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È la rivoluzione (1763-1787) che porta alla nascita degli Stati Uniti d’America, una nuova realtà politica che all’inizio riuniva 13 ex-colonie inglesi.
La colonizzazione |
La storia della colonizzazione inglese dell’America del nord ha inizio con un esploratore, Caboto (1497-8). Ma è nel corso del 1600 che inizia la vera e propria colonizzazione. La prima colonia fondata fu quella della Virginia (in onore della regina Elisabetta, la “regina vergine”); in questa zona i coloni introdussero, tra l’altro, la coltivazione del tabacco, coltivazione che nel giro di poco tempo ebbe notevoli sviluppi.
Pochi anni dopo (1620) approdò più a nord la nave Mayflower dei Padri pellegrini: si trattava di un gruppo di puritani che avevano lasciato l’Inghilterra per sfuggire alle persecuzioni religiose. Essi, dopo un già difficile viaggio, dovettero subito affrontare i rigori dell’inverno: il freddo, la fame, le malattie li decimarono. Ma chi sopravvisse non si arrese: grazie a questi sforzi, in estate i raccolti furono abbondanti. In autunno, poi, i puritani vollero celebrare una festa di ringraziamento a Dio per averli condotti e guidati in quella difficile avventura: in questa occasione vennero consumati prodotti locali, come il mais, la zucca e, ovviamente, il tacchino.
Altra data importante fu il 1667. In quell’anno infatti gli inglesi completarono la loro conquista delle colonie olandesi su suolo americano, assumendo anche il controllo della città di Nuova Amsterdam, subito ribattezzata New York.
La conquista dei territori indiani |
L’America settentrionale non era certo vuota: era abitata dai pellerossa (chiamati così per la loro usanza di tingere la pelle di rosso in occasione delle battaglie). All’inizio tra coloni e indiani c’era un rapporto di “precaria simbiosi”, cioè c’era un certo tipo di scambio che tornava utile a tutti e due: gli inglesi vendevano armi, tessuti e rum e ricevevano in cambio il mais che gli indiani coltivavano in abbondanza.
Però, dopo un po’ di tempo:
Insomma, il risultato è che gli inglesi sterminarono le tribù indiane, spesso con grande cattiveria e violenza.
I coloni |
Chi sono i primi coloni? Perché decidono di andare in America?
Fu lo Stato a incoraggiar la loro partenza? No: la colonizzazione nacque per iniziativa privata.
Il rafforzamento delle colonie e la crescita demografica |
Nel 1700 le colonie si moltiplicarono e guadagnarono sempre più forza e autonomia: attorno alla metà del 1700 le colonie erano ormai 13.
La crescente immigrazione e il naturale sviluppo fa sì che la crescita demografica di queste colonie sia spettacolare, tanto che. nel 1775 si contavano circa 2,5 milioni di coloni. Si trattava, per la maggior parte, di discendenti di liberi sudditi inglesi, ormai proprietari terrieri e avviati commercianti.
L’America comunque attraeva anche tantissimi emigranti dall’Europa (difatti, anche i non inglesi venivano accolti: non solo, passato un certo periodo, venivano “naturalizzati” e accolti tra i sudditi della Corona britannica); alcuni avevano già qualche soldo e potevano permettersi di comprare un po’ di terra da coltivare; molti altri però erano poverissimi e venivano in America in cerca di una svolta. Questi ultimi, una volta arrivati in America, dato che non avevano un soldo, dovevano lavorare come servi, almeno finché non riuscivano a guadagnarsi la libertà (erano, dunque, servi a contratto).
Poi, ovviamente, tra la popolazione (circa 1/5 di essa) vanno contati i neri, prevalentemente schiavi impiegati nelle grandi piantagioni.
L’organizzazione politica e sociale |
Come abbiamo visto i coloni americani costituiscono un gruppo eterogeneo sia per provenienza geografica che per cultura e lingua; quel che è certo è che essi provengono quasi tutti dagli strati medio-bassi della società, e vengono in America con la voglia di svoltare, trasformare la propria vita. Questo fa sì che nelle colonie non si considerino né privilegi né distinzioni di ceto legati alla nascita. Ciò che conta, per fare fortuna, è solo l’ingegno, il lavoro, l’operosità. Terra e risorse, d’altronde, erano abbondanti: bastava saperle e volerle sfruttare. E si poteva diventare ricchi davvero. Come molti contemporanei osservano, la grande maggioranza dei coloni bianchi erano proprietari di terreni mediamente più grandi di quelli europei: del resto, la prospettiva di conseguire in America ciò che non sarebbe mai stato possibile ottenere restando in Europa, era stato fin da subito un grande incentivo per l’emigrazione.
Dal punto di vista politico i cittadini delle colonie erano cittadini inglesi e dovevano sottostare alle leggi della madrepatria. Ma le colonie erano lontane e potevano sentirsi abbastanza libere di organizzarsi in autonomia, senza sentire troppo il peso politico dell’Inghilterra.
Ciascuna colonia era amministrata autonomamente. A capo di ognuna c’era un governatore, nominato da re, che deteneva il potere esecutivo; il potere legislativo era invece in mano ad assemblee rappresentative (dei veri e propri mini-parlamenti) divise in due camere: in una sedevano i deputati eletti dai coloni (che man mano presero sempre maggior importanza) e nell’altra quelli nominati dal governatore.
L’economia delle colonie |
L’economia era molto dinamica e fiorente. Si distinguono tre aree:
I rapporti con l’Inghilterra |
I rapporti dei coloni americani con la madrepatria (l’Inghilterra) non erano tanto facili. Questi coloni si sentivano ancora inglesi: però c’erano molte cose su cui non erano d’accordo, soprattutto dopo che le attività economiche americane cominciarono a svilupparsi a gran ritmo. Due erano i principali motivi di contrasto: 1) il Parlamento inglese costringeva le colonie americane a vendere i propri prodotti (perlomeno quelli più preziosi) solo all’Inghilterra (con quelli che si chiamano “Atti di navigazione”, dei regolamenti commerciali); insomma, i flussi commerciali da e per le colonie dovevano essere incanalati in modo da assicurare il massimo profitto per l’Inghilterra; 2) la madrepatria imponeva tasse ai coloni senza chiedere la loro approvazione.
Nel 1756, in Europa, ci fu la guerra dei Sette anni. Questa guerra fu vinta dagli inglesi, che riuscirono anche a conquistare le colonie francesi in America (il Canada). L’Inghilterra rimase così la sola padrona delle colonie del Nord America.
Ma non andava tutto bene. Le guerre costano, e l’Inghilterra era in gravi difficoltà finanziarie.
Per racimolare denaro gli inglesi pensarono bene di imporre nuove tasse come lo Sugar Act (una tassa sullo zucchero) e lo Stamp Act (una marca da bollo da applicare sui giornali, i libri e ogni atto pubblico), accolte dai coloni come ingiuste e insopportabili. Non solo: l’Inghilterra aveva perfino inviato a Boston due reggimenti per garantire l’applicazione delle nuove leggi.
Per questo scoppiarono proteste e rivolte e ci scappò perfino qualche morto. I coloni chiedevano a gran voce che fossero revocati i provvedimenti e sostenevano che il Parlamento inglese non aveva diritto di imporre alcuna tassa ai coloni, i quali non avevano alcun rappresentante all’interno delle due Camere (“non taxation without representation”). Per frenare le proteste e le rivolte il Parlamento inglese acconsentì ad abrogare lo Stamp Act; però disse anche che aveva tutto il diritto di fare leggi e imporre tasse, anche per le colonie.
La proclamazione dell’indipendenza |
Nel 1773 gli inglesi decisero di affidare il monopolio del commercio del tè con le colonie alla Compagnia delle Indie (Tea Act), colpendo fortemente gli interessi dei mercanti americani. A Boston, un gruppo di coloni travestiti da indiani buttò a mare un intero carico di tè.
Era ormai lotta aperta. Gli inglesi mandarono l’esercito; i delegati delle colonie, invece, diedero vita al loro primo Congresso (5 settembre 1774, Filadelfia). Dopo alcuni tentativi falliti di conciliazione, ai coloni non rimase altra scelta se non quella di formare anch’essi un esercito, affidato a un ricco possidente della Virginia, George Washington.
Il 4 luglio 1776 il Congresso approvò la DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA, il documento che rappresenta l’atto di nascita degli Stati Uniti.
Tale Dichiarazione, alla cui stesura parteciparono anche Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, affermava che l’uomo possiede diritti inalienabili, come la vita, la libertà e la ricerca della felicità; che i governi nascono per garantire tali diritti e, se non lo fanno, possono essere rovesciati. Come si nota, in questa Dichiarazione, che costituirà un modello anche per i rivoluzionari francesi, vengono espressi i principi politici dell’illuminismo e del giusnaturalismo.
Ovviamente si affermava anche l’indipendenza delle colonie dalla madrepatria inglese: “Dichiariamo solennemente a nome e per autorità del buon popolo di queste colonie, che queste colonie unite devono essere Stati liberi e indipendenti; che esse sono svincolate da qualsiasi soggezione verso la corona britannica e che qualsiasi legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è e deve essere assolutamente sciolto”.
Il 3 settembre 1777 è la data d’origine della bandiera americana che originariamente era formata da 13 strisce rosse e bianche e tredici stelle (come il numero delle colonie). Le tredici strisce sono rimaste invariate; le stelle sono oggi cinquanta, come il numero degli Stati che compongono gli USA.
La vittoria delle colonie |
La guerra di indipendenza tra le colonie americane e gli inglesi dura quasi 8 anni (1775-1783).
All’inizio sembra avere la meglio l’Inghilterra (che aveva un esercito più numeroso e meglio organizzato). Però, col passare degli anni le spese, per gli inglesi, diventano troppe. Così, grazie anche ad alcuni aiuti (finanziari e militari) dalla Francia, gli americani trionfano a Saratoga; da questo momento entrano ufficialmente in guerra (alleate delle colonie) anche Francia, Spagna e Olanda (che vedono l’Inghilterra in difficoltà e vogliono guadagnarci qualcosa).
Nel 1781 arriva la decisiva vittoria americana di Yorktown.
La pace (a Versailles, presso Parigi) è firmata il 3 settembre 1783.
La Francia ottiene le Antille e parti del Senegal, ma non tanto quanto si era aspettata.
La Spagna ottiene la Florida e riprende Minorca.
Le colonie americane, ovviamente, ottengono l’indipendenza.
La Costituzione |
Le colonie americane sono così riuscite a ottenere l’indipendenza; ma il loro assetto politico è ancora confuso, poco chiaro. Il primo problema è dunque quello di decidere che forma politica dare al nuovo Stato (una Repubblica con a capo un Presidente? Una monarchia con a capo un re? Degli Stati autonomi legati in una federazione?). Bisogna pensare che le varie colonie erano abituate a gestirsi da sole e non volevano perdere la loro libertà, la loro autonomia; tuttavia c’era bisogno anche di un certo grado di unità.
Per superare le difficoltà di questa situazione confusa, nel 1787, viene messa in piedi una Convenzione (un’assemblea) con l’incarico di scrivere una nuova Costituzione.
Le due idee contrapposte che vengono discusse sono le seguenti:
Tra le due idee, prevale quella dei FEDERALISTI e la prima Costituzione americana entra in vigore l’anno successivo, il 1788. Questa Costituzione, con l’aggiunta di alcuni emendamenti (emendare = correggere, modificare), è la stessa valida ancora oggi.
Nello scrivere questa Costituzione viene seguito il principio della divisione dei poteri di Montesquieu: i tre poteri vengono quindi divisi e non appartengono tutti alla stessa persona.
1 – Il potere esecutivo viene affidato a un Presidente eletto ogni 4 anni dal popolo (su base censitaria: possono votare solo i maschi maggiorenni con un certo livello di ricchezza). Questo Presidente ha poteri piuttosto ampi, in quanto: 1) nomina il governo; 2) nomina i giudici della Corte Suprema; 3) ha diritto di veto (cioè può rinviare i progetti di legge al Congresso perché siano ridiscussi). Il primo presidente degli USA fu G. Washington.
2 – Il potere legislativo viene dato a un Congresso. Il Congresso viene diviso in due Camere: il Senato (con 2 senatori per ogni stato) e una Camera dei Rappresentanti (ripartiti secondo il numero di abitanti di ogni stato: uno Stato più grande ha più rappresentanti).
3 – Il potere giudiziario viene affidato a una Corte Suprema, composta da 9 membri nominati a vita dal Presidente. Tale Corte Suprema deve soprattutto verificare che le leggi approvate dal Congresso e le azioni del governo risultino costituzionali (la Corte Suprema dunque è a garanzia del rispetto della Costituzione). Ogni Stato poi è autonomo nella gestione della giustizia interna.
Un piccolo approfondimento sulla Costituzione USA
Nella sua storia la Costituzione degli USA ha avuto 26 emendamenti. I primi 10, approvati nel 1791, sono ritenuti fondamentali. Il primo emendamento rappresenta ad esempio uno dei principi fondamentali su cui si sono basate nei secoli successivi le costituzioni liberali e democratiche: esso tutela i diritti fondamentali del cittadino, come la libertà di religione, di espressione e di associazione.
“Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la liberà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al governo per la riparazione di torti subiti […]”
Fonte: http://www.sdstoriafilosofia.it/download/2015%20IVB/07%20Rivoluzione%20americana.docx
Sito web da visitare: http://www.sdstoriafilosofia.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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