Guerre persiane sintesi e riassunto

Guerre persiane sintesi e riassunto

 

 

 

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Guerre persiane sintesi e riassunto

Le guerre persiane

Che cosa sono le guerre persiane?

Le guerre persiane sono i vari conflitti (= guerre) avvenuti tra le poleis greche e l'Impero persiano.
Quando iniziano e quando finiscono le guerre persiane?
Le guerre persiane iniziano intorno al 500 a.C. e finiscono nel 449 a.C.
Chi combatte le guerre persiane?
Le guerre persiane sono combattute da:
1. GRECI. La civiltà greca è la civiltà più importante d’Europa. Durante la prima colonizzazione i Greci fondano molte colonie lungo le coste dell’Asia Minore (per esempio: Samo, Rodi, Mileto, Smirne…). Queste città sono importanti centri commerciali e culturali, abbastanza autonomi rispetto alla Grecia: così i Greci cercano di espandersi verso Oriente.
2. PERSIANI. L’Impero persiano è il più importante centro di potere in Asia. Alla fine del VI secolo a.C., Dario il Grande, “Gran Re” dei Persiani, regna su un impero immenso che si estende dall'India alle sponde orientali dell'Europa. I Persiani iniziano a controllare i commerci nel Mar Nero: così i Persiani cercano di espandersi verso Occidente.
Perché scoppiano le guerre persiane?
Greci e Persiani cercano di espandere il loro potere ed entrano in conflitto. Le guerre persiane hanno cause:
1. economiche
2. commerciali
legate soprattutto al controllo dei commerci che passano per il mar Nero.
Inoltre Greci e Persiani hanno due diverse idee di dominio (= controllo) politico.
I Persiani hanno una concezione territoriale dello Stato:  un territorio è persiano quando fa parte dell’Impero persiano, anche se è abitato da altri popoli.
I Greci hanno una concezione etnica dello Stato: un territorio è greco quando è abitato da greci.

La prima guerra persiana

Dario il Grande cerca di espandere l’Impero persiano verso Occidente e attacca la Grecia nel 492 a.C., ma la flotta (= tutte le navi) persiana è distrutta da un tempesta terribile vicino al monte Athos. Nel 490 a.C. è sconfitto anche l’esercito persiano nella Battaglia di Maratona. A questo punto i Persiani navigano con la loro flotta verso Atene, perché vogliono distruggerla, ma quando arrivano vicino alla costa trovano l'esercito ateniese già pronto a combattere; così i Persiani rinunciano all'impresa e tornano in Persia.

La seconda guerra persiana

Nel 486 a.C. Serse I, figlio di Dario il Grande, diventa il nuovo re dei Persiani. Serse I vuole vendicare la sconfitta paterna (= di suo padre) e organizza subito una nuova spedizione contro la Grecia, perché vuole che la Grecia diventi una satrapia (= una parte) dell’Impero persiano.
Di fronte al pericolo persiano i rappresentanti delle poleis greche formano la Lega panellenica, sotto il comando del re di Sparta, per decidere insieme come combattere contro i Persiani. Le città più importanti della Lega sono Atene e Sparta.
All'inizio del 480 a.C. gli ambasciatori di Serse I vanno in molte città greche e chiedono loro di sottomettersi all’Impero persiano. Le città greche rifiutano e così inizia la guerra.
I Greci hanno diverse idee su come difendersi dai Persiani:
1. gli Spartani vogliono combattere sulla terra, perché l’esercito spartano è il più forte della Grecia e se l’esercito vincesse la guerra Sparta diventerebbe la città greca più importante;
2. gli Ateniesi vogliono combattere in mare, perché la flotta ateniese è la più forte della Grecia e se la flotta vincesse la guerra Atene diventerebbe la città greca più importante.
Fin da questo periodo iniziano le ostilità (=  contrasti) fra Sparta e Atene per diventare la polis più forte della Grecia.
Alla fine i Greci decidono di combattere contro i Persiani sulla terra, ma solo pochi soldati greci aspettano i Persiani al passo delle Termopili. Nel 480 a.C. l’esercito greco e l’esercito persiano combattono; dopo giorni di combattimento quasi tutti i soldati greci si ritirano e rimangono solo 300 eroi spartani che cercano di fermare per un po’ di tempo i Persiani, mentre il resto dell’esercito greco tenta di riorganizzarsi. Dopo avere sconfitto tutti i Greci al passo delle Termopili, i Persiani invadono il resto della Grecia e arrivano ad Atene, che saccheggiano e  incendiano (= rubano tutto, uccidono le persone, poi danno fuoco alla città). A questo punto i Greci decidono di combattere in mare e la flotta greca sconfigge la flotta persiana a Salamina. Nel 479 a.C. anche l’esercito persiano è sconfitto a Platea e i Persiani lasciano la Grecia.

Che cosa succede dopo le guerre persiane?

Nel 477 a.C. gli Ateniesi fondano la Lega di Delo, cioè un accordo tra le città greche marittime (= sul mare, quindi con una flotta), contro i Persiani, con a capo Atene. Tutte le città della Lega devono pagare una tassa ad Atene. In questo modo Atene aumenta la propria influenza sulle città della lega.
Nei 30 anni successivi (= dopo) continuano gli scontri tra Greci e Persiani.
Nel 449 a.C. Pericle (= il capo di Atene) fa un accordo con i Persiani, la pace di Callia, che fissa tre punti:
1. le città greche dell'Asia Minore fanno parte dell'Impero persiano, ma sono autonome
2. i Persiani controllano Cipro
3. le navi da guerra persiane non possono entrare nel mar Egeo

 

La guerra del Peloponneso

Che cos’è la guerra del Peloponneso?

La guerra del Peloponneso è un conflitto durato quasi 30 anni, per l'egemonia (= avere tutto il potere) in Grecia.
Quando inizia e quando finisce la guerra del Peloponneso?
La guerra del Peloponneso inizia nel 431 a.C. e finisce nel 404 a.C.
Chi combatte la guerra del Peloponneso?
La guerra del Peloponneso è combattuta da:
1. SPARTA E I SUOI ALLEATI, cioè le città che fanno parte della Lega del Peloponneso (= alleanza militare tra le poleis del Peloponneso, con a capo Sparta, nata verso la metà del VI secolo a.C. Secondo l’alleanza durante le guerre Sparta comanda su tutte le altre città, che devono mandare i loro soldati a combattere. Le città non devono pagare nessuna tassa  a Sparta).
2. ATENE E I SUOI ALLEATI, cioè le città che fanno parte della Lega di Delo (= alleanza marittima tra le città greche contro i Persiani, con a capo Atene, nata nel 477 a.C. Secondo l’alleanza tutte le città della Lega devono pagare una tassa ad Atene).

Quali sono le cause della guerra del Peloponneso?

Dopo la fine delle guerre persiane Atene è diventata sempre più forte in Grecia e ha tolto una parte di libertà alle altre città greche. Sparta vuole mettere fine a questa situazione, perciò la causa più importante della guerra del Peloponneso è la volontà degli Spartani di opporsi allo strapotere (= troppo potere) di Atene.

Quali sono le fasi della guerra del Peloponneso?

La guerra del Peloponneso ha tre lunghe fasi:

1. Prima fase (431 a.C. – 421 a.C.)

Atene entra in conflitto con due città della Lega del Peloponneso, Corinto e Megara. Nel 432 a.C. l'assemblea della Lega del Peloponneso si riunisce a Sparta per decidere cosa fare con la città di Atene.
Ricorda: il vero problema non è il conflitto tra Atene e le città di Corinto e Megera, ma lo strapotere di Atene in Grecia. Il conflitto tra Atene e le città di Corinto e Megara è solo un pretesto.
Inizia la guerra. Il capo di Atene, Pericle, ha questo piano: tutti gli abitanti di Atene si chiudono nella città, la flotta ateniese porta da mangiare a tutti i cittadini e attacca gli Spartani lungo le coste del Peloponneso.
All’inizio la guerra procede come Pericle ha pensato, ma nel 430-429 a.C. si diffonde ad Atene un’epidemia di peste:  ci sono migliaia di vittime (= morti) e anche Pericle muore.
Dopo la morte di Pericle, Cleone diventa capo della città di Atene. Cleone vuole vincere in fretta la guerra, ma nel 428 a.C. Atene deve affrontare un altro problema: la città di Mitilene esce dalla Lega di Delo. Questo fatto è grave, perché:
1. Mitilene fornisce (= dà) tante navi ad Atene
2. Anche altre città possono uscire dalla Lega di Delo, come Mitilene
Cleone punisce in modo duro la città di Mitilene per dare un esempio anche agli altri alleati.
La guerra va avanti per dieci anni. Sono anni molto duri sia per Sparta che per Atene. Nel 421 a.C. Atene e Sparta firmano la pace di Nicia che fissa due punti:

  1. Atene conserva tutti i suoi territori
  2. Atene rimane la città più forte sul mare

Alla fine della prima fase della guerra la situazione è questa:
- Atene ha perso molti soldati durante le battaglie e molti cittadini a causa della peste, ma sembra essere la città vincitrice
- Sparta ha perso molti soldati durante le battaglie e ha capito che non può sconfiggere Atene da sola

2. La spedizione in Sicilia (415 a.C. - 413 a.C.)

Dopo pochi anni la guerra riparte e si sposta
dalla Grecia alla Sicilia (= un’isola nel Sud dell’Italia).
Atene cerca di conquistare la Sicilia per diventare più ricca e forte e potere sconfiggere Sparta, ma in Sicilia gli Ateniesi sono sconfitti dagli Spartani e dai loro alleati, cioè gli abitanti della città di Siracusa.

3. La terza fase (413 a.C. – 404 a.C.)

La guerra torna in Grecia.
Gli Spartani chiedono aiuto ai Persiani e ricevono una flotta: questo è un grande aiuto, perché permette agli Spartani di combattere contro la potente flotta ateniese.
Nel 404 a.C. Sparta sconfigge Atene.
Alla fine della guerra la situazione è questa:
1. Atene deve sciogliere la Lega di Delo
2. Ad Atene finisce il periodo di democrazia (= potere nelle mani del popolo) e inizia un regime tirannico e oligarchico (= il potere è nelle mani di poche persone, come nella città di Sparta). Questo regime si chiama il governo dei Trenta Tiranni.

Pericle (Atene, 495 a.C. – 429 a.C.)

Pericle è un politico ateniese molto abile (= bravo) che porta Atene al massimo splendore e alla massima potenza. Pericle ha il comando della città di Atene varie volte dal 460 a.C. al 429 a.C.

I punti più importanti della politica di Pericle sono:

1. POLITICA SOCIALE: scuola per gli orfani (= bambini che non hanno i genitori);  pensioni ai mutilati di guerra e agli invalidi (= persone senza un braccio o una gamba, dopo una battaglia); ingresso gratuito a teatro per i poveri; paga regolare a soldati e marinai
2. GRANDI OPERE PUBBLICHE E COSTRUZIONE DI MONUMENTI: ricostruzione dell’acropoli (= centro della vita politica e sociale di Atene), che era stata distrutta dai Persiani; costruzione di nuove parti del porto di Atene e della mura per collegare Atene al porto
3. IMPERIALISMO PACIFICO:  sicurezza dei mari e ricerca di una ampia pace internazionale
Cosa pensa Pericle della guerra del Peloponneso?
Atene può vincere la guerra contro Sparta solo se si concentra sulla flotta e non cerca di ingrandire il proprio impero. Dopo la morte di Pericle, invece, gli Ateniesi fanno proprio il contrario, perché tentano di conquistare la Sicilia: questo errore molto grave porta Atene alla sconfitta del 404 a.C.

 

Fonte: http://inretelab.altervista.org/storia/contenuti/storiaantica/guerrepersianepeloponnesopericle.doc

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Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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LE GUERRE PERSIANE

Come la guerra di Troia, le Guerre Persiane furono un importante momento della storia greca. Gli Ateniesi che dominarono culturalmente e politicamente la Grecia nel V secolo a. C. e parte del IV, consideravano le guerre contro Persia uno dei segni più chiari della loro superiorità. Le Guerre Persiane, che iniziano inaspettatamente, segnano anche per convenzione il passaggio dall’età antica (VIII- VI sec. a. C.) all’età classica (V- IV sec. a. C.).
L’antefatto
Verso la metà del VI secolo a.C., le città greche della Ionia (ovvero le poleis situate lungo la costa dell’Asia Minore) persero la loro indipendenza. Vediamo come.

Le conquiste dei Persiani
In quel tempo la Persia, il più grande impero che il mondo antico avesse mai visto, conquistò il territorio dei Medi, i quali, benché fossero guerrieri famosi e temuti da tutti i Greci, furono battuti dal re dei Persiani, Ciro il Grande (559-529). Egli nel 550 a. C. attaccò e sconfisse il loro re Astiage, facendosi proclamare re dei Medi e dei Persiani. A seguito di tale vittoria, Ciro decise di estendere il proprio impero sottomettendo anche le popolazioni confinanti: conquistò, quindi, la Lidia e la Ionia nel 546 a. C., i territori dell’Asia Centrale –dal Mar Caspio all’Indo-, occupò la Mesopotamia, la Cilicia, la Siria, la Fenicia e la Palestina (538).
Ciononostante, diede prova di grandi qualità umane e politiche: risparmiò la distruzione delle città conquistate, rispettò i culti locali, liberò i prigionieri (come gli Ebrei deportati a Babilonia). La sua politica aveva, infatti, lo scopo di assicurarsi il consenso delle classi dirigenti locali, per poter governare meglio un impero altrimenti troppo vasto.
Alla morte di Ciro, il trono passò al figlio Cambise (529-522), che però rimase al potere pochi anni, durante i quali proseguì la politica del padre e riuscì a sottomettere l’Egitto (525).
Dopo di lui salì al potere Dario I (522-486), che ampliò ancora i confini dell’impero: conquistò la Propontide, la Tracia (507), rese tributaria la Macedonia e assoggettò la vale dell’Indo.

Le riforme di Dario I
Il merito maggiore di Dario derivò, più che dalle imprese militari, dalla salda organizzazione statale che seppe dare ai suoi domini.
Egli riservò il potere supremo a sé stesso (era il Re dei re), con un esercito personale di 10.000 fanti e cavalieri, scelti fra la nobiltà persiana: erano i “diecimila immortali”, così chiamati perché alla loro morte venivano rimpiazzati subito da altri. Egli realizzò un’importante riforma amministrativa: divise l’impero in 20 province, chiamate satrapìe, governate da altrettanti funzionari, i satrapi, nominati a vita dal Gran re e scelti tra le famiglie persiane più importanti; a costoro era concessa un’ampia autonomia amministrativa.
Il loro potere era però moderato dalla presenza di un comandante militare e da vari ispettori (detti “gli occhi e gli orecchi del re”). In questo modo l’autorità civile era divisa da quella militare e si controllavano a vicenda; su tutti, invece, vigilavano gli ispettori. Questa organizzazione permetteva una migliore governabilità, fondata sul decentramento dei compiti e dei poteri, senza che l’imperatore perdesse di vista i propri possedimenti.
La divisione in satrapìe, del resto, serviva anche come sistema tributario: ogni provincia era tenuta a corrispondere annualmente all’imperatore un’imposta, in denaro o in natura, che dipendeva dall’estensione e dalle risorse disponibili.
Per agevolare gli intensi rapporti con le province, ovvero fra il centro e la periferia dell’impero, fu costruita una agevole e ben organizzata rete stradale: le strade più importanti erano percorse di giorno e di notte da messi imperiali ed erano provviste ogni 25 km di stazioni di posta per il cambio dei cavalli e dei corrieri e per rifornirsi di cibo.
La strada più famosa era la “strada regia”: lunga oltre 2600 km, congiungeva la città di Susa, residenza imperiale invernale, con la città di Sardi, nella Ionia. Poteva essere percorsa in meno di 10 giorni dai corrieri statali e in circa 90 giorni dalle carovane di mercanti: essa permetteva di spostare agevolmente gli eserciti, di far funzionare il servizio postale di stato e di trasmettere gli ordini con estrema rapidità.
Della rete stradale si giovò anche il commercio, ulteriormente incentivato dall’introduzione della moneta coniata, il darico d’oro.

Cause dell’ostilità tra Greci e Persiani
I motivi alla base dell’ostilità crescente tra la Persia e la Grecia erano:

  1. l’estensione e la potenza dell’impero persiano, che aveva conquistato e sottomesso le poleis dell’Asia Minore, privandole della propria indipendenza, costringendole a pagare tributi e a subire forti penalizzazioni nei traffici commerciali (la Persia, infatti, promuoveva il commercio delle città fenicie, poiché queste la rifornivano di marinai e navi da guerra),
  2. il riaffacciarsi delle tirannidi nelle città greche della Ionia, appoggiate dai satrapi persiani, perché più vicine alla mentalità orientale rispetto alle forme di governo allora esistenti in Grecia,
  3. la minaccia sempre più crescente nei confronti delle città-stato del continente (Dario infatti mirava alla conquista dei territori occidentali, per ottenere il dominio assoluto dei commerci).

Il casus belli: la rivolta della Ionia
Dopo la conquista della Tracia e la sottomissione della Macedonia a stato vassallo, le poleis greche si trovarono ad essere minacciate da vicino dai Persiani. Le città della Ionia, del resto, mal sopportavano di dover pagare dei tributi al Gran re.
L’opportunità di ribellarsi al giogo della Persia si manifestò quando il tiranno di Mileto, Aristagora, dopo aver persuaso i Persiani a conquistare l’isola di Nasso e fallita la spedizione, temendo ritorsioni da parte del Gran Re, appoggiò il malcontento popolare della sua polis e diede inizio nel 499 a. C. ad una ribellione democratica, subito imitata dalle altre poleis della Ionia. I Greci delle città in rivolta deposero i satrapi e cercarono l’appoggio delle città greche della madrepatria: Aristagora in persona si recò dapprima a Sparta, poiché si trattava dello stato più potente della Grecia, ma gli Spartani non si fidarono di lui e si rifiutarono di prestargli aiuto; Aristagora allora si rivolse agli Ateniesi, i quali, insieme alla città di Eretria, inviarono un piccolo contingente di soldati e 25 navi da guerra. Nel 498 a. C. gli Ateniesi conquistarono e incendiarono Sardi, capitale della Lidia, e tutte le città  greche in Asia Minore si unirono nella rivolta. Ma gli Ateniesi, che non avevano interessi nella rivolta antipersiana, se ne tornarono a casa.
Quando i Persiani giunsero in Asia Minore col pieno delle loro forze, la ribellione finì rapidamente.
Nel 494 a. C.  i Persiani occuparono Mileto: Aristagora venne ucciso, la città fu distrutta e la popolazione fu deportata nelle regioni interne dell’Anatolia. Per evitare che altre poleis si ribellassero, Dario, in accordo con l’ex tiranno Ippia, che sperava in tal modo di riconquistare il potere, decise di punire Atene ed Eretria, poiché con i loro aiuti avevano sostenuto la rivolta.
Lo scopo di Dario, però, era un altro: mirava a dominare l’intera Grecia.

La prima guerra persiana (490 a. C.)
Sotto il comando del principe Artaferne e del collega Dati, nel 490 a. C. ebbe inizio la spedizione persiana: 25000 uomini armati salparono dalle coste dell’Asia Minore e travolsero ogni resistenza. I Persiani occuparono le Cicladi, attaccarono Eretria, la incendiarono e ne deportarono gli abitanti; poi si accamparono nella piana di Maratona, a 42 km circa da Atene, convinti che la città si sarebbe arresa.
Gli Ateniesi, invece, incuranti del pericolo, affidarono il comando dell’esercito allo stratega Milziade, un ufficiale che aveva servito con notevoli risultati nell'esercito persiano ed era stato costretto alla fuga per aver irritato Dario, e spinsero i governanti ad allearsi con Sparta. Milziade, in attesa degli aiuti spartani, ordinò di trasferire l’esercito sulle alture a sud di Maratona, per evitare che i nemici arrivassero nei pressi della città. Quando i Persiani, comandati da Dati, seppero dell’arrivo imminente di rinforzi spartani, attaccarono contando sulla superiorità numerica. Ma gli opliti ateniesi, insieme ad un piccolo contingente di mille soldati inviati dalla città di Platea, scendendo dalle alture compatti e di corsa, raddoppiarono la loro forza d’urto e, dopo 5 ore di furiosi combattimenti, travolsero i nemici che furono costretti a ritirarsi e imbarcarsi sulle navi (490 a. C.). Al termine del conflitto, lo storico Erodoto racconta che i soldati greci rimasti sul campo furono 192, quelli persiani 6400!
Appena Dati prese il mare, gli ateniesi marciarono verso Atene, per prevenire l'attacco di Artaferne. Fallita anche questa impresa, Artaferne riprese il largo e se ne andò in Asia. Gli spartani arrivarono a giochi fatti, visitarono il luogo della battaglia e furono d'accordo nell'affermare che gli ateniesi avevano ottenuto una grande vittoria.
La battaglia di Maratona non fu una vittoria decisiva sui Persiani. Comunque fu la prima volta che i Greci ebbero la meglio sui Persiani in una battaglia terrestre, e "la loro vittoria diede ai greci la fiducia nel loro destino: resistere per tre secoli durante i quali nacque la cultura occidentale" (J. F. C. Fuller "Storia militare del mondo occidentale").
Di fatto, il mito dell'invincibilità dei Persiani venne infranto.

La leggenda vuole che quando i cittadini di Atene furono consci dell'invasione persiana, mandarono un soldato chiamato Fidippide il quale, secondo Erodoto (libro VI, 105), corse dalla città di Maratona fino a Sparta chiedendo aiuto. Un'altra leggenda racconta che Fidippide corse da Maratona fino ad Atene annunciando la vittoria e poi collassò e morì. Questa leggenda fu la base per la moderna maratona. La distanza della maratona moderna è basata sulla distanza tra Maratona e Atene (42 km, appunto).
La seconda guerra persiana (480 – 479 a. C.)
La sconfitta subita a Maratona incrinò gravemente il prestigio della Persia, aggravando il pericolo di rivolte all’interno dell’impero. La conquista della Grecia divenne quindi un’esigenza vitale per scongiurare il pericolo di altre ribellioni. Alla morte di Dario (486), i preparativi per una nuova impresa furono approntati dal figlio Serse, che organizzò a Sardi un’imponente armata, costituita da circa 300.000 soldati e da non meno di 700 navi da guerra e da trasporto. Atene, del resto, si era resa conto della propria debolezza nella flotta, per cui il democratico Temistocle, stratega nel 483, riuscì ad imporre la fortificazione del Pireo (il porto di Atene) e il rafforzamento della flotta con 180 triremi. A questo programma si oppose il conservatore Aristide, che caldeggiava un accordo con la Persia e spingeva a rompere l’alleanza con Sparta. Poiché le notizie da Sardi erano sempre più allarmanti, numerose città greche decisero di formare un unico blocco per organizzare la difesa comune. Durante una riunione presso il santuario di Poseidone a Corinto, venne proclamata una tregua generale per i conflitti in corso e fu deciso di richiamare in patria gli esiliati in modo da conseguire la massima unità politica e militare. A Corinto fu così confermata l’alleanza fra Sparta e Atene che, insieme a altre 29 città, costituirono la Lega Panellenica (481). Il comando dell’esercito venne affidato al re spartano Leonida. Fuori dalla lega rimasero parecchie città: Argo, nemica di Sparta, si proclamò neutrale; la Tessaglia, Creta e Tebe, ostili ad Atene. Anche la scelta della strategia da attuare non fu priva di contrasti. Gli Spartani volevano schierare l’esercito e la flotta a difesa del Peloponneso, mentre gli Ateniesi erano decisi a proteggere l’Attica. Alla fine si stabilì un primo sbarramento difensivo alle Termopili, passaggio obbligato per l’armata nemica, e un secondo fronte di resistenza sull’istmo di Corinto. La marina da guerra fu invece concentrata presso Capo Artemisio, la punta settentrionale dell’isola Eubea.
Nel 480 Serse muove da Sardi a capo dell’esercito persiano; attraversato l’Ellesponto con un ponte di barche, invase la Tracia e la Macedonia, penetrò in Tessaglia e puntò su Atene. Nel frattempo la flotta navigava lungo le coste, per assicurare il vettovagliamento alle truppe di terra.

La battaglia delle Termopili (20 agosto 480 a. C.)
Giunto al passo delle Termopili, Serse si trovò di fronte poche migliaia di opliti guidati da Leonida, che attendeva rinforzi dalle città della Lega. Quando Leonida si accorse che stava per essere preso alle spalle dai Persiani, ordinò all’esercito di ritirarsi e restò sul posto con 700 Tespiesi e 300 Spartani a combattere fino alla morte (20 agosto 480 a. C.). Il sacrificio di Leonida e del suo eroico presidio fu di grande importanza militare e politica: ritardando l’avanzata nemica diede modo ai Greci di organizzarsi per lo scontro finale ed ebbe un effetto incalcolabile sul morale dei Greci che si sentirono spronati a continuare la guerra fino alla morte.

La battaglia di Salamina (29 settembre 480 a. C.)
Nel frattempo la flotta alleata, abbandonando capo Artemisio, si concentrava nello stretto tratto di mare tra l’isola di Salamina, di fronte ad Atene, e la costa attica. Superate le Termopili, i Persiani in 2 settimane attraversarono la Beozia, irruppero nell’Attica e occuparono Atene. Tuttavia, gli Ateniesi si salvarono perché Temistocle aveva trasferito donne, vecchi e bambini nelle isole di Salamina ed Egina, mentre tutti gli uomini validi alle armi avevano ricevuto l’ordine di imbarcarsi sulle navi da guerra. Prima di affrontare i Greci che si erano schierati a difesa del Peloponneso, Serse decise di eliminare la flotta ateniese, attaccandola proprio a Salamina. Ma dopo una giornata di attacchi, speronamenti e arrembaggi, le agili triremi greche, al comando di Euribiade, ebbero il sopravvento: le pesanti navi persiane vennero affondate o costrette alla fuga (29 settembre 480). Serse si ritirò con la flotta superstite in Asia Minore, mentre l’esercito di terra venne lasciato a svernare in Tessaglia, sotto il comando del generale Mardonio.

La battaglia di Platea (479 a. C.)
In primavera i Persiani ripresero le ostilità, ma le forze confederate greche, comandate dal re spartano Pausania e dallo stratega ateniese Aristide, ottennero di nuovo una grande vittoria a Platea (479). Mardonio cadde in combattimento e la sua morte provocò lo sbandamento dell’esercito persiano. Dopo la battaglia i vincitori marciavano su Tebe che nel frattempo si era alleata con Serse: i capi del partito filopersiano vennero giustiziati e la Lega beotica fu sciolta.  Nello stesso giorno della vittoria di Platea, una flotta greca incendiava le navi persiane al largo di Capo Micale. La Ionia si sollevò e le isole di Samo, Lesbo e Chio furono accolte nella Lega Panellenica.

 

Fonte:http://www.diversamentesocial.it/pluginfile.php/156/mod_folder/content/0/guerre%20persiane.doc?forcedownload=1

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Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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