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Il popolo che abitò nel Trentino Alto Adige nell’età del ferro, identificato archeologicamente con la cultura di Fritzens-Sanzeno, è il primo di cui si hanno non solo documenti materiali, ma anche fonti scritte. Storici, geografici e poeti romani e greci parlano di questa popolazione definendola “Reti”.
Nel corso del I secolo a.C. numerose popolazioni alpine furono sottomesse con la forza dai Romani. Tra queste compaiono i Venostes (Val Venosta) e gli Isarci (Val d’Isarco o, secondo altri autori, val d’Adige dal Burgraviato verso Sud). Tra le popolazioni che invece riuscirono a sconfiggere i Romani probabilmente ci sono i “Reti”.
1. LOCALIZZAZIONE E ORIGINE
Dalle antiche fonti storiche si deduce che i Reti abitavano le zone di montagna a oriente del Lago di Como , in particolare tutto il territorio alpino dell’alta valle del Reno, dell’odierna Austria, delle valli del’Inn, dell’Isarco, e dell’Adige lungo tutto il corso di questo fiume, sino allo sbocco in pianura nella regione di Verona, comprendendo anche le aree lombarde della Valtellina, quelle miste del lago di Garda e anche l’area di Padova.
Plinio afferma che “Raeti in multas civitates divisi” (I Reti erano divisi in molte popolazioni).
Non si può però capire da queste fonti se i Reti fossero una confederazione di popoli di natura culturale e/o politica diverse oppure una comunità con lingua, cultura e/o religione affini. Per rispondere dunque al quesito chi fossero i Reti si possono avere indicazioni solo dagli studi linguistici e dall’archeologia.
Riguardo all’origine dei Reti, nell’antica storiografia si trova più volte l’indicazione che essi fossero di stirpe etrusca e che guidati, secondo la leggenda, dal loro capo Reto, si siano spinti nelle Alpi, come afferma Tito Livio, Storie, V, 33:
“Tuscorum ante Romanum imperium late terra marique opes patere… Et in utrumque mare vergentes includere, prius cis Appenninum, postea trans Appenninum coloniis omissis, quae trans Padum omnia loca - excepto Venetorum angulo – usque ad Alpes tenuere. Alpinis quoque ea gentibus haud dubie origo est, maxime Raetiis, quos loca ipsa efferarunt ne quid ex antiquo praeter sonum linguae nec eum incorruptum retinerent”.
“Il potere degli Etruschi, prima della supremazia dei Romani, si estese largamente sulla terra e sul mare…Essi posero le loro sedi sulle regioni che si affacciano sui due mari (Tirreno ed Adriatico n.d.), prima al di qua dell’Appennino, poi, mandando al di là di esso delle colonie, occuparono tutto il territorio al di là del Po fino alle Alpi, eccetto la zona dei Veneti. Senza dubbio questa è l’origine anche delle genti alpine, specialmente dei Raeti, resi così selvaggi dalla natura stessa dei luoghi che della loro origine conservarono solamente il suono della lingua e nemmeno questo incorrotto”.
Più cauto, a questo proposito, è Plinio che nella sua Naturalis Historia, III, 133 afferma: “Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto” (Si ritiene che i Reti, discendenti degli Etruschi, sotto il loro capo Reto, siano stati cacciati dai Galli).
In realtà non vi sono indicazioni e prove per stabilire precisamente la loro origine. Tra le ipotesi più accettate c’è quella che li indica come un insieme di popoli autoctoni, in qualche modo simili, soprattutto per cultura e in parte per lingua (scritta).
Ma da che cosa deriva il nome di Reti? Anche se dare una risposta certa è difficile si può supporre che esso derivi forse da quello della dea Reitia, raffigurata tra animali con un velo in testa e una chiave in mano. La dea veniva venerata nel santuario di Baratela a Este, vicino a Padova, un centro della cultura venetica nato alla fine del VII secolo a.C. sotto l’influsso religioso etrusco. In esso arrivavano popolazioni dal Nord e quindi gli antichi, soprattutto Romani, indicarono tutti gli abitanti dei territori alpini con il nome generico di Reti.
Comunque si presume che Reitia non fosse il nome proprio della divinità, ma un attributo caratteristico di una dea, che presenta molti tratti in comune con la dea greca Artemide-Diana e che sarebbe concepibile come dea madre della fertilità, della guarigione e dell’al di là.
2. GLI INSEDIAMENTI
La scelta della posizione degli insediamenti stabili in area alpina è particolarmente condizionata dalle caratteristiche del territorio. Le valli principali, rese paludose dalle inondazioni dei fiumi, il pericolo di frane, la necessità d’acqua e l’opportunità di rispettare i terreni fertili destinati all’agricoltura, costrinsero l’uomo a scegliere come sedi abitative i terrazzi e le sommità. Sulla estensione e sulla struttura degli abitati sappiamo molto poco.
Accanto a fattorie isolate tipo i masi vi sono piccoli villaggi, con 5-15 edifici, e abitati più grandi con 30 e più costruzioni.
Nel territorio del gruppo Fritzens-S. Zeno, soprattutto in Val d’Adige e in Val d’Isarco, è documentato un tipo di abitazione seminterrata a uno o più vani con cantina in muratura e ingresso talvolta ad angolo, detta appunto “casa retica”. Le stanze si trovavano nel “piano superiore” e le cantine potevano essere utilizzate per varie funzioni: come magazzino o laboratorio o anche stalla.
3. STORIA
Utilizzando sia i documenti materiali rimasti, sia le prime fonti scritte, si può delineare una breve storia dei Reti.
Nel V secolo a.C. abbiamo una forte espansione della cultura Fritzens-Sanzeno, che si estende sia verso Sud sia verso il Brennero, nella valle dell’Inn, con influssi che giungono fino all’Oglio e all’Adda.
Al V secolo a.C. risalgono anche le prime iscrizioni in alfabeto reto-etrusco, la cui introduzione è dovuta certamente ad influssi etruschi, conseguenza dei rapporti economici e commerciali che vi erano tra queste popolazioni, soprattutto lungo l’asse dell’Adige.
Le invasioni celtiche del V/IV secolo a.C., che modificarono la situazione della pianura Padana, non ebbero grande influenza sui Reti, che imitarono alcuni loro ornamenti in bronzo e alcune armi. Dai documenti archeologici i Reti rappresentano una cultura aperta agli influssi sia da sud sia da nord, che però vengono assunti e rielaborati in forma autonoma.
4. ECONOMIA
L’agricoltura fu l’elemento fondamentale nella vita della maggior parte della popolazione retica. Nei campi si raccoglievano cereali, che erano conservati in casse di legno o cesti, e legumi.
A partire dal V sec. a.C. veniva coltivata la vite in tutto il territorio sud-alpino. Nel I e II secolo a.C. gli storici affermano che il vino retico era molto apprezzato. Tra gli animali domestici c’erano
prevalentemente piccoli ruminanti ma anche bovini. Tra gli animali da caccia il preferito era il
cervo, per le sue corna, usate per costruire impugnature.
L’artigianato, soprattutto quello tessile, era molto vario e sviluppato. Un grande ruolo era assunto dalla lavorazione del legno. Inoltre era di alta qualità la lavorazione dei metalli. Influenze provenienti dall’area mediterranea e dall’ambito celtico venivano accolte e adattate al gusto locale.
La necessità di materie prime per la produzione locale fece sviluppare i contatti esterni sia a nord sia a sud dell’arco alpino: in primo luogo con Celti, Etruschi, Greci e Veneti. Nacquero anche i primi centri con diritto di tenere mercato per il sale a Halstatt. Il “commercio” doveva essere ancora attuato con lo scambio diretto dei beni. I prodotti che venivano “esportati” erano numerosi e fra questi c’erano anche schiavi. I beni di lusso giungevano nel territorio dei Reti prevalentemente dal Mediterraneo.
5. RELIGIONE
A partire dal 600 a.C. circa, per influenza probabilmente delle culture mediterranee, anche nella zona alpina si incominciano a venerare divinità antropomorfe.
Presso i Reti possiamo supporre l’esistenza di santuari dedicati alla natura (acque e monti). Venne praticato soprattutto il culto della fertilità: veniva offerto del grano, in boccali e in tazze, che dal V secolo a.C. avevano anche iscrizioni votive, che riportavano il nome dell’offerente, esprimendo un nuovo tipo di rapporto con il divino, cioè il desiderio di essere in contatto con la divinità in modo personale e permanente.
Le offerte erano bruciate su cumuli di pietre con pozzo centrale, su piattaforme o su piani argillosi.
Un santuario è stato scoperto in Val d’Ultimo, presso S. Valpurga, utilizzato dal VI al II secolo a.C.. Esso era formato da una serie di 3 altari di pietra e da 10 piattaforme sacrificali in argilla. Gli altari sono allineati tra loro. Forse in cima al tumulo c’era l’immagine della divinità.
6. SCRITTURA E LINGUA
Una delle conquiste più importanti della storia culturale dei Reti è la comparsa della scrittura attorno al 500 a.C. Essa si diffuse presso i Veneti e nelle Alpi con la mediazione degli Etruschi. Venne utilizzata soprattutto per il culto, per iscrizioni votive nei santuari e su steli funerarie.
La maggior parte delle iscrizioni conservate consiste in pochi segni di alfabeto. Viene così confermato che solo la minima parte della popolazione, soprattutto i sacerdoti, conoscesse la scrittura e la lettura.
Sulla base di 300 iscrizioni scritte in alfabeto sinistrorso”nordetrusco” rinvenute in territorio retico, si distinguono quattro varianti grafiche: l’alfabeto di Lugano, di Sondrio-Valcamonica, di Bolzano (o di Sanzeno) e di Magrè, questi ultimi due di origine non indoeuropea. La presenza di questi diversi alfabeti rivela l’esistenza di varie lingue e dialetti.
Fonte: http://www.latinitas.altervista.org/doc/storia07.doc
Sito web da visitare: http://www.latinitas.altervista.org/
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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