Espressionismo

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Espressionismo

L'origine dell'espressionismo moderno va ricercata nelle tensioni pitto­riche, socio-culturali e architettoniche che hanno prodotto lo stile di fine secolo dell'Art Nouveau. Tra quelle architettoniche spicca la figura di Gottfried Semper il quale viene riconosciuto come il codificatore dell'ornamentazione dinamica , ovvero di un’espressione in grado di attivare particolari stati emotivi per mezzo dell'architettura.
Sia nelle arti figurative che in architettura l'atteggiamento culturale dell'espressioni­smo è caratterizzato dalla negazione di ogni esperienza artistico-compositiva a priori e dalla ricerca di un continuo rinnovamento linguistico. E' più importante l'esperienza diretta, che porta a scoprire la realtà nelle sue manifestazioni, piuttosto che l'acquisizione nozionistica derivante da un indottrinamento non esperito.
Non vi sono regole codificate in architettura dato che l'espressionismo "tende a negare una sintassi comunicabile, e a ricercare piuttosto in ogni opera le proprie regole creative e va quindi giudicata proprio sul piano dello scontro della realtà e dell'occasione".
Sichtbarkeit, einfuhlung e volksgeist sono unite da un nuovo carattere linguistico che rifiuta ogni gestalt architettonica derivante dall'eclettismo storicistico, pronto a recepire lo zeitgeist come impegno partecipativo alla realtà moderna. Attraverso un grado di sperimen­tazione illimitato delle caratteristiche di liquidità e di plasticità del cemento armato, l'espressionismo invalida il pro­cesso creativo spaziale come addizione di interventi seriali e discreti derivanti sia dalla stereometria classica che dalle regole incipienti del moderno, per affermare il primato della continuità delle forme e degli spa­zi dell'architettura. All'interno di questa ricerca si sviluppa il lavoro di un precursore dell'Art Nouveau, Henry Van de Velde che con il Werkbundtheater progettato per l'esposizione organizzata a Colonia dal Werkbund nel 1914, scandisce una fase di passaggio tra il protorazionalismo e l'espressionismo. Ma sarà la tridimen­sionalità antiprospettica di Erich Mendelsohn a completare i caratteri del codice-stile che troverà nella torre Einstein a Potsdam del 1920-24, la composizione più emblematica.
Bruno Taut, leader del Novembergruppe, ribaltando il rapporto tra forma e funzione espresso da Sullivan scri­verà:

"(...) non sono le esigenze pratiche, ma la fantasia della forma a generare l'architettura. Così si dimostra che ciò che determina la volontà dell'architetto è qualcosa di completamente diverso dall'assoggettamento alle necessità funzionali e si chiarisce che questa volontà sta al di là di ciò che è essenzialmente pratico e che la maggior aspirazione dell'architetto è quel tipo di edifici in cui le istanze pratiche hanno un peso insignificante o addirittura nullo. In ogni epoca di splendore culturale tutti mirano a un'architettura che si elevi al di sopra delle strette necessità materiali e in questo senso si orientano le scelte architettoniche del periodo."

In Olanda si compie una delle maggiori diaspore della cultura architettonica contemporanea che avrà come poli opposti e inconciliabili l’espressionismo “Wendingen” della Scuola di Amsterdam da un lato, e l’astrazione neoplastica “De Stijl” con il suo centro a L’Aja dall’altro.
Tra i primi, Michel de Klerk (1884-1923), Pieter Lodewijk Kramer (1881-1961), Johan Melchior van der Mey (1878-1949), tutti facenti parte dell’atelier di E. Cuypers ai primissimi del ‘900, cercavano di esprimere il carattere delle città olandesi e in particolare della “Venezia fiamminga”. In essa sono presenti continui rimandi al linguaggio marittimo, come se le strade e i canali della città rappresentassero il mare e gli edifici le navi, e dove, quindi, edifici e città tendono a fondersi gli uni nell’altra creando un paesaggio urbano unico per continuità, carattere e intensità. Sono i bambini che vivono il quartiere a giovarsene, insieme alle donne che trascorrono gran parte del proprio tempo nel luogo di residenza, ma anche gli uomini che quando tornano a casa stanchi dal lavoro si meritano di vivere in un quartiere progettato a misura d’uomo.

 

“Come possiamo ringraziare questo lavoratore coraggioso per ciò che ha fatto per i nostri figli (…)? Non è magnifico, dopo la fatica del giorno, ritornare in una casa costruita di pura gioia? Non è come se ogni mattone ci chiamasse, venite o lavoratori, e riposate nelle vostre case”.

Wendingen, l’organo editoriale del gruppo, non fu una vera e propria rivista ma piuttosto un giornale, il giornale della Scuola di Amsterdam, e la sua redazione più che pubblicare manifesti ideologici si poneva l’obbligo di essere fedele a una linea culturale eroica, per la quale non vi sarebbe dovuta essere scissione tra architettura e urbanistica.
Tra i principali animatori dell'espressionismo troviamo: Fritz Höger che dà nuovo vigore al codice con la Chilehaus del 1923, una grande “nave” che transita per le strade di Amburgo; Kurt Schwitters che nella casa ad Hannover del 1924 decostruisce i nessi sintattici dello spazio approdando a un pre-informale e precorrendo il decostruttivismo; Hans Poelzig che smaterializza l’involucro nel progetto dell’interno del teatro di massa a Berlino del 1919; Rudolf Steiner che con il Ghoeteanum II a Donark (Basilea) del 1928 conferisce all’architettura espressionista il valore plastico della pietra preistorica scagliata.
L’espressionismo genererà il neo-espressionismo tra le cui opere vanno citate: la dinamicissima Filarmonica di Berlino di Hans Sharoun, capolavoro indiscusso e insuperato dell’architettura delle sale da concerto; l’Opera-House di Sidney di John Utzon, conformata da una serie di gusci che diventano simbolicamente le vele gonfie di un veliero in navigazione nella baia; il Terminal della TWA all’aeroporto J.F. Kennedy di New York progettato da Eero Saarinen secondo un impianto strutturale zoomorfo che dà vita a un guscio di copertura sostenuto da audaci quanto scultorei pilastri ad “Y”; molte opere di Ralph Erskine tra cui la cartiera Fors del 1953 dove le torri di ventilazione vengono modellate plasticamente come pagine di un libro aperto, il serpeggiante quartiere residenziale Byker a Newcastle upon Tyne completato nel 1981, l’Arca di Londra del 1994, edificio a forma di chiatta marina con un atrio interno antiprospettico e curvilineo.
Nella scena italiana il genio di Giovanni Michelucci combina l’espressionismo con l’architettura organica nelle chiese di San Giovanni Battista sull’autostrada A1, Firenze-Nord del 1961, di Borgomaggiore a San Marino, sempre del 1961, e dell’Immacolata Concezione a Longarone del 1970, nonché nelle strutture ricettive all’ingresso del parco di Pinocchio a Collodi del 1959. Luigi Moretti con la Casa del Girasole realizzata a Roma nel 1948, grazie a un profondo taglio che collega la spazialità dell’atrio su viale Bruno Buozzi con quello più interno, evita di concepire una palazzina con chiostrina, essendo questi spazi separati solo dal corpo scala-ascensore, che diventa l’albero dell’edificio. Con l’intervento del quartiere residenziale Incis a Decima, Roma, del 1960 Moretti e Adalberto Libera curvano i sedimi dei corpi di fabbrica così da ottenere spazi urbani modellati su forme concave e convesse. Con il Watergate di Washington del 1961 infine Moretti realizza quella modellazione circolare dei volumi degli edifici così cara in quegli anni a Ludovico Quaroni con il progetto mestrino delle Barene di San Giuliano del 1959.
La crisi dell'espressionismo, iniziata nella metà degli anni venti, è dovuta princi­palmente al carattere individualistico del movimento il quale non riuscì a trasfor­mare la propria continuità spaziale e plasticità architettonica in continuità propositiva. Mendelsohn è una personalità in rivolta, isolata, che rifiuta la scomposizione cubi­sta e, nonostante il suo grande successo nella Germania democratica, non partecipa ai grandi appuntamenti del periodo: la Bauhaus, l’Esposizione di Stoccarda, i CIAM, la mostra di New York del 1932.
Oltre al neo-espressionismo, la cui continuità può essere ricercata nella poetica dell'informale e negli esperimenti di arcologia di Paolo Soleri, una combinazione di questo codice con l’Hi-Tech può essere individuata nelle strutture ad albero di Meinhard von Gerkan, nella destrutturazione compositiva delle scocche e delle placche di Günter Domenig, nelle impalcature boccioniane di Frank Gehry, nelle modellazioni pluridimensionali di Massimiliano Fuksas.

 

Ambiti problematici:

 

1 - Rapporti architettura/città costruita:
Continuità dello spazio architettonico volta a coinvolgere progettualmente la città.
2 - Leggi di crescita e di sviluppo interne al progetto:
Stile anti-codice per eccellenza, non sono ammesse leggi di sviluppo seriale.
3 - Caratteristiche linguistiche degli elementi compositivi:
Composizioni dinamiche basate sull'uso di forme modellate sulla curva e sulle
linee oblique.
4 - Rapporti tra piano del contenuto e piano dell'espressione:
L'occasionalità e il momento presente vengono colti e "pietrificati" in un
attimo della loro esistenza.
5 - Caratteristiche volumetriche:
Forme libere e disprezzo per i volumi puri.
6 - Spazio interno e rapporto con l'esterno:
L'esterno dell'edificio è riflesso internamente e lo configura.
7 - Promesse:
Le libertà esistenziali si elevano al di sopra delle strette necessità materiali.


- Semper (1803-79), accreditato con l'Hittorf come lo scopritore della policromia nell'architettura Greca, è l'architetto tedesco più rappresentativo della metà del XIX secolo. Egli crede che un edificio debba esprimere le proprie funzioni nella pianta e nell'involucro esterno.

- V. Gregotti, L'architettura dell'espressionismo, in Casabella, n. 254

- La pura visibilità

- Introduzione al sentimento, sentire insieme, consenso.

- Spirito popolare.

- Aspetto, figura, forma.

- Spirito del tempo.

- L'edificio, andato distrutto, presentava un forte asse di simmetria che ne riduce la carica espressionista.

- Van De Velde ha vissuto il tardo espressionismo ricercando l'incontro tra "lo spirito gotico, la sua identificazione con il legname, la sua frenesia di smaterializzazione, e lo spirito dell'antichità ellenica. (…) E' ovvio che porre una questione di prevalenza dell'uno ri­spetto all'altra comprometterebbe irrimediabilmente l'equilibrio. Nulla comprenderemmo delle crea­zioni dei più radicali modernisti, se rifiutassimo di riconoscere lo spirito gotico nelle loro co­struzioni, che cercano di spogliarsi di ogni massa solida per apparire leggere come i tratti di matita e le parti acquarellate sui loro disegni. Nello stesso tempo tuttavia una forte corrente e imponenti creazioni architettoniche cercano di incorporare questo spirito del gotico nelle masse e nei volumi, animati, smaterializzati dal soffio e dalla presenza della vita, come nelle masse e nei volumi dell'architettura greca. Mi sembra indubbio che le due scuole debbano incontrarsi per conciliare il principio dell'astrazione con l'essenza della formula della plasticità, quella che poc'anzi ho tentato di definire." La via sacra, 1933; in Casabella n. 237, marzo 1960.

- Terza invariante del Linguaggio moderno dell'architettura di B. Zevi.

- Se Mendelsohn ne è il genio sarà Hans Sharoun a perpetuarne il messaggio fino agli anni settanta. (B. Zevi).

- Bruno Taut, La corona della città, 1919. Milano Ed. Mazzotta, 1973. (Anche in: Architet­tura e Urbanistica n.???, pag. 268)

- che costituisce la culla della scuola di Amsterdam.

- Questo interrogativo se lo poneva nel 1923 una donna che abitava una casa di M. de Klerk.

 

Fonte: http://www.ruggerolenci.it/Didattica/04%20Espressionismo.doc

Sito web da visitare: http://www.ruggerolenci.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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