Crisi del papato 1300

Crisi del papato 1300

 

 

 

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Crisi del papato 1300

 

LA CRISI DEL PAPATO. Celestino V (agosto­dicembre 1294). — Verso la fine del secolo XIII entrò in crisi, contemporaneamente all’Impero, anche il Papato, che si trovava ora di fronte non più l’Impero, ma la nuova realtà politica delle grandi monarchie nazionali.
I segni evidenti della crisi apparvero alla morte di Nic­colò IV (1292), quando i dissidi tra i cardinali francesi ed italiani impedirono per oltre due anni che si raggiungesse l’accordo sull’elezione del Pontefice.
Infine, nel 1294, prevalsero le tendenze spirituali e venne eletto papa Pietro da Morrone, che assunse il nome di Celestino V.
Ma il mite eremita abruzzese, che aveva lasciato a malin­cuore la sua vita di solitudine, si trovò subito a disagio nell’ambiente della corte papale e, dopo appena quattro mesi, si ebbe l’episodio clamoroso della sua abdicazione.
A lui successe il romano Benedetto Caetani, che assunse il nome di Bonifacio VIII.

Bonifacio VIII (1294-1303). — 1. Bonifacio VIII esplicò un’energica azione politica mirante a restaurare la supremazia del Papato; ma dovette assistere al fallimento dei suoi ambizioni disegni.
Gli atti principali dell’opera politica e religiosa di Boni­facio VIII in Italia furono i seguenti:

a) tenne prigioniero Celestino V fino alla sua morte (1296), per evitare il pericolo di uno scisma da parte dei suoi fautori.

b) bandì una crociata contro la famiglia romana dei Colonna, che aveva avversato la sua elezione (distruzione di Palestrina, nel 1298).

c) istituì per la prima volta, con l’intento di riaffermare l’autorità del Papato, il solenne Giubileo (1300), che vide affluire a Roma numerosissimi fedeli d’ogni parte del mondo.

d) si intromise nella politica interna di Firenze, inviando Carlo di Valois ad appoggiare il partito dei Neri contro i Bianchi (1301).

e) intervenne nelle vicende del regno di Napoli, e par­teggiò per gli Angioini nella guerra del Vespro, conclusasi, per sua mediazione, col trattato di Caltabellotta (1302).

2. Ma il programma teocratico di Bonifacio VIII trovò il suo più vigoroso avversario nel re di Francia, Filippo IV il Bello (1285-1314).

Filippo il Bello era un convinto assertore del principio regalista della sovranità dello Stato, ed in base a questo principio pretese di imporre delle tasse al clero francese, senza chiedere l’autorizzazione del Papa.

Di fronte a una serie di atti (ci fu anche l’arresto di un vescovo), che non solo intaccavano i privilegi tempo­rali della Chiesa, ma mettevano in discussione le stesse concezioni teocratiche, Bonifacio VIII protestò energica­mente e lanciò la scomunica contro il re di Francia.
In questa occasione emanò anche la famosa bolla « Unam Sanctam » (1302), che proclamava la supremazia del po­tere spirituale e la dipendenza dei sovrani dal papa anche sul piano del dominio temporale.

Filippo il Bello, che aveva già radunato l’Assemblea degli Stati Generali (cioè i rappresentanti della nobiltà, del clero e della borghesia), convocò allora un Concilio di Vescovi per condannare e deporre il Papa.
Inviò quindi in Italia il suo cancelliere Guglielmo di Nogaret, che penetrò nella cittadina di Anagni (dove il papa si era rifugiato), e — con l’aiuto di Sciarra Colonna —riuscì a far prigioniero Bonifacio VIII. Il vecchio pontefice fu subito liberato dal popolo di Anagni e potè rientrare a Roma, ma poco dopo morì (1303). Con lui decadde per sempre la supremazia politica del Papato e tramontarono gli ideali teocratici.

 

La cattività avignonese (1305-1377). — Dopo il breve pontificato di Benedetto XI (1303-1304) venne eletto papa l’arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Got, che assunse il nome di Clemente V (1305-1314). Il nuovo papa, senza neppure recarsi a Roma, trasferì la sede pontificia ad Avignone, inaugurando quel triste periodo di decadenza politica e di corruzione morale, che fu detto della cattività (= prigionia, schiavitù) avignonese (1305-1377).
I papi avignonesi, tutti francesi di nascita, dimostrarono la più completa sottomissione alle esigenze della politica francese. Di essi ci limitiamo a ricordare i seguenti:

a) Clemente V (1305-1314), cui si deve appunto il trasferimento della sede pontificia ad Avignone. Fu parti­colarmente legato a Filippo il Bello, e abolì l’Ordine dei Templari, perchè la corona potesse incamerarne i beni.

b) Clemente VI (1342-1352), sotto il cui papato ebbe luogo in Roma la rivoluzione di Cola di Rienzo (1347), che suscitò le simpatie del Petrarca.

c) Innocenzo VI (1352-1362), che — valendosi del­l’opera del cardinale Egidio Albornoz — provvide a riordi­nare lo Stato pontificio, e riaffermò l’autorità del papato contro la riottosa nobiltà romana (Colonna, Orsini, Caetani, ecc.).

d) Urbano V (1362-1370), che ricondusse temporanea­mente la sede pontificia a Roma (1367-1370).

e) Gregorio XI (1370-1378), cui si deve (anche per le esortazioni di Santa Caterina da Siena) la fine della catti­vità avignonese e il definitivo ritorno della sede pontificia a Roma (1377).

Lo Scisma d’Occidente (1378-1417). — 1. Subito do­po il ritorno della sede pontificia a Roma, il Papato fu sconvolto dalla gravissima crisi dello Scisma d’Occidente (1378-1417), che ebbe la sua prima causa nel grave con­trasto tra i cardinali italiani e francesi.
Nel 1378, sotto la pressione dell’opinione pubblica popo­lare (« Romano lo volemo o almanco italiano! »), venne eletto un papa italiano, Urbano VI (1378-1389); ma i cardinali francesi, che erano in maggioranza nel Collegio, ne invalidarono l’elezione e gli contrapposero un antipapa (il cardinale Roberto di Ginevra, col nome di Clemente VII), che fissò la sua sede ad Avignone.
La Chiesa si trovò così divisa in due campi avversi, obbedienti a due diverse gerarchie ecclesiastiche.
La situazione si aggravò quando, dopo il Concilio di Pisa (1409), si ebbe lo scandalo di tre papi nel medesimo tempo; mentre si aggiungeva un’altra grave causa di divisione e di turbamento con la spinosa questione dei rapporti tra il Concilio e il Papato, se cioè fosse superiore la volontà del Concilio o l’autorità del Papa.
Il profondo stato di disagio spirituale e morale in cui versava allora la Chiesa trovò la sua conferma nella diffu­sione di movimenti ereticali, come quello di Giovanni Wycleff in Inghilterra (moto popolare dei Lollardi), e di Giovanni Huss (col suo discepolo Gerolamo da Praga) in Boemia.
Per risolvere la grave crisi dello scisma d’Occidente venne infine convocato il Concilio di Costanza (1414-1418), che condannò le dottrine di Wycliff e mandò al rogo Giovanni Huss (1415); depose i tre papi rivali ed elesse come nuovo papa Martino V(1417-1431).

2. Rimaneva ancora aperto il problema dei rapporti tra il Concilio e il Papato, che provocò, a distanza di pochi decenni, la nuova crisi del piccolo scisma (1439-1449).
Fu questo, per la storia della Chiesa, un periodo assai complesso e folto di avvenimenti, tra cui bisogna mettere in rilievo la convocazione del Concilio di Basilea (1431-1449); l’elezione di un antipapa nella persona di Amedeo VIII di Savoia, col nome di Felice V (1439); e la tempo­ranea unione della Chiesa greca alla latina (1439-1456).
Riuscì infine al papa Niccolò V (1447-1435) di porre fine allo scisma (1449), convincendo l’antipapa all’abdicazione, e riaffermando definitivamente il principio della superiorità del Papato sul Concilio.

Fonte: https://urbanicorsob.files.wordpress.com/2008/10/schema-crisi-papato.doc

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