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Storia d´Italia – Parte I
Dal Congesso di Vienna alla Prima Guerra Mondiale
Si tratta di espressioni di un disagio dato dalla sempre più evidente inadeguatezza delle strutture politiche, in rapporto alla crescita economica.
La situazione italiana si può così esprimere:
La protesta si trasforma ben presto nella Prima Guerra di Indipendenza, con l´intervento a sostegno degli insorti inizialmente di truppe inviate da tutti i principali stati italiani (guerra federalista) e poi solo dal Regno di Sardegna (guerra regia). Ma nessun esercito, nessuna tesi, nessuna tendenza si dimostra in grado di reggere alla prova dei fatti. Il fallimento del moto di rinnovamento, sebbene carico di fruttuose conseguenze, evidenzia la generale arretratezza del paese, oltre che l´incapacità dei progressisti di coinvolgere il popolo.
Il termine Risorgimento indica quel complesso processo culturale, politico, insurrezionale e militare, che ha come momento culminante la realizzazione dell´Unità d´Italia. Si presenta quale articolata espressione di vari fattori, la cui concomitanza è decisiva per il concreto realizzarsi del progetto politico unitario:
Nel suo complesso il movimento risorgimentale ha carattere elittario, espressione dell´ancor debole borghesia industriale e commerciale e della parte più evoluta della borghesia agraria. Tuttavia indispensabile risulta essere l´opera di sensibilizzazione nei confronti dell´opinione pubblica che si esprime nel ricco e articolato dibattito risorgimentale. Al suo interno varie e contrapposte sono le tendenze:
Area democratico – rivoluzionaria
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Area moderato – riformista
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Gli eventi di quegli anni si possono così riassumere:
Ma sono evidenti a tutti i problemi del nuovo Stato.
Allegato 1: Garibaldi e la spedizione di Mille
La prima giovinezza
Garibaldi, l'eroe più popolare del Risorgimento italiano, uno dei principali protagonisti dell'unità d'Italia, nacque a Nizza il 4 Luglio 1807 da Domenico, di Chiavari, e Rosa Raimondi, di Loano. Il padre possedeva una tartana, con la quale praticava il cabotaggio.
Egli tuttavia avrebbe voluto avviare Giuseppe, suo secondogenito, per una carriera come avvocato o medico, o anche prete. Il figlio, però, amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita sul mare. Vedendosi contrariato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso Genova con alcuni compagni; ma fu fermato e ricondotto a casa. Il padre si decise a lasciargli seguire la carriera marittima ed egli la cominciò come mozzo a 15 anni. Durante uno dei suoi viaggi, a Taganrog (mare d'Azov), fece amicizia con un affiliato alla Giovine Italia, la società segreta fondata da Mazzini, alla quale egli stesso si iscrisse con il nome di Borel, spintovi dai suoi sentimenti patriottici.
Nel 1833, dopo essersi incontrato a Marsiglia con Mazzini, si arruolò nella marina sarda per il servizio di leva marittima; fu allora incaricato di predisporre un'insurrezione a Genova, contemporaneamente ai moti mazziniani in Savoia; ma Garibaldi non riuscì ad avere contatti con i suoi compagni, sicché dovette fuggire a Marsiglia dove venne a conoscenza della sua condanna a morte per tradimento(1834).
Garibaldi in America
Dopo qualche viaggio nel Mediterraneo, su nave mercantile e nella marina del bey di Tunisi, partì per l'America del Sud, raggiungendo Rio de Janeiro nel 1836. In unione ad un altro esule italiano, Luigi Rossetti, tentò di lavorare nel commercio marittimo ma senza risultati. Appoggiò allora i ribelli repubblicani del Rio Grande, insorti contro il governo imperiale di Don Pedro II, esercitando per loro la guerra da corsa contro il Brasile, lungo le coste e i fiumi del Brasile, dell'Uruguay e dell'Argentina.
Dopo molte peripezie ed aver preso parte a diverse azioni belliche, lasciò la regione, recandosi, nel 1841, a Montevideo. Al soggiorno riograndese risale il suo incontro con Anita, l'innamoramento, l'abbandono del marito per seguire l'eroe e la nascita nel 1840 del primogenito Menotti, cui seguirono Teresita e Ricciotti. Morto poi il marito, il 26 marzo 1842, Giuseppe e Anita poterono unirsi in matrimonio a Montevideo.
Anche nell'Uruguay, Garibaldi prese a combattere in favore di quel paese che lottava contro l'Argentina. Comandante di alcune flottiglie, fu in questo periodo che creò la Legione Italiana, che condusse, vestita di quelle camicie rosse che un giorno diverranno leggendarie, in diverse valorose azioni, come nei combattimenti del Cerro, del Salto e sul fiumicello S. Antonio. Quest'ultima battaglia mise in luce le qualità militari di Garibaldi, nominato generale, e nel 1847, capo della difesa di Montevideo.
Il 1848, la difesa di Roma
Le speranze suscitate nei patrioti italiani dall'elezione di Pio IX al soglio pontificio, spinsero Garibaldi ad offrire al pontefice la propria legione. L'offerta non fu accettata; tuttavia, Garibaldi partì ugualmente per l'Italia sbarcando a Nizza nel giugno 1848, quando già le truppe di Carlo Alberto erano in marcia contro gli Austriaci. Nonostante il parere contrario di Mazzini, non esitò allora ad offrirsi con le sue truppe al re, che però non volle inquadrarlo nell'esercito. Si pose allora alla testa di alcuni battaglioni volontari, ma l'armistizio di Solasco lo sorprese quando era ancora nella fase organizzativa. Ribellatosi alla tregua, con le sole sue forze batté gli Austriaci a Luino, occupando Varese, ma, attaccato da forze superiori a Morazzone, faticò poi a disimpegnarsi e a ritirarsi in Svizzera. Tornato a Genova, fu eletto deputato ma anziché sedere in Parlamento, preferì recarsi nell'Italia centrale organizzando una legione in appoggio al governo provvisorio di Roma. Proclamata la Repubblica Romana (9 febbraio 1849), fu nominato generale comandante delle truppe della città, battendo i Francesi a Porta San Pancrazio e i Napoletani a Palestrina. Gli attacchi in massa sferrati dai Francesi ebbero tuttavia ragione dell'eroica resistenza delle truppe garibaldine al Gianicolo a villa Corsini - ove si coprirono di gloria Manara, Dandolo, Mameli, Bixio - e ancora a villa Spada. Il 2 luglio Garibaldi fu costretto a lasciare la città, incalzato da ogni parte dai nemici
La ritirata da Roma, il nuovo esilio e il ritorno
Giunto dopo lunghe peripezie e con una marcia leggendaria a San Marino, fece deporre le armi ai suoi soldati, proseguendo poi con solo 250 uomini per Cesenatico. Imbarcato su alcuni bragozzi, che presto furono catturati dalle navi austriache, riuscì a stento a sbarcare a Magnavacca (oggi Porto Garibaldi). Congedati i suoi continuò a piedi con un solo compagno, il capitano Leggero. Nella cascina Guiccioli, Anita, incinta e gravemente ammalata, che lo aveva sempre seguito in ogni sua avventura, gli moriva tra le braccia. All'eroe neppure è concesso il conforto di seppellirla: braccato dagli austro-papali è costretto a riprendere la fuga. Con l'aiuto di diversi patrioti, Garibaldi riesce a raggiungere Portovenere (presso La Spezia), ma il governo sardo, onde evitare comprensibili complicazioni di natura politica lo invita ad emigrare.
Fu allora a Tangeri, poi a New York ove trova lavoro in una fabbrica di candele, quindi nell'America meridionale e centrale, poi in Cina, dedicandosi al cabotaggio; quindi ritorna a New York, sosta in Inghilterra e nel 1854 è a Nizza finché, nel 1857 può ritirarsi nell'isolotto di Caprera, dove aveva acquistato alcuni terreni, e dedicarsi all'agricoltura. Pur nel silenzio però continua a mantenere rapporti epistolari con i patrioti italiani. Si allontanava intanto sempre più dal Mazzini e aderiva alla monarchia sabauda purché questa facesse sua la causa italiana.
Il 1859
Nel 1859, su invito di Vittorio Emanuele II, assunse, con il grado di generale dell'esercito sardo, il comando di un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi e fu allora che essi ebbero il loro inno "si scopron le tombe, si levan i morti", dettato dal Mercantini e musicato dall'Olivieri. Scoppiata la guerra, Garibaldi ebbe il compito di operare sulle sponde del lago Maggiore contro l'estrema ala destra austriaca; cooperò quindi alle azioni per la 2ª Guerra d'Indipendenza con l'occupazione di Varese e di Como e con la presa di San Fermo; dopo la battaglia di Magenta entrò in Bergamo e Brescia, sostenendo poi numerosi scontri in Valtellina. Dopo l'armistizio di Villafranca, si dimise dall'esercito e si pose prima al servizio della Lega fra Toscana, ducati e Romagna, in sottordine al generale Fanti, anelando ad una insurrezione dello Stato Pontificio e del Regno delle due Sicilie. Dissuaso dal re stesso, lasciò il comando e si ritirò a Genova. In quell'epoca (24 gennaio 1860) sposò la marchesina Giuseppina Raimondi di Fino Mornasco (Como), lasciandola però lo stesso giorno delle nozze, essendo stato avvisato della sua infedeltà.
La spedizione dei mille
L'insurrezione di Palermo del 4 Aprile 1860 suscitò in lui un nuovo entusiasmo patriottico; con un po' d'armi e due vecchi piroscafi, con circa mille ardimentosi, Garibaldi il 5 Maggio lasciava Quarto presso Genova, diretto verso la Sicilia. Sei giorni più tardi sbarcava a Marsala; a Salemi si proclamava dittatore in nome del re d'Italia. La vittoria di Calatafimi e la conquista di Palermo significarono la liberazione di tutta la Sicilia, mentre da ogni parte arrivavano sempre nuovi volontari a rinforzare il suo piccolo esercito. Cadute Milazzo, Messina, Siracusa ed Augusta, Garibaldi il 19 agosto sbarcava sul continente, conquistando Reggio e poi marciando rapidamente su Napoli, favorito dai moti popolari che ovunque scoppiavano contro i Borboni. Cavour nel timore di una rottura con la Francia e di un pronunciamento repubblicano da parte dei garibaldini, tentò di affrettare l'annessione al regno dell'Italia meridionale, attirandosi lo sdegno di Garibaldi che avrebbe voluto affidare al re l'Italia unita solo dopo la conquista di Roma che avrebbe dovuto esserne la capitale. Mentre le truppe regie dalle Marche e dall'Umbria marciavano verso il Napoletano, Garibaldi riuscì a trasformare in una sonante vittoria l'offensiva iniziata dai Borboni sul Volturno. Si accordò allora con le truppe regolari, andando incontro a Vittorio Emanuele II a Teano, ed accompagnandolo il 7 novembre a Napoli dove il popolo aveva trionfalmente proclamato l'annessione al regno di Sardegna. Consegnata la città nelle mani del re Garibaldi tornò nel suo solitario rifugio di Caprera, con un sacco di sementi e poche centinaia di lire, dopo aver rifiutato il grado di generale d'armata, il collare dell'Annunziata e dotazioni per i figli.
Nel 1862, durante un viaggio in Sicilia, fu accolto da grandi manifestazioni popolari in favore della liberazione di Roma, sicché , postosi a capo di un gruppo di volontari, partì da Catania il 24 agosto e sbarcando in Calabria presso Mileto, con l'intenzione di proseguire al nord. Ma truppe regie furono costrette a fermarlo il 29 ad Aspromonte dove rimase ferito al piede.
Nel 1864 si recò in Inghilterra dove si incontrò con Mazzini, nel tentativo di convincerlo ad appoggiare, per il bene della patria, l'unione dell'Italia sotto i Savoia. Lì accettò la cittadinanza offertagli da Londra ma rifiutò 5.000 sterline raccolte per sottoscrizione.
Due anni più tardi, operò nel Trentino nella guerra combattuta contro l'Austria a fianco dell'alleato prussiano; l'armistizio lo sorprese mentre stava per raggiungere Trento: all'ordine di abbandonare la zona rispose così "Ho ricevuto dispaccio 1072. Obbedisco". Non rinunciò successivamente all'idea di liberare Roma: riuscì a sbarcare a Vada presso Livorno il 19 ottobre 1867, marciando poi su Roma, mentre l'insurrezione in città falliva con la sconfitta e il sacrificio dei Cairoli a villa Glori. Per tale motivo, pur avendo conquistato Monterotondo, Garibaldi fu costretto a ritirarsi.
Gli ultimi anni
La liberazione di Roma nel 1870, non vide presenti le camicie rosse che tanto sangue avevano versato per quella città. Nell'ottobre si mise al sevizio della Francia conquistando Digione. Dopo la sconfitta francese rientrò in Italia dedicandosi alla vita politica appoggiando le idee della sinistra; in questo periodo scrisse anche un poema e 4 romanzi e le Memorie, tutti di carattere autobiografico.
Il 26 gennaio 1880 - ottenuto finalmente l'annullamento del matrimonio con la Raimondi - sposò Francesca Armosino dalla quale aveva già avuto 3 figli: Clelia, Teresita e Manlio. All'inizio del 1882 fece un viaggio in Sicilia accolto con enorme entusiasmo; pochi mesi più tardi, il 2 giugno, si spegneva a Caprera al cospetto di quel mare ch'egli aveva tanto amato.
Allegato 2: Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour
Nacque il 10 agosto 1810 a Torino, capoluogo allora d'un dipartimento dell'impero napoleonico e morì sempre a Torino nel 1861. Secondogenito del marchese Michele e della ginevrina Adele di Sellon, Cavour fu da giovane ufficiale dell'esercito. Lasciata nel 1831 la vita militare, per quattro anni viaggiò in Europa, studiando particolarmente gli effetti della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, Francia e Svizzera e assumendo i principi economici, sociali e politici del sistema liberale britannico.
Rientrato in Piemonte nel 1835, si occupò soprattutto di agricoltura e si interessò anche di economie e della diffusione di scuole ed asili. Grazie alla sua attività commerciale e bancaria Cavour divenne uno degli uomini più ricchi del Piemonte.
La fondazione nel dicembre 1847 del quotidiano Il Risorgimento segnò l'avvio del suo impegno politico: solo una profonda ristrutturazione delle istituzioni politiche piemontesi e la creazione di uno Stato territorialmente ampio e unito in Italia avrebbero, secondo Cavour, reso possibile il processo di sviluppo e crescita economico-sociale da lui promosso con le iniziative degli anni precedenti.
Nel 1850, essendosi messo in evidenza nella difesa delle leggi Siccardi (promosse per diminuire i privilegi riconosciuti al clero, prevedevano l'abolizione del tribunale ecclesiastico, del diritto d'asilo nelle chiese e nei conventi, la riduzione del numero delle festività religiose e il divieto per le corporazioni ecclesiastiche di acquistare beni, ricevere eredità o donazioni senza ricevere il consenso del Governo), Cavour fu chiamato a far parte del gabinetto d'Azeglio come ministro dell'agricoltura, del commercio e della marina. Successivamente fu nominato ministro delle Finanze e con tale carica egli assunse ben presto una posizione di primo piano, fino a diventare egli stesso presidente del Consiglio (4 novembre 1852).
Quando fu nominato presidente del Consiglio, egli aveva già in mente un programma politico ben chiaro e definito ed era deciso a realizzarlo, pur non ignorando le difficoltà che avrebbe dovuto superare. L'ostacolo principale gli derivava dal fatto di non godere la simpatia dei settori estremi del Parlamento, in quanto la sinistra non credeva alle sue intenzioni riformatrici, mentre per le Destre egli era addirittura un pericoloso giacobino, un rivoluzionario demolitore di tradizioni ormai secolari. In politica interna egli mirò innanzitutto a fare del Piemonte uno Stato costituzionale, ispirato ad un liberismo misurato e progressivo, nel quale la libertà fosse la premessa di ogni iniziativa. Convinto com'era che i progressi economici sono estremamente importanti per la vita politica di un paese egli si dedicò ad un radicale rinnovamento dell'economia piemontese:
l'agricoltura: venne valorizzata e modernizzata grazie ad un sempre più diffuso uso dei concimi chimici e ad una vasta opera di canalizzazione destinata ad eliminare le frequenti carestie dovute a mancanza d'acqua per l'irrigazione e a facilitare il trasporto dei prodotti agricoli;
l'industria: venne rinnovata ed irrobustita attraverso la creazione di nuove fabbriche e il potenziamento di quelle già esistenti specialmente nel settore tessile;
il commercio: fondato sul libero scambio interno ed estero e agevolato da una serie di trattati con la Francia, il Belgio e l'Olanda (1851-1858) subì un forte aumento .
Inoltre provvide:
a rinnovare il sistema fiscale, basandolo non solo sulle imposte indirette ma anche su quelle dirette, che colpiscono soprattutto i grandi redditi;
al potenziamento delle banche con l'istituzione di una "Banca Nazionale" per la concessione di prestiti ad interesse non molto elevato.
Il progressivo consolidamento politico, economico e militare, spinse Cavour verso un'audace politica estera, capace di far uscire il Piemonte dall'isolamento. In un primo momento egli non aveva creduto opportuno distaccarsi dal vecchio programma di Carlo Alberto tendente all'allontanamento dell'Austria dal Lombardo-Veneto e alla conseguente unificazione dell'Italia settentrionale sotto la monarchia sabauda, tuttavia in seguito avvertì la possibilità di allargare in senso nazionale la sua politica, aderendo al programma unitario di Mazzini, sia pure su basi monarchiche e liberali. Comunque il primo passo da fare era quello di imporre il problema italiano all'attenzione europea e a ciò per l'appunto egli mirò con tutto il suo ingegno. Il 21 luglio 1858, incontrò Napoleone III a Plombières dove furono gettate le basi di un'alleanza contro l'Austria. Il trattato ufficiale stabiliva che:
la Francia sarebbe intervenuta a fianco del Piemonte, solo se l'Austria lo avesse aggredito;
in caso di vittoria, si sarebbero formati in Italia quattro Stati riuniti in una sola confederazione posta sotto la presidenza onoraria del Papa ma dominata sostanzialmente dal Piemonte: uno nell'Italia settentrionale con l'annessione al regno di Sardegna del Lombardo-Veneto, dei ducati di Parma e Modena e della restante parte dell'Emilia; uno nell'Italia centrale, comprendente la Toscana, le Marche e l'Umbria; un terzo nell'Italia meridionale corrispondente al Regno delle Due Sicilie; un quarto, infine, formato dallo Stato Pontificio con Roma e dintorni.
in compenso dell'aiuto prestato dalla Francia il Piemonte avrebbe ceduto a Napoleone III il Ducato di Savoia e la Contea di Nizza.
Appare evidente che un simile trattato non teneva assolutamente conto delle aspirazioni unitarie della maggior parte della popolazione italiana, esso mirava unicamente ad eliminare il predominio austriaco dalla penisola.
La II guerra d'indipendenza permise l'acquisizione della Lombardia, ma l'estendersi del movimento democratico-nazionale suscitò nei francesi il timore del crearsi uno Stato Italiano unitario troppo forte: l'armistizio di Villafranca provocò il temporaneo congelamento dei moti e la decisione di Cavour di allontanarsi dalla guida del governo.
Ritornato alla presidenza del Consiglio egli riuscì comunque ad utilizzare a proprio vantaggio la momentanea freddezza nei rapporti con la Francia, quando di fronte alla Spedizione dei Mille e alla liberazione dell'Italia meridionale potè ordinare la contemporanea invasione dello Stato Pontificio. L'abilità diplomatica di Cavour nel mantenere il consenso delle potenze europee e la fedeltà di Garibaldi al motto "Italia e Vittorio Emanuele" portarono così il 17 marzo 1861 alla proclamazione del Regno d'Italia.
Bibliografia:
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EUWrB = Europäisches Wirtschaftsrecht-Bibliothek, Schillerstr.1-4, ERL.
JuB = Juristische Bibliothek, Schillerstr. 1, ERL. Doz = di proprietà della docente
Manuali generali
Camera Augusto/Fabietti Renato, L’eta contemporanea, Bologna 1987 [HA]
Candeloro G., Storia dell’Italia moderna, Milano: Feltrinelli 1986-94, 11 vol.
[WiSoB]
Carocci Giampiero, Storia d’Italia dall’Unità ad oggi. Milano: Feltrinelli 1990 [WiSoB]
Chabod Federico, L’Italia contemporanea (1918-1948), Torino: Einaudi 1961
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Diario d‘Italia 1815-1994: dal Congresso di Vienna alla II Repubblica. Supplemento a «Il Giornale», Compact De Agostini, 1994 [HA]
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Lill Rudolf,Geschichte Italiens in der Neuzeit, Darmstadt 1986
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Romano Sergio, Storia d'Italia dal Risorgimento ai nostri giorni, Longanesi 1998
Smith Denis Mack, Storia d'Italia dal 1861 al 1997, Roma-Bari:Laterza 1997
**Ugo Gianluigi, Piccola storia d’Italia, Perugia: Guerra Edizioni 1994 [HA]
Risorgimento
Cafagna Luciano, Cavour, Il Mulino 1999
Mormorio Diego, Il Risorgimento 1848-1870, Editori Riuniti
Suggerimenti letterari:
Antonio Fogazzaro, Piccolo mondo antico
Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano
Luigi Settembrini, Le ricordanze della mia vita
Massimo D'Azeglio, I miei ricordi
Giuseppe Cesare Abba, Da quarto al Volturno
Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani
Salvator Gotta, Ottocento
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo
Federico De Roberti, I Vicerè
Autori contemporanei:
Antonio Scurati, Una storia romantica
Luigi Guarnieri, I sentieri del cielo
Valerio Evangelisti/AntonioMoresco, Controinsurrezioni
Enrico Solito, All'ombra del pino.
Fonte: http://www.sz.uni-erlangen.de/intern/templates/course1/gadondol/download/course3/Dal%20Congresso%20di%20Vienna%20alla%20Prima%20Guerra%20Mondiale.doc
Sito web da visitare: http://www.sz.uni-erlangen.de/
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