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LA PRIMA GUERRA MONDIALE
LA GRANDE GUERRA:
provocò circa 10 milioni di morti e coinvolse anche i territori dei paesi che non entrarono in guerra.
guerra combattuta tra il 1914 e il 1918. Fu chiamata anche “guerra europea” e “grande guerra”. Si combattè quasi soltanto in Europa.
LO SCOPPIO DELLA GUERRA:
28 giugno 1814, Gavrilo Princip uccise l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, erede al trono, e la moglie.
Gavrilo Princip: studente nazionalista serbo-bosniaco, agì per conto di un’associazione segreta serba, la mano nera. Fu processato e condannato.
Dopo l’attentato, il governo austriaco diede un colpo decisivo all’irredentismo serbo. I governanti austriaci ritenevano che un eventuale conflitto con la Serbia sarebbe rimasto limitato, perché la Russia, protettrice dei serbi, non sarebbe intervenuta per timore della Germania. Ma la Russia effettuò una mobilitazione generale;
Francia mobilitò il suo esercito.
CAUSE DELLA GUERRA:
LA POSIZIONE DEI SOCIALISTI:
pacifismo socialista: Seconda internazionale.
La Germania, invadendo un paese neutrale aveva violato il diritto internazionale. Ma questa violazione non suscitò in Germania una consistente opposizione interna, nemmeno di quei socialdemocratici che avevano fatto della lotta alla guerra uno dei punti principali dei loro programmi.
agli inizi del conflitto la potenza antagonista della Germania sembrò essere la Russia zarista, considerata la roccaforte della reazione europea. Allo scoppio della guerra i legami nazionali prevalsero su quelli internazionali.
Avvenne il fallimento dell’internazionalismo proletario socialista: soltanto il Partito socialdemocratico russo, per opera di Lenin, proclamò la lotta alla guerra, mentre il Partito socialista italiano si schierava per la neutralità assoluta.
IL FRONTE INTERNO:
allo scoppio del conflitto fu necessario consolidare i fronti interni. Le classi dirigenti dei paesi in guerra cercarono il sostegno da parte di tutte le forze politiche. Si formarono governi di coalizione, e i partiti che continuarono a rifiutare la guerra furono relegati ai margini della vita politica e isolati.
per rendere efficace la propaganda, era necessario zittire le voci d’opposizione, e molti governi intervennero pesantemente nel dibattito politico attraverso la censura.
L’intervento dei governi si manifestò nella vita politica e in quella economia, con l’applicazione di elementi di dirigismo (=il potere del governo diventa territoriale, dirige il pensiero del popolo).
Le classi dirigenti usarono la guerra per deviare verso l’esterno tutte le tensioni e i conflitti di natura sociale: la lotta di classe si attenuò o scomparve, di fronte a quella che si svolgeva sui campi di battaglia.
DALLA GUERRA DI MOVIMENTO ALLA GUERRA DI POSIZIONE:
invadendo il Belgio, i Tedeschi diedero inizio ad una guerra di movimento, vale a dire una guerra nella quale, allo sfondamento del fronte nemico, seguivano rapide avanzate in profondità. Era un piano che avrebbe evitato più gravi ripercussioni politiche, attaccando solo dal Belgio, risparmiando l’Olanda.
I Tedeschi, passando per il Belgio, evitarono le fortificazioni che si trovavano alla frontiera tra Francia e Germania e colsero di sorpresa l’esercito francese.
Inizialmente l’andamento della guerra sembrò dare ragione alla Germania, ed alla loro idea che il conflitto sarebbe durato poco. I Tedeschi conquistarono Bruxelles, poi entrarono nel territorio francese puntando verso Parigi.
Settembre 1914: i Francesi riuscirono ad organizzare la resistenza su fiume Marna. Fermati i Tedeschi, passarono alla controffensiva, che, però si esaurì in breve tempo.
sul fronte occidentale ebbe inizio una lunga guerra di posizione: le fanterie nemiche si battevano restando al riparo nelle trincee. Un’avanzata di poche centinaia di metri costava migliaia di morti.
Sul fronte orientale i tedeschi riuscirono, in un primo momento, a realizzare la guerra di movimento: essi sconfissero i Russi, ma i loro alleati austriaci furono fermati sia dai Russi sia dai Serbi.
I Tedeschi credevano di poter combattere una guerra facile e breve, ma essa si rivelava più dura del previsto e destinata a durre a lungo. Lo svantaggio maggiore lo percepivano soprattutto gli imperi di Germania e d’Austria-Ungheria, che vedevano interrotte tutte le loro linee di rifornimento dagli altri continenti.
L’INTERVENTO DELL’ITALIA:
l’Italia faceva ancora parte della Triplice Alleanza. Nel trattato del 1882 era prevista la preventiva consultazione degli alleati nel caso che uno dei contraenti avesse deciso di procedere ad azioni di guerra; i membri dell’alleanza si erano impegnati inoltre ad intervenire solo se uno di loro fosse stato attaccato.
La consultazione però non c’era stata; la Germania inoltre non era stata aggredita, ma aveva dichiarato guerra per prima.
Per queste ragioni in governo italiano non si sentì tenuto ad intervenire e dichiarò la sua neutralità, sperando di poter ottenere in ogni modo vantaggi territoriali.
alla realizzazione di un’Europa fondata sul principio di nazionalità.
socialisti riformisti→ vedevano nell’Impero il baluardo del militarismo.
liberali→ guardavano con interesse alla possibilità di portare a compimento il processo risorgimentale con Trento e Trieste.
fede cattolica (contadini).
Borghesia.
inizialmente la sua posizione fu pacifista e antimilitarista,
MA
L’atteggiamento dei socialdemocratici tedeschi lo porta a convincersi che la rivoluzione socialista in Europa non sarebbe più scoppiata e che quindi solo la guerra avrebbe potuto essere un efficace strumento di trasformazione della società.
Chiese quindi “la neutralità attiva e operante”, ma venne espulso.
Fondò il giornale “Il Popolo d’Italia” e avviò una campagna interventista contro Giolitti (capo del governo).
La maggioranza del parlamento Giolitti era su posizioni neutraliste. Gli interventisti decisero perciò di combattere la loro battaglia facendo ricorso soprattutto ai movimenti in piazza.
Un rilevante contributo alla mobilitazione interventista fu dato da Gabriele D’Annunzio con la sua oratoria militaresca.
D’Annunzio fu in primo uomo politico di destra a stabilire, attraverso i comizi tenuti nelle piazze o nei teatri, un diretto contatto con la folla.
Giolitti, appena seppe della stipulazione degli accordi di Londra, decise di svolgere un’azione più decisa a favore della neutralità e riuscì ad ottenere il sostegno della maggioranza parlamentare, costringendo il governo di Calandra a dimettersi.
Gli interventisti allora intensificarono le manifestazioni di piazza. Giolitti rifiutò di succedere a Calandra e di assumersi così tutte le responsabilità del momento.
23 maggio: l’Italia dichiarò guerra all’Austria.
La posizione dei socialisti italiani si fece difficile: se avessero condotto un’opposizione frontale alla guerra, avrebbero potuto essere accusati di tradimento.
Il PSI adottò un atteggiamento che trovò espressione nella formula “né aderire né sabotare”: i socialisti non accettavano la guerra, ma non avrebbero fatto nulla contro di essa.
LA GUERRA DAL 1915 AL 1917:
sul fronte italiano si combattè fin dall’inizio una guerra di posizione.
Cadorna: capo di stato maggiore; adottò fin dall’inizio una tattica che comportava un altissimo costo in vite umane.
La conquista di una sola posizione, l’avanzata di poche centinaia di metri aprivano vuoti paurosi nelle file degli attaccanti.
Da giugno a dicembre sferrò 4 offensive, chiamate “le battaglie dell’Isonzo”, che provocarono alle truppe gravi perdite, senza che si ottenessero risultati di rilievo.
All’incapacità dei comandi supremi si aggiungeva la scarsa preparazione degli ufficiali e dei soldati: gli ufficiali di carriera erano pochi e gli altri non avevano un addestramento sufficiente; i soldati, in grandissima maggioranza di leva, erano anch’essi male addestrati.
Nella Germania e nell’Austria-Ungheria, il blocco navale attuato dall’Intesa e dalla flotta britannica faceva mancare gli approvvigionamenti essenziali. L’ammiragliato tedesco decise di impiegare i sottomarini.
Inizio 1916: le difficoltà d’approvvigionamento e le preoccupazioni per la durata della guerra e per i sacrifici sempre più gravosi spinsero il comando tedesco a tentare nuovamente la carta dell’offensiva sul fronte occidentale. I Tedeschi però furono fermati nella grande battaglia di Verdun.
A luglio iniziò la controffensiva delle truppe per l’Intesa: Francesi e Inglesi attaccarono sul fiume Somme, ma senza riuscire a sfondare le linee tedesche.
Sul fronte italiano fallì un’offensiva sferrata contro gli Italiani dagli Austriaci, chiamata “spedizione punitiva”. Anche gli Italiani, che nell’agosto 1916 dichiararono guerra alla Germania, attaccarono, cercando di aprirsi la strada verso Trieste, ma riuscirono a conquistare solo Gorizia.
Nemmeno i Russi ottennero successi decisivi.
2 avvenimenti, che nei primi mesi del 1917 cambiarono il corso della guerra: la rivoluzione russa e l’intervento degli Stati Uniti. A Pietrogrado si verificò un’insurrezione, che portò alla formazione di un governo democratico; il nuovo governo decise di continuare a combattere, ma lo sforzo bellico russo diventò meno intenso, consentendo alla Germania e all’Austria-Ungheria di spostare truppe dal fronte orientale a quelli francese e italiano (occidentale).
Nello stesso tempo, però, gli Stati Uniti intervennero a fianco delle potenze dell’Intesa.
Nel 1915 i sottomarini tedeschi avevano affondato il transatlantico britannico Lusitania, morirono molti cittadini americani.
Nel 1915 il governo statunitense si era limitato a protestare.
L’affondamento, oltre a suscitare l’indignazione dei paesi neutrali, aveva rafforzato negli USA le tendenze favorevoli all’intervento.
Wilson: presidente degli USA, pacifista, offrì più volte la sua mediazione perché il conflitto si concludesse senza vincitori né vinti.
Febbraio 1917: i Tedeschi iniziarono una guerra sottomarina, che comportava l’affondamento non solo delle navi nemiche, ma di tutte quelle che si avvicinavano alle coste della Gran Bretagna e degli altri paesi con i quali la Germania era in guerra.
Aprile 1917: Wilson giustificò la sua decisione d’intervenire ricordando le navi americane attaccate dai sommergibili tedeschi.
Le ragioni dell’intervento statunitense, però, erano più profonde, legate ai tradizionali rapporti culturali, politici ed economici che esistevano con la Francia e con la Gran Bretagna e poi anche alla volontà, da parte degli USA, di assumere sulla scena internazionale un ruolo adeguato al peso della loro economia.
Sul piano economico l’intervento giovò alle potenze dell’Intesa, perché l’apparato industriale statunitense fu messo al servizio delle necessità belliche dei paesi alleati.
Cadorna: aveva sferrato una nuova offensiva, anch’essa fermata. Continuava produrre risultati molto scarsi.
Quando l’esercito austriaco, non più duramente impegnato sul fronte russo, attaccò sull’Isonzo e sfondò le linee italiane a Caporetto, la colpa della sconfitta fu attribuita alla propaganda “disfattista” condotta dalle forze contrarie alla guerra, cioè dai socialisti e dai cattolici.
I comandi militari furono i principali responsabili della disastrosa ritirata di Caporetto: una volta avvenuto lo sfondamento, non riuscirono a far ripiegare le truppe in maniera ordinata. Fu dato invece l’ordine di resistere ad ogni costo→ gravissime perdite subite dall’esercito.
Cadorna accusò le truppe di viltà, perché all’alto numero di prigionieri si aggiunsero molti soldati che disertarono, e per nascondere le sue responsabilità.
Si formò un nuovo governo guidato da Vittorio Emanuele Orlando, che fece appello all’unità di tutta la nazione.
Il governo sostituì Cadorna con il generale Armando Diaz, che riuscì ad organizzare un’efficace linea di resistenza sul Piave.
NUOVE E VECCHIE ARMI:
mitragliatrice→utile nella difesa delle trincee
Utilizzando i gas, furono violati gli accordi presi alla prima “conferenza per la pace” tenuta all’Aja nel 1899, dove le grandi potenze si erano impegnate a non impiegare armi chimiche.
L’impiego di gas tossici non si generalizzò, sia per timore di massicce rappresaglie sia perché non risultava sempre efficace.
LA CONCLUSIONE DEL CONFLITTO:
Benedetto XV: nel 1917 rivolse ai “capi delle potenze belligeranti” un invito a porre fine al conflitto. Contrappose agli orrori della guerra gli immensi vantaggi di una pace che portasse al disarmo, conciliando gli interessi particolari con il bene generale della società umana. La pace sarebbe dovuta essere conclusa sulla base di rapporti internazionali fondati sulla giustizia.
Wilson: propose la pace attraverso 14 punti, presentati dal presidente degli USA Wilson nel gennaio 1918. I 14 punti non costituivano le condizioni di pace dell’Intesa, ma un progetto di valore universale, basato su ideali come la democrazia, la giustizia e la libertà per i popoli. Nel suo progetto avrebbero potuto riconoscersi non solo i vincitori, ma anche gli sconfitti.
I governi tedesco e austriaco tentarono di giocare la carta militare, prima che il malcontento portasse al disfacimento del fronte interno e prima che le truppe statunitensi giungessero in Europa.
1918: nei primi mesi lo stato maggiore tedesco sferrò ad ovest alcune offensive che consentirono al suo esercito di giungere ancora una volta al fiume Marna, senza però riuscire a superarlo. L’esercito austriaco attaccò sul fronte italiano, ma non riuscì a sfondare la linea del Piave. Inglesi e Francesi, con l’appoggio degli Americani, passarono alla controffensiva e riuscirono a sfondare le linee tedesche.
Un nuovo governo tedesco chiese la mediazione di Wilson, per ottenere una pace fondata sui 14 punti. L’Austria-Ungheria si trasformò in uno stato federale, primo segno dell’imminente dissoluzione. Gli Italiani passarono alla controffensiva, ma incontrarono resistenza a Vittorio Veneto. Il 3 novembre i soldati italiani giunsero a Trento e Trieste. Lo stesso giorno l’Austria firmò l’armistizio.
Si formò un governo rivoluzionario a Monaco. La socialdemocrazia tedesca costrinse Guglielmo II ad abdicare. Fu proclamata la repubblica, di cui fu primo presidente un socialdemocratico, Friedrich Ebert.
11 novembre: la Germania firmò a Compiègne un armistizio che l’impegnava a consegnare tutto l’armamento pesante, gli aerei, le navi da battaglia, i sottomarini, ed annullava le conquiste fatte dai Tedeschi in Polonia e in Russia.
13 novembre: ebbe fine anche l’impero austriaco con l’abdicazione di Carlo IV d’Asburgo.
I TRATTATI DI PACE:
I trattati di pace furono discussi alla Conferenza di Parigi che si svolse nella prima metà del 1919.
Trattato firmato nel 1920 a Sèvres tra le potenze vincitrici e l’Impero ottomano, costretto ad accettare la neutralizzazione degli stretti e la perdita di gran parte del suo territorio, che finì sotto l’influenza della Gran Bretagna e della Francia.
L’impero ottomano si ridusse così alla sola Turchia, la cui capitale fu trasferita da Istanbul ad Ankara.
LA NASCITA DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI E GLI ACCORDI TRA LE GRANDI POTENZE:
I 14 punti di Wilson erano di difficile applicazione; Wilson aveva chiesto l’istituzione di una Società delle Nazioni. Alla conferenza di pace di Parigi erano state gettate le basi di quest’organismo e nel 1919 il suo statuto era stato approvato.
La Società delle Nazioni: si componeva di un’assemblea, di un consiglio e di un segretariato; i paesi partecipanti avrebbero dovuto impegnarsi a non stipulare accordi segreti, a procedere al disarmo e ad avviare le colonie all’indipendenza. Ma gli organi di governo della Società delle Nazioni non avevano la forza di imporre l’obbedienza alle decisioni prese dall’assemblea.
La sua sostanziale debolezza fu resa ancora più evidente quando il parlamento americano decise di non occuparsi più delle vicende europee e rifiutò di ratificare il trattato di Versailles. Gli USA si esclusero così dalla Società delle Nazioni, di cui erano stati i principali promotori. Nello stesso tempo l’Unione Sovietica e la Germania ne erano tenute fuori. Mancava quel carattere universale che avrebbe potuto farne un organismo in grado di evitare nuovi conflitti.
Alcune potenze cercarono maggiori garanzie in accordi stipulati al di fuori della Società delle Nazioni.
Fonte: http://s0ba2c6412d5348b6.jimcontent.com/download/version/1286553075/module/3035384720/name/appunti%20grande%20guerra.doc
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