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Il Rinascimento
Mappa dei concetti:
Definizione
Elementi di novità rispetto al Medioevo
Le influenze delle novità nel campo culturale.
Le cause del cambiamento
Periodizzazione
5.) Periodizzazione
All’interno del Rinascimento ci sono tre fasi.
La prima fase arriva fino alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492). In questa prima fase il centro culturale è Firenze, ed è il periodo nel quale si formeranno le idee rinascimentali. Può essere chiamato periodo di formazione.
La seconda fase, il Rinascimento maturo va dal 1492 fino al 1530, ci sono le massime contese fra la Francia e la Spagna e il centro culturale diviene Roma poiché nelle Signorie gli intellettuali non erano più supportati. La data finale è il 1530 poiché il Papa è costretto ad accettare Carlo V di Spagna e a sottomettersi a lui incoronandolo. Questo fatto dimostra la fine della potenza papale mettendo in crisi chi operava culturalmente a Roma poiché si accorgono che non sono più protetti dal Papa, infatti mentre l’intellettuale medievale non faceva l’intellettuale di professione, questi si e vengono chiamati dai signori per produrre opere e risaltare la loro signoria con opere encomiastiche (=ecomio=lode) ricevendo in cambio il mantenimento.
La terza fase è detta il manierismo che arriva fino al 1545-59 caratterizzato dal fatto che gli artisti copiano i modi di scrivere, scolpire e produrre antico così da essere più tranquilli.
1.) Definizione
Periodo che nasce agli albori dell’età moderna, il rinascimento è caratterizzato da alcuni elementi di novità rispetto al medioevo.
Questo termine nasce in contemporanea a questa cultura. Sono infatti gli intellettuali stessi che definiscono il Rinascimento come tale, perché sono consapevoli di essere i protagonisti di una rinascita culturale, dopo un periodo di crisi che era stato il Medioevo. La cultura viene chiamata umanesimo, perché si basava sullo studio delle Humanae Littarae, cioè le lingue e letterature clasiche, che avevano come oggetto di studio l’uomo nel divenire intellettuale-morale quindi l’Humanitas (umanità).
2.) Elementi di novità rispetto al Medioevo
C’è fondamentalmente un passaggio dal il Teocentrismo medievale (Teo= Dio, Dio al centro) all’Antropocentrismo
(Atropo= uomo, uomo al centro).
Il Teocentrismo era basato sulla patristica in principio e poi sulla scolastica (la filosofia insegnata dalle scole) che fino all’avvento dei comuni erano ecclesiastiche, e quindi vi venivano insegnati i testi sacri e tutto si basava sulla loro interpretazione. Il problema centrale della scolastica (Tommaso d’Acquino) era quello del rapporto tra fede e ragione. Le verità che si sapevano con la fede a volte andavano infatti a contrasto con la ragione. Nella Patristica Sant’Agostino diceva che fede e ragione andavano sempre d’accordo, mentre la scolastica diceva che anche se non andavano d’accordo la fede aveva comunque ragione.
Quindi la vita dell’uomo medievale era regolata dal rapporto con Dio, la vita era solo un viaggio per avvicinarsi a Dio (Divina Commedia, Dante), questo comportava che la vita dell’uomo era legata alle preoccupazioni su come ci si comportava e si sentiva condizionato dalle forze della natura, perché doveva sempre accettare tutto quello che veniva da Dio. Anche nell’età comunale nonostante cominci a cambiare si mantiene il rapporto fede e Dio.
L’antropocentrismo mette l’uomo come la cosa più importante dell’universo e attraverso il sapere e l’agire l’uomo può modificare l’ambiente. Può dominare la natura attraverso la conoscenza delle regole naturali, anche per quanto riguarda lo studio della natura viene fatto liberamente, senza che la Chiesa imponga delle regole. La Chiesa nonostante questo però restava legata al Medioevo e per questo si avranno le esecuzioni di Galileo Galilei e Copernico.
3.) Le influenze delle novita’ nella cultura
Cosa comporta nella cultura il passaggio dal Geocentrismo all’Antropocentrismo?Si manifestano in più campi:
- Campo artistico
- Campo letterario
- Campo scientifico
In campo artistico il soggetto delle opere cambia dalle raffigurazione sacre che permane ma diminuisce, aumentando l’interesse per la raffigurazione dell’uomo, prendono piede la ritrattistica (Es. Duca di Montefeltro, Piero della Francesca), le statue equestri dei grandi condottieri di ventura, il nudo, c’è la possibilità di osservare il corpo umano.
In campo letterario innanzitutto diventa centrale lo studio della lingua e della cultura classica perché essa era antropocentristica, difatti i rinascimentali si inspiravano a questa cultura basandosi sulle Humanae Littarae. Questo ha come conseguenza l’uso del latino in letteratura. Le opere letterarie vengono quindi rivolte ad un pubblico d’elite, difatti se ci si vuole rivolgere ad un pubblico più vasto vengono scritte in volgare. Nasce e si sviluppa la Filologia, cioè lo studio e la ricostruzione corretta delle opere classiche, non solo artistiche ma anche letterarie. Questo poeta alla scoperta dei veri testi classici che passati in mano ai copisti della Chiesa avevano subito variazioni o censure. Vengono quindi scoperti i veri pensieri e opere dei filosofi latini e greci.
Il genere letterario predominante diventa il trattato, nel quale si prende atto di qualcosa che è accaduta e si dettano delle regole. Questo avviene perché gli intellettuali cercano delle regole che diano sicurezza sia in ambito storico sia in quello culturale. In ambito storico perché si è immersi in un periodo di guerre e culturalmente si hanno dei cambiamenti talmente profondi che abbisognavano di regole per vivere i questa nuova società.
Si hanno quindi dei trattati di storia e politica, tra cui ricordiamo: “Il principe” di Niccolò Machiavelli del 1513, un trattato politico in cui si dettano le regole del comportamento di un principe che voglia raggiungere efficacemente i propri obbiettivi; “Istorie fiorentine” trattato storico sempre del Machiavelli, scritto nel 1535, che racconta la storia d’Italia dalla caduta dell’impero romano al 1492, morte di Lorenzo il Magnifico; “Storie d’Italie”, un trattato storico scritto tra il 1537-40 da Roberto Giucciardini, che arriva fina alla caduta dei Medici.
E si hanno anche trattati culturali, tra cui ricordiamo “Il libro del cortigiano” di Baldassarre Castioglione, scritto nel 1516, che descrive il comportamento del bravo cortigiano, Castiglioni difatti viveva alla corte dei signori di Urbino, i Montefeltro; “Il Galateo” di Giovanni Della Casa pubblicato nel 1558, dopo la sua morte, è intitolato galateo dal nome della persona a cui è dedicato Galeazzo, in latino Galateus. C’è una differenza tra questi due trattati poiché mentre Castiglione detta regole di corte, Della Casa da regole assolute. A questi due trattati risponderà in modo satirico Pietro Arentino con i “Ragionamenti” scritti uno nel 1534 e uno 1536, in cui insegna il comportamento che una prostituta di corte deve seguire per sembrare una donna dabbene.
Ci saranno anche trattati sulla lingua letteraria che si doveva utilizzare in Italia, Castiglioni, Machiavelli e Bembo svilupperanno, infatti, anche questo argomento.
Castiglione affermerà che la lingua scritta dovrebbe essere un insieme delle lingue parlate nelle corti; Machiavelli dichiara invece che la lingua letteraria dovrebbe essere modellata sul fiorentino dell’epoca; e infine Pietro Bembo, di cui ricordiamo “Le prose della volgar lingua” (1525), sostiene che per la poesia bisogna adottare la lingua del Tetrarca, mentre per la prosa quella di Boccaccio, sarà questa infine la soluzione adottata dagli intellettuali.
Il trattato in questo periodo non si diffonde solo in Italia ma anche in Europa con autori come l’inglese Thomas Moore o Tommaso Moro che scrive “Utopia” nel 1516 e Erasmo da Rotterdam che scrive “Elogio alla follia” nel 1509.
Nel Rinascimento i centri culturali si spostano dalle Università alle corti, ai cenacoli e alle accademie. Nelle corti gli intellettuali erano sottoposti al giudizio del Signore producendo soprattutto opere encomiastiche. Nei cenacoli e nelle accademie invece, gli intellettuali erano liberi, difatti queste erano libere associazioni di intellettuali che si riunivano per parlare di cultura con la differenza che i cenacoli erano associazioni informali mentre le accademiae avevano regole e rituali specifici, come il fatto che chi vi aderiva doveva trovarsi uno pseudonimo tratto dal mondo classico.
Anche nel campo scientifico si avranno delle novità, difatti nel 1543 sarà pubblicato il primo trattato di anatomia il “De umani corpus fabbrica” di un autore fiammingo, Andrea Vesalio. Fino a quel momento la conoscenza del corpo umano era limitata e sotto il controllo della Chiesa che regolava il rispetto del corpo anche dopo la morte e quindi non si avevano avuto modo si sezionare dei cadaveri e l’ultimo trattato di medicina si basava su conoscenze del II secolo d.C elaborato da Galeno.
Lo svincolarsi dalla Chiesa porta alla nascita anche di una nuova teoria astronomica con Niccolò Copernico (1473-1543) un Polacco che scoprì che è il Sole al centro dell’Universo e non la Terra come si pensava fino a quel momento.
Scrisse il “De revolutionibut orbium celestis”, rivoluzione perché la Terra compie un giro di rivoluzione intorno al sole sostituendo la teoria del II secolo d.C di Tolomeo che riprendendo Aristotele diceva che l’universo è determinato e il cielo ruota intorno alla Terra.
4.) Le cause del cambiamento
Innanzitutto la Chiesa perde il primato temporale, politico e viene riconosciuta di meno permettendo agli intellettuali di svincolarsi dai dogmi dettati dalla Chiesa. Di conseguenza si affermano sempre più strutture politiche borghesi e laiche (prima il comune e poi la Signoria) che permettono questa maggiore libertà.
Viene rinnovato l’interesse per gli studi classici, studiando le Humane Littarea, ponendo al centro l’uomo e arrivando a conoscere direttamente Platone e Aristotele senza le censure e le traduzioni della Chiesa.
Niccolo’ Machiavelli
Niccolò nasce a Firenze nel 1469 e vi muore nel 1527. La sua vita e le sue opere sono influenzate dalla situazione fiorentina dell’epoca: dopo il 1494 con la cacciata dei Medici e l’instaurazione della Repubblica, Machiavelli è candidato alla carica di segretario della Repubblica ma non la ottine poiché la carica sarà assegnata ai seguaci di Savonarola, allora al potere. Solo dopo il rogo del frate nel 1498 otterrà quella nomina, che, secondo lui, è sua dalla nascita si firmerà difatti come “Il Segretario”.
Dal 1501 al 1503 protrarrà una attività diplomatica a Roma alla corte di Cesare Borgia, figlio del Papa Alessandro VI, detto “IL Valentino” dalla contea di Valentinois di cui era Duca. Cesare Borgia aiutava il padre a mantenere tranquilli i signorotti locali in cerca di espansione con spedizioni militari, vere e proprie stragi che cesseranno solo con sottomissione di questi nel 1503 con la Strage di Senigalia. Machiavelli segue Borgia in questa spedizione così da stillare una documentazione dei fatti, questa sarà alla base del pensiero di Machiavelli e in base al quale scriverà anche “Il principe” esaminando in maniera oggettiva il comportamento di Cesare Borgia e descrivendo il suo comportamento senza giudizio morale, arrivando al concetto del “fine giustifica i mezzi”.
Dopo essere stato ambasciatore presso il Papa nel 1512 perderà gli incarichi per via del ritorno dei Medici e sarà cacciato per congiura. In esilio si ritirerà in Villa Albergaccio nei pressi di Firenze dove scriverà le sue opere più importanti.
Le opere
“Il Principe” (1513) è un trattato politico sul comportamento del principe, dedicato al Signore dei Medici con la speranza di essere richiamato in città. Qui si manifesta il suo pensiero politico, a dispetto di Dante che nel medioevo aveva preso in mano il problema del potere Universale e di quello Temporale e di come tra questi debba esserci una coesistenza spirituale, Machaivelli si pone il problema del potere in modo del tutto originale a dispetto di quelli che l’hanno preceduto:
● Il potere deve tener conto dell’osservazione della realtà, di come le cose sono veramente e non di come sono desiderate prendendo in considerazione la verità effettuale, la realtà che circonda la persona al potere, la realtà vera.
● Ci deve essere una separazione tra la politica e la morale: la politica è l’arte di governare la morale è il comportamento buono e giusto.
Macchiavelli si base sull’osservazione di ciò che accade – la verità effettuale- ed ha un concetto pessimistico dell’uomo, un pessimismo antropologico. Secondo lui l’uomo è portato al male per sua natura e per governare gli uomini dunque , non bisogna essere buoni e generosi ma duri, severi e autoritari. Un principe non deve cercare di guadagnarsi l’affetto del popolo, affetto che può diventare odio in un momento quando qualcosa va storto, ma un principe deve essere temuto poiché è la paura della punizione che rende l’uomo ubbidiente. Per Macchiavelli la natura umana è rappresentata da un centauro: metà animale e metà uomo e quindi nell’uomo prevale la parte bestiale e per governare delle bestie anche il principe deve essere una bestia. Il principe deve avere le caratteristiche del Leone e della Volpe: la forza del leone per spaventare i lupi (le persone avide), e la furbizia della volpe per riconoscere le trappole che gli vengono tese. Queste sono le virtù politiche. La politica virtuosa deve tener conto delle occasioni (situazioni momentanee che potrebbero non capitare più)e della fortuna (tutto ciò che può capitare di positivo o negativo e imprevedibile che possono annullare le virtù del principe)
I “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” del 1519, riflessioni sui primi 10 libri “Storie” di Tito LIvio, storico latino.
“Mandragola” del 1518, una presa in giro della società fiorentina sul tema del fine giustifica i mezzi. (v pag. 69,71,77,78)
Nel 1521 scrive un trattato dal nome “L’arte della guerra” (p. 69,71,77,78), dedicato al cardinale Giulio de Medici che diverrà Papa, nella speranza che gli sia offerto lavoro. Scritto in forma di dialogo tra vari personaggi viene trattato il problema dell’esercito. Era meglio un esercito mercenario o le truppe cittadine? Per Macchiavelli meglio le truppe cittadine.
Nel 1525 scriverà “Istorie Fiorentine” un trattato storico dedicato al papa Clemente VII che accontentandolo lo chiamerà a Roma con impegni politici di scarsa importanza nel 1526. Nel trattati su narra la storia italiana dalla caduta dell’impero romano fino al 1492, alla morte di Lorenzo de Medici.
Il poema cavalleresco e Ludovico Ariosto
Nel Rinascimento viene ripreso da Ariosto il poema cavalleresco, genere letterario già esistente nell’Alto Medioevo, dove la materia cavalleresca fu affrontata nella lingua d’oc dando origine alle Canzoni di Gesta, e nella lingua d’oil dando origine ai romanzi cavallereschi.
Le canzoni di gesta narravano di Carlo Magno e dei suoi cavalieri, tra cui vi si trova anche Orlando, che lottavano per difendere la fede cristiana dagli arabi mentre nei romanzi cavallereschi i personaggi, cavalieri della tavola rotonda, lottavano per scopi personali, viaggiando per la Bretagna in cerca dell’amore, di oggetti (come il Santo Graal) o per salvare qualcuno. I romanzi fanno parte appunto del ciclo bretone o materia di Bretagna mentre le canzoni di gesta del ciclo carolingio o materia di Francia.
La cavalleria ha sempre affascinato la gente, non solo attraverso la letteratura ma anche per mezzo di teatrini, e continua a farlo nel corso del ‘400, quando nascono i poemi cavallereschi. Queste lunghe opere scritte in poesia sono iniziate da Luigi Pulci, uno scrittore fiorentino con la sua opera il “Morgante” (1461/72). Morgante era un gigante che sconfitto a duello da Orlando ne diventa lo scudiero.
Più o meno in contemporanea il poema cavalleresco si sviluppa anche a Ferrara alla corte degli Estensi dove Matteo Maria Boiardo sciverà tra il 1476 e 1483 l’ “Orlando innamorato” e in seguito opererà Ludovico Ariosto dando un seguito all’opera di Matteo Maria Boianrdo con l’ “Orlando furioso”.
Farrara si pone come centro di sviluppo del poema cavalleresco (contando anche Tasso) poiché nella Padania il genere cavalleresco era molto apprezzato, tanto che alla corte degli Estensi vi era una biblioteca ricchissima di testi cavallereschi cosicché chi voleva poteva documentarsi e gli intellettuali erano spinti a riprendere quel genere.
Il poema cavalleresco riprende vigore nel momento in cui i cavalieri perdendo potere sociale aveva acquistato importanza letteraria, riprendendo i valori degli antichi cavalieri, utili soprattutto nel rapporto tra chi vive a corte il proprio Signore.
Ludovico Ariosto assieme a Machiavelli e a Tasso è uno dei grandi autori del Rinascimento.
Ludovico nasce il 4 settembre 1474 aReggio Emilia e fino al 1494 sarà sottoposto ai frequenti trasferimenti del padre finchè non si stabiliranno a Ferrara dove sempre nel 1494 e si dedicherà agli studi umanistici. Nel 1500, alla morte del padre è costretto a trovarsi un lavoro per provvedere alla numerosa famiglia (era il primo di dieci figli) verrà assunto alle dipendenze del Cardinale Ippolito d’Este (fratello del signore di Ferrara) con un incarico di tipo amministrativo. Quando però nel 1517 il cardinale deve andare in Ungheria, Ariosto si rifiuterà di seguirlo perdendo il lavoro. Avendo preso i voti minori così da avere benefici ecclesiastici alla assunzione da Ippolito, si sposterà segretamente nel 1528 con Alessandra Benucci. Trovato lavoro un anno dopo al servizio del Signore di Ferrara: Alfonso d’Este, comincerà a produrre le sue opere migliori nonostante i numerosi viaggi. Si ritirerà in un casetta fuori Ferrara, a testimonianza della sua vita modesta e del suo sapersi accontentare si ha una frase scritta su una porta di questa casa “Parva sed apta mihi” “Piccola ma adatta a me”. Dopo un ultimo viaggio a Mantova si ammalerà di enterite morendo a Ferrara il 6 luglio del 1533. Scrive sia in prosa che in versi, sia in latino che i volgare. In latino scrive opere che hanno a che fare con il suo lavoro, opere importanti a scopo di documentazione, mentre in volgare scrive poesie e prose.
Le opere
L’”Orlando Furioso”
Questo poema cavalleresco viene iniziato da Ariosto intorno al 1505 soprannominato “Gionta” cioè un aggiunta al poema di Matteo Maria Boiardo “L’Orlando Innamorato”. Questa è un opera encomiastica scritta cioè per elogiare il proprio signore facendo vedere come la famiglia degli Estensi avesse un’origine nobiliare nel senso di gentile. Può venir quindi accostato all’ “Eneide” dove Virgilio nel I sec. a.C. descrive come le origini di Roma e della Gens Giulia fossero nobili. Difatti, Enea principe troiano, con il figlio Ascanio e il padre Anchise, arrivano nel Lazio dopo l’incendio di Troia nel quale morì sua moglie. Qui sposa una principessa del luogo Lavinia e da questo matrimonio nascerà la stirpe che fonderà Roma e la Gens Giulia, dando al potere di Ottaviano Augusto una giustificazione.
Secondo l’“Orlando Furioso” il capostipite della famiglia degli Estensi è un cavaliere saraceno chiamato Ruggiero che per amore di una guerriera cristiana chiamata Bradamante si convertirà al cristianesimo e dalla loro unione nascerà la stirpe degli Estensi.
Il poema è suddiviso in due filoni intrecciati da loro con le numerose vicende ed i numerosi personaggi:
- Il racconto d’armi. Prende l’avvio con un fatto storico: la guerra tra Cristiani e Musulmani all’epoca di Carlo Magno alla fine dell’ VIII secolo. Orlando infatti era il più grande cavaliere al servizio di Carlo Magno. Il racconto d’armi comincerà con l’assedio di Parigi da parte Araba e durante il quale Orlando e Rinaldo, entrambi cavalieri si contengono il possesso di una principessa araba fatta schiava: Angelica. Siccome i due lottavano solo per Angelica, Carlo Magno da in tutela la ragazza al duca Nano di Baviera decretando che chi si ucciderà più nemici durante l’assedio l’avrà. Però ne l’uno ne l’altro si comporteranno bene poiché Angelica fugge da Parigi e per inseguirla i due lasciano la città. La guerra continuerà con i massacri del re saraceni Rodomonte sconfitti poi dall’arrivo di Rinaldo con gli Inglesi. Costretti alla ritirata i saraceni saranno annientati in una battaglia navale. Intanto Astolfo guidò i cristiani contro il regno del re Agamante che per risolvere il conflitto chiederà a Carlo Magno un accordo, un ultimo scontro tra tre guerrieri cristiani e tre saraceni volto a mettere fine alla guerra. Orlando, Bradimarnte e Oliviero per i cristiani e Agramente, Gradasso e Sobrino per i saraceni. Vinceranno i cristiani.
-Le vicende cavalleresche. Parla di due vicende: la prima segue Orlando e da il titolo al poema; la seconda parla di Ruggiero e permette ad Ariosto di inserire il tema encomiastico.
“Orlando furioso” deriva dal fatto che egli diviene pazzo per amore di Angelica poiché ella fuggita incontra i giovane saraceno, un fante chiamato Medoro e lo sposa. Orlando dopo varie peripezie giunge in un bosco dove scopre di Angelica e Menedoro, preso dalla rabbia impazzisce, vagando distruggendo tutto ciò che incontra. La pazzia è data dall’iperbole, cioè dalla descrizione di fatti impossibili difatti Orlando atraverserebbe a nuoto lo stretto di Gibilterra. Per farlo rinsanire Astolfo un suo amico cavaliere va sulla Luna, luogo dove si rifugiano i senni perduti. In questo pezzo Ariosto prende di mira anche persone del suo tempo che secondo lui avrebbero perso la ragione. Rinsavito Orlando è pronto a combattere nel duello e fa si che la vinta sia vinta.
Ruggiero e Bradamante vengono già trattati nel “Orlando innamorato” di Boiardo dove i due si sono innamorati. Lei lascia l’esercito per cercare Ruggiero che è prigioniero del mago Atlante, il quale vuole tenerlo lontano dalla guerra. Bradamante lo libera ma egli viene portato via da un ippogrifo, dopo varie peripezie ritornato al palazzo promette a Bradamante di battezzarsi e sposarla. Dopo aver combattuto ancora per un po’ con Agramante naufraga su un isola incontrando un santo eremita che lo battezza potendo così sposare Bradamante dalla cui unione nascerà la stirpe degli Estensi. Ci sono anche numerose vicende di altri cavalieri e momenti magici (come il castello del mago Atlante dove tutti quelli che vi entrano divengono invisibili)
L’“Orlando furioso” è diviso in 46 canti formati da ottave. Il primo inizia con il proemio, diviso in protesi, cioè la dichiarazione degli argomenti che verranno trattati, invocazione, una preghiera ad una musa o una dea perché gli ispiri la scrittura, e dedica, il poema è dedicato al cardinale Ippolito d’Este, definito erculea prole poiché figlio di Ercole I.
Il primo canto si divide dalla 1ª alla 4 ª strofa nel proemio; dalla 5ª alla 9ª nell’antefatto, cioè nel racconto di ciò che è successo prima; dalla 10ª si seguono le avventure di Angelica e dei cavalieri che lei incontrerà; dalla 18ª alla 20ª strofa si trova la proposta di Rivaldo di sospendere il duello per cercare Angelica; la 22ª strofa è tra le più importanti poiché riporta un giudizio negativo sui cavalieri antichi.
La protasi, l’enunciazione degli argomenti. Argomenti molto varii e anche varietà di stili utilizzando termini di stili diversi (altoà stile tragico, medio o misto à stile comico, basso o quotidiano à stile elegiaco)
È presente l’Enjambement concetto espresso in un verso non si conclude nello stesso ma prosegue nel successivo? così da dare un senso più narrativo.
È presente un anastrofe, cioè i complementi sono davanti al soggetto e al verbo.
La dedica introduce il tema encomiastico.
È dedicato come scritto al cardinale Ippolito d’Este da cui Ariosto lavora.
Da “Ippolito… inchiostro” si nota il rapporto tra l’intellettuale e il signore che lo ospita, Ariosto si fa vedere umile.
È presente un’Iperbole, un’esagerazione e una metafora: il ceppo vecchio ad indicare come l’albero cresce da un ceppo vecchio così da lì è partita la famiglia.
È presente un latinismo in chiari che viene da clarus, famoso
Il proemio:
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori?
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l'ire e i giovenil furori?
d'Agramante lor re, che si diè vanto?
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
2
Dirò d'Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d'uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m'ha fatto,
che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.
3
Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole?
e darvi sol può l'umil servo vostro.
Quel ch'io vi debbo, posso di parole?
pagare in parte e d'opera d'inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.
4
Voi sentirete fra i più degni eroi,
che nominar con laude m'apparecchio,
ricordar quel Ruggier, che fu di voi
e de' vostri avi illustri il ceppo vecchio.
L'alto valore e' chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri alti pensieri cedino un poco,
sì che tra lor miei versi abbiano loco.
Che furo= avvennero
Al tempo che passarono i Mori d’Africa il mare= I mori d’Africa passarono il mare / I mori passarono il mare d’Africa.
Nocquer= nuocere, portarono gravi danni
Seguendo le ire…. Romano= perché i mori passarono l’Africa
Troiano = padre di Agramente
Sopra= Nei confronti
Medesimo tratto= allo stesso momento
Che per= come a causa
se…= fa riferimento a prima
Erculea prole= figli di Ercole I d’Este
La prole di Ercole è definita generosa e splendore del secolo.
Ippolito… vostro= vogliate gradire quest’opera che l’umile servo vostro vuole darvi e può solamente darvi.
Posso…dono = posso pagarlo in parte con le parole e in parte con le opere d’inchiostro, ne sono da imputare che io vi dia poco perché io vi do tutto quello che posso darvi.
sol= solo
Voi= Ippolito
Apparecchio= appresto
Avi illustri= ecco la lode
Se voi mi… loco= se mi ascoltate che i vostri pensieri così alti un po’ scendano al mio livello e tra loro trovino posto i miei versi.
Torquato Tasso
Un altro autore di poemi cavallereschi che vive a Ferrara dopo Ariosto è Torquato Tasso. La sua vita è segnata dalla sventura e dalla privazione. Nasce a Sorrento in Campagna sulla costiera Amalfitana nel marzo del 1544 e al sua infanzia è segnata dalle privazioni dovute alla occupazione del padre. Bernardo infatti è un nobile bergamasco e militare al servizio del signore Ferrante Sanseverino lasciando la moglie ad affrontate i numerosi problemi economici venendo infine esiliato in Francia assieme al proprio Signore. Torquato vive quindi con la madre Porzia de’Rossi e la sorella Cornelia spostandosi da Sorrento a Salerno e infinea Napoli, dove studierà nel collegio dei gesuiti, molto rigidi sul punto di vista religioso (nati infatti con la contro riforma) tanto che Torquato risente dell’educazione rigida del collegio. Finito questo nel ’54 raggiunge il padre a Roma avendo però uno sbandamento emotivo dovuto al dover abbandonare la madre per raggiungere il padre. Dove li raggiungerà la notizia della morte della madre nel ‘56. Vive un periodo di continui spostamenti e cambiamenti non solo di luoghi quanto anche di ambienti e riferimenti affettivi che spiegano il suo non trovare luogo per le sue origini. Tra il 1560 e il ’65 si dedicherà gli studi fra Padova e Bologna, innamorandosi di alcune donne a cui dedicherà delle poesie liriche.
Finalmente nel 1565 nella vita di Torquato si h una svolta decisiva, egli entra al servizio del cardinale Luigi D’Este trafserendosi a Ferrara dove ha la simpatia delle sorelle del duca Eleonora e Lucrezia. Entrando al servizio inizia a scrivere qualcosa di più corposo, il suo poema che all’inizio era chiamato “Goffredo di Buglione” e poi “Gerusalemme liberata” dove parla di Goffredo, comandante che guidava le truppe crociate partite per liberare la Terra Santa dai saraceni nel XII e XIII secolo. Inizia la sua stesura nel 1565 e durante la stesura si licenzierà dal cardinale per servire il duca Alfonso II. Nel 1975 giudica il poema finito e lo legge al duca e a sua sorella Lucrezia. Fu però in questo momento che l’equilibrio psicologico di Tasso cominciò a vacillare.
Il 600- Il Barocco
Il ‘600 è chiamato anche il secolo della rivoluzione scientifica o della nuova scienza. Si hanno infatti cambiamenti in tutte le forme artistiche. Si ha uno stile ricco e pesante in tutte le arti. Ci sono nuove scoperte e strumenti dati da scienziati come:
La chiesa interverrà su queste scoperte che mettono in crisi l’idea astronomica della Chiesa.
Questa rivoluzione scientifica ha provocato mutamenti anche nella letteratura con due principali elementi di rivoluzione:
Tutto questo ha una forte ripercussione nella vita degli uomini che cambia completamente perché l’uomo non ha più certezze e si sente precario.
Ci sono dei devianti non solo religiosi (streghe, eretici…) ma anche sociali (vagabondi, pazzi e omosessuali) che vengono emarginati e perseguitati. Nascono gli ospedali particolari o case di lavoro.
Il Barocco si sviluppa più profondamente in Italia e Spagna e questa visione si traduce in letteratura con l’abbandono del classicismo. Questo rifiuto viene concretizzato nel modo di scrivere della metafora (= paragone senza il come) mettendo insieme caratteristiche stravaganti.
Il maggior teorico del Barocco è stato un gesuita spagnolo chiamato Baldassarre Garcian che nel 1648 scrive un trattato chiamato “Acutezza ed arte del Ingenio” due parole che descrivono le caratteristiche dell’artista barocco. Acutezza= caratteristica che permette di cogliere i rapporti più strani tra le cose e si esprime con esagerazioni, contraddizioni, accostamenti particolarmente strani. Ingegno= dote con la quale si possono cogliere questi legami strani. Con l’Ingegno si capiscono i legami e con l’Acutezza se li mettono in chiaro.
Quali sono i generi letterari di questo periodo?
Il poema cavalleresco continua ma non è molto diffuso anche se Miguel de Cervantes scrisse il “Don Chisciotte”, questo parla di un cavaliere spagnolo decaduto non il grande cavaliere di fede (Tasso) ne quello eroico (Ariosto) è l’esempio della precarietà. Don Chichotte si sogna come un grande cavaliere come quelli eroici e parte per salvare la sua donna Dulcinea (brutta ma bella ai suoi occhi) a dorso del suo grande destriero chiamato ronziate (=Ronzino) armato di uno scudo e una lancia decadente ed in testa uno scolapasta a ‘mo di elmo. Il suo scudiero era u po’ particolare piccolo grasso ecc. Sancio Panza e in viaggio il Don vede mille pericoli per salvare la sua donna (mulini = giganti) frutto della sua immaginazione.
Il trattato continua e diventa centrale il trattato scientifico. Un esempio è “dialogo sui massimi sistemi del mondo” e “il sidereu nuncius” Di Galileo Galilei. Il primo è espresso come un dialogo a tre persone, che corrispondo a tre tipi di personaggi a lui contemporanei e non giunge a nessuna conclusione. I personaggi sono:
1. Salviati: copernicano, pensa che quello che è stato detto è tutto
2. Sagredo: un curioso (Galileo Galilei) mette in dubbio alcune sicurezze degli altri due
3. Simplicio: Aristotelico mette in dubbio le certezze antiche
Gli studiosi che seguono rigorosamente le idee di qualcuno senza porsi domande, senza curiosità, sono detti pedanti e sono quelli che dimostrano l’aspetto negativo dell’epoca e sono molto diffusi (Salviati e Semplicio), chiusi in biblioteca imparando quello che dicevano gli altri, senza domande. Questo tipo di scienziato era molto diffuso preso d’esempio nelle commedie teatrali.
In questo periodo ci sono anche trattati scientifici di medicina dove vengono messe in evidenza nuove scoperte storiche dell’epoca: Francesco Redi mette in evidenzia la circolazione del sangue e sui vermi dimostrando che questi si formano nella carne decomposta perché le mosche ne depongono le uova. Sono scritti talmente bene che sono addirittura opere letterarie.
Altri generi dell’epoca sono le fiabe non per bambini ma per gli adulti abbiamo nel ‘600 un napoletano che scrive fiabe in dialetto, questo è Giovan Battista Basile con la sua raccolta di fiabe “ la cunta de li cunti” con l’anticipo della fiaba di Cenerentola la “Gatta Cenerentola”
Vi sono poi i Poemi eroicomici, che narrano di eroi sotto una luce di comicità. Tassoni che scrisse “la secchia rapita”. In questo periodo nasce la commedia dell’arte dove i testi che sono preparati per il teatro sono il canovaccio (non c’è il testo completo ma solo delle azioni e alcune battute fondamentali dei personaggi) ma poi per comporre la commedia gli attori sono liberi di recitare come vogliono, erano rappresentate in piazze e teatri.
I testi teatrali sono importanti ma non in Italia abbiamo infatti Shakespeare, Rassil e Moglier, Pedro Calderon de la barca.
È scopo dell’autore quello di produrre la meraviglia come scrisse Giovan Battista Marino “è del poeta il fin la meraviglia/ chi non sa far stupir vada alla striglia”
Giovan Battista Marino è per grande lirica del ‘600. Questa aveva come scopo lo stupore anche utilizzando la poesia grafica utilizzata poi dai poeti futuristi. Rappresentazione attraverso la scrittura, i sentimenti, il concetto della poesia
Es. poesie contemporanee sulla passione di Cristo a forma di croce o di chiodo, questi sono detti calligrammi ed è utilizzato anche l’acrostico es Amore mio
Non
Disperar
Resta solo l’
Eterno
Assieme
Il generi non in prosa è quindi la poesia lirica (=sentimenti poeta) nel ‘600 scopo di stupire “ e del poeta il fin la meraviglia chi non sa stupir vada alla striglia” G.B. Marino
Sistemi x stupire:
- immediatamente visibili (poesia grafica o figurato; acrostici e calligrammi)
- modo diverso di scrivere e dei soggetti
La figura retorica più usata è la metafora che mette assieme elementi che prima nessuno avrebbe sognato di mettere insieme es. rosa – regina. Come nuovi soggetti: scene vita quotidiana descritte nei minimi particolari di solito personaggio donna non più con le caratteristiche bellezza classica. Prima non veniva descritta la vita quotidiana ma cose mistiche o religiose ora si hanno poesie come “Donna che cuce” o “Donna che si pettina” dove vengono descritti minuziosamente tutti i gesti di queste donne e le loro parti del corpo come in “Seno”. Non vi sono più canoni classici: bianche belle perfette ma anche more, vecchie e sdentate un esempio è “bella schiava” che parla di una donna nera.
Si ricorda il poeta Giovan Battista Marino nato a Napoli 1569 dove vi morrà nel 1625. Fu talmente importante nell’epoca che dal suo nome prenderà origine la tendenza poetica dell’epoca il Marinismo, filone di poesie dove aderiscono altri poeti con il principale esponente Claudio Achillini. In contrapposizione al Marinismo si forma un’altra corrente legata ai canoni classici di scrittura: gli antimarinisti come Fulvio Testi.
La poesia lirica marinista è molto fredda perché il poeta è più preoccupato nel cercare modi di stupire che ad esprimere sentimenti. Marino scrive una raccolta chiamata la “La lira” pubblicata nel 1614 ma con testi dal 1592. La lira fa riferito allo strumento musicale, simbolo della poesia. A Marino è attribuito il capolavoro della poesia barocca italiana una poesia eroico chiamato “L’Adone” 1623 pubblicato a Parigi dedicato al Re di Francia Luigi XIII.
p.368 “Seno”
370 “Bella schiava” è un ossimoro cioè l’accostamento di due parole in contrasto.
369 “Donna che cuce”
Sotto i titoli è indicato che è presa “La Lira” + un numero ordinale che indica il capitolo del quale si sta parlando. Questa è la III.
In Donna che cuce è descritta una donna che ricama, con i particolari vari gesti ed oggetti (ago e filo metaforicamente legati ad una freccia che colpisce il poeta e al filo della vita del poeta.
Il linguaggio è pratico e concreto ma cita l’episodio metaforico di Aracne.
Questa poesia è di 10 versi. Estrale(= freccia) non ago è quella che io adoro usa per fare il suo lavoro. Lei è nuova aracne d’amor (=poiché tesse i fili dell’amore)
Misero!= o me misero cosa mi sta succedendo
Vago= bello
Sanguigno= rosso sangue
Donna che cuce
E' strale, è stral, non ago
Quel ch'opra in suo lavoro,
Nuova Aracne d'amor, colei ch'adoro;
Onde, mentre il bel lino orna e trapunge,
Di mille punte il cor mi passa e punge.
Misero! e quel sì vago
Sanguigno fil che tira,
Tronca, annoda, assottiglia, attorce e gira
La bella man gradita,
E' il fil de la mia vita.
Vi sono delle allitterazioni = ripetizioni di suoni
Vi è anche un histeron proteron, cioè viene invertito l’ordine temporale
Nell’ ”Adone” vi è il “Canto dell’Usignolo” dove vi sono parti che spiegano la meraviglia. L’usignolo è definito sirena dei boschi, una metafora particolare che mette insieme qualcosa di marino con qualcosa del bosco. Oppure Atomo sonante poiché è qualcosa di piccolo con qualcosa di musicale oppure Voce pennuta, Suon volante, Piuma canora, canto alato.
Il teatro nel’600
Questo campo, come tutta l’arte del ‘600 si pone lo scopo di stupire ed infatti si differenzia dal teatro Medievale e da quello Rinascimentale.
Nel Medioevo il teatro aveva rappresentazioni religiose come sacre rappresentazioni che avevano come scopo quello di insegnare dei comportamenti e degli avvenimenti religiosi come la vita di Gesù e quella dei Santi. Venivano rappresentate in particolari festività religiose e non vi erano ammesse le donne e non c’erano attori di professione.
Nel Rinascimento si ha il trionfo del teatro che diventa importante dal ‘500 e continuerà poi sia nel barocco che nel ‘700, questo avvenne per due motivi:
Ancora nel ‘500 il teatro viene rappresentato nelle corti e rivolto ad un pubblico d’elité poiché gli argomenti trattati avevano a che fare con il pubblico alto.
Dal ‘600 però si può vedere come si comincia a capire che il teatro sia un genere particolare della letteratura infatti nascono i primi autori che scrivono di teatro ed anche i luoghi per le rappresentazioni teatrali: i teatri. Tra questi il primo è il teatro olimpico di Vicenza (1580) di Andrea Palladio. Questo è costruito nel palazzo ma è un luogo che viene scelto solo per le rappresentazioni teatrali prima qualsiasi luogo poteva essere usato per il teatro. Prima caratteristica importante sono le gradinate per gli spettatori e la scena è costituita da una scena fissa che rappresentava una città basata sulla prospettiva. La scena era fissa perché fino al ‘600 nelle rappresentazioni teatrali si applicheranno le leggi aristoteliche del teatro greco: il tempo il luogo e l’azione. Quello che accadeva doveva accadere in quel momento ad esempio se una rappresentazione durava un giorno la vicenda avrebbe dovuto compiersi in un giorno. Veniva rappresentato un solo luogo e per questo una scena fissa e l’azione doveva essere verosimile, cioè doveva poter accadere nel tempo della rappresentazione. Nel ‘600, secolo d’oro del teatro in Europa ma non in Italia si avranno grandi autori come William Shakespeare. L’Italia non è importante per le opere teatrali ma per i generi teatrali che qui vi nascono: il melodramma e la commedia dell’arte. Grazie al melodramma l’Italia diverrà importante in scala europea e l’italiano lingua di cultura. Il melodramma è un testo teatrale musicato cioè aveva una parte scritta accompagnata dalla musica che pian pian acquisterà più importanza fino alla nascita dell’opera lirica. Il maggiore esponente di melodramma italiano è Claudio Monteverdi (1567-1643) che nel 1607 mette in scena i primi grandi melodrammi come Orfeo e Arianna. Nasce però con il fiorentino Ottavio Rinucini che metterà in scena il primo melodramma nel 1597 “La favola di Dafne” e nel ‘600 “Euridicea”.
La commedia dell’arte si chiama così con due significati da artista e artigiano. L’artista è colui che ha creatività, l’artigiano colui che ha le capacità. La commedia dell’arte riguarda chi ha capacità, infatti con essa nascono gli attori specializzati, un attore di professione. Questi formano delle compagnie teatrali guidate da un impresario quello che paga e guadagna o parte per il teatro. Queste compagnie vivono del proprio lavoro poiché per la prima volta il teatro è destinato ad un pubblico pagante e vede per la prima volta la recitazione delle donne. Questo è considerato un grande scandalo infatti la chiesa condannerà le donne attrici. Le donne parteciperanno solo alla commedia dell’arte, mentre nei melodrammi i ruoli femminili saranno interpretati da ragazzini ed evirati.
Nella commedia dell’arte non vi è un testo scritto né un copione ma solo un canovaccio, dove viene descritto il comportamento dell’attore il quale sul momento inventa le battute adattandolo al pubblico.
I caratteri fondamentali della commedia dell’arte sono:
- la svalutazione dell’intreccio e del dialogo a vantaggio dei contrasti sulla scena ad esempio servo-padrone, vecchio-giovane…le situazioni quindi si ripetono e la bravura degli attori sta proprio nel variare un tema fisso.
- i personaggio non sono individui ma tipi di individui, caratterizzando il ruolo del personaggio nella scena e identificati da una maschera come ad esempio tra i servi: Arlecchino e Pulcinella, fra i vecchi Pantalone e tra gli ufficiali smargiassi e vigliacchi il Capitano.
- Il canovaccio non definisce ma parole ma solo comportamenti.
La società e la Chiesa cercarono di disciplinare queste compagnie, la prima pagandoli e cercando di subordinarli alle regole sociali, la seconda emarginandoli. La Chiesa infatti non tollerava l’improvvisità della scena, le maschere che coprivano il volto e la presenza delle donne sulla scena…
William Shakespeare
Egli è uno degli autori più popolari della tradizione occidentale, nato a Stratford-on-Avon nel 1564 si trasferisce a Londra dopo l’infanzia oscura, quando frequentò probabilmente una grammar school dove imparò il latino, e il matrimonio, da cui avrà una figlia e due gemelli, lasciando la famiglia a Stratford.
Qui verrà in contatto con gli ambienti teatrali, recitando parti minori (sembra che come attore non avesse talento spiccato) e nobiliari. Nel 1590-92 scriverà il suo primo dramma Enrico VI e a seguire una serie di successi che lo porteranno ad essere comproprietario di importanti teatri cittadini (come il Globe Theatre). Morirà nel 1613 dopo essersi ritirato nella città natale.
Il suo teatro è insieme rappresentazione ed allegoria, collegando i destini dei personaggi a problemi riguardanti il destino di ogni uomo e hanno un valore universale. Qui affronta il problema in maniera mediata ponendo luce su di un problema e su di un concetto e non per quello che essa è. Le sue commedie e le sue tragedia sono ambientate nel suo tempo e i caratteri della tragedia e della commedia sono compresenti presentando momenti buffi in Romeo e Giulietta e in Ambleto e elementi tragici nel Mercante di Venezia o in molto rumore per nulla. Lo stesso suo linguaggio ha una straordinaria ricchezza. Il realismo che egli usa è dato dall’osservazione dei fatti e delle cose come sono per collegarli ad un piano di verità che va al di la di essi quindi per dare un’immagine precisa all’ambiente culturale in questione punta ad una immagine del mondo nella sua totalità.
Nelle sue opere il personaggio è centrale facendolo diventare quasi mito. I suoi personaggi poi sono lacerati ovvero portano i segni di una “passione” e del loro contrario es. amore di Romeo e Giulietta ostacolato dai genitori, Amuleto diviso tra il vendicarsi del padre e il non farlo; Otello tra amore e tradimento. Si ha quindi con lui una nuova idea di persona, la consapevolezza della complessità del reale e della frattura fra coscienza e mondo propria del mondo moderno.
OPERE:
Le sue produzioni vengono di solito divise in tre fasi:
I Promessi Sposi
Anche se scritto nel ‘800 da Manzoni il protagonista del romanzo è il ‘600. Manzoni nacque a Milano nel 1785 e vi morì nel 1873. Questo romanzo fu pubblicato in 3 edizioni diverse tra loro nei primi due casi per la storia e nell’ultimo per la lingua. La prima edizione si intitolava “Fermo e Lucia” E fu pubblicata nel 1821-24, il nome Fermo derivava dal carattere del protagonista; la seconda edizione vede come protagonisti Renzo e Lucia e fu pubblicato nel 1827 con titolo “I promessi sposi – Storia milanese del secolo diciassettesimo scoperto e rifatto da Alessandro Manzoni”; la terza versione portata avanti fino al 1840 presenta invece una lingua ripulita.
Il romanzo è composto da 38 capitoli più l’introduzione e come genere appartiene al romanzo storico, genere affermatosi nel ‘700 e il più diffuso nel periodo, la prosa infatti sostituisce la poesia, in questo, essendo un romanzo storico le vicende dei personaggi inventati si intrecciano con personaggi storici e dove lo sfondo è dato da avvenimenti veramente accaduti che influiscono sull’invenzione.
“I Promessi Sposi” si svolge in Lombardia sul lago di Lecco, una diramazione del lago di Como, nel ‘600 infatti compaiono avvenimenti storici e politici dell’epoca, come la guerra dei trent’anni, la crisi economica e il crollo delle manifatture, la società divisa in tre ordini: nobili, clero e terzo stato, il rifeudaulasimo e la vendita delle cariche nobiliari (Don Rodrigo).
La trama racconta di come questi due giovani: Renzo e Lucia, fidanzati cerchino di sposarsi mentre Don Rodrigo vuole impedirlo, poiché aveva scommesso con suo cugino, il Conte Artiglio che avrebbe portato a letto Lucia. La storia parte quindi dal fatto che egli manda i suoi Bravi a minacciare Don Abbondio, il prete che doveva sposarli. Alla fine i due riescono a sposarli ed hanno una figlia Maria, mentre la peste, si può dire li vendica, uccidendo tutti coloro che si sono messi contro i due.
Nel romanzo Manzoni non vuole tanto parlare del ‘600 quanto di dare la sua visione del monde il WELTANSHAUNG, criticando il ‘600 così da criticare il suo mondo contemporaneo, dove gli italiani si lasciavano ancora governare da potenze straniere.
La risposta al titolo della seconda edizione si trova nell’introduzione dove venivano riportate alcune pagine di un manoscritto anonimo del ‘600 che Manzoni immaginava d’aver trovato e che dice di aver riscritto nella lingua dell’800. Die che questo era anonimo gli ha permesso di dare giudizi rivolti al suo tempo attribuendoli all’anonimo.
Il libro inizia quindi con la descrizione dei luoghi e della passeggiata di Don Abbondio rivelando che la date era il 7 novembre 1628. Il ‘600 qui fa da protagonista, e con l’invenzione del manoscritto rappresenta attraverso molti personaggi le tipologie di persone dell’epoca, tra questi vi sono alcuni positivi ed altri negativi secondo i due temi affrontati da Manzoni: la tematica dell’ingiustizia, dei soprusi e delle violenze del ‘600 e quella della critica alla cultura del ‘600.
L’ingiustizia, i soprusi e le violenze |
cap |
Negativi |
cap |
Positivi |
I |
Don Abbondio: è il curato del paese e viene introdotto mentre esegue la sua passeggiata quotidiana, già in questa descrizione si capisce che egli era un abitudinario(“…dove era solito…”), che cerca di eliminare tutti i piccoli problemi che gli si parano davanti (“…buttando via i ciottoli dal sentiero…”) , ma non può scansare tutti i problemi, infatti dove la strada formava un bivio dove c’era un tabernacolo con le fiamme e le anime del purgatorio quasi a indiacare che stava per succedere qualcosa di terribile incontra i Bravi. Egli vorrebbe scappare da questi, ma non ne ha il coraggio, difatti aveva scelto la carriera ecclesiastica poiché lontana dalle cattiverie della vita, essendo sicura, tranquilla, stipendiata, non pagando le tasse e ricevendo le decime. È un personaggio negativo poiché si fa complice di violenza per paura. |
IV |
Fra Cristoforo, in gioventù, dice il Manzoni era stata una persona violenta, poiché aveva risposto alla violenza con la violenza. Il giovane Cristoforo, chiamata all’epoca Ludovico, era un giovane benestante che un giorno, passando con un gruppo d’amici incrociò un altro gruppo di giovani, era usanza a quel tempo dare la destra e lasciar passare per prima chi proveniva da destra. Si ha uno scontro prima a parole su chi avrebbe dovuto passere per primo. Il gruppo di Ludovico avrebbe dovuto passar, ma l’altro non voleva lasciare il passo e sguainano le spade. Ludovico uccide delle persone, e vi sono perdite da ambo le parti e per espiare il proprio peccato si fa prete. Fra Cristoforo è un personaggio positivo poiché espia la sua colpa con la “Fede Militante” ovvero si schiera, partecipa e difende la fede. Egli cercherà d’aiutare in tutti i modi Renzo e Lucia aiutandola a scappare. |
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I Bravi, sono riconoscibili dall’aspetto e sono le guardie del corpo del signorotto locale, Don Rodrigo (altra figura negativa). Questi mandati dal loro signore devono spaventare e fare in modo che Don Abbondio non celebri le nozze di Renzo e Lucia. Sono personaggi negativi poiché generano violenza. |
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III |
Azzeccagarbugli è un avvocato tipico del ‘600, un avvocato che già dal nome dimostra di riuscire a vincere anche le cause più difficili, ma non è così, è solo una presa in giro infatti egli è un avvocato di campagna. Viene interpellato da Renzo che chiede se esiste una legge contro impedimento un matrimonio, essendo a conoscenza del fatto che Don Abbondio sta cercando i rimandare il più possibile il suo. Azzeccagarbugli però crede che sia Renzo che voglia impedire un matrimonio, anzi pensa che sia un Bravo che si è tagliato il ciuffo per passare inosservato, ma quando scopre che Renzo non lo è lo caccia ridandogli persino i capponi che questo gli aveva portato in dono. Azzeccagarbugli è quindi un personaggio negativo poiché usa le leggi per proteggere i prepotenti e crede che le verità siano fandonie e sciocco chi le racconta ad un giudice. Chi fa l’ingiustizia è per Azzeccagarbugli un galantuomo. Questo lo dice lo stesso avvocato credendo Renzo un malfattore. |
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IX |
La monaca di Monza, o suor Gertrude, è un personaggio negativo poiché è vittima di sorprusi. In gioventù si chiamava Virginia de Leyva, è un personaggio realmente esistito e apparteneva a una ricca famiglia con più figli ed è vittima del maggiorasco (cioè il diritto del figlio maggiore di ricevere tutto il patrimonio della famiglia) ed era stata educata per entrare in convento, ad esempio giocava delle bambole vestite da suora, questo perché il patrimonio non si disperdesse e lei non pensasse ad un altro modo di vivere. Quando ha l’età giusta viene mandata in convento vicino a Monza per il periodo del noviziato, in convento l’accettano ben volentieri poichè il padre sostiene economicamente il monastero. Lei vive tranquilla finchè delle compagne non le cominciano a parlare di cosa faranno non appena uscite, delle feste, dei vestiti, degli uomini ecc….. e così comincia pensare di dire no a suo padre nel periodo in cui ritorna a casa per mettere alla prova la vocazione. Il padre scontento la rinchiude in camera e la fa ignorare da tutta la famiglia. Una volta tornata in convento spera di avere il coraggio di dire di no allo stesso vescovo ma non lo trova e diviene suora. E’ vista nei promessi sposi come una suora particolare poiché ha stretto in vita l’abito e fa uscire una ciocca di cappelli dal velo, vuole comunque apparire bella. Manzoni descrive i suoi occhi indagatori e vivaci per far capire che in lei non c’è pace. Nel convento di clausura in cui è rinchiusa conosce però il giovane Egidio che vive nella villa a fianco e un giorno questo le rivolge la parola, e nei Promessi Sposi Manzoni scrive solo “la sventurata rispose”. In Fermo e Lucia invece Manzoni raccontava tutta la sua storia cioè che tra i due era nata una relazione da cui Geltrude aveva avuto un figlio che scoperto da una novizia, questa veniva fatta sparire da Egidio. La monaca di Monza aiuta comunque Lucia ma è un personaggio negativo per colpa della sua vita. |
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La critica della cultura del ‘600 |
XXVIII |
Don Ferrante e donna Prassede. |
XXII |
Federico Borromeo è il cardinale di Milano che va a trovarla per prendere atto dei fatti. A casa del Sarto dimostra che ciò che si è studiato a memoria non serve a niente poiché lui ha una grande cultura dimostrata dal fatto che la diffonde agli altri ed è fondatore della biblioteca Ambrosiana di Milano. |
La Welthanshaung è la critica al potere esercitato nel ‘600 e per questo ambienta il suo romanzo nella Lombardia del periodo che era molto simile a quella del ‘800, dominata dagli Austriaci. Manzoni vuol far vedere quanto negativi sono i domini stranieri. Il loro potere viene pagato dagli umili e la scelta di mettere i protagonisti del romanzo tra questi è collegata alla sua visione della storia e della religione. Per lui la storia non viene data solo dai potenti ma anche dai più umili creando la storia in base alla provvidenza cioè all’intervento divino nel mondo. La provvidenza ha lo scopo di far trionfare la giustizia usando anche avvenimenti negativi per far emergere il bene, questo è detto provvida sventura. Nei Promessi Sposi questa agisce attraverso la peste che fa morire tutti i personaggi cattivi.
Fonte: http://mirwen.altervista.org/file/appunti/Italia_IVA.doc
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