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L’ETA’ DEI TOTALITARISMI
Sono dei governi fortemente autoritari che eliminarono gli ordinamenti liberali ed imposero un partito unico ed un rigido controllo della popolazione attraverso le forze dell’esercito e della polizia. Tali governi si formarono principalmente in Russia, Italia e Germania fra il 1917 ed il 1933.
Il comunismo sovietico-bolscevico ed il fascismo-nazismo.
La Russia iniziò la sua trasformazione a partire dalla Rivoluzione di ottobre del 1917. I principali artefici del cambiamento furono Lenin e Stalin succeduto al primo dopo la sua morte.
La rivoluzione sovietica comportò, attraverso l’instaurazione di un regime del terrore, l’abolizione della proprietà privata e la nazionalizzazione di industrie, banche e complessi commerciali. Venne inoltre creata una confederazione di Stati: l’URSS cioè l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ciascuna governata da un soviet locale.
Tutti i poteri (politico, economico, militare) erano nelle mani del partito comunista. Si attuava così il principio marxista in base al quale doveva instaurarsi la dittatura del proletariato.
L’Italia nel primo dopoguerra era stremata per lo sforzo economico compiuto e per le difficoltà sociali.
Lo Stato aveva enormi debiti, l’agricoltura aveva diminuito la produzione e l’industria doveva riconvertirsi dopo aver prodotto armi e beni per la guerra.
La disoccupazione aumentava e molti reduci di guerra si trovarono senza un’occupazione. Intanto i prezzi salivano vertiginosamente (inflazione).
A causa della difficile situazione economica e sociale le masse popolari per la prima volta nella storia si organizzarono e ricorsero a pubbliche manifestazioni, scioperi e nuovi partiti.
Serpeggiava nel popolo una forte sfiducia nei confronti dei governi liberali che sembravano non riuscire a dare risposte concrete alle loro difficoltà.
Così venne considerata da parte dei nazionalisti e degli irredentisti la vittoria dell’Italia nella Grande guerra dal momento che il nostro Paese non era riuscito ad ottenere tutti i territori (come la Dalmazia o la città di Fiume) che le erano stati promessi con il Patto di Londra.
Fu un periodo di due anni (1919-1920) durante il quale larghe masse del Paese cercarono di realizzare una rivoluzione sul modello russo anche in Italia. Per questo motivo contadini ed operai diedero vita a scioperi continui e prolungati, ad agitazioni ed occupazioni di fabbriche. Queste rivendicazioni rimasero comunque insoddisfatte per cui il biennio rosso si concluse con una sconfitta da parte dei ceti meno abbienti della società.
Di fronte all’avanzata dei socialisti e delle agitazioni popolari, la borghesia temette di perdere il suo potere ed invocò “un po’ di ordine” anche a patto di sacrificare le istituzioni democratiche che c’erano nel Paese.
La nascita di questi partiti accrebbe la preoccupazione dei conservatori e inasprì la crisi politica e sociale.
Benito Mussolini fu un ex socialista interventista che, dopo la guerra, divenne un sostenitore dell’ordine contro le agitazioni della piazza.
Fondò nel 1919 i Fasci di combattimento, un movimento che di lì a poco divenne un partito vero e proprio.
I fascisti si rifacevano alla grandezza di Roma antica (della quale avevano ripreso il simbolo del potere militare, cioè il littorio) e volevano conquistare il potere disposti ad usare anche la violenza.
Erano organizzati in squadre d’azione i cui membri vestivano la camicia nera già indossata dai reparti d’assalto (gli arditi) durante la guerra. Erano muniti di manganelli con i quali assalivano e disperdevano le organizzazioni non in linea col proprio programma politico.
Larghi strati della popolazione sostenevano il fascismo: - la ricca borghesia che pensava di usare il fascismo per indebolire nazionalisti e socialisti e poi disfarsene;
All’inizio degli anni Venti in Italia lo Stato liberale dimostrò tutta la sua debolezza non intervenendo quasi del tutto nei confronti delle azioni violente dei fascisti e permettendone la rapida ascesa attraverso la marcia su Roma.
La marcia su Roma fu un vero e proprio colpo di Stato che portò i fascisti a giungere nella capitale come un esercito senza incontrare alcuna resistenza da parte delle autorità dello Stato.
Il re Vittorio Emanuele III, anziché reagire, invitò Mussolini a formare un nuovo governo. Egli lo fece mostrandosi a parole favorevole allo Statuto Albertino e alle libertà da esso garantite. Nei fatti però continuarono le azioni terroristiche degli squadristi.
Nel 1924, dopo che venne modificata la legge elettorale, vennero indette nuove elezioni dalle quali i fascisti uscirono chiaramente vincitori (65% dei voti). Le operazioni elettorali furono però accompagnate da brogli nello spoglio delle schede e ciò venne denunciato in Parlamento dal deputato Giacomo Matteotti.
Giacomo Matteotti fu un socialista riformista e divenne nel 1922 segretario del suo partito. Avendo da sempre compreso la pericolosità del fascismo a differenza di altri – come Giolitti che minimizzavano – impostò la linea politica del suo partito come lotta ad oltranza contro il fascismo e per questo fu perseguitato. Dopo la denuncia del ’24 in Parlamento, Matteotti fu rapito ed ucciso da una squadra di azione fascista e il suo corpo fu ritrovato due mesi dopo la sua scomparsa.
Come reazione alla sparizione di Matteotti, l’opposizione, composta da repubblicani, socialisti, liberali e popolari, lasciò la Camera in attesa che Mussolini venisse allontanato dal governo da parte del re. Ciò non avvenne perché egli aveva l’appoggio della monarchia, dei più alti esponenti dell’esercito e della grande borghesia industriale ed agraria.
Tale protesta fu chiamata secessione dell’Aventino in ricordo di quella plebea nell’antica Roma contro i soprusi patrizi.
L’abbandono del campo da parte degli antifascisti rese però più potente Mussolini che distrusse definitivamente le istituzioni democratiche.
Fonte: https://scuoladigitaleonor.files.wordpress.com/2012/03/totalitarismi-domande.doc
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