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IL PENSIERO DI GALILEO
1.
La vicenda storica di Galileo è il punto di partenza della più grande rivoluzione culturale degli ultimi secoli. Per valutarne esattamente la portata, bisogna pensare al panorama contemporaneo, al particolare significato che la scienza oggi assume come visione e organizzazione tecnologica del mondo (sia per quanto riguarda lo spirito di salvezza che essa esibisce sia per la distruttività che possiede). Galileo fu l'artefice intenzionale di una tale rivoluzione.
2.
La rivoluzione scientifica di Galileo riassume l'affermazione della cosmologia eliocentrica, la fisica meccanicistica, la matematizzazione della natura. Galileo fece discendere dalla distruzione della cosmologia tolemaica (geocentrica) non soltanto un'altra interpretazione della realtà, ma anche una nuova concezione della scienza. Perché da Galileo in poi la scienza modifica il quadro offerto dal senso comune della realtà: interviene nella realtà per ricostruirla secondo un progetto meccanico globale, che è la tecnica.
3.
La cosmologia, e quindi la fisica, aristotelico-tolemaica si basava su alcune istanze fondamentali che sono:
4.
Nel De revolutionibus orbium celestium, pubblicato a Norimberga nel 1543, Niccolò Copernico rappresenta il sistema dell'universo con il sole al centro, perché crede alle antiche tesi "metafisiche" di Pitagora e Platone, e inoltre perché risulta assai più semplice di quello tolemaico. Copernico elimina i movimenti accessori, ma conserva le sfere celesti cristalline, il moto circolare e il limite complessivo dell'universo, perché non si basa su dati, ma esclusivamente sul ragionamento. Tuttavia fa muovere la terra che diventa solo uno dei mondi ruotanti intorno al sole. Ma mentre l'Europa protestante reagisce subito contro questa "degradazione" della terra, il papato e la cultura cattolica accolgono il sistema copernicano con larghezza di vedute.
5.
Galileo Galilei, nato a Pisa (nel 1564, proprio alla fine del Concilio di Trento), si dedicò alla matematica sotto la guida di un allievo del grande Niccolò Tartaglia. A poco più di vent'anni pubblicò La bilancetta, progetto di una bilancia idrostatica e incominciò a insegnare matematica (a Pisa). Nel 1592 passò a Padova, nella Repubblica di Venezia, dove aveva ottenuto una cattedra di insegnamento della matematica (che comprendeva sempre anche l'astronomia). La sua passione per le tecnologie meccaniche lo porta a una ricca serie di invenzioni, tra cui quella del cannocchiale, strumento militare che egli adoperò per scrutare il cielo. In questi anni Galileo elabora una stretta unificazione tra la matematica, la fisica concreta di Archimede e l'antico atomismo di Democrito. Peraltro si dedicò anche alla poesia studiando Dante e il Tasso. Siamo alla presenza di una personalità integrale, appassionata e coraggiosa.
6.
In una lettera scritta all'astronomo Keplero nel 1597, Galileo risulta ormai persuaso della verità (e non solo della maggior utilità) della concezione copernicana. Tuttavia è ancora cauto, e solo dopo le grandi scoperte astronomiche abbandonerà del tutto questa cautela. Nel 1600 avviene a Roma la condanna a morte di Giordano Bruno, dopo una lunga detenzione. Ma nel 1609 Galileo ha ormai maturato una tale serie di scoperte attraverso il suo cannocchiale da decidere di pubblicare il Sidereus Nuncius a Venezia, che contiene tutto ciò che egli ha visto per la prima volta nella storia dell'umanità. Ha visto l'irregolare superficie della Luna, fatta come la terra; ha visto milioni di stelle sperdute nello spazio; ha visto i quattro lucenti satelliti di Giove, che chiamò "medicei" in onore del Granduca Cosimo II. Ma se la Luna è fatta come la Terra eppur si muove, non sarà questo un argomento anche a favore del moto della Terra?
7.
Nel 1611 compie un viaggio a Roma dove lo aspettano accoglienze trionfali dagli ambienti scientifici e religiosi, nonché dal papa Paolo V e dal Cardinale Barberini (il futuro Papa Urbano VIII). Sempre nel 1611 Galileo viene chiamato dal Granduca di Toscana Cosimo II (già suo discepolo) a insegnare e fare attività di ricerca a Firenze, e nel frattempo accumula altre scoperte: la complessità di Saturno, l'aspetto "terrestre" di Venere e le sue fasi inspiegabili dal punto di vista tolemaico. E poi, nel 1612, le macchie del Sole. Queste lo convincono che i processi di alterazione esistono anche nel mondo celeste, come sulla terra. Avvia così una visione cosmologica unitaria della fisica, decidendo di svolgere una battaglia decisiva contro l'establishment culturale delle università che era in maggioranza di osservanza aristotelica, perché l'aristotelismo rappresentava la conciliazione tra scienza, dottrina etico-religiosa e senso comune. Oggi si dovrebbe dire che Galileo non era politically correct! Il dubbio non è mai troppo amato da chi è forte della sua condizione, a meno che non sia un dubbio scettico (Bobbio, per intenderci): invece è il dubbio critico che non piace!
8.
A Firenze nel 1612 un domenicano sostiene che il sistema copernicano, come verità, è eresia (cioè, per capirci, non ha diritto di cittadinanza), perché contraddice a certi passi della Bibbia. Bisogna dire, a questo punto, che mai nella Chiesa era stata sostenuta un’interpretazione semplicemente letterale dell’Antico Testamento. Dagli inizi e fino al Concilio di Trento, la Chiesa aveva interpretato l’Antico testamento in chiave soprattutto allegorica. La storia degli antichi Ebrei non aveva altro significato che quello “figurale”, era cioè solo una “figura” profetica del Vangelo di Cristo. L’uso “letterale” della Bibbia, coincidente col suo valore puramente “storico”, era stato invece sostenuto dalla Riforma protestante, e proprio in opposizione alla Chiesa cattolica.
9.
Galileo ne discute con un suo allievo benedettino, il Castelli, al quale indirizza nel 1613 una famosa lettera (evidentemente con l'intento che venisse divulgata). In essa spiega che Dio è autore sia della Bibbia (verità ispirata dallo Spirito) sia della natura. La differenza sta nel fatto, che mentre la Bibbia è intenzionalmente rivolta al popolo degli antichi Ebrei, descritti come "rozzi e indisciplinati" (cioè ignoranti), e perciò si serve di un linguaggio adatto alle loro capacità di comprensione, la natura è "inesorabile e immutabile", perché non ha alcuno scopo di farsi capire dagli uomini. Dal punto di vista della scienza, se c'è contraddizione tra la Scrittura e la verità della natura, quest'ultima deve avere la parola definitiva. Ma nel 1615 Galileo è denunciato al Sant'Uffizio proprio per le tesi contenute nella lettera. A questo punto prende posizione l'autorevole Cardinale Bellarmino, segretario del Sant'Uffizio: il Copernicanesimo può essere insegnato ma solo ex suppositione, cioè come ipotesi matematica e non come verità assoluta e definitiva, per non irritare i professori scolastici e non nuocere alla stessa fede cristiana. Nella lettera a Monsignor Dini, del 1615, Galileo però contesta la riduzione del Copernicanesimo a semplice calcolo.
10.
Recatosi a Roma dalla fine del 1615, Galileo riceve nel febbraio del 1616 una semplice ammonizione ad abbandonare la dottrina di Copernico. Poi nel 1623 pubblica un'opera piena di sferzante ironia polemica, Il Saggiatore, il cui tema è la natura delle comete. Galileo compie in quest'opera un passo decisivo sulla via della reinterpretazione matematica della natura. Egli giunge a escludere l'uomo dal mondo della fisica, sostenendo che il mondo reale, cioè vero, consiste solo di dati quantitativi, e perciò misurabili: le nozioni sensibili dei colori, dei suoni, degli odori, del senso tattile sono dei puri nomi, attinenti al soggetto vivente, rimosso il quale non esistono più. Perciò esistono realmente solo lo spazio e il movimento, e la materia secondo figure geometriche, relazioni, contatto, stato di moto o di quiete, esistenza in un tempo e in un luogo. Il mondo è scritto nella lingua matematica, che perciò non serve semplicemente a calcolare, ma a esprimere la realtà. La matematica è la stessa lingua di Dio, che egli intuisce intensive e noi per dimostrazione, extensive.
11.
Nel 1623 il Cardinale Barberini, entusiasta sostenitore di Galileo, diventa Papa urbano VIII. Questo spinge Galileo (che gli dedica il Saggiatore) a riprendere la sua battaglia, o crociata, contro l'establishment culturale della scolastica. Nel 1632 esce il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano, che provocò questa volta la reazione degli ambienti gesuitici (nel Saggiatore aveva polemizzato duramente con il gesuita Padre Grassi) e la denuncia da parte del Sant'uffizio di Firenze. Il Dialogo, non a caso scritto in italiano e non in latino, perché concepito come opera di "propaganda" culturale, è diviso in quattro "giornate" e ha tre personaggi, Salviati, Sagredo (tutt'e due copernicani) e Simplicio (aristotelico). Vi si distrugge la cosmologia tolemaica: c'è una sola fisica e una sola scienza del moto universale. Ne consegue perciò la distruzione della fisica aristotelica e di tutti gli argomenti addotti per negare il moto della terra. Contro la famosa "prova" di Simplicio, Galileo afferma il principio della relatività del moto; all'interno di un sistema non si può stabilire se il sistema stesso sia in quiete o in moto rettilineo uniforme; se il moto è relativo non è possibile attribuire il movimento a un corpo considerato in se stesso. L'indifferenza allo stato di quiete o di moto di un corpo portano all'affermazione del principio d'inerzia.
12.
Solo Simplicio, nel Dialogo, asserisce che ogni teoria deve restare sul piano delle ipotesi. Ciò portò, in seguito alla denuncia, all'intimazione a Galileo di recarsi a Roma per esservi interrogato. Davanti al Sant'Uffizio romano, Galileo (che non venne incarcerato né subì violenze fisiche ma certo morali e psicologiche) nel 1633 dovette difendersi dall'accusa di aver estorto con l'inganno l'imprimatur della sua pubblicazione, non avendo tenuta presente la precedente ammonizione del 1616. Dopo varie fasi del processo egli finì con l'abiurare le tesi copernicane, come voleva il Sant'Uffizio, e venne condannato al domicilio coatto, prima a Siena presso l'amorevole Arcivescono Piccolomini, poi nella sua villa di Arcetri sopra Firenze.
13.
Tuttavia nel 1638 a Leida in Olanda uscivano i suoi Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due scienze. Ivi Galileo respinge definitivamente la concezione di una realtà materiale eliminando ogni riferimento al senso comune, per aprire così lo spazio all'applicazione esclusiva della matematica. La fisica contraddice l'esperienza quotidiana. Ogni elemento sensibile e qualitativo è eliminato: il movimento avviene nel vuoto, il piano è incorporeo, il mobile perfettamente sferico, ogni forza piccola a piacere muove una sfera grande a piacere. Solo questa eliminazione mentale permette di applicare ai fenomeni empirici la matematica. Non ci sono cause del movimento, di nessun tipo. Il moto viene espresso come velocità, proporzionale con il tempo. Il carattere uniforme del moto viene stabilito sulla base dell'eguaglianza dei tempi e degli spazi e risponde al fatto che la natura opera per mezzo delle vie più semplici e facili. In quanto all'esperienza, di cui si servì Galileo costruendo degli strumenti appositi, come il canaletto inclinato e levigato, opportunamente graduato, in cui far scendere una palla di bronzo perfettamente liscia, in realtà essa valse solo a dare conferma della legge, non a produrla.
14.
Il metodo di Galileo si riassume nell’espressione “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni”. Cosa vuol dire? Le “sensate esperienze” riguardano l’osservazione diretta della natura, effettuata attraverso la selezione artificiale dell’esperimento, e derivata dalla formulazione di un’ipotesi generale, per esempio il calcolo dell’accelerazione di gravità nel vuoto. Le “necessarie dimostrazioni” derivano a loro volta dalla conferma di un’ipotesi generale, descritta matematicamente, che perciò diventa legge scientifica. E’ dunque un metodo induttivo (esperimento), che però interviene solo a conferma dell’ipotesi generale atta a spiegare un determinato fenomeno naturale (deduzione).
Galileo morì cieco per cinque anni nel 1642.
15.
Sir Francis Bacon, nato a Londra nel 1562 e ivi morto nel 1626, fu Lord Cancelliere sotto la sovranità di Giacomo I Stuart. Una condanna per corruzione lo obbligò a lasciare ogni impegno politico. La sua figura di filosofo è legata alla realizzazione di un metodo di conoscenza scientifica, parallelamente a Galileo. Era convinto di poter raggiungere, nei fenomeni della natura, l’essenza indipendente da tutti i fattori umani e individuali. Per Bacon si trattava di trovare la causa fondamentale di un fenomeno naturale, facendo il confronto tra una serie di dati relativi allo stesso fenomeno, che identifichino la presenza e l’assenza di ciò che potrebbe costituirne la causa. Si aveva così una tabula praesentiae (raccolta di dati in cui appaia, poniamo, il calore relativo al fenomeno della luce), una tabula absentiae (raccolta di dati in cui non appaia il calore nel fenomeno della luce, per es. la luce lunare), e una tabula graduum (raccolta di dati in cui nei fenomeni di luce il calore si ritrovi in differente intensità). Si trattava quindi di trovare il fattore che è condizione essenziale per il verificarsi di un fenomeno naturale.
16.
Bacone però è convinto che occorra liberare la conoscenza dei fenomeni naturali da ogni interferenza umana. Siccome a causa del peccato originale la natura appare all’uomo come in uno specchio deformante, è necessario prescindere da tutti i possibili condizionamenti a cui è sottoposta la mente umana, per poter raggiungere la realtà naturale in se stessa.
17.
Di qui la celebre dottrina degli idola. Leggiamola nelle parole stesse di Bacon, esposta nella sua opera fondamentale, il Novum Organon (Nuovo metodo):
a. Gli idoli e le false nozioni che penetrarono nell’intelletto umano fissandosi in profondità dentro di esso, non solo assediano le menti umane in modo da rendere difficile l’accesso alla verità, ma addirittura (una volta che quest’accesso sia dato e concesso) di nuovo risorgeranno e saranno causa di molestia nella stessa instaurazione delle scienze: almeno che gli uomini, preavvertiti, non si agguerriscano, per quanto è possibile contro di essi.
b. Quattro sono le specie degli idoli che assediano le menti umane. Per farci intendere abbiamo imposto loro dei nomi: chiameremo la prima specie idoli della tribú; la seconda idoli della spelonca; la terza idoli del mercato; la quarta idoli del teatro.
c. Gli idoli della tribú sono fondati sulla stessa natura umana e sulla stessa tribú o razza umana. Pertanto si asserisce falsamente che il senso umano è la misura delle cose, mentre è vero al contrario che tutte le percezioni, sia del senso sia della mente, derivano dall’analogia con l’uomo, non dall’analogia con l’universo. Rispetto ai raggi delle cose l’intelletto umano è simile a uno specchio disuguale che mescola la sua propria natura a quella delle cose e la deforma e la travisa.
d. Gli idoli della spelonca sono idoli dell’uomo in quanto individuo. Ciascuno infatti (oltre alle aberrazioni proprie della natura in generale) ha una specie di propria caverna o spelonca che rifrange e deforma la luce della natura: o a causa della natura propria e singolare di ciascuno, o a causa dell’educazione e della conservazione con gli altri, o della lettura di libri e dell’autorità di coloro che si onorano e si ammirano, o a causa della diversità delle impressioni a seconda che siano accolte da un animo preoccupato e prevenuto o calmo ed equilibrato. Cosicché lo spirito umano (come si presenta nei singoli individui) è cosa varia e grandemente mutevole e quasi soggetta al caso. Perciò giustamente affermò Eraclito che gli uomini cercano le scienze nei loro mondi particolari e non nel piú grande mondo a tutti comune.
e. Vi sono poi gli idoli che derivano quasi da un contratto e dalle reciproche relazioni del genere umano: li chiamiamo idoli del mercato a causa del commercio e del consorzio degli uomini. Gli uomini infatti si associano per mezzo dei discorsi, ma i nomi vengono imposti secondo la comprensione del volgo e tale errata e inopportuna imposizione ingombra in molti modi l’intelletto. D’altra parte le definizioni o le spiegazioni, delle quali gli uomini dotti si provvidero e con le quali si protessero in certi casi, non sono in alcun modo servite di rimedio. Anzi le parole fanno violenza all’intelletto e confondono ogni cosa e trascinano gli uomini a controversie e a finzioni innumerevoli e vane.
f. Vi sono infine gli idoli che penetrano negli animi degli uomini dai vari sistemi filosofici e dalle errate leggi delle dimostrazioni. Li chiamiamo idoli del teatro perché consideriamo tutte le filosofie che sono state ricevute o create come tante favole presentate sulla scena e recitate che hanno prodotto mondi fittizi da palcoscenico. Non parliamo solo dei sistemi filosofici che già abbiamo o delle antiche filosofie e delle antiche sètte perché è sempre possibile comporre e combinare moltissime altre favole dello stesso tipo: le cause di errori diversissimi possono essere infatti quasi comuni. Né abbiamo queste opinioni solo intorno alle filosofie universali, ma anche intorno a molti princípi e assiomi delle scienze che sono invalsi per tradizione, credulità e trascuratezza.
APPENDICE
IL MOTO DEGLI ASTRI VISTO DALLA TERRA (cioè come lo vedevano Aristotele e Tolomeo, e come lo vediamo anche noi)
Fig.1. Costruzione del moto apparente di Marte (dischetto pieno) rispetto al cielo delle stelle fisse (b) dovuto al moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole (a), nell’assunzione di un’orbita di Marte intorno al Sole con un periodo doppio di quello della Terra (2 anni terrestri). |
A causa del moto di rotazione della Terra intorno al proprio asse, il Sole e tutti gli astri (stelle e pianeti) ci appaiono compiere un moto diurno descrivendo orbite quasi circolari.
A causa invece del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, il Sole ci appare descrivere, rispetto al cielo delle stelle fisse, un moto annuo quasi circolare (eclittica). Non potendo vedere il Sole sullo sfondo delle cielo delle stelle fisse, noi possiamo renderci conto di tale moto dal variare sull’orizzonte del punto in cui esso sorge e tramonta e dalla sua diversa altezza allo Zenit.
Il moto apparente dei pianeti rispetto al cielo delle stelle fisse risultainvece molto più complesso (vedi fig.1 per il caso di Marte)
Il moto non è più né circolare, né uniforme e mostra un loop, che visto dalla terra, corrisponde ad una fase di moto retrogrado (vedi fig. 2).
Fig. 2. Il moto retrogrado di Marte, quale appare ad un osservatore solidale con la Terra |
Più o meno identico è il moto dei pianeti interni, ad esempio Venere. In questo caso però il pianeta non si discosta mai dal Sole più di 45° e per metà periodo segue il Sole, tramontando dopo di esso (Vespero) e per metà lo precede sorgendo prima del Sole (Lucifero).
Questi moto del tutto irregolare dei pianeti (= corpi erranti nel cielo) crearono nel mondo antico la maggior difficoltà per una descrizione del cielo inteso come una realtà
perfetta ed incorruttibile.
Il sistema tolemaico
Fig. 6. Descrizione del moto dei pianeti in termini di (a) deferente e epiciclo, (b) eccentrico mobile. |
Le cosmologie greche introdussero un sistema di sfere omocentriche, in grado di
salvare i fenomeni e non solo quelli rilevati in seguito, ma neppure quelli noti in precedenza .... Mi riferisco al fatto che i pianeti appaiono talvolta vicini a noi, talvolta essersi allontanati, come è evidentissimo alla vista [diversa luminosità].
Per spiegare questi fenomeni, mantenendo l'assunzione platonica che i moti celesti devono essere circolari ed uniformi o risultare da una composizione di tali moti, (assunzione che fu abbandonata solo dopo Keplero), furono introdotte due ipotesi cinematicamente equivalenti (vedi fig. 6).
- I pianeti descrivono in modo uniforme un'orbita circolare (epiciclo) il cui centro descrive a sua volta in modo uniforme un'orbita circolare (deferente) intorno alla Terra.
- I pianeti descrivono in modo uniforme un'orbita circolare intorno ad un centro che è spostato rispetto alla Terra e che descrive a sua volta un moto circolare uniforme rispetto alla Terra stessa (eccentrico mobile).
Come si vede dalla figura 7 il moto composto deferente-epiciclo è in
Fig. 7. Costruzione del moto di un pianeta esterno nell’approssimazione di figura 2, mediante il moto composto deferente-epiciclo. |
grado di descrivere in prima approssimazione il moto dei pianeti.
La sintesi delle ricerche astronomiche condotte dalla scuola Alessandrina per più di quattro secoli per opera di eminenti scienziati [tra cui vanno ricordati Eratostene (276 - 195 a.C.), che per primo misurò il raggio della Terra, Apollonio (
Nel sistema tolemaico il moto proprio dei pianeti risulta dalla composizione di epicicli e deferenti: il deferente è però eccentrico rispetto alla Terra e il moto del centro dell'epiciclo lungo il deferente è uniforme rispetto ad un punto (equante) simmetrico della Terra rispetto al centro del deferente stesso (vedi fig. 8).
La Terra comincia a perdere il proprio ruolo centrale nell'Universo mentre il Sole acquista un proprio ruolo nel moto di tutti i pianeti: infatti il periodo del moto lungo l'epiciclo per i pianeti esterni (Marte, Giove e Saturno) e quello dell'epiciclo lungo il deferente per i pianeti 'interni' (Mercurio e Venere) coincide con quello del moto apparente del Sole (un anno ).
Solo una radicata convinzione dell’ impossibilità del moto della Terra può aver impedito agli scienziati alessandrini di accorgersi che tutto questo poteva essere semplicemente spiegato attribuendo tale periodo ad un moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole.
Bisognerà aspettare più di dodici secoli perché Copernico si renda conto di questa coincidenza e, nel tentativo di ricostruire la semplicità e la perfezione del modello cosmologico platonico, proponga di porre il Sole al centro dell'Universo.
L'innovazione di Copernico
Anche se l'idea del Sole immobile al centro dell'Universo cominciava ad essere avanzata da vari pensatori, Copernico fu il primo a costruire su questa ipotesi un sistema planetario completo ed autonomo in grado di poter prevedere tutti i fenomeni celesti.
Copernico (1473 - 1543) fu molto influenzato dal pensiero pitagorico e platonico. Scrive Retico, suo allievo e portavoce, nella Narratio prima, che precedette di parecchi anni la pubblicazione dell'opera del maestro, il De revolutionibus orbium coelestium
... seguendo Platone e i pitagorici, i massimi matematici di quell'epoca divina, egli [Copernico] pensò si dovessero attribuire alla Terra sferica dei movimenti circolari, per determinare la causa dei fenomeni.
Fig. 10. Schema del sistema Copernicano tratto dal De rivolutionibus orbium coelestium , 1543. |
Uno dei motivi che portarono Copernico ad abbandonare il sistema Tolemaico fu proprio il desiderio di eliminare l'equante, cioè la presenza di un moto circolare la cui velocità è uniforme non rispetto al centro della circonferenza, ma ad un altro punto, in evidente contrasto con il dettato platonico.
Egli propose quindi un modello di tipo eliocentrico (vedi fig. 10): intornoal Sole, immobile, ruotano nell'ordine Mercurio, Venere, la Terra con la Luna, Marte, Giove ed infine Saturno. Tutto intorno si trovano le stelle, immobili, il cui moto diurno rispetto alla Terra è apparente in quanto dovuto alla rotazione della Terra intorno a se stessa. Allo stesso modo è apparente il moto diurno del Sole e così pure quello annuo, dovuto quest'ultimo al moto della Terra intorno al Sole. E così per i cinque pianeti.
Sebbene l'idea mi sembrasse assurda, poiché sapevo che ad altri prima di me era stata data la libertà di immaginare una cosa del genere ..., pensai che anche a me sarebbe concesso di ricercare se, assunto per ipotesi un certo moto della Terra, fosse possibile trovare dimostrazioni della rivoluzione delle sfere celesti più sicure delle loro [cioè di quelle tolemaiche]. Assunti quindi i moti che nell'opera io attribuisco alla Terra, ..., non solo tutti i fenomeni trovano conferma, ma anche l'ordine e la magnificenza di tutte le stelle (compreso i pianeti) e le sfere e il cielo stesso risulta così collegato che in nessuna sua parte non si può spostare nulla senza generare confusione delle parti e del tutto.
E' questa la differenza più notevole fra i due sistemi. Nel sistema copernicano non è più possibile modificare a piacere le orbite dei pianeti, come invece si poteva fare per le dimensioni del deferente e del relativo epiciclo il cui solo rapporto era determinato dai dati dell'osservazione. Per la prima volta quindi le osservazioni determinano in modo rigoroso le dimensioni dell'intero sistema solare, senza dover ricorrere ad ulteriori ipotesi. Infatti il rapporto tra il deferente e il relativo epiciclo corrisponde, nel sistema eliocentrico, al rapporto tra il raggio dell'orbita del pianeta e quello della Terra intorno al Sole, per quanto riguarda i pianeti esterni, e al rapporto inverso per quelli interni.
Copernico tuttavia rimase vincolato all'idea platonica dell'esistenza di sfere in moto circolare ed uniforme (le orbium coelestium di cui si parla nel titolo stesso dell'opera) in cui sono rigidamente incastonati i pianeti, Terra compresa. Per evitare allora che l'asse terrestre modificasse la sua orientazione rispetto alle stelle, a causa della rotazione della sfera che trasporta la Terra intorno al Sole, fu necessario introdurre un terzo moto, quello di precessione dell'asse terrestre con periodo annuo (vedi fig. 11).
Per poter inoltre spiegare tutti i fenomeni, senza ricorrere ad equanti, si dovettero introdurre sfere eccentriche ed epicicli. Ne risultò alla fine un sistema la cui complessità era paragonabile, se non addirittura maggiore, di quella del sistema tolemaico.
Fig. 11. (a) Moto di traslazione della Terra trasportata dalla sua sfera celeste e (b) moto di precessione dell'asse terrestre, introdotto per mantenere costante l'orientazione dell'asse stesso rispetto alle stelle fisse. |
E' da notare che, sebbene il Sole sia immobile, tutto il sistema non ruota intorno ad esso, ma intorno al centro dell'orbita della Terra, la quale conserva ancora un ruolo particolare nell'Universo. Si tratta cioè, più che di un sistema eliocentrico, di un sistema eliostatico.
Anche le controdeduzioni che Copernico riporta in risposta alle obiezioni di Tolomeo contro il moto della Terra sono molto deboli, in quanto si basano ancora sulla fisica aristotelica.
Se il sistema copernicano è visto come un puro artificio matematico alternativo per descrivere il moto dell'Universo (come del resto viene presentato nella premessa all'opera, introdotta, contro il volere o almeno all'insaputa di Copernico, ormai in fin di vita, dal teologo luterano Osiander, che ne curò la stampa) esso ha poco di innovativo. L'aspetto rivoluzionario dell'opera di Copernico risiede nel fatto che, dopo di lui, molti scienziati cominciarono a credere nella realtà fisica del modello.
Quando queste idee varcarono i limiti della cerchia ristretta degli specialisti, astronomi e matematici, esse suscitarono polemiche asprissime. Già nella seconda metà del XVI secolo diversi letterati e filosofi si scagliarono contro l'assurdità della nuova teoria, per il suo palese contrasto con la cultura tradizionale. Questa posizione fu subito appoggiata e condivisa dalla nascente chiesa protestante (Lutero e Calvino)
La reazione della chiesa cattolica, in conseguenza delle sue tradizioni abbastanza liberali nei confronti delle idee scientifiche (si ricordi che Copernico era un ecclesiastico e che dedicò la sua opera al papa Paolo III) si fece sentire molti anni più tardi, ma fu più violenta. Nel 1616 fu proibito l'insegnamento di ogni teoria eliocentrica e le opere di Copernico vennero messe all'indice. Nel 1632 l’Inquisizione costrinse Galileo alla famosa abiura.
E' doveroso però tener presente la particolare situazione in cui si trovava la Chiesa di Roma, tutta rivolta ad arginare gli effetti disgregatori e scissionistici della riforma protestante, che l'accusava tra l'altro di non attenersi più alla rigida interpretazione delle Scritture.
Per accettare le nuove idee era necessario un radicale cambiamento nel modo di educare il cristiano a considerare il proprio rapporto con Dio, a saper leggere nei racconti biblici (storia, a volte epica, a volte poetica, del popolo di Dio) il vero messaggio del Creatore e a saper distinguere i diversi ambiti di competenza della Fede e della Scienza.
Una trasformazione di questo genere non si può realizzare da un giorno all'altro, tenendo soprattutto conto che il magistero della Chiesa si rivolge a moltitudini di fedeli di ogni livello culturale e sociale.
Rispetto al sistema tolemaico, si scambiano le posizioni della Terra e del Sole. Quest'ultimo è al centro e la Terra diventa uno dei pianeti; la Luna le ruota attorno come suo satellite. Il moto continua ad essere circolare uniforme. |
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L'importanza del sistema copernicano consiste nel considerare apparenti le anomalie del moto dei pianeti, dovute al loro moto combinato con quello della Terra (nella figura in basso i punti 2,3 rappresentano uno stazionamento e il punto 4, in rosso, una retrogradazione). |
Il moto reale dei corpi celesti potrebbe allora svolgersi su orbite circolari (i deferenti di Tolomeo) senza bisogno di introdurre gli epicicli. |
In realtà le orbite non sono circolari e i moti non sono uniformi per cui Copernico sarà costretto ad usare epicicli ed eccentrici (anche in combinazione tra loro) per rendere conto del moto dei pianeti. In alcuni casi (es. il sistema Sole-Terra) la costruzione copernicana è più complessa di quella tolemaica. |
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Questa complicazione verrà superata da Keplero, alcune decine di anni dopo Copernico, con l'introduzione di orbite ellittiche. |
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Fonte: http://www.istituto-santanna.it/Pages/LiceoScientifico/GALILEO%20classe%20quarta.doc
Sito web da visitare: http://www.istituto-santanna.it/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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