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L'Impero Britannico
nei secoli XVIII e XIX
1. La situazione politica interna
La “Gloriosa rivoluzione” del 1688 non modificò il sistema rappresentativo inglese. L’ assetto parlamentare si basava sul consenso degli elettori ma non era esente da gravi difetti. Le sezioni elettorali con un numero di votanti in continua riduzione garantivano la rappresentanza parlamentare della piccola nobiltà. Alcuni seggi erano di fatto controllati da nobili che vi nominavano uomini propri. Molte incertezze istituzionali riguardavano i ruoli del re,dei ministri e dei loro rapporti. Inoltre gli abusi nella vita pubblica erano all'ordine del giorno. Ciononostante il settecento fu per l’ Inghilterra anche il secolo delle grandi personalità della cultura, della politica e della scienza; fu anche il secolo dei mercanti e degli imprenditori industriali capaci di competere sui mercati internazionali.
Neppure Robert Walpole, leader dei whigs, si sottrasse al clima politico clientelare del paese. Il suo ventennio ministeriale (1721-1742) fu contrassegnato da una modifica del sistema governativo: in pratica Walpole, Primo ministro, presiedeva una riunione di ministri parlamentari da lui scelti, appoggiati dalla camera dei comuni e reciprocamente responsabili delle loro decisioni. Quindi una volta definita una linea politica comune riferiva al re Giorgio I (che non conosceva la lingua inglese). Era nato così una sorta di esecutivo responsabile e unito che aumentava il peso del Parlamento nella direzione del paese e che divenne l’ elemento caratterizzante della struttura governativa inglese fino ai nostri tempi. Sul piano della politica estera tutti gli sforzi furono diretti al rafforzamento dell’Impero coloniale.
Walpole fu sostituito in seguito da William Pitt il Vecchio (1756) grande uomo politico le cui strategie furono improntate a dare alla Gran Bretagna il primato imperiale sui mari. Egli aveva condotto una guerra aperta alla Francia; Pitt tuttavia nel 1761 dovette dimettersi a causa del disaccordo con il nuovo re Giorgio III sulla conduzione delle operazioni militari nella guerra dei sette anni.
Giorgio III era un sovrano che voleva restaurare una monarchia autoritaria senza alterare la costituzione, la sua politica forte fu osteggiata dal Parlamento e in diversi casi suscitò tumulti. Il suo atteggiamento intransigente nei confronti delle richieste di autonomia avanzate dalle colonie nordamericane fu all’origine della guerra d’indipendenza. L’effetto della sconfitta fece sì che il sovrano si ritirasse dalle scena politica affidando il nuovo governo a William Pitt il giovane (1783) il quale si impegnò nel tentativo di riformare le regole del Parlamento; fu inoltre uno dei più tenaci oppositori alla rivoluzione francese.
Mentre in Francia scoppiava la rivoluzione il governo di Londra avviò una serie di importanti riforme che favorirono il definitivo consolidamento dei principi liberali. L’impetuosa crescita della produzione industriale a partire dalla fine del 700 aveva mutato radicalmente le condizioni economiche e sociali dell’isola, favorendo lo spostamento dalle campagne di un'imponente quantità di forza-lavoro. Abbandonando la politica repressiva nei confronti delle rivendicazioni popolari il governo conservatore nel 1824 emanò una legge finalizzata a difendere i diritti dei lavoratori e a tutelarne gli interessi.
Nel 1832 seguì un’ importante riforma elettorale che estese il diritto di voto, ridusse l’influenza dei proprietari terrieri e ammise alle elezioni municipali chiunque fosse registrato come contribuente.
Tra il 1828 e il 1829 venne riconosciuta la parità dei diritti politici e civili tra la maggioranza anglicana, i protestanti dissidenti e i cattolici.
La rapida crescita economica nella prima metà dell’ottocento era accompagnata da un pauperismo diffuso e da dure condizioni di sfruttamento dei ceti più bassi. I governi liberali si fecero promotori di una legislazione sociale che decretò la fine della schiavitù in tutto l’ Impero e che mirava a tutelare il lavoro minorile nelle fabbriche; inoltre stanziava sussidi per i poveri e i disoccupati.
Questo insieme di provvedimenti lasciò tuttavia insoddisfatta la classe operaia che nel 1839 appoggiò la presentazione al Parlamento di una Carta del popolo che richiedeva il suffragio universale maschile, la segretezza del voto e il rinnovo annuale della camera. I contrasti interni e il rifiuto opposto dal governo ne decretarono, nel 1848, il fallimento.
Un successo maggiore ebbe la campagna liberista per l’abolizione delle leggi protezionistiche sull’importazione dei cereali. Il protezionismo favoriva l’Aristocrazia terriera ma provocava un innalzamento dei salari che riduceva i profitti industriali. Tale decisione provocò una frattura nel partito (forte era la presenza dei proprietari terrieri) , si trattò comunque di una svolta storica dove l’importanza del settore agricolo si ridusse fortemente rispetto a quello industriale.
Durante il regno della Regina Vittoria la Gran Bretagna conobbe un periodo di grande prosperità; padrona dei mari e alla testa di un vasto impero coloniale cercò di farsi coinvolgere il meno possibile dalle turbolente vicende europee. Alla crescita del settore industriale si sommavano i progressi in campo agricolo e il grande sviluppo della rete ferroviaria (che favorì il commercio). Gli interessi economici e commerciali si estesero su scala planetaria e Londra divenne il più importante centro finanziario del mondo. Il benessere raggiunse anche le classi popolari, inoltre la Gran Bretagna si poneva all’avanguardia nella lotta contro l’analfabetismo. Il primato economico britannico poggiava in gran parte sulla stabilità politica interna: il Parlamento aveva ampi poteri tra cui quello di concedere la fiducia al governo mentre la Corona rivestiva un ruolo per lo più simbolico.
Il partito liberale rimase al governo per un ventennio (tra gli anni '70 e '90 del secolo) nel quale William Gladstone ne promosse un radicale rinnovamento, tuttavia si scontrò con l’opposizione dell’ala moderata e il governo passò al conservatore Benjamin Disraeli, il quale si fece promotore di una riforma ancora più ampia (innalzò la percentuale dei votanti); l’effetto tuttavia fu opposto a quello previsto perché alle elezioni del 1868 prevalsero i liberali. Nei primi anni '70 il processo riformatorio raggiunse grandi traguardi tra i quali l’introduzione dello scrutinio segreto, la definitiva affermazione dei concorsi pubblici come strumento per attribuire le cariche amministrative, la limitazione dell’egemonia della Chiesa anglicana sull’istruzione e la diffusione delle scuole statali.
2. Le Guerre
a. La guerra di successione austriaca
Nel 1713 l’imperatore austriaco Carlo VI aveva emanato una norma dinastica detta “Prammatica Sanzione” per garantire la successione al trono di sua figlia Maria Teresa; quando Carlo VI morì (1740) la norma fu contestata da molti paesi europei che accamparono varie pretese territoriali.
Federico II di Prussia decise di occupare direttamente nel 1740 la Slesia (ricca regione austriaca). La guerra durò dal 1740 al 1748 e vide impegnati due blocchi: Francia, Spagna, Baviera, Sassonia e Prussia da una parte e dall’altra Austria, Gran Bretagna,Province Unite e Regno di Sardegna. Il conflitto prese dimensioni intercontinentali in quanto gli inglesi attaccarono i francesi in Canada, Caraibi e India.
Con la pace nel 1748 la Prussia ottenne i maggiori vantaggi territoriali, a Maria Teresa fu riconosciuto il diritto alla successione ma l’Austria perse gran parte dei ducati in Italia, infine fu ristabilita la situazione precedente al conflitto nelle colonie.
b. Guerra dei sette anni
La pace del 1748 non fu la fine completa delle ostilità perché Francia e Inghilterra continuarono a combattere nelle aree coloniali. L’ inizio della guerra avvenne in America nel 1755 dove l’Inghilterra riuscì a catturare 300 vascelli francesi. La Gran Bretagna voleva mettere in ginocchio la Francia in Europa per avere libero accesso nelle zone coloniali; tuttavia l ‘Inghilterra anche se fortissima sui mari non disponeva di un esercito di terre molto potente così stipulò un alleanza con la Prussia (il più forte esercito dell’epoca) nel 1756 contro la Francia che reagì alleandosi con l’Austria alla quale si unirono più tardi l’Impero La Russia e la Svezia. Iniziò così la guerra dei sette anni (1756-1763) che si svolse anche in territori coloniali quali l’India, l’Africa e l’America settentrionale.
La Prussia invase subito la Sassonia ma dopo la pesante sconfitta l esercito Austro-Russo sembrò preludere a un'invasione. La Prussia si salvò grazie alla morte della zarina Elisabetta I e alla successione del nipote Pietro III grande ammiratore del sovrano Prussiano che si tolse dal conflitto trascinando con sé la Svezia; intanto mentre la Prussia era pronta a riprendere l’offensiva Francia e Inghilterra decidevano di porre fine al conflitto.
Questa guerra non cambiò l’ equilibro territoriale europeo ma quello coloniale dove la Francia perse a discapito dell’Inghilterra tutto il Canada, la Louisiana ad est del fiume Mississippi alcune isole delle Antille e quasi tutti i possedimenti in India inoltre la Gran Bretagna ottene la Florida dalla Spagna. La Prussia vide riconosciuto il possesso della Slesia ma dovette abbandonare la Sassonia.
3. Il fenomeno del Colonialismo
I requisiti fondamentali dell’espansione coloniale nel corso del XVIII secolo furono il potenziamento delle flotte mercantili e militari e l’avvio di forme di proprietà imprenditoriali: le società per azioni.
Furono create compagnie commerciali a cui vennero assegnati dai rispettivi governi nazionali il monopolio di determinare merci e particolari privilegi.
Di solito queste compagnie non avevano né interesse né adeguata disponibilità di risorse finanziarie e militari per costruire domini coloniali estesi.
Risultava molto più conveniente impiantare basi strategiche di appoggio per i traffici mercantili utili e ottenere dai governi locali la libertà di far circolare le mercanzie destinate ai mercati europei. Ciò spiega perché in Asia, ancora fino al XIX non furono creati veri e propri imperi europei.
Era del resto interesse delle compagnie integrare le economie coloniali in quelle della madrepatria piuttosto che trasferirvi stili di vita feudali.
La Compagnia inglese delle Indie Orientali(1600) ebbe come area privilegiata d’azione il subcontinente indiano; si limitò all'inizio a installare scali commerciali, in seguito acquisì Bombay molto importante per il controllo dei traffici indiani sulla costa occidentale. La sua penetrazione fu inizialmente ostacolata dal fatto che non disponeva del diritto di usare le armi o di dichiarare guerra. Solo nel 1773 il Parlamento votò una legge che rendeva la Compagnia dipendente dal governo di Londra. La Compagnia poté approfittare dello sfacelo dell’Impero Mogul per attuare una politica di penetrazione in India che le permise lentamente di monopolizzare il mercato dei tessuti dell’indaco, delle spezie e del salnitro, molto richiesti dai mercati europei.
L’ unico vero ostacolo alla penetrazione commerciale inglese in Asia era rappresentato dai francesi che cominciarono a interferire con gli interessi inglesi in India dal 1673.
Un primo tentativo di “regolamento dei conti” tra francesi e inglesi avvenne nel corso della guerra di successione austriaca. Con la pace di Aquisgrana i britannici tornarono in possesso della città di Madras. La cacciata dei Francesi dall‘India proseguì nel corso della guerra dei Sette anni. Con la pace di Parigi del 1763 la Francia mantenne alcuni suoi possedimenti indiani ma rinunciò al diritto di costruire piazzeforti militari o di mantenere proprie truppe in Bengala.
a. In America
Il nord America, il Canada in particolare, fu colonizzato in un primo tempo da cacciatori e pescatori, i quali cercarono un rapporto pacifico con gli indiani. La regione atlantica dell’America del nord invece, fu popolata da emigrati inglesi.
L’emigrazione degli schiavi nelle colonie inglesi della costa del sud fu una conseguenza del calo dell’emigrazione britannica. ,Le colonie inglesi del nord furono fondate in ritardo rispetto alle altre e non portarono ricchezze; qui ci furono insediamenti di Pellegrini, Puritani, e dei Quaccheri, i quali divennero trasportatori e rivenditori delle ricchezze delle altre colonie. Per le peculiari caratteristiche di tali sette religiose vita delle colonie ebbe picchi di violenza.
In genere nell’America settentrionale le guerre contro gli Indiani precedettero quelle con le colonie.
Dopo la fondazione di Nuova Amsterdam, gli olandesi istigarono gli Irochesi contro i Moicani. Gli Uroni furono trucidati dagli Irochesi e dalle truppe inglesi. Nel frattempo gli inglesi del Massachusetts e del Connecticut sterminarono gli indiani del Pequot nel 1637.
Alla fine del XVII sec. le colonie più antiche si erano liberate dagli indiani. La reazione indiana alla penetrazione inglese scattò quando gli europei spinsero la frontiera troppo avanti o imposero commerci non graditi.
La contro offensiva inglese fu molto violenta e tese allo sterminio, tutto si concluse con il Trattato di Parigi del 1763 che sanciva l’espulsione della Francia dal nord America.
b. In Africa
Durante il governo conservatore di Benjamin Disraeli (1874- 1880) l’Inghilterra riprese la sua -antica vocazione imperialistica che l’avrebbe condotta, sotto il governo liberale di William Gladstone, a occupare l’Egitto (1882) per mantenere il controllo sul canale di Suez.
L’espansione coloniale avvenne in competizione con Francia e Germania: l’Inghilterra si aggiudicò alcuni territori dell’Africa occidentale, lungo la valle del Niger, e dell’Africa meridionale, costituendo nel 1888 il protettorato sul territorio Bechuanaland, l’odierno Botswana ed estendendo poi il proprio domino sulla regione della Rhodesia, ora Zimbabwe e Zambia. Gli avversari più temibili si rivelarono i Boeri del Transvaal e dell’Orange, sconfitti dagli inglesi dopo tre anni di guerra. Nell’Africa orientale l’esploratore Samuel Baker scoprì il lago Albert e la successiva acquisizione dell’Uganda assicurò all’Inghilterra un dominio che si estese fino a includere il Kenya. In Africa gli inglesi sperimentarono i primi provvedimenti di decolonizzazione a favore dei coloni bianchi del Transvaal e dell’Orange, a cui concessero l’autogoverno aprendo così la strada alla formazione dell’Unione Sudafricana. Alla fine della prima guerra mondiale, con la firma del trattato di Versailles l’impero coloniale britannico raggiunse la sua massima espansione, con l’acquisizione di gran parte dei territori africani delle colonie un tempo in mano alla sconfitta Germania
c. In Australia
Non fu colonizzata fino al 1770 quando, raggiunta da J. Cook, fu sottomessa alla corona britannica.
Nel 1788, dopo l’indipendenza delle colonie americane, cominciò il trasferimento coatto di forzati a Port Jackson (Sidney). Dal XIX sec cominciò l’afflusso di coloni liberi. Nel 1830 si avviò la "colonizzazione sistematica" che favorì i latifondi. L’Australia meridionale, il Victoria, il nuovo Galles del sud e la Tasmania ottennero l’auto governo nel 1850e nel 1859 il Queensland fu diviso dal Nuovo Galles del sud. Dopo la scoperta di giacimenti auriferi, (1851) ci fu un’ondata migratoria, ne conseguirono una diversificazione economica, urbanizzazione, sviluppo della borghesia e del proletariato manifatturiero. Dal 1856 la giornata lavorativa fu di otto ore, dal 1872 si sancì la laicità della scuola (obbligatoria e gratuita fino ai quattordici anni), dal 1894 il diritto di voto delle donne. Fu poi limitata l’immigrazione asiatica. Nel 1901 divenne dominion ed ebbe una costituzione simile agli USA. Nel 1938 ottenne la piena indipendenza e l’associazione al Commonwealth.
d. In India
Il commercio delle spezie aveva fatto crescere l ’importanza economica dell’India fin dal XVI secolo. Al dominio dei portoghesi e poi degli olandesi era subentrato quello dei francesi e degli inglesi che avevano fondato importanti basi commerciali nel subcontinente indiano. La vittoria dell’Inghilterra sulla Francia assicurò nel 1757 il controllo del Bengala del Deccan alla compagnia delle Indie Orientali. La politica della compagnia mirò in seguito al consolidamento e all’estensione di queste acquisizioni. Nel 1773 l ’istituzione nata come impresa commerciale privata, divenne per volontà del parlamento un ente semi ufficiale del governo britannico. La realizzazione della politica britannica in India fu facilitata dal declino, ormai irreversibile, dell’impero Moghul.
Il ricorso alla forza militare (unito alla corruzione dei governanti locali) fu il principale strumento di colonizzazione in india. La mancanza di unità fra i diversi regni e principati indiani consentì l’allargarsi del predominio britannico sull’intero subcontinente e sulle regioni confinanti, in particolare la Birmania. Non mancarono tuttavia episodi di resistenza, il più importanti dei quali fu la guerra combattuta dai Sikh ( 1845/1840) e terminata con l’annessione del Punjab da parte del governo britannico. L’unico tentativo di alleanza fra i centri del potere indiano fu quello capeggiato dai Maratti, e annullato dall’accordo di Salbai (1782). Dopo il Punjab vennero annessi i regni di Satara, Jaipur, Sambaipur, Jhansi o Nagpur a opera del governatore James Ramsay, decimo conte di Dalhousie.
Le nuove acquisizioni britanniche accrebbero il malcontento della popolazione indiana che sfociò in una cospirazione su larga scala tra i Sipahi, le truppe indiane al servizio della Compagnia delle Indie Orientale. Una rivolta generale, nota come l ’Ammutinamento Indiano, scoppiò a Meerut, nei pressi di Delhi, il 10 Maggio del 1857 in breve tempo gli ammutinati occuparono Delhi e altri centri strategici. I combattimenti continuarono fino al 1859, ma già nel giugno del 1858 i principali centri dell’insurrezione erano caduti.
A ciò seguì un periodo di brutali rappresaglie da parte delle truppe britanniche. Le autorità giudiziarie della Compagnia delle Indie Orientali arrestarono Bahadur Shah II e lo condannarono all’ergastolo, mettendo fine alla dinastia Moghul. Grande risultato dell’ammutinamento indiano fu, nel 1858, il termine dell’amministrazione della Compagnia e il passaggio dell’India al governo diretto della corona britannica.
Molti abusi compiuti in india durante il dominio della Compagnia delle Indie Orientali vennero eliminati o ridotti quando il governo assunse il controllo degli affari indiani. Furono attuate alcune importanti riforme in materia fiscale, giudiziaria, educativa e sociale; il sistema di opere pubbliche inaugurato da Dalhousie fu enormemente esteso,il peggioramento della condizione di vita della popolazione indiana, l’insofferenza nei confronti del dominio coloniale e un crescente sentimento nazionalistico furono le conseguenze più gravi ereditate dal governo britannico. A fomentare la tensione politica contribuì una serie di terribili carestie. Nel 1876 il governo britannico avallando la proposta di Benjamin Disraeli, proclamò la regina Vittoria imperatrice dell’India.
Venne dichiarata l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, fu abolita la schiavitù e si cercò di abolire le pratiche religiose violente.
Sul piano delle infrastrutture economiche, gli inglesi dotarono l’India di un buon sistema ferroviario e telegrafico. Gli investimenti e l’amministrazione britannica favorirono la crescita di una classe media europeizzata di funzionari e di commercianti, sconvolgendo però quelle che erano le normali abitudini indiane e deindustrializzando il paese.
4. Schiavitù ed Immigrazione: la tratta atlantica
Nella lunga storia della schiavitù la tratta dei neri che si sviluppò tra il XV e il XVIII secolo a opera dei paesi occidentali si distinse per almeno tre caratteristiche:
Nel XV secolo, le grandi potenze europee iniziarono a creare insediamenti nelle Americhe. Gran parte dei vantaggi economici che le colonie americane potevano garantire erano legate alla creazione di piantagioni (per esempio di canna da zucchero); in seguito, soprattutto con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l'uso di grandi quantità di manodopera per il lavoro pesante. Inizialmente, gli europei tentarono di far lavorare come schiavi gli indigeni americani; questa soluzione tuttavia non risultò sufficiente, soprattutto a causa della decimazione delle popolazioni native dovuta a malattie importate dai conquistatori europei (per esempio il vaiolo).
Nello stesso periodo, gli europei entrarono in contatto con la pratica nordafricana di far schiavi i prigionieri di guerra. I re locali delle regioni nella zona dei moderni Senegal e Benin spesso barattavano questi schiavi con gli europei. Gli schiavi ottenuti dai portoghesi e dagli spagnoli per questa via iniziarono a essere mandati nelle colonie americane, dando inizio al più grande commercio di schiavi della storia, quello attraverso l'Oceano Atlantico. La tratta degli schiavi attraverso l'Atlantico assunse rapidamente proporzioni senza precedenti, dando origine nelle Americhe a vere e proprie economie basate sullo schiavismo, dai Caraibi fino agli Stati Uniti meridionali. Complessivamente, qualcosa come 12 milioni di schiavi attraversarono l'oceano
Il trasferimento degli schiavi attraverso l'Atlantico, dalla costa occidentale dell'Africa al Nuovo Mondo, è noto nel mondo anglosassone come Middle passage (letteralmente: tratto o passaggio intermedio). Era infatti il tratto intermedio del viaggio che le navi compivano dopo essere partite dall'Europa con prodotti commerciali (stoffe, liquori, tabacco, perline, conchiglie particolari, manufatti di metallo, armi da fuoco) che servivano come merce di scambio per l'acquisto degli schiavi da traghettare nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche di materie prime, completando così quello che è chiamato il "commercio triangolare". Il viaggio degli schiavi iniziava nell'interno dell'Africa dove i commercianti o intermediari negrieri catturavano o acquistavano gli indigeni da semplici rapitori o monarchi africani (che li avevano ridotti in schiavitù su base penale o nel corso di guerre locali). Iniziava il viaggio a piedi, talvolta in canoa, verso la costa. Durante la marcia (nota come “coffle” dal nome dei ceppi con cui venivano legati a gruppi di 30 o 40) erano costretti a portare sulla testa oggetti come pacchi, fasci di zanne di elefante, mais, pelli o otri pieni d'acqua. Il trasferimento forzato fino alla costa poteva durare parecchi giorni o settimane. Sulla costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne dette "barracoons" dove sostavano in attesa delle navi per la traversata per molti giorni o settimane. Trafficanti provenienti dalle Americhe e dai Caraibi caricavano la "merce umana" sulle navi.
Si stima che il 15% degli africani morivano in mare, con un tasso di mortalità sensibilmente più alto nella stessa Africa nelle fasi di cattura e trasporto dei popoli indigeni alle navi
La durata della traversata variava da uno a sei mesi a seconda delle condizioni atmosferiche. Nel corso dei secoli andò però riducendosi: mentre all'inizio del XVI secolo richiedeva diversi mesi, nel XIX secolo si effettuava spesso in meno di sei settimane. Uno dei miglioramenti tecnici che resero il viaggio più breve fu la ricopertura dello scafo delle navi con lastre di rame. Questo ebbe benefici anche per quanto riguardava la "abitabilità" delle navi riducendo l'umidità all'interno dello scafo. Le navi schiaviste trasportavano diverse centinaia di schiavi con un equipaggio costituito di una trentina di persone (equipaggio doppio rispetto alle normali navi per poter controllare eventuali insurrezioni: mediamente in una nave su dieci scoppiavano ribellioni).
I prigionieri maschi erano incatenati insieme a coppie per risparmiare spazio: la gamba destra di un uomo legata alla gamba sinistra del successivo. Donne e bambini avevano un po' più di spazio. Le donne e le ragazze salivano a bordo delle navi nude, tremanti e terrorizzate, spesso pressoché esaurite per il freddo, la fatica e la fame; in preda alle maniere rudi (e alle violenze) di gente brutale che parlava una lingua a loro incomprensibile.
I prigionieri ricevevano come alimenti fagioli, mais, patate, riso e olio di palma in uno o due pasti al giorno, ma le razioni erano scarse.
La razione quotidiana di acqua era di mezza pinta (circa mezzo litro) che portava frequentemente alla disidratazione perché oltre alla normale traspirazione erano frequenti mal di mare e diarrea.
Talvolta i prigionieri potevano muoversi liberamente durante il giorno ma su molte navi i ceppi dovevano essere tenuti durante tutto il viaggio.
Le malattie (dissenteria amebica, scorbuto) e l'inedia a causa della lunghezza del viaggio erano le maggiori cause di decessi. Inoltre focolai di vaiolo, sifilide, morbillo e altre malattie si diffondevano rapidamente in un ambiente angusto.
Il numero dei decessi aumentava con la lunghezza del viaggio, dal momento che l'incidenza della dissenteria e dello scorbuto aumentavano con le maggiori restrizioni in navigazione, con la quantità di cibo e acqua che diminuivano giorno dopo giorno. Oltre alle malattie fisiche, molti schiavi diventavano troppo depressi per mangiare o mantenere un'efficienza fisica e mentale per la perdita della libertà, della famiglia, della sicurezza e della loro umanità. Questo portava ad un peggioramento del trattamento come alimentazione forzata, frustate o altri mezzi coercitivi. Il suicidio era un evento frequente, spesso attuato rifiutando il cibo o le medicine o gettandosi in mare. La frequenza dei suicidi era tale che gli schiavisti usavano vari strumenti e metodi per costringere a nutrirsi il loro carico umano.
In Europa, lo schiavismo ebbe sempre ferventi oppositori; la stessa Chiesa condannò formalmente la tratta degli schiavi sin dal XV secolo. Tuttavia, questa pratica rimase legale fino al XVIII secolo (e in molti paesi anche più a lungo). La prima nazione europea a proclamare l'abolizione dello schiavismo e a impegnarsi attivamente per contrastare la tratta degli schiavi fu l'Inghilterra. Certamente l'Inghilterra traeva dall'abolizione della schiavitù anche un vantaggio politico, in particolare ai danni della Francia. La Royal Navy britannica venne impiegata attivamente per contrastare il commercio di schiavi attraverso l'Oceano Indiano e Atlantico. A metà del XIX secolo il traffico lungo queste rotte era stato sostanzialmente annullato; continuò invece il commercio di schiavi all'interno del continente africano, specialmente dai paesi arabi attraverso l'Etiopia.
5. Approfondimenti
a. La Cina:
nozioni su uno dei più potenti popoli della storia
La storia primitiva della Cina è complicata da studiare per via della mancanza di una lingua scritta e per l'inaffidabilità dei primi documenti nel descrivere fatti accaduti in tempi molto più antichi. In un certo senso un problema può essere rappresentato dalla confusione che in antichità si era creata nel popolo tra fatti e leggende riguardo alle proprie origini. Siti archeologici come quelli di Sanxingdui (三星堆) ed Erlitou (二里頭) mostrano prove di una civiltà dell'età del bronzo in Cina. Comunque, la prima esauriente trattazione sulla storia della Cina, le Memorie di uno storico (史記) di Sima Qian (司馬遷), un rinomato storiografo del II secolo a.C., comincia circa 1300 anni prima, con un racconto dei Tre Augusti e Cinque Imperatori (三皇五帝). Questi governanti erano re semi-mitici ed esempi morali, e uno di loro, l'Imperatore Giallo (黃帝), è definito come l'antenato di tutti i cinesi.
La dinastia Qin
Prima di diventare dinastia Qin, gli Ying erano stati i sovrani dello stato di Qin (stato). Secondo lo storico Sima Qian, le origini della dinastia Qin risalivano all'imperatore Zhuanxu (uno dei cinque imperatori leggendari del periodo mitico dei Tre Augusti e Cinque Imperatori). Uno degli antenati della dinastia, Dafei, aveva ricevuto dall'imperatore Shun il cognome di Ying. Un altro antenato, Feizi, era un allevatore di cavalli per i re zhou ed aveva ricevuto da questi un feudo a Quanqiu (l'odierna Tianshui, nella provincia di Gansu province). Lo stato di Qin si sviluppò a partire da questa zona e si espanse col duca Xiao (361-338 a.C.), che conquistò i territori confinanti, fondò la capitale Xianyang (presso Xi'an) e creò una nuova burocrazia e una nuova legislazione penale secondo i principi legisti di Shang Yang (ca 390 a.C.-338 a.C.).
Yíng Zhèng, sovrano dello stato di Qin dal 247 a.C. al 221 a.C. fu il primo imperatore della dinastia Qin sotto il nome di Shi Huang Di (cinese: 始皇帝; pinyin: Shǐ Huáng Dì). Il suo regno fu improntato alla filosofia del legismo. Per difendere l'impero dalle incursioni dei popoli nomadi, soprattutto dagli Xiongnu a nord, furono consolidate le fortificazioni costruite dai vari stati combattenti e collegate in quella che viene considerata la prima Grande muraglia cinese, sebbene quella attuale sia stata in gran parte costruita o ricostruita sotto la dinastia Ming.
Sotto il regno di Shi Huang Di furono portati a termine molti progetti importanti, opere di canalizzazione e costruzione di ponti. Fu costruita una ricchissima tomba per l'imperatore, vicino alla capitale Xianyang, nei pressi dell'attuale Xi'an. In questa tomba è stato rinvenuto il celebre Esercito di terracotta. Tutte queste opere richiesero grandi leve di manodopera e un enorme impiego di risorse. Nel 213 a.C., istigato dal suo consigliere Li Si, Qin Shi Huangdi dichiarò fuori legge tutte le scuole di pensiero ad eccezione del legismo, ed ordinò che tutti i libri fossero bruciati, con la sola eccezione dei trattati tecnici o scientifici. Centinaia di intellettuali che avevano osato protestatare furono uccisi brutalmente.
L'improvvisa morte di Qin Shi Huangdi nel 210 a.C., spinse il figlio Huhai ad alterare il testamento del padre su consiglio di Li Si e dell'eunuco Zhao Gao, impadronendosi della corona la posto del fratello maggiore Fusu e divenendo il secondo imperatore (二世皇帝 Èr Shì Huángdì).
Dopo la morte di Qin Shi Huangdi, una serie di rivolte scoppiarono in tutto l'impero. Il potere di Zhao Gao era cresciuto progressivamente, indebolendo sempre di più l'autorità del nuovo imperatore. Alla fine, Zhao Gao fece uccidere l'imperatore, che non lasciò eredi. Zhao Gao mise quindi sul trono il figlio di Fusu, Ziying. Nel 207 a.C. l'esercito Qin fu sconfitto dai ribelli. Mentre continuavano gli scontri fra i regni di Han e di Chu per il controllo della Cina, Ziying fece uccidere Zhao e si arrese a Liu Bang (劉邦) nel dicembre 207 a.C.
La dinastia Han
La dinastia Han (caratteri non semplificati: 漢朝, caratteri semplificati: 汉朝, pinyin: Hàncháo) governò la Cina dal 202 a.C. al 220 d.C. Fu preceduta dalla Dinastia Qin e seguita dal periodo dei Tre Regni. La dinastia Han diede in seguito anche il suo nome alla popolazione etnica cinese per differenziarsi dalle numerose altre minoranze etniche presenti in Cina.
La dinastia fondata dalla famiglia Liu (刘), regnò sulla Cina per quattro secoli diffondendo la sua influenza sul Vietnam, l'Asia Centrale, la Mongolia e la Corea.
Durante la dominazione Han, Il Confucianesimo divenne la filosofia ufficiale di stato, l'agricoltura e il commercio prosperarono, tanto che la popolazione raggiunse i 50 milioni di abitanti, di cui tre milioni abitavano la capitale Chang'an长安, di fatto la più grande metropoli del suo tempo.
La dinastia Han si divide in due periodi: il primo detto Dinastia degli Han Anteriori (Qian Han 前漢) o anche Dinastia Han Occidentali (Xi Han 西漢) fiorì dal 206 a.C. - al 9 a.C. ed ebbe come capitale Chang'an. Il secondo periodo è definita Dinastia degli Han Posteriori (Hou Han 後漢) o anche Dinastia Han Orientali (Dong Han 東漢) dal 25 d.C. - al 220 d.C. con capitale Luoyang, più a est rispetto a Chang'an, di cui il nome dinastico. Attualmente si predilige la distinzione tra orientali-occidentali per evitare confusione con la meno nota dinastia degli Han Posteriori del periodo delle Cinque Dinastie e dieci Regni, sebbene gli storici cinesi, come Sima Guang, abbiano utilizzato l'altra distinzione.
Durante la dinastia Han si ebbero grandi progressi intellettuali, letterari, artistici e scientifici. Fu perfezionata la scoperta della Carta tanto da poterla utilizzare quale supporto per la Scrittura e soppiantare così il precedente sistema su Seta o su piccole liste di Bambù.
Durante questa dinastia visse il più famoso storico cinese, Sima Qian司馬遷 (145 a.C. -87? d.C.), il cui Shiji史記 o Memorie Storiche fornisce tavole genealogiche, biografie e cronache dai tempi dei sovrani leggendari fino ai tempi dell'imperatore Wudi 漢武帝(141 a.C.- 87 a.C.).
La forza militare della dinastia Han permise all'impero di espandersi a occidente nella pianura desertica del Tarim, dove erano situate le città-stato e i principati dei Tocari, Saci e Sogdiani nella provincia del Xinjiang-Uigur attualmente di etnia prevalentemente uigura. In questo modo la Via della seta veniva resa sicura fino al Pamir, ai confini con la Battriana nell'odierno Afghanistan.
Anche il Vietnam settentrionale e la Corea furono invasi dagli eserciti Han. In questo periodo si sviluppa il sistema di tributi in base al quale stati periferici indipendenti o semi-indipendenti pagano una sorta di omaggio formale di sottomissione alla Cina, inviano doni e stabiliscono sistemi di commercio regolato, in cambio della pace e del riconoscimento alla legittimità al governo locale. Anche l'invio di principesse cinesi servì a mantenere l'equilibrio diplomatico con i vicini, soprattutto con le tribù e le confederazioni nomadi del nord, in particolare con i Xiongnu e i Wusun.
Il periodo degli stati combattenti
Il periodo degli stati combattenti vide numerosi stati - Han, Wei, Zhao, Qi, Qin, Yan e Chu - combattersi la supremazia nell'antica Cina. Ad imporsi fu lo stato di Qin, che per raggiungere questo scopo ricorse ad ogni mezzo, dallo scontro militare alla manovra diplomatica, dall'inganno all'assassinio degli avversari.
La fase conclusiva del processo di unificazione ebbe inizio con l'ascesa al trono di Qin del re Ying Zheng nel 246 a.C., sovrano dalle rare capacità organizzative e dall'eccezionale senso strategico, che conquistò nell'ordine: Han (230 a.C.), Wei (225 a.C.), Chu (223 a.C.), Zhao e Yan (222 a.C.) e Qi nel 221 a.C. unificando così la Cina e dando inizio alla dinastia Qin. Yin Zheng si rinominò Qin Shihuangdi, nome che si richiamava agli antichi sovrani mitici.
Il Periodo dei regni combattenti vide il fiorire della lavorazione del ferro, che sostituì il bronzo nelle armi. La sfera d'influenza della cultura cinese si allargò ad aree come lo Shu (l'attuale Sichuan) e lo Yue (l'odierno Zhejiang). Le scuole filosofiche più importanti, come il confucianesimo, il taoismo e il moismo subirono varie elaborazioni e se ne aggiunsero altre, come il legismo formulato da Han Feizi, dando vita alle Cento scuole di pensiero.
Il primo imperatore cinese
Nel 246 a.C. Ying Zheng divenne re dello stato di Qin e ben presto, grazie alle sue grandi doti strategiche, a un forte esercito e spesso ricorrendo all'inganno e all'assassinio degli avversari, sconfisse gli altri 6 regni che occupavano il territorio cinese: Zhao, Han, Wei, Yan, Qi e Chu. Con la sconfitta di Qi, nel 221 a.C. Ying Zheng realizzò infine l'unificazione della Cina e assunse il titolo di Qin Shi Huangdi (Primo Imperatore della Dinastia Qin). Questo atto fu una sfida alla tradizione perché fino ad allora i termini Huang e Di erano stati utilizzati esclusivamente per indicare i grandi imperatori della più remota antichità, che avevano dato origine alla civiltà. Ying Zheng si poneva così sul loro stesso piano, sottolineando il fatto che non aveva bisogno della tradizione per legittimare il proprio potere. Si accinse quindi a realizzare una serie di riforme, sotto il consiglio del primo ministro legista Li Si, che avrebbero lasciato un'impronta indelebile nella storia cinese. L'antica aristocrazia venne esautorata, le famiglie nobili furono costrette a trasferirsi nella capitale Xianyang, l'intero territorio venne diviso in distretti raccolti in governatorati, tutte le unità di misura vennero unificate così come la moneta e la scrittura. Per favorire la comunicazione tra le diverse regioni venne imposto un unico scartamento assiale per i carri e fu costruita un'ampia rete stradale per un totale di circa 6.000 km. Shi Huang Di produsse un rinforzamento delle difese settentrionali del paese innalzate per proteggere il paese dalla incursioni dei cosiddetti barbari Hsiungnu. L'opera, secondo lo storico cinese Sima Qian, venne affidata al generale Meng Tian e al suo esercito di 300.000 uomini. L'obiettivo imperiale doveva essere quello di collegare i vari pezzi di muraglia già esistenti ottenendo, come risultato, la Grande muraglia. Affinché nessuno potesse dubitare della sua autorità invocando la tradizione, accolse la proposta di Li Si e nel 213 a.C. decretò che tutti i testi antichi fossero bruciati per cancellare il ricordo del passato, fatta eccezione per quelli di argomento scientifico e tecnico.
I fattori che determinarono la caduta della dinastia furono numerosi, innanzitutto la frenesia con cui Shi Huang Di aveva attuato la sua politica e la spietatezza dei metodi punitivi da lui adottati, come il principio della responsabilità collettiva (se una persona commette un reato, tutto il suo clan d'appartenenza ne sarà colpevole). Migliaia di contadini erano stati costretti ad abbandonare i campi per andare a combattere o per partecipare ai lavori di costruzione della Muraglia, delle strade, dei canali e dei palazzi imperiali. Le realtà locali furono sconvolte anche a causa dell'unificazione della moneta e del sistema di scrittura.
La dinastia non sopravvisse alla morte del suo primo imperatore nel 210 a.C., il governo non fu in grado di gestire la situazione e l'azione della corte fu pressoché paralizzata da intrighi a corte e lotte per il potere. A seguito di un complotto attuato dal primo ministro Li Si e dall'eunuco Zhao Gao, l'erede al trono fu costretto a suicidarsi. Zhao Gao si sbarazzò anche di Li Si, che fu imprigionato e messo a morte. Al trono fu posto Er HuangDi (Secondo Imperatore), secondogenito di Shi HuangDi, che venne anch'egli presto ucciso. Il potere passò a Zi Ying, nipote del primo Imperatore, il quale non osò assumere il titolo di Terzo Imperatore. Mentre il governo era dilaniato da lotte intestine, nel 209 a.C. scoppiò una grande rivolta popolare che si espanse per tutto l'Impero. Le forze principali dei ribelli erano comandate da Xiang Yu, che nel 206 ottenne la resa di Qin, mise a sacco la capitale e fece uccidere l'Imperatore Zi Ying, e da Liu Bang, che trasferì la capitale a Chang'An e, nel 206 a.C., si proclamò Imperatore della nuova dinastia Han, assumendo in seguito il nome di GaoZu.
Il Confucianesimo
Il confucianesimo è una delle maggiori scuole filosofiche, morali, politiche e, in qualche misura, religiose della Cina. Si è sviluppato nel corso di due millenni a partire dagli insegnamenti del filosofo Kǒngfūzǐ, il «Maestro Kong» (551-479 a.C.), conosciuto in occidente col nome latinizzato di Confucio.
Confucio creò un sistema rituale e una dottrina morale e sociale, che si proponevano di rimediare alla decadenza spirituale della Cina, in un'epoca di profonda corruzione e di gravi sconvolgimenti politici. Confucio non volle mai, invece, trattare questioni soprannaturali e che trascendessero l'esperienza umana. Nel confucianesimo non c'è alcuno spunto soteriologico e questo rende difficile considerarlo una religione, se non in senso sociologico, come lo ha considerato Max Weber.
Dopo essersi confrontato con le scuole di pensiero concorrenti, durante il Periodo dei regni combattenti, e violentemente combattuto sotto l'imperatore Qin Shihuangdi, il confucianesimo fu imposto come dottrina di Stato sotto l'imperatore Han Wudi (156-87 a.C.) ed è rimasto tale fino alla fondazione della Repubblica di Cina nel 1911.
Sviluppo del primo confucianesimo
Come per molte altre figure storiche fondamentali nella storia del pensiero (Buddha, Socrate, Gesù) non disponiamo di fonti che possano essere fatte risalire a Confucio. Gli scritti di cui disponiamo furono tramandati dai discepoli del filosofi, che raccolsero le parole e il pensiero del loro maestro. Nel caso di Confucio, inoltre, il problema delle fonti è reso ancora più grave dalla persecuzione di cui furono fatte oggetto le scuole filosofiche durante la dinastia Qin, oltre due secoli dopo la morte di Confucio.
I frammenti esistenti permettono comunque di avere un quadro abbastanza chiaro del pensiero confuciano. Confucio era un letterato che si preoccupava dei tempi agitati in cui viveva. Aveva viaggiato attraverso la Cina, cercando di diffondere le sue idee politiche e di influenzare i sovrani dei numerosi piccoli regni in lotta per il dominio della Cina, sorti dopo l'indebolimento della dinastia Zhou. Intimamente persuaso di avere una missione terrena, Confucio era un instancabile promotore delle virtù degli antichi sovrani illustri, come il duca di Zhou. Cercò di acquistare potere politico, ma non ebbe mai l'occasione di mettere in pratica le sue idee; più volte espulso dai vari regni, tornò infine nella terra natale dove spese l'ultima parte della sua vita dedicandosi all'insegnamento.
I Dialoghi, l'opera più vicina alla fonte del pensiero confuciano, riportano le discussioni del filosofo con i suoi discepoli. Essendo una compilazione di conversazioni, domande e risposte e di parti dedicate alla vita di Confucio, i Dialoghi non sono la descrizione di un sistema filosofico coerente. I primi abbozzi di un vero sistema furono realizzati da discepoli, o da discepoli di discepoli, primo fra tutti Zi Si, nipote di Confucio. Durante il fertile periodo delle Cento scuole di pensiero, numerose importanti figure del confucianesimo come Mencio e Xun Zi svilupparono la dottrina sul piano etico e politico. Mencio, in particolare, si soffermò sulla natura umana e sulle teorie del buon governo.
Alcuni discepoli di Xun Zi, come Han Fei Zi si convertirono al legismo . una teoria politica totalitaria basata su un sistema penale severo, diametralmente opposta al confucianesimo, e furono di aiuto all'unificazione della Cina da parte di Shihuangdi.
Fonte: http://www.pascal.re.it/Documents/SpazioStudenti/materialeDidattico/grafico%20beni%20culturali/Castiglioni%20Barbara-4GbcA-Dispensa%20Inghilterra.doc
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