatto proprio dalla Cee nel ’71.
Dette impulso di modernizzazione al Paese. In politica estera proseguirà la collaborazione con la Germania e amicizia con l’Urss. Muore nel ’74.

Giscard D’Estaing 1974-1981
La sua linea economica si caratterizzò per il ridimensionamento del settore pubblico con licenziamento nel campo dell’industria pesante.
Potenziò l’industria nucleare (anche x ridurre le importazioni di petrolio).  In politica estera ebbe propensione per soluzioni neocoloniali in Africa.
Anticipò a 18 anni la maggiore età, liberata la contraccezione, stabilito il divorzio per mutuo consenso, approvata la legge sull’aborto.

 

 

 

Fonte: http://scienzepolitiche.unipg.it/tutor/uploads/lezione11-_gli_anni_80_e_90_001.doc

Sito web da visitare: http://scienzepolitiche.unipg.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999

 

 

I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999

 

"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco

www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve

 

Argomenti

Termini d' uso, cookies e privacy

Contatti

Cerca nel sito

 

 

Cosa accadde negli anni dal 1980 al 1999