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La cultura del Rinascimento rivendicò il valore della magia e dell’astrologia che ne è compagna inseparabile, poiché l’opera "magica" venne ad assumere il significato di attività pratica in cui si esprime quella divina potenza dell’Uomo che costituisce il ‘DNA’ del Rinascimento. Secondo la nuova concezione, l’Uomo - centro del Cosmo è appunto colui che, afferrato il ritmo segreto delle cose, ovvero le leggi che governano la Natura, si fa "Demiurgo" nel senso etimologico del termine, (demiourgos= artefice, artigiano), ovvero non solo conosce la Natura ‘nascosta’ delle cose, ma vi interviene attivamente e opera trasformazioni, non solo esterne all’uomo, ovvero nel contesto Naturale in cui è inserito, ma anche interne, cioè nell’universo psichico e spirituale, agendo su quelle forze e su quegli elementi che possono provocare complessi, conflitti, tensioni, per frenarli, trasformarli, armonizzarli (Psicologia, Alchimìa). A questo proposito è opportuno ricordare che gli alchimisti del Rinascimento quando dicevano di voler ottenere l’oro attraverso la combinazione di diversi elementi chimici, si avvalevano di un linguaggio simbolico, per indicare appunto un’opera di trasformazione di se stessi.
Per valutare adeguatamente il senso del tema magico all’alba della cultura moderna, bisogna tener presente che, dopo il periodo medioevale, durante il quale tale arte era stata, sì, presente ma in forma nascosta, per paura della condanna dell’autorità soprattutto religiosa, esso venne alla luce e diventò comune a tutti i grandi pensatori del tempo (Cusano, Ficino, Pico della Mirandola, Giordano Bruno) e scienziati (Leonardo da Vinci e più tardi Newton) nei quali venne come purificandosi; tutti costoro, infatti, pur polemizzando aspramente contro i corrotti cultori della stregoneria negromantica, cioè contro quelli che si appellano a oscure forze "demoniache", trassero impulso per la loro ricerca e per i loro esperimenti dal tema magico.
Keplero vedeva le sfere celesti ruotanti sotto la guida di "spiriti", potremmo dire "mossi da un’interna intelligenza". Vedeva poi nella sua celebre terza legge (da lui detta "legge armonica") la prova che l' intero cielo è governato finalisticamente da un' Intelligenza Cosmica.
Leibniz inseguì da Lullo (alchimista) a Bruno (mago) la chiave logica che aprisse ogni segreto.
Perfino Cartesio non fu fuori da questa traccia perché, se da un lato rinnegò tutti quei "cattivi" libri di magia e quelle "cattive arti", non smise di cercare il segreto della vita scrutando i cadaveri e indagando il modo di prolungare la vita e di vincere la morte.
Newton, accanto all’ indagine fisica e all’ insegnamento a Oxford, coltivò semi-segretamente l’ alchimia, cercandovi quel ‘segreto’ che alla fisica era rimasto nascosto, ovvero la Legge occulta che regge tutte le attrazioni e repulsioni della Natura. Non soddisfatto dal semplice ‘come’, Newton cercava il ‘perché’. Il suo celebre motto “Hypothesis non fingo” non va interpretato come la rinuncia dello scienziato alla spiegazione ‘metafisica’, ma piuttosto come la sua disponibilità ad indagare le leggi fisiche in una ottica non strettamente fisica ma, appunto, metafisica e magica.
Tutti costoro operarono nella linea di Tommaso Campanella, di assimilazione della magia a scienza, alla luce di un radicale mutamento nella visione dell’uomo: tutta quella ricca gamma di elementi che erano stati precedentemente condannati come empi e diabolici, venissero in primo piano, svelassero la loro fecondità e si purificassero ma senza perdere il loro significato originario di tentativo dell’Uomo di conoscere in profondità la Natura per poterla utilizzare.
La cultura rinascimentale, riscoprendo "l’arte magica" nel senso che abbiamo cercato di chiarire, espresse la volontà di connettersi con tutto ciò che la teologia medievale aveva combattuto, innanzi tutto la libertà della ricerca contro il dogma e il dogmatismo.
E in questo consistette la profondità della frattura rinascimentale con il passato.
Si riscoprì l’idea, già presente negli scritti magico-alchimistici, di un universo tutto vivo, tutto UNO, fatto di nascoste corrispondenze o legami o interazioni, tutto pervaso di energia, in mezzo al quale vi è l’ Uomo, unico essere che doma la terra con l’opera sua, sfida gli elementi, conosce "i demoni" (interpretiamo: "le forze più brutali, anche quelle dentro di sè, come gli istinti, gli impulsi, i desideri più inconfessabili") e cerca di trasmutarli in "spiriti" (interpretiamo: "aspirazioni, ideali elevati, nobili propositi") e tutto trasforma .
L’Uomo non ha volto perché ha tutti i volti, cioè tanti aspetti, ruoli, funzioni che espleta.
Lorenzo il Magnifico dice che la peculiarità dell’Uomo rispetto agli altri esseri consiste nell’essere non tanto il centro dell’universo quanto un punto di libertà totale, e questo fa sì che tutto il mondo delle "forme" (interpretiamo: "le diverse manifestazioni dell’Uno, o Principio Superiore indistinto, nella materia") sia Soggetto all’Uomo, sì che egli lo possa oltrepassare sia nel senso della degenerazione verso il "demoniaco" ("verso scopi personali egoistici") come nel senso "ascensionale" ("verso scopi di crescita per il bene comune").
La sua libertà è il suo non aver volto, cioè il non essere determinato in una forma fissa, immutabile, il suo non essere condizionato da elementi esterni e/o interni, come invece lo sono le cose tutte, che sono quello che furono sempre e da sempre fisse nella loro condizione (pietra, pianta, animale, astro), lo fa consistere nella sua opera che è l’impronta che lascia nel mondo operandovi.
Molte volte si ritrova in mezzo a temi magici la ripresa del motivo che per volontà dell’Uomo l’universo cade o risorge, si fa regno del demonio (interpretiamo: "del male") o di Dio (interpretiamo: "del bene"). Questa affermazione è carica di un senso preciso: spezzata l’immagine di un ordine rigido che comprende anche l’uomo, l’Uomo appare sostanzialmente come un essere dotato di possibilità diverse di auto-realizzazione e di intervento sulla Natura e quindi estremamente responsabile.
Ma il Rinascimento ha saputo dare anche un notevole spessore alla immagine dell' Uomo 'microcosmo'. Negli scritti ermetici, ad iniziare dal celebre Corpus Hermeticum, la soggettività umana viene inserita in un contesto macrocosmico. Tutti i soggetti individuali sono polarizzazioni più o meno dirette dell' unico Soggetto universale, l' Intelletto neoplatonicamente manifestazione soggettiva di Dio. L' Uomo viene così a rappresentare, sul piano terreno, il supporto dell' Intelletto universale: l' Uomo è la sintesi, sul piano del suo microcosmo, di questo essere universale e macrocosmico, il quale a sua volta è la manifestazione soggettiva dell 'Unità divina. Questa, come Plotino insegnava, si pone oltre e al di là del dualismo Soggetto/Oggetto. Così va interpretata l' affermazione rinascimentale che "l' Uomo è un riassunto dell' Universo", in quanto ne contiene ed esprime, almeno potenzialmente, gli aspetti eterni di conoscenza ed azione, ovvero di soggettività. L' Alchimia e la Magia costituiscono appunto la via attraverso cui 'ricordare' le proprie dimensioni 'cosmiche', facendo ritorno alla vera patria dell' Uomo, che è il Cosmo nella sua totalità.
Fonte: http://www.evan60.net/uploads/6/3/2/5/6325749/rinascimento_e_magia.doc
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