Cultura illuministica

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Cultura illuministica

LA CULTURA ILLUMINISTICA
Nel corso del Settecento si assistette ad una trasformazione della mentalità e della cultura che portò ad un atteggiamento di pensiero chiamato Illuminismo che metteva in discussione il sapere tradizionale. Sviluppatosi prima in Francia, si diffuse in tutta Europa. Mediante la ragione l Illuminismo si propose di liberare gli uomini dall’ ignoranza culturale religiosa e politica. Grazie a un processo rieducativo l’umanità avrebbe visto il mondo con prospettive nuove e giuste e le differenze sociali sarebbero sparite. In Francia l Illuminismo si manifestò come controcultura alla borghesia. Questa situazione giocherà un ruolo importante nelle vicende francesi. Nel resto d’Europa furono i sovrani stessi ad abbracciare diversi principi illuministici. Questa politica venne denominata dagli storici dispotismo illuminato. L Illuminismo si diffuse negli stati centro orientali , in Austria, Russia e Prussia, si diffuse anche in alcuni stati italiani e nella penisola iberica.

  1. L’ILLUMINISMO                                            

L’Illuminismo è una corrente culturale di respiro europeo che si impone nel XVIII secolo e destinata nella formazione del mondo contemporaneo. Secondo Kant, un filosofo tedesco,  l’Illuminismo rappresenta l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità. Egli intendeva mettere in luce il radicale cambiamento in atto, gli illuministi maturavano una capacità di giudizio autonomo, si liberarono da obblighi e pregiudizi. La ribellione al principio di autorità non era nuova nella cultura europea c’era già stato il caso di  Galileo Galilei. La corrente filosofica dell’empirismo inglese aveva insegnato che la conoscenza nasce dall’esperienza diretta. Questa concezione implicava un atteggiamento decisamente antidogmatico e il rifiuto di ogni ipotesi non dimostrabile sperimentalmente.
La vera novità dell’Illuminismo consiste precisamente in questo, la critica del principio di autorità e la rivendicazione del libero esercizio della ragione si diffondono come una vera rivoluzione culturale. Questo accadde perché,erano maturate le condizioni per cui la parte più economicamente attiva e culturalmente vivace della società cioè la borghesia costituiva il pubblico ideale e la cassa di risonanza delle nuove idee. Ciò significa in primo luogo  che le stesse discipline scientifiche diventano oggetto di un’ampia divulgazione, e in secondo luogo la critica razionale al principio d’autorità non si limita più alla dimensione teorica, ma si appropria della sfera pratica e investe l’assetto stesso della società.

  • L’ENCICLOPEDIA

L’Enciclopedia o dizionario delle arti e dei mestieri venne pubblicata in Francia fra il 1751 e 1772. Si trattava di un importante progetto  di divulgazione dei progressi delle scienze e delle tecniche, che però professava un’aperta intenzione riformatrice: si trattava di riscrivere le principali voci dello sapere alla luce dei nuovi criteri interpretativi. Il principale artefice del progetto generale dell’opera fu Denis Diderot, coordinatore di una squadra che comprendeva circa 150 collaboratori. Jean-Baptiste D’Alembert, abbandonò l’impresa nel 1758. Fin dal 1752 era stato emanato un decreto di censura .Anche il Papa Clemente VII fu a favore di questa censura, scomunicandone  i fedeli disubbidienti  .Gli illuministi esaltavano il metodo sperimentale e l’evidenza razionale come unici criteri di verità, proponendo un modello di sapere modificabile, fondato sul’osservazione e la valutazione obbiettiva dei risultati. Il carattere antimetafisico della cultura illuministica si manifestava nel rifiuto delle questioni astratte e nella spiccata propensione per tutto ciò che avesse una ricaduta sulle condizioni di vita degli uomini.

  • LO SVILUPPO DELLE SCIENZE NATURALI

Le ricerche sperimentali sulla natura erano volte alla creazione di una nuova organizzazione e classificazione delle conoscenze, basata principalmente sull’osservazione e non più su schemi prefissati. In quest’ottica Carlo von Linnè (italianizzato Linneo) nel 1735 pubblicò il Systema naturae,dove presentava una nuova classificazione delle specie vegetali ed animali,pur sempre considerate immutabili nel tempo, tra le quali spunta anche,per la prima volta, l’uomo,ma rimane il tradizionale concetto che il mondo è stato creato da Dio. Analogamente il francese Georges Buffon fra 1779 e 1804 pubblicò la Storia naturale,fondata sull’idea di una natura soggetta alla trasformazione,i cui effetti possono essere verificati sperimentalmente. Si differenzia da Linneo per lo scopo divulgativo,essendo stata scritta in francese e non in latino. Anche l’italiano Lazzaro Spallanzani fu importante in questo campo in quanto fu il primo a negare la generazione spontanea della vita organica dalla materia inanimata e dimostrò la necessità della fusione ovulo-spermatozoo nella riproduzione.
Per la fisica sperimentale rilevanti furono gli studi dei fenomeni elettrici,in particolare quelli dell’americano Benjamin Franklin,che dimostrò la presenza dell’elettricità,seppur variabile,in tutti i corpi,e inventò il parafulmine dopo aver scoperto l’elettricità dell’atmosfera. Luigi Galvani cercò di dimostrare la presenza di fluidi elettrici nei corpi,teoria contestata aspramente da Alessandro Volta,il quale scoprì il gas metano e la pila,cioè un meccanismo di accumulo di cariche elettriche.

  • L’IDEA DI PROGRESSO,IL DEISMO,LA TOLLERANZA

Il progresso per l’Illuminismo consiste in una grande fiducia nelle potenzialità umane e nella funzione educatrice della cultura. La ragione,secondo la nuova ideologia,può liberare l’umanità dagli ostacoli del passato permettendole di diventare cosmopolita e aperta ai valori universali della ragione.
Nel 1792, Condorcet con l’opera I progressi dello spirito umano esprimeva un’idea della storia in cui il passato è decisamente criticato,perché troppo di superstizione e ignoranza(fra tutte le epoche ci si riferisce al Medioevo,perché appunto buio e pieno di paure e timori) e di conseguenza dai risultati negativi per l’umanità,che invece in questa opera è considerata in continuo progresso grazie alla ragione.
Tuttavia questo rifiuto ideologico del passato non portò a trascurare la ricerca storica anzi si avviò un importante processo di rinnovamento della storiografia,che non si limitò più al carattere cronachistico ma si avviò verso un rigore metodologico ed un’ampiezza di prospettive proprie di una scienza. In questo campo rilevanti furono Muratori,che raccolse e pubblicò le fonti storiche del Medioevo italiano,Voltaire con Il secolo di Luigi XIV,in cui dice che le epoche si caratterizzano non solo per i personaggi politici illustri ma soprattutto per le civiltà intellettuali e materiali,ed Edward Gibbon con Storia della decadenza e caduta dell’impero romano.
L’Illuminismo fu di carattere anticlericale ma non apertamente anticristiano,ovvero contestava che il clero si ritenesse unico interprete e custode della cultura. I philosophes tendevano più che altro a dividere il cristianesimo originario da quello superstizioso e mutato dalla chiesa. Da qui nacque un atteggiamento deista, accettando una religiosità alle rigidità dogmatiche,al fanatismo e alle divisioni tra gli uomini. Uno dei maggiori esponenti fu Voltaire,come testimoniano le Lettere inglesi(1734),il Trattato sulla tolleranza(1763)e il Dizionario filosofico.
Nel secondo in particolare vi è una richiesta di condanna della violenza dovuta al fanatismo religioso. Essa si riferisce perlopiù all’affare Calas,giustiziato nel 1762 per aver, apparentemente, ucciso il figlio che voleva convertirsi al cattolicesimo. Così dopo anni di battaglia giudiziario - culturale Voltaire e i suoi ristabilirono la famiglia Calas. Nel trattato inoltre affronta il tema del racconto filosofico Micromegas,ovvero il viaggio sulla terra di ultraterrestri,e ne emerge una non idoneità dell’uomo rispetto al cosmo immenso e perfetto e la necessità di un Dio giusto volto a governarlo. Dunque il concetto di tolleranza deriva dall’idea che i contrasti tra gli uomini nella dimensione dell’infinito,non sono altro che piccole differenze. Parallelamente al deismo si svilupparono ateismo,che nega l’esistenza di Dio,e agnosticismo,che esprime l’impossibilità di spiegare razionalmente l’argomento. Il modello di riferimento fu David Hume,autore di Trattato sulla natura umana,dei Dialoghi sulla religione naturale, di La storia naturale della religione,dove esprime che la conoscenza di Dio non si basa sull’esperienza ma su un bisogno psicologico di sicurezza e di un fondamento sociale degli uomini.

  1. LA CRITICA SOCIALE E IL MODELLO POLITICO INGLESE

La cultura dei lumi aveva un’essenziale finalità riformistica: la luce della ragione doveva rischiarare non solo il sapere tradizionalmente inteso, ma anche e soprattutto la vita pubblica e il costume e quindi l’ordine sociale e le istituzioni politiche. Non a caso gli eventi rivoluzionari di fine secolo vengono riferiti, alle posizioni degli illuministi.
Sul piano sociale e politico gli intellettuali illuminati assumevano atteggiamenti differenti. Particolarmente acuta era la polemica anticlericale che contestava duramente l’egemonia culturale esercitata dalla Chiesa sull’intera società. Meno univoca era la posizione riguardo l’aristocrazia: in parte perché in molti casi gli esponenti di questa classe sposavano la causa delle riforme ed erano illuministi, in parte perché era diffuso il timore che il livellamento sociale potesse favorire l’insurrezione dei ceti popolari, temuta sia dall’aristocrazia, sia dalla borghesia.
In genere l’Illuminismo francese fece riferimento alla situazione politica inglese come a un modello valido e universalmente applicabile. I filosofi illuministi condividevano alcuni principi fondamentali: il riconoscimento della sovranità originaria della nazione; la presenza di una carta costituzionale per sancire diritti individuali quali la libertà e la proprietà privata; una forma di governo e una prassi di esercizio del potere vincolate al rispetto dei diritti costituzionali; la separazione dei poteri allo scopo di preservare il governo dai rischi di dispotismo; la presenza di una camera elettiva, espressione della rappresentanza popolare.
Il modello parlamentare inglese mostrava come si potessero far convivere i principi della monarchia costituzionale, i privilegi dell’aristocrazia e la partecipazione della borghesia alle decisioni politiche. Il modello inglese prevedeva una camera elettiva (comuni), ma anche una camera di nomina regia che rappresentava l’aristocrazia e i cui membri (lords) erano nominati a vitae trasmettevano la carica ai propri eredi. In Inghilterra concezione liberale e principio democratico restavano ben distinti. Vi era un limite di censo al diritto di voto, per cui la differenza fra cittadini attivi (elettori ed eleggibili) e passivi ( che godevano cioè soltanto dell’eguaglianza dinanzi alla legge) era la sua caratteristica dominante.
Del resto, la progressiva estensione del diritto di voto fino al suffragio universale ( e solo maschile) sarà un processo molto lungo, che richiederà tutto l’Ottocento.

  • L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO
  • FEDERICO II, MARIA TERESA E GIUSEPPE II

A metà Settecento nacque una nuova forma di dispotismo, che fu definito illuminato perché cercò di dare attuazione a riforme con metodi propri della monarchia assoluta. Sono annoverati fra i primi sovrani illuminati, sia il re di Prussia Federico II sia gli imperatori d’Austria, prima Maria Teresa e poi suo figlio Giuseppe II. Ancor prima di salire al trono, Federico II era sembrato incarnare l’ideale di sovrano sognato dagli intellettuali. L’interesse di Federico II per la cultura era dovuto esclusivamente alla voglia di fare crescere il prestigio internazionale della Prussia.
Maria Teresa e Giuseppe II svolsero un’ attività riformatrice molto più incisiva del sovrano di Prussia. Nel 1745 il marito di Maria Teresa, Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana, aveva ottenuto il titolo d’imperatore col nome di Francesco I, ma fu sempre Maria Teresa a esercitare il potere effettivo, come erede del trono asburgico d’Austria. Maria Teresa era profondamente cattolica ed evitò una rottura con la Chiesa, ma volle limitare l’influenza ecclesiastica negli affari dello Stato e perciò nel 1773 espulse dall’ Austria i gesuiti. Maria Teresa soppresse anche molti monasteri per limitare la potenza economica della Chiese, incamerandone una parte dei beni.
Nel 1765, alla morte di Francesco I, Maria Teresa associò al trono il figlio Giuseppe, che in un primo tempo dovette perciò dividere il potere con lei. Solo nel 1780, alla morte della madre, Giuseppe II poté attuare una più originale linea di governo, che fu chiamata giuseppismo. Egli diede alla sua politica un’impronta antiecclesiastica, concedendo una certa libertà di culto ai non cattolici: con la patente di tolleranza rese lecito il culto dei protestanti e dei greco-ortodossi. Giuseppe II chiuse più di 700 monasteri e costrinse 36000 monaci a lasciare i loro ordini. In politica economica egli agevolò lo sviluppo delle manifatture, grazie alla soppressione delle residue corporazioni e all’eliminazione dei dazi e delle gabelle che ostacolavano il commercio interno. Nel 1787 fece approvare un nuovo codice penale che proibiva la tortura, aboliva la pena di morte e, inoltre, rendeva tutti i cittadini uguali di fronte la legge. Le riforme di Giuseppe II suscitarono malcontento tra le file della nobiltà, costretta a pagare le imposte dovute alla formazione di un catasto. Il successore fu Leopoldo II che salì al trono nel 1790, anno in cui era già scoppiata la rivoluzione francese.        

  • CATERINA II E LA FINE DELLA POLONIA

Importante figura dell’assolutismo illuminato fu la zarina di Russia Caterina II. Salita al trono nel 1762 , fu in rapporti con alcuni tra i maggiori intellettuali europei, in particolare con Voltaire e  Diderot. La Russia restò uno stato autocratico e le stesse riforme furono attuate in maniera autoritaria. Sul piano culturale l’intento riformatore fu evidente: l’imperatrice promosse l’apertura di scuole pubbliche e concesse una limitata libertà di stampare opera d’ispirazione riformistica, fece adottare il francese, che diventò la lingua preferita della nobiltà russa.
Caterina II procedette alla requisizione di numerose proprietà ecclesiastiche e in tal modo limitò l’influenza del clero. Non cercò di ridurre il peso dei nobili: lasciò loro infatti diversi privilegi, come il diritto di avere propri tribunali e di possedere terre e contadini. I contadini nel 1773 insorsero ma rivolta fu repressa e il capo ucciso.  La politica estera di Caterina II mirò a rafforzare la spinta russa verso il centro dell’Europa e lungo le coste del mar Nero.
Alla morte di Augusto III di Sassonia salì sul trono polacco, Stanislao II Augusto Poniatowski, convinto della necessità di una politica riformatrice. Nonostante avesse appoggiato la sua elezione, Caterina II, approfittando di una rivolta dei nobili contro Poniatowski, fece intervenire l’esercito russo. A conclusione di un conflitto cui parteciparono anche Prussia e Austria a fianco della Russia e l’Impero ottomano a favore dei Polacchi. Nel 1772 ci fu la prima spartizione della Polonia. La Russia si impadronì di una vasta parte del territorio polacco e tolse all’Impero ottomano la Crimea e altre zone costiere sul mar Nero. In seguito ci furono altre due spartizioni, esse si verificarono dopo che la rivoluzione americana contro gli Inglesi e la rivoluzione francese avevano fatto sperare nella vittoria degli ideali di libertà e d’indipendenza. La Polonia fu schiacciata dalla superiorità militare dei Russi, Austriaci e Prussiani e perse l’indipendenza.

  • ILLUMINISMO IN ITALIA
  • LE RIFORME IN LOMBARDIA E IN TOSCANA

L’influenza dell’attività dei sovrani austriaci si fece sentire nell’Italia Settentrionale e Centrale. Il predominio austriaco ebbe effetti benefici in Lombardia che nella seconda metà del Settecento ebbe una crescita più costante. Gli imperatori d’Austria volevano ricavare dalla ricca Lombardia le maggiori entrate possibili. Per riuscirvi, dovevano accrescere la ricchezza della regione, aumentandone le capacità produttive. Proprio su questo fine ci fu la riforma più importante quella del catasto che fu portato a termine da Maria Teresa, fu perciò chiamato “Catasto Teresiano”. La sua esatta compilazione era necessaria per rendere più efficace  l’imposizione fiscale, compresi i nobili che avevano goduto il privilegio dell’esenzione dalle tasse.
La formazione del catasto favorì lo sviluppo dell’agricoltura. I proprietari continuarono a pagare le tasse fissate nel catasto teresiano; anche se grazie a nuovi investimenti aumentava la capacità delle loro terre di produrre profitti. Quindi era conveniente investire denaro nell’agricoltura. Anche il commercio fu favorito grazie all’abolizione di tutti i dazi e pedaggi. Erano imposte frequenti limitazione alla vendita dei cereali al di fuori del luogo di produzione, dovute alla paura che le speculazioni dei mercanti provocassero carestie. Nel 1786 fu concessa la libera esportazione dei cereali. La Lombardia vide anche rivolte che affermavano la sovranità dello stato di fronte alla Chiesa. Fu inoltre promossa l’istruzione pubblica
Tra coloro che collaborarono all’azione di riforma in Lombardia ci fu anche Pompeo Neri che fu incaricato presidente della giunta incaricato dal catasto lombardo. Quando nel 1745 Francesco salì al trono imperiale, il granducato fu governato da un consiglio di reggenza  fino alla sua morte. Fu allora nominato granduca Pietro Leopoldo I convinto di tenere a freno la nobiltà per realizzare delle riforme. Egli diede nuovo impulso all’attività riformatrice.
La libertà di commercio risolse soltanto in parte il problema dell’annona (politica degli approvvigionamenti alimentari). In Toscana erano molto diffuse le grandi proprietà nobiliari o ecclesiastiche, all’interno delle quali c’era la mezzadria. Il mezzadro riceveva un campo da coltivare  una casa colonica. La mezzadria portava vantaggi e svantaggi. I contadini trovavano quasi sempre i mezzi per vivere senza stenti anche se a volte ricorrevano a prestiti e si indebitavano con i proprietari.

  • IL REGNO DI NAPOLI

Nel 1734 anche il Mezzogiorno d’Italia era diventato autonomo rimase sempre molto lontano dagli sviluppi che invece caratterizzarono il Milanese, che si trovava sotto potere austriaco, soprattutto perché il sovrano Carlo III non avendo promosso alcuna riforma fu chiamato ad occupare il trono in Spagna.
Il governo del Regno fu quindi assunto da un consiglio di Reggenza di cui faceva parte Bernardo Tanucci, in attesa che Ferdinando IV raggiungesse la maggiore età, la cui politica si orientò soprattutto a limitare il potere della Chiesa nel Regno piuttosto che a promuovere riforme per lo sviluppo del Regno.
L’economia del Mezzogiorno si basava sull’agricoltura, praticata con metodi abbastanza tradizionali e non moderni, e sull’esistenza di diverse grandi aziende, dette masserie, che si occupavano della fornitura di ingenti quantità di grano per l’approvvigionamento della capitale e che non erano però imprese capitalistiche poiché i loro profitti non venivano reinvestiti. Anche le aziende feudali si occupano della fornitura del grano alla capitale i contadini  pagavano un censo in natura  e disponevano di grandi quantità di grano da rivendere.
Molta era la sproporzione tra Napoli e le province; la capitale era troppo popolata e si temevano rischi sia  riguardo alle carestie sia alla liberalizzazione del grano; per questo era in vigore l’istituzione dell’annona che svolgeva un controllo equilibrato su tale commercio. Inoltre i contadini non possedendo case coloniche vivevano in centri urbani da cui dovevano spostarsi per recarsi nelle campagne circostanti che erano per questo spopolate. Lo scenario agrario del Mezzogiorno era quindi molto diverso da quello toscano.

 

 

Fonte: http://classe4ba.altervista.org/CAPITOLO_IV.doc

Sito web da visitare: http://classe4ba.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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