Inno di Mameli

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Inno di Mameli

 

Approfondimento. 1847. Inno di Mameli -Testo e Spiegazione

 

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta, 
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa. 
Dov'è la Vittoria? 
Le porga la chioma, 
che schiava di Roma 
Iddio la creò. 
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò. 
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 


Noi fummo da secoli 
calpesti, derisi, 
perché non siam popoli, 
perché siam divisi. 
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme: 
di fonderci insieme 
già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 


Uniamoci, uniamoci, 
l'unione e l'amore 
rivelano ai popoli 
le vie del Signore. 
Giuriamo far libero 
il suolo natio: 
uniti, per Dio, 
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 

Dall'Alpe a Sicilia, 
Dovunque è Legnano; 
Ogn'uom di Ferruccio 
Ha il core e la mano; 
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla; 
Il suon d'ogni squilla 
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 
 

Son giunchi che piegano 
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte, 
siam pronti alla morte. 
Siam pronti alla morte, 
l'Italia chiamò, sì! 

l'elmo di Scipio: L'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che nel 202 avanti Cristo sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
Le porga la chioma: La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice.
coorte: nell'esercito romano le legioni (cioè l'esercito), era diviso in molte coorti. Stringiamoci a coorte significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale.

 

calpesti: calpestati
Raccolgaci: la lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo raccolgaci in italiano moderno sarebbe ci raccolga, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme.
una speme: altra parola letteraria e arcaica. Significa speranza. Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno al 1950, queste parole si trovano ancora.

fonderci insieme: negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
per Dio: doppia interpretazione possibile. Per Dio è un francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci.
Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva Vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva per la Repubblica)

Dovunque è Legnano: ogni città italiana è Legnano, il luogo dove nel 1176 i comuni lombardi sconfissero l'Imperatore tedesco Federico Barbarossa
Ferruccio: ogni uomo è come Francesco Ferrucci, l'uomo che nel 1530 difese Firenze dall'imperatore Carlo V.
Balilla: è il soprannome del bambino che con il lancio di una pietra nel 1746 diede inizio alla rivolta di Genova contro gli Austro-piemontesi
I Vespri: Nel 1282 i siciliani si ribellano ai francesi invasori una sera, all'ora del vespro. La rivolta si è poi chiamata la rivolta dei Vespri siciliani
Le spade vendute: i soldati mercenari si piegano come giunchi e l'aquila, simbolo dell'Austria, perde le penne.
Il sangue polacco: L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue Polacco, ha diviso e smembrato la Polonia. Ma quel sangue bevuto avvelena il cuore degli oppressori

“Tutti gli uomini di una nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell’umanità, ad essere uguali e fratelli” (Giuseppe Mazzini).
Ed è appunto chiamandoli“fratelli”che Mameli (convinto e coerente mazziniano) rivolge agli Italiani il Canto a loro dedicato.
Oggi l’Italia, lungi ormai dall’essere “calpesta e derisa”, è una realtà fuori discussione; come fuori discussione sono l’unità della Patria, la sua indipendenza, la sua democrazia, la sua Costituzione repubblicana. Per questo, oggi, può risultare difficile comprendere fino in fondo l’emozione e la speranza che quel “fratelli” era in grado di suscitare nei patrioti risorgimentali.
Ma nel 1847, quando il ventenne Goffredo Mameli scrisse il Canto degli Italiani (è questo il titolo originale di Fratelli d’Italia), l’Italia come la conosciamo noi era ancora un sogno, un’utopia. La Penisola era politicamente frammentata in una congerie di stati e staterelli, soggetti ai governi oscurantisti e illiberali imposti nel 1815 dal Congresso di Vienna. “L’Italia”, sosteneva sprezzantemente Metternich, era solo “un’espressione geografica”.
Il Canto degli Italiani, invece, già con quel “fratelli” iniziale, dichiarava che l’Italia aveva il dovere morale di essere unita e che per i suoi figli era giunta l’ora di tornare ad essere popolo.
Tutto l’Inno è improntato al messaggio mazziniano. Innanzitutto, l’unità d’Italia. Puntigliosamente illustrata rievocando significativi momenti storici delle sue diverse aree“dall’Alpi a Sicilia”. E la stessa ampiezza dello sguardo suggerisce che il “fondersi insieme”non deve tradursi in un appiattimento che dimentichi o sopprima il grande patrimonio delle diverse realtà regionali.
Diceva Mazzini, “l’istituzione repubblicana è la sola che assicuri questo avvenire”. E l’Inno è profondamente repubblicano: la Lega Lombarda, Ferrucci, il Balilla, i modelli d’azione che Mameli elenca nella quarta strofa, sono sì esempi di lotta contro lo straniero, ma sono anche l’istituzione repubblicana che combatte il governo monarchico. Così come tra le glorie di Roma (ricordate con qualche concessione alla retorica, come voleva lo spirito dei tempi) viene esaltato “Scipio”, il condottiero repubblicano Scipione l’Africano, e non Giulio Cesare o un imperatore.
Sotto il profilo puramente estetico è inevitabile rilevare delle pecche tanto nei versi che nella melodia dell’Inno. Ma a dispetto delle sue lacune artistiche, Fratelli d’Italia riesce inequivocabilmente a coinvolgere emotivamente gli ascoltatori, a far vibrare quel sentimento di appartenenza a una nazione che nasce da una lunga storia comune e che spinge a superare le diversità e le divisioni.

 

Fonte: https://misimeperlaltomareaperto.files.wordpress.com/2013/02/inno-di-mameli-2013.doc

Sito web da visitare: https://misimeperlaltomareaperto.files.wordpress.com

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