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REGIME STALINISTA
Stalin, nome di battaglia che significa “Uomo d’acciaio” (il vero nome era Josif Visarionovic Dzugasvili), nacque nell’odierna Georgia nel 1879 e morì nel marzo del 1953, a 74 anni. Prese il potere alla morte di Lenin e rimase saldamente al comando della potenza sovietica sino all’ultimo giorno della sua vita.
Leader carismatico dell’Unione Sovietica dal periodo a cavallo fra le due guerre sino alla sua morte, finì per recitare nel suo paese un ruolo non tanto diverso da quello svolto in altre nazioni da dittatori di opposta fazione: quello di capo carismatico.
Era il padre e la guida infallibile del suo paese. Era l’autorità politica suprema e depositario dell’autentica dottrina marxista- leninista. Ogni critica era vista come un oltraggio e tutte le libertà erano limitate. Letteratura, cinema, musica ed arti figurative in genere erano passate al setaccio da una severa censura. Tutto era permeato dal realismo socialista, ovvero il limitarsi alla descrizione idealizzata della realtà sovietica.
Da questa prima descrizione, sorge una domanda più che legittima: com’è possibile che una tirannia così spietata possa esser nata da una rivoluzione che doveva portare speranza, libertà e benessere? Alcuni pensano che vi sia un legame con il centralismo e l’autocrazia tipica del dissolto regime zarista. Altri vedono in questa forma di governo un inedito dispotismo industriale. Altri ancora hanno pensato ad una corrente “di destra” della rivoluzione. Ogni tesi può essere a suo modo vera, basti analizzare i contenuti specifici di questo regime.
C’è una forma di continuità e rottura col passato: si prosegue nella tradizione imperialista che da sempre permea la struttura dello stato russo; tuttavia, vengono inseriti elementi nuovi, quali l’efferata spietatezza: basti pensare a come sono stati sbaragliati o uccisi gli avversari politici.
Stalin aveva messo in piedi una “macchina del terrore” molto efficiente: ad essere eliminati furono in particolare i contadini, ma non furono risparmiati commercianti, tecnici e dirigenti di partito accusati di sabotare lo sforzo produttivo. Questo periodo, detto delle “grandi purghe”, iniziò nel 1934 con l’eliminazione (organizzata dallo stesso Stalin) di Sergej Kirov. Le purghe, negli anni successivi, continuarono con un ritmo impressionante con l’eliminazione di milioni di persone. Parallelamente a questa realtà, si sviluppavano anche i campi di lavoro, i lager russi, detti gulag: di queste strutture ne era piena l’intera Russia, in special modo le zone più inospitali. Le vittime venivano prelevate con la forza dalle loro case, deportati e fucilati senza nemmeno conoscere i propri capi d’imputazione. Non miglior sorte ebbe chi passò sotto processo pubblico: tali udienze, apparentemente regolari, si basavano su confessioni estorte sotto tortura. Anche uno dei più accesi sostenitori della rivoluzione del ’17, Trotzkij, fu eliminato dopo anni di forte opposizione e dopo una condanna all’esilio: fu scovato ed ucciso in Messico da un sicario del Capo.
Anche i professionisti, gli intellettuali, gli scienziati scomparvero nei campi di concentramento. A tale proposito, Stalin si schierò in forte opposizione anche contro tutte le pratiche psicoanalitiche o ad esse affini. Va ricordato che fu lui, infatti, a decretare la chiusura dell’“Asilo Bianco” di Sabine Spielrein: le guardie dell’Armata Rossa fecero irruzione distruggendo tutto, senza che né la Spielrein, né le sue assistenti né tanto meno i bimbi dell’asilo potessero fare qualcosa. Sabine fu perseguitata e costretta a fuggire, ma non morì per mano di Stalin bensì dei nazisti entrati in Russia.
Ad ogni modo, Stalin si poneva agli occhi del proprio popolo ed anche a quelli del comunismo internazionale come un governante giusto, libero e deciso a combattere il nazifascismo. Il suo apporto nelle vicende della seconda guerra mondiale era troppo importante così come la sua figura fu decisiva per i partiti comunisti di tutto il mondo, nel dopoguerra. Ciò voleva dire che la sua immagine non poteva essere offuscata da questi atti spietati e compiuti, per così dire, sotto banco. Significava che bisognava tacere e credere fermamente in lui. Occorreva seguire la sua linea ad ogni costo. È vero che l’Unione Sovietica (assieme agli U.S.A.) vinse la seconda Guerra Mondiale e che l’influenza che essa ebbe nel processo di ricostruzione successivo al conflitto fu determinante, ma è altrettanto vero che troppe cose sono state taciute in nome di una dottrina che doveva rappresentare, come detto, speranza, libertà e benessere.
Fonte: http://cmapspublic.ihmc.us/rid=1087944588890_1998136617_1713/tesina%20REGIME%20STALINISTA.doc
Sito web da visitare: http://cmapspublic.ihmc.us/
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