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I MOTI RIVOLUZIONARI NELL’OTTOCENTO
Differenze:
Mentre i moti del 20 coinvolgono aree più povere dell’Europa (Spagna, Regno di Sicilia e Grecia), quelle del 30 interessano aree industrializzate (Francia e Belgio). Mentre i moti del 20 nascono da cospirazioni promosse da ufficiali inseriti nell’esercito, quelli del 30 sono promossi dal popolo e dagli intellettuali borghesi. Mentre i moti del 20 falliscono, con esclusione della Grecia, le sorti di Parigi e Bruxelles che ottengono una un regno più liberale, l’altra l’indipendenza dall’Olanda.
Mentre nei moti del 20 e del 30 gli insorti avevano come obiettivi di lotta la costituzione, l’indipendenza e l’unità nazionale, nel 48 il conflitto continuava ad avere questi stessi obiettivi, nelle aree dell’Europa centrale ed in Italia, ma a questi si affiancavano in nazioni più mature socialmente più avanzato obiettivi che riguardavano e coinvolgevano il movimento socialista ed operaio.
Nel 1848 tre erano i livelli di conflitto, le cui cause affondano nel complesso dei conflitti politici, sociali ed ideologici:
a) tra i vecchi ceti aristocratici e la borghesia industriale e finanziaria egemone economicamente ed intenzionata ad affermarsi anche sul piano politico come classe dirigente contro la vecchia nobiltà;
b) tra la borghesia ed il movimento operaio;
c) tra i popoli soggetti e i dominatori per l’indipendenza nazionale.
Il detonatore la crisi economica del 1846, sviluppatasi a causa di una serie di cattivi raccolti ed una grave malattia della patata che ridusse l’Irlanda alla fame ed alla morte di un milione di contadini. Il rincaro dei generi necessari privò in Europa i poveri dei mezzi di sostentamento, questo provocò una diminuzione della domanda globale e una crisi del settore industriale, con fallimenti dell imprese e licenziamenti di lavoratori.
I metà
Sfondo economico-sociale: la Rivoluzione Industriale e i suoi problemi. Le grandi ideologie.
Il dopo Napoleone Bonaparte:
L’Opposizione alla Restaurazione:
Opposizione alla Restaurazione imposta dal congresso di Vienna del 1815. Richieste: Costituzione e Indipendenza. Mezzo: cospirativo attraverso Società Segrete (Pellico, Maroncelli, Confalonieri). Protagoniste: le aree periferiche e poco sviluppate dell’Europa, Spagna, Sicilia, Piemonte (marzo 1821, Vittorio Emanuele I di Savoia abdica a favore del fratello) e Grecia. Intervento della Santa Alleanza → fallimento dei moti (In Italia: arresti di Pellico e Maroncelli) tranne che in Grecia, che ottiene l’indipendenza dai turchi nel 1829.
Epicentro: Francia e Belgio, le zone più industrializzate d’Europa, e coinvolgimento popolare. Rivoluzione di Parigi: la corona è offerta a Luigi Filippo d’Orleans, il re “borghese” eletto per volontà della nazione → Monarchia liberale).
Tre i livelli di conflitto: a) tra aristocrazia e borghesia; b) tra borghesia e proletariato; c) tra popoli soggetti e i loro dominatori. La rivolta scoppia a Palermo il 12 gennaio 48. Il re di Napoli, Ferdinando II concede la costituzione e una formale indipendenza della Sicilia. Sul suo esempio tutti gli stati italiani, con l’eccezione di Parma e del Lombardo-Veneto, concedono uno statuto. Dal 4 marzo 1848, lo Statuto di Carlo Alberto rimase in vigore sino al 1° gennaio 1948. Il 17 marzo insorge Venezia e il 18 marzo Milano: le 5 giornate di Milano (il generale austriaco Radetzky si rifugia nel quadrilatero). L’eco della rivolta si ripercuote in Francia (= contenuti economici e sociali, deposto Luigi Filippo e proclamata la Seconda Repubblica s’instaura un governo rivoluzionario. Fallimento della rivoluzione ed elezione di Luigi Napoleone) e (per la prima volta) in area tedesca e asburgica. → In Italia: moderati Vs democratici. Iª guerra d’Indipendenza italiana, sotto l’egida piemontese. Sconfitta di Carlo Alberto a Custoza (27 luglio 1848) e a Novara (27 marzo 1849). Carlo Alberto abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Sconfitta Brescia, dopo 10 giornate di resistenza agli austriaci. Sconfitta della Sicilia, riconquistata dall’esercito borbonico il 15 maggio del ’49. Restano libere Roma e Venezia. Roma cade in mano ai francesi, chiamati dal papa Pio IX in soccorso e Venezia si arrende stremata da un lungo assedio austriaco. “sul ponte sventola bandiera bianca”. Nell’estate del 1849 le repubbliche democratiche sono tutte cadute.
Il Mito risorgimentale italiano.
Definizione: prende il nome di “Risorgimento” l’insieme degli eventi e dei sentimenti che condussero all’unificazione ed all’indipendenza italiana, dal 1820 al 1860.
Il clima censorio e repressivo della Restaurazione fu artefice del consolidarsi, in Italia, dell’ideale romantico di una “patria”, una nazione italiana per cui battersi e, forse, morire. Il tema della nazione, data l’impossibilità di un dibattito di carattere politico-istituzionale, divenne centrale nella produzione poetica, pittorica e melodrammatica. In questo modo poté avere un successo di pubblico che non avrebbe avuto se fosse stato affidato esclusivamente al classico trattato politico. Nei quadri, nei libri e nell’opera lirica quest’idea prese corpo e vita in un “sentimento”, più che in un concetto, nazionale.
Quali furono i testi fondamentali letti dalla generazione di patrioti della prima metà dell’Ottocento? Le ultime lettere di Jacopo Ortis e i Sepolcri di Ugo Foscolo. Le Poesie patriottiche di Leopardi. “Marzo 1821”, Adelchi, Il conte di Carmagnola di Manzoni. La Francesca da Rimini e “Le mie prigioni” di Silvio Pellico. Ettore Fieramosca di Massimo d’Azeglio.
Ma lo strumento di ispirazione patriottica per eccellenza fu il melodramma. Il Guglielmo Tell di Rossini e, soprattutto, il Nabucco di Verdi, i Lombardi alla prima crociata e la Battaglia di legnano. “Viva Verdi!” gridavano a teatro i patrioti italiani alla fine di ogni replica verdiana, intendendo con ciò: Viva Vittorio Emanuele Re D’ Italia e quel grido ha avuto il potere di turbare i regnanti e le autorità austriache. Figura dotata di enorme carisma, Giuseppe Verdi fu simbolo, contemporaneamente, di opposizione politica e di speranza popolare di liberazione ed emancipazione.
Il problema Italiano.
Una situazione economica disastrosa.
Prevalentemente rurale, l’Italia, conosce un miglioramento della produzione cerealicola a livello della sola pianura padana con l’introduzione di colture come il mais e il riso. La miseria contadina era una piaga però al nord come al sud. Al nord infuriava la pellagra, al sud il latifondo e la perdita dell’uso civico (la possibilità di usare liberamente le terre comuni) rendeva precarie le condizioni dei contadini.
L’apparato industriale era limitatissimo. Il quasi esclusivo settore tessile (l’Italia esportava seta greggia, seppur la migliore allora esistente, e soltanto in misura minore filati) non trainava una forte domanda di macchinari e quindi non si accompagnava ad un forte settore metalmeccanico. Inoltre la seta era un prodotto di nicchia, molto più ristretto di quello della lana e del cotone. L’industria laniera, che era esistente a livello industriale solo nel vicentino e nel pratese, era gestita semi-artigianalmente, ma il rallentamento era notevole soprattutto nei settori siderurgico e metalmeccanico.
Quali sono i fattori di un così evidente ritardo?
In Italia, il tema dell’economia non poteva essere disgiunto da quello dell’unificazione nazionale e questo non poteva esser disgiunto da quello dell’indipendenza dall’Austria.
Dopo il fallimento dei moti del ‘20-‘21 fu abbandonato il modello cospirativo e si andarono formando programmi politici chiari capaci di riscuotere il consenso dell’opinione pubblica.
Moderati e democratici
Le proposte fondamentali furono quelle presentate dai Moderati (che vedevano la risoluzione del problema italiano in termini di unità e indipendenza, da realizzarsi attraverso un programma riformatore, sotto l’egida di un monarca) e quelle dei Democratici (che al programma unitario e indipendentista vedevano affiancato quello della uguaglianza civile, da realizzare attraverso l’instaurazione di una Repubblica). Federalismo e statalismo si intrecciavano nelle linee programmatiche degli intellettuali fautori del nostro risorgimento.
Al federalismo neoguelfo di Vincenzo Gioberti, si affiancava un federalismo monarchico, come in Cesare Balbo, che vedeva l’Italia come una federazione di Stati sotto la guida del re di Savoia, oppure quello repubblicano di Carlo Cattaneo, che auspicava per l’Italia una pluralità di regioni autonome unite in una repubblica federale.
Di altro parere era Mazzini, il più grande autore politico del nostro risorgimento, per il quale la guida dell’Italia era da affidarsi ad una Stato Repubblicano, democratico e cattolico, una volta unita e liberata la penisola, grazie ad una sollevazione popolare, sollevazione che preparò in più riprese e che fallì inesorabilmente, come quella in Valtellina e in Lunigiana: Dio e popolo, fu il motto della sua Giovine Italia; sollevazione popolare, repubblica ed educazione, furono le sue linee guida. L’uomo che condusse l’Italia all’unificazione fu però Camillo Benso, conte di Cavour.
I guerra d’indipendenza italiana 1848-1849
12 Gennaio 1848. la rivolta scoppia a Palermo.
Nel Marzo 1848, tutti gli stati italiani possedevano una costituzione (eccezione Parma e Modena e Lombardo Veneto).
17 Marzo insorge Venezia (Daniele Manin). 18 marzo insorge Milano (le 5 giornate).
23 marzo Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria.
Vittorie: Pastrengo. Peschiera e Goito.
Sconfitte: Curtatone e Montanara. Custoza. Sconfitta di Novara (1849)→ Abdicazione di Carlo Alberto in favore del figlio Vittorio Emanuele II.
Venezia è ripresa dall’Austria e Roma dal papa con l’aiuto di Napoleone III.
II metà
Sfondo economico sociale: diffondersi della civiltà industriale e rafforzarsi del movimento operaio
La questione orientale (Cap. 22)
Le varie nazionalità soggette all’impero turco, man mano che il mondo europeo si modernizzava economicamente, tendevano ad emanciparsi politicamente dal vecchio impero, che scricchiolava. La Grecia lo aveva fatto, grazie all’intervento di grandi potenze quali la Russia, la gran Bretagna e la Francia (ricordiamo patrioti Romantici come Lord Byron o Santorre di Santarosa). Le grandi potenze europee avevano tutto l’interesse a favorire lo sgretolamento dell’impero ottomano, in quanto la sua zona d’influenza era di grande interesse strategico, commerciale e militare. Da lì si controllavano il Mediterraneo e le comunicazioni con il mar Rosso e la Russia.
Nel 1854, in seguito al tentativo russo di impadronirsi dei principati danubiani di Moldavia e Valacchia, scoppiò la guerra di Crimea, nella quale Francia, Gran Bretagna e Rgno di Sardegna, timorose di un’espansione russa in quella zona, si schierarono a favore della Turchia. La Russia fu sconfitta, e la guerra dimostrò che l’equilibrio internazionale stabilito dal congresso di Vienna, in particolare l’alleanza tra Francia, Austria e Russia, poteva essere infranto. Il Piemonte, in quanto partecipante alla guerra fu presente, con Cavour, al congresso di Parigi per perorare (= parlare a favore) la causa dell’Italia, che “languiva sotto lo stivale straniero”.
Cavour, la volpe (Cap. 23).
L’intento del conte di Cavour era quello di portare il regno di Sardegna ad un ruolo di primo piano nel panorama politico ed economico della penisola, una soltanto geograficamente, in realtà da sempre divisa in tanti stati, ancora prima che il congresso di Vienna ne sancisse l’assetto. Condurre la casa Savoia ad essere l’unica cui l’Italia intera potesse guardare con fiducia nel programma di unificazione ed indipendenza era lo scopo dello statista. E ci riuscì con una serie di manovre.
1) Manovra economica (liberismo e utilizzo della spesa pubblica per creare infrastrutture, miglioramento del sistema creditizio e creazione della banca nazionale).
2) Manovra politico-diplomatica. Politica del “connubio” e “corteggiamento” di Napoleone III in funzione antiaustriaca.
3) Manovra militare (Guerra di Crimea e guerra Austria Vs Piemonte).
Avvenimenti salienti del governo Cavour, 1852-1858.
1852-53. Fallimento della prospettiva mazziniana (eccidio dei patrioti a Belfiiore e falliti attentati in Valtellina e Lunigiana).
1855. Guerra di Crimea (che implica)→ Congresso di Parigi (1856) = il Piemonte risulta agli occhi dei patrioti italiani l’unica carta giocabile nella prospettiva dell’indipendenza e dell’unità.
1857. Spedizione di Sapri (Carlo Pisacane e i 300 “Giovani e Forti” della poesia famosa).
1858. Attentato di Cesare Orsini a Napoleone III. → Accordi di Plombières (20/7/1858), con relativa vendita dell’anima italiana alla Francia (Cavour promette Nizza e la Savoia a Napoleone III).
II guerra d’Indipendenza.
26 aprile 1859 l’Austria dichiara guerra al regno di Sardegna.
I Cacciatori delle Alpi (volontari al comando di Garibaldi) conquistano Como e Varese. Vittorie a Solferino e San Martino (lago di Garda) e Magenta. Dietro Front di Napoleone III. Tregua di Villafranca. La Francia “dona” la Lombardia al Piemonte, Cavour si dimette. Il Veneto resta in mano austriaca.
I Plebisciti del 1860. l’Emilia la Toscana ed i Ducati votano per l’annessione al Piemonte, previo parere favorevole di Napoleone III. In Cambio Cavour concede alla Francia Nizza e la Savoia, al papa resta lo Stato pontifico e ai Borbone le due Sicilie.
La spedizione dei Mille: i tempi sono maturi.
Diffidenza di Cavour nei confronti di Garibaldi = Invio di truppe piemontesi (Battaglia di Castelfidardo (An)).
L’Italia dopo l’unità
Gli anni che vanno dal 1861 al 1876 sono gli anni in cui governò la Destra Storica.
Col nome di Destra Storica, si è soliti definire lo schieramento politico sorto, già nel 1849, con il governo di Camillo Benso conte di Cavour, e proseguito dopo la sua morte sino al 1876 (Fu detta in seguito, storica per distinguerla dai partiti e movimenti di massa qualificati come di destra che si sarebbero affermati nel corso del XX secolo). I ministeri della Destra storica, dal primo governo Cavour al governo di Marco Minghetti del 1876, conseguirono importanti risultati, primo fra tutti l’unità d’Italia, compiuta nel 1861 e portata a termine nel 1870 con la breccia di Porta Pia e la presa di Roma.
Protagonisti: erede di Cavour ed espressione della borghesia liberale, i suoi esponenti erano soprattutto grandi proprietari terrieri e industriali e personalità legate all’ambito militare. I più rilevanti furono: Bettino Ricasoli, Quintino Sella, Marco Minghetti, Silvio Spaventa, Alfonso La Marmora.
I problemi da risolvere che si presentarono all’indomani dell’avvenuta unificazione italiana, dopo il 1861, furono di ordine:
(terza guerra d’Indipendenza e questione romana, che non si concluse con la breccia di Porta Pia).
L’epoca della sinistra storica va dal 1876, anno della “rivoluzione parlamentare” che portò alla caduta della Destra storica, sino alla “crisi di fine secolo” del 1896, che sfociò nella cosiddetta Età Giolittiana.
Pochi giorni dopo le dimissioni di Marco Minghetti, ultimo esponente della Destra Storica, il re incaricò del governo il primo presidente del consiglio appartenente alla Sinistra storica Agostino Depretis, che resse il governo, a più riprese, sino al 1887.
A. La Connotazione identitaria = Chi siamo? La matrice ideologica del raggruppamento era liberale progressista e si rifaceva alle idee mazziniane, garibaldine e dunque democratiche. Gli esponenti della Sinistra storica erano perlopiù esponenti della media borghesia, in maggior parte avvocati.
Il governo formato da Depretis, però era composito, aveva “molte anime”. Depretis, oltre che dell’appoggio Sinistra, schieramento di cui faceva parte, godeva di quello di una parte della Destra (quella che aveva contribuito alla caduta del governo Minghetti), tanto che durante la sua azione cercò sempre ampie convergenze su singoli temi con settori dell’opposizione, dando vita al fenomeno del trasformismo.
a) Una serie di Riforme. Una delle più importanti riguardò l’Istruzione: la legge Coppino (del 1877) rese obbligatoria e gratuita l’istruzione elementare (dai 6 ai 9 anni d’età). L’allargamento del suffragio, con la legge Zanardelli del 1882, che concedeva diritto di voto a tutti i maschi, che avessero compiuto i 21 anni e rispettassero requisiti per il voto: il pagamento di un’imposta di almeno 19,8 lire (invece delle precedenti 40) o, in alternativa, il conseguimento dell’istruzione elementare appena allargata (era comunque sufficiente dimostrare di saper leggere e scrivere).
Furono avviate una serie di inchieste per esaminare le condizioni di vita della popolazione rurale: la più nota l’inchiesta Jacini, che ha rivelato una diffusa malnutrizione (pellagra), alta mortalità infantile (per difterite), grande povertà e scarse condizioni igieniche. Diffuso era il fenomeno dell'emigrazione.
b) L’abolizione dell’odiata tassa sul macinato, importanti sgravi fiscali e investimenti nello sviluppo industriale del paese.
La crisi economica che investì l’Europa nel ’73 diede il via ad una scelta Protezionistica. Il Protezionismo si tradusse in Italia, in un intervento diretto dello Stato nell’economia. Condizionati da gruppi industriali del Nord, i governi della Sinistra approvarono, nel 1878, l’introduzione di tariffe doganali a protezione delle industrie tessili e siderurgiche; furono inoltre concessi sussidi ai settori in difficoltà e sviluppate le infrastrutture.
Per fronteggiare la grande depressione, si diede vita a quel “blocco agrario-industriale” tra la classe liberale e progressista del Nord con gli agrari e i latifondisti conservatori del Meridione, estendendo la tariffa protettiva sulla cerealicoltura che risentiva delle esportazioni dagli Stati Uniti d’America di grano, che, per la riduzione dei noli dei trasporti, arrivava sul mercato italiano a prezzi inferiori. Questo sul grano era un dazio che danneggiava sicuramente gli industriali settentrionali (che dovevano commisurare il salario degli operai sul prezzo del pane che aumentava artificiosamente) ma essi accettarono di buon grado il danno economico, dato che, secondo la storiografia marxista, questo danno era compensato da un’alleanza con gli agrari che avrebbe tenuto lontani tentativi di riscatto sociale delle masse subalterne.
c) Dal punto di vista politico, la Sinistra storica di Depretis:
La figura di Francesco Crispi.
Dal 1887 al 1896, dopo Depretis, la figura cardine della politica italiana dal fu Francesco Crispi. Il Crispi della spedizione dei Mille. Grande ammiratore di Bismarck, guardava alla Germania come ad un modello, in cui le tensioni sociali fra la classe operaia e la borghesia sembravano equilibrate. Ricordiamo che Bismark al congresso di berlino del 1878 aveva fatto la parte del leone (cap. 28. par. 3). Autoritario ed accentratore, dopo una breve parentesi (dal 1892 al 1893), in cui salì al governo Giovanni Giolitti, suo ministro del Tesoro, Crispi represse nel sangue la rivolta dei “fasci siciliani” nel 1893 e sciolse il Partito Socialista, fondato da Turati a Genova nel 1892 ma emanò, al contempo, una serie di riforme sociali quali la riduzione della giornata lavorativa.
Sotto il suo governo la politica coloniale fu ripresa con più vigore, cercando il consenso popolare con il mito di una Italia “grande potenza”. E così l’Italia di Crispi, con un’errata interpretazione del trattato di Uccialli, con cui nel 1889, erano stati riconosciuti i possedimenti italiani in Eritrea e Somalia, pretendeva di estendersi fino alll’Etiopia. La disastrosa disfatta di Adua (1896) segnò la fine di Crispi che dovette rassegnare le dimissioni da primo ministro.
Dopo Crispi, con la grave “crisi di fine secolo” si manifestarono le conseguenze del piano sociale della politica protezionistica, come dimostrano i fatti di piazza del Duomo a Milano del maggio 1898, quando il generale Fiorenzo Bava Beccaris non esitò a sparare con i cannoni ad alzo zero sulla folla che chiedeva “Pane e lavoro” durante la “protesta dello stomaco”.
Si era infatti verificato un ulteriore aumento del prezzo del grano a causa delle diminuite esportazioni da parte degli Stati Uniti, impegnati allora nella guerra per Cuba.
Sarebbe bastato togliere la tariffa protettiva, ma ormai la classe dirigente italiana era terrorizzata dal socialismo e preferiva ricorrere all'intervento repressivo del Regio Esercito. L’allora primo ministro Di Roudinì consentì l’intervento armato ed il generale Bava Beccaris si beccò una medaglia al valor civile ed un posto in Parlamento.
Fonte: http://keynes.scuole.bo.it/~miglioli/kant/ottocentoschema.doc
Sito web da visitare: http://keynes.scuole.bo.it/
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