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LA RIVOLUZIONE RUSSA
Le cause che portarono la caduta dell’impero degli zar del 1917 vanno ricercate all’interno delle profonde trasformazioni che la società russa attraversò nei primi anni del 1900.
Nel 1861 si ebbe l’abolizione della schiavitù e l’affrancamento di milioni di contadini (85% della popolazione russa). Nonostante ciò, al’interno della società russa vi erano gravi disuguaglianze: la maggior parte dei contadini viveva i condizioni miserabili, mentre i grandi proprietari terrieri, insieme ai kulaki (contadini agiati), possedevano circa il 40% delle terre, il restante era diviso in piccoli appezzamenti tra milioni di contadini poveri. La classe operaia era ancora poco numerosa, e l’operaio in se veniva sottopagato e costretto a lavorare più ore del previsto. Le poche industrie presenti in Russia erano sorte grazie ai finanziamenti stranieri oppure erano sostenute dallo stato.
1.2 I partiti di opposizione e gli obbiettivi della lotta politica:
Per quanto riguarda il campo politico, si può dire che nella Russia dei primi del Novecento vi era un governo di tipo assolutistico, in cui il potere dello zar si pensava fosse legittimato da Dio, non vi era un parlamento e l’attività politica era comandata dalla polizia. Nonostante ciò, anche in Russia si formarono dei partiti politici di opposizione, quali:
Per i menscevichi in Russia non si può applicare la teoria di Marx (rivoluzione, instaurazione del socialismo attraverso l'azione della classe operaia) perché la Russia è un paese ancora prevalentemente contadino, quindi prima bisogna che anche in Russia si realizzi in pieno la rivoluzione industriale e borghese e solo poi si può pensare a una rivoluzione operaia e socialista. Per i bolscevichi invece, si può saltare questa fase e passare direttamente al socialismo realizzando una alleanza tra operai e contadini.
Nel 1905, a San Pietroburgo, ci fu un grande sciopero seguito da una manifestazione pacifista popolare in cui si chiedevano migliori condizioni lavorative (8 ore giornaliere e un minimo salario garantito) e la convocazione di un’assemblea costituente. La reazione delle truppe dello zar fu terribile: venne aperto il fuoco sulla folla, provocando un alto numero di vittime. Quest’episodio, ricordato come la “domenica di sangue”, fece sì che i partiti di opposizione si unissero per chiedere a gran voce la democratizzazione dello stato. Nel frattempo si formavano a San Pietroburgo i soviet dei lavoratori, che rappresentavano 250mila operai e i contadini occupavano le terre dei nobili.
Nel’ottobre dello stesso anno lo zar fu costretto a cedere l’istituzione di un parlamento (la Duma), dotato di poteri legislativi ed eletto da tutte le classi sociali. Ottenuto ciò che volevano, i liberali abbandonarono gli altri partiti oppositori, i quali chiedevano riforme più sostanziali.
La risposta dello zar fu prima di limitare i poteri della Duma, poi di scioglierla. Ma negli anni 1907 e 1912 la Duma fu rieletta a suffragio più ristretto in modo che venissero garantiti gli interessi dei grandi proprietari. L’elemento più significativo di questa rivoluzione fu la nascita dei soviet dei lavoratori, seppur ebbero vita breve, dal momento che il governo arrestò i suoi massimi esponenti, tra cui Lev Trockij.
Il primo ministro Stolypin si rese conto che la repressione non avrebbe avuto senso se non fosse stata accompagnata da una politica riformatrice per quanto riguarda le terre. Così dal 1906-11 attuò una serie di riforme con lo scopo di favorire lo sviluppo di un ceto medio agrario in gradi di garantire una maggiore stabilità sociale. Fino ad allora le terre appartenevano ai grandi proprietari o ai mir (comunità di villaggio che retribuivano gli stessi contadini che lavoravano tali terre). Il programma di Stolypin mirava alla creazione di una libera proprietà contadina, che consentiva ai capofamiglia di poter possedere una parte di terra assegnata loro dalla comunità.
L’aspetto negativo di questa riforma andò a discapito dei contadini e a favore dei grandi proprietari terrieri, in quanto i primi, del tutto privi di qualsiasi mezzo per far fruttare la propria terra, furono costretti a cederla di nuovo ai contadini più ricchi o ai grandi proprietari terrieri, i quali, avendo ceduto in precedenza alcuni appezzamenti di terra ai contadini e vendo ricevuto un rimborso dallo stato, poterono riacquistare le stesse terre a prezzo più basso. I kulaki furono coloro che beneficiarono maggiormente della riforma; quasi 30.000 kulaki possedevano 80milioni di ettari. LA conseguenza inevitabile fu la disoccupazione; infatti i contadini, senza lavoro e senza di che vivere, si trasformarono in braccianti o cercarono lavoro in città. Ma purtroppo le poche industrie non erano in grado di poterli assumere. Così crebbero i conflitti sociali.
2.1 Le ripercussioni della grande guerra:
In Russia, come in altri paesi, vi era una diffusa ostilità nei confronti della guerra. Erano ostili tutte le formazioni socialiste e poco convinti i soldati. Nei tre anni di guerra la Russia portò gravissime perdite; la causa di ciò va ricercata nel fatto che i comandanti militare, grandi incapaci, mandavano le truppe allo sbaraglio, senza una precisa strategia d’attacco, senza un’organizzazione logica e senza vere dei mezzi di trasporto adeguati per l’approvvigionamento e le forniture di materiale bellico. Per quanto riguarda la popolazione civile russa, anch’essi erano in una situazione disastrosa. Sembra evidente che lo stato zarista si trovò del tutto impreparato ad affrontare l’evento bellico, dal momento che avrebbe dovuto provvedere a razionalizzare la produzione in funzione del’emergenza bellica. Nel 1916 la Duma fu sciolta per non essersi allineata con la corte e più il tempo trascorreva più cresceva l’astio del popolo nei confronti dello zar e del governo.
2.2 La rivoluzione di febbraio: l’abdicazione dello zar:
Nell’8 marzo del 1917 ci fu, a Pietrogrado, una rivolta degli operai e dei soldati appoggiata dalle truppe della capitale che si rifiutarono di sparare contro i rivoltosi. Questo episodio ebbe una conseguenza del tutto inaspettata: lo zar Nicola abdicò. Altra importante conseguenza fu la divisione del potere tra governo provvisorio e del soviet di Pietrogrado:
2.3 Il rientro di Lenin dall’esilio e le “Tesi di aprile”:
Durante la rivoluzione di febbraio, Lenin ed altri dirigenti bolscevichi erano in esilio in Svizzera, così l’egemonia del potere era nelle mani dei menscevichi. All’interno dei bolscevichi vi erano delle divergenze; infatti una minoranza “di sinistra” era intenzionata a creare subito un governo rivoluzionario provvisorio per attuare delle riforme sociali, mentre la maggioranza più moderata riuscì ad imporsi col passare delle settimane. Nella prima conferenza panrussa fu approvata la proposta di Stalin, che prevedeva di realizzare il governo provvisorio, in modo che esso provvedesse a soddisfare le esigenze degli operai e dei contadini rivoluzionari.
Il 3 aprile del 1917 Lenin fece ritorno dall’esilio. La sua posizione politica era più vicino alla minoranza di sinistra, infatti, il giorno seguente, in una riunione di partito, lesse il breve scritto delle “Tesi di aprile”, in cui era contenuto il suo pensiero. Lenin era convinto che il governo provvisorio dovesse cadere e che la guerra dovesse concludersi. Egli riteneva fosse giunto il momento di superare il dualismo di potere tra il governo provvisorio ed i soviet e così nella conferenza panrussa del partito, Lenin ottenne il favore dei delegati e fece approvare una mozione in cui la condanna del governo provvisorio coincideva con l’obbiettivo di un rapido passaggio di tutti i poteri ai soviet.
Il nuovo governo provvisorio guidato da Kerenskij (il quale era stato ritenuto l’uomo adatto per ricomporre il dualismo di potere) intraprese un’offensiva militare in Galizia, la quale si rivelò un disastro. L’esercitò si disfò e i contadini, convinti ormai che il governo non avrebbe più risolto la questione delle terre, attaccarono le proprietà dei signori.
Il governo era ormai privo di credibilità. Nel momento in cui ci fu un vuoto di potere (quando Lenin fu costretto a mettersi al sicuro in Finlandia) il comandante supremo dell’esercito Kornilov provò ad imporre una dittatura militare e a far fuori i soviet. Il suo tentativo fallì grazie all’aiuto dei soldati rivoluzionari di Pietrogrado.
Nel frattempo l’inflazione cresceva enormemente; la quantità di carta moneta in circolazione era raddoppiata ed i prezzi erano raddoppiati dodici volte tanto. La rivolta dell’esercito era un avvenimento che stava a significare la mancata legittimazione dei gruppi dirigenti che si erano sostituiti al potere zarista (ricordiamo la rivolta dei 20.000 marinai sul golfo di Finlandia).
Nelle elezioni di settembre per la Duma di Mosca, grazie alle parole d’ordine di Lenin, i bolscevichi ottennero la maggioranza. Le parole d’ordine che riassumevano la strategia del partito erano: il passaggio del potere ai soviet, la terra ai contadini, la liberazione delle nazionalità oppresse, la pace immediata senza annessioni e senza indennità.
Il giorno dopo il ritorno segreto di Lenin dalla Finlandia, il comitato centrale bolscevico si riunì e approvò la soluzione rivoluzionaria, che mirava a far fuori Kerenskij, impadronirsi del potere, riunirsi in un’Assemblea costituente. Venne eletto per la prima volta un politbjuro (ufficio politico) al quale erano assegnate le massime scelte politiche e operative. I soviet erano diventati ormai l’unico punto di riferimento politico, l’unica forza nella quale la popolazione si riconosceva.
I bolscevichi, a questo punto, nominarono un comitato militare rivoluzionario.
Il 7 novembre i rivoluzionari guidati da Trockij si impadronirono della città. Così, i rivoluzionari stabilirono il Consiglio dei commissari del popolo dopo aver sciolto il governo provvisorio e arrestato i suoi membri. Il nuovo governo rivoluzionario era condotto da Lenin, Trockij era commissario agli esteri e Stalin alle nazionalità. La parte pratica di questo nuovo governo emerse nel novembre 1917, quando furono emanati i primi decreti, che stabilivano di giungere al più presto ad una pace senza indennità e annessioni; di dare la terra ai contadini mediante i soviet di villaggio; di riconoscere l’uguaglianza di tutti i popoli della Russia e il loro diritti all’autodecisione e di tutelare gli operari e gli impiegati delle fabbriche.
Per quanto riguarda l’uscita dalla guerra della Russia la reazione delle forze alleate fu quella di schierarsi dalla parte dell’opposizione al nuovo governo, il quale si trovò davanti ad una scelta drammatica: affrontare un’estenua guerra contro l’esercito tedesco oppure concentrarsi sulla difesa dello stato sovietico, accettando le condizioni di pace dei tedeschi?
Continuare la guerra con i tedeschi avrebbe significato non solo andare contro il volere della maggioranza di operai, contadini e soldati (colo risultato che i bolscevichi sarebbero stati travolti), ma anche dover contemporaneamente sostenere una guerra contro i tedeschi e un'altra contro l'Armata bianca dei controrivoluzionari zaristi. La conseguenza sarebbe stata la sconfitta e il ritorno dello zarismo.
Quindi Lenin dovette accettare la pace di Brest-Litovsk, che avvenne il 3 marzo del 1918 con condizioni pesantissime per la Russia, la quale dovette riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina, cedere la Bielorussia ai tedeschi, rinunciare alla Polonia, ai paesi baltici e alla metà degli impianti industriali.
LA COSTRUZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA
1.1 Lo scoppio della guerra civile e la vittoria bolscevica:
In questo periodo di tensioni che comprendeva l’intera Unione Sovietica, la repubblica dei soviet si trasformò in un governo dittatoriale, comandato dalla figura di Stalin. Inoltre, i bolscevichi si trovarono in una situazione molo difficoltosa sia interna che esterna; dovettero affrontare una guerra civile che durò dal 1918 al 1921 e che portò massacri da entrambe le parti, ma nonostante ciò i bolscevichi riuscirono a far prevalere il proprio programma e ad avere il controllo dello stato.
Le armate bianche tentarono un’azione di accerchiamento su Mosca e Pietrogrado tra il 1918-19.
I contadini si trovarono costretti ad aderire al programma delle forze controrivoluzionarie per evitare di perdere i vantaggi sulle terre. Evento importantissimo di questo periodo fu la fucilazione dello zar e di tutta la sua famiglia, avvenuta il 17 luglio 1918. L’Armata rossa, guidata da Trockij, sconfisse pian piano le forza controrivoluzionarie; l’ultimo scontro fu quello con la Polonia (voleva approfittare della crisi russa per conquistare l’Ucraina) messo a tacere dal trattato di Riga (1921).
Per limitare il “contagio bolscevico”, o più semplicemente la diffusione del socialismo in Europa, le potenze europee costituirono un “cordone sanitario”. Infatti in molte parte d’Europa, e non solo, il movimento operaio si ispirò alle vicende russe, cosicché tutti volevano fare come in Russia.
Gli stessi bolscevichi si presentavano come propaganda di un movimento rivoluzionario che mirava alla sconfitta del capitalismo europeo e alla costruzione di una società socialista mondiale.
Ma come dimostrò il fallimento della rivoluzione in Occidente (1919-20), la rivoluzione socialista non aveva possibilità concrete per diffondersi in tutta l’Europa. Nonostante ciò, nel 1919 il Partito bolscevico (cambiò nome in Partito comunista per differenziarsi dai socialdemocratici) convocò la Terza internazionale (Komintern).
Fu in questi anni che vi erano i primi segnali evidenti di una società che andava verso il totalitarismo; il primo di questi è sicuramente l’accentramento del potere nelle mani dei leader del Partito bolscevico, oppure il soffocamento di ogni autonomia delle forze sociali per rimettere ordine all’interno della società.
Il secondo segnale riguarda la questione agraria. Per sostenere l’approvvigionamento delle città costrette alla fame durante la guerra civile, il governo attuò dei provvedimenti economici (designati con l’espressione “comunismo di guerra”) che risultarono pesantissimi per i contadini poveri, i quali sarebbero dovuti essere tutelati. Tra questi ricordiamo la requisizione delle i prodotti agricoli, che non lasciò alle famiglie rurali neanche il giusto per sopravvivere.
Le conseguenze di questo provvedimento furono: a) il mercato nero; b) una netta contrapposizione tra città e campagna; c) una divaricazione tra operai e contadini.
Operai e bolscevichi andavano a staccarsi sempre più dai bolscevichi. Questa situazione portò un feroce malcontento tra i sostenitori della rivoluzione, causando ribellioni e tensioni.
1.4 Fine del “comunismo di guerra” e nascita dell’Urss:
Dal 1921 si poté respirare un po’ di aria tranquilla, traducibile con l’abbandono dell’economia di guerra. Il governo bolscevico attuò una nuova politica economica (Nep), nella qual si volevano far convivere i principi del socialismo con la crescita di libere forze economiche nelle campagne e nel commercio. Nel 1922 l’assetto istituzionale dello stato prese il nome di Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche).
Vi furono due tendenze all’interno delle formazioni che aderirono alla Terza internazionale:
Lenin, con un opuscolo (l’estremismo, malattia infantile del comunismo), divulgò la sua idea di voler superare l’estremismo sindacalista e di abbandonare il sindacalismo rivoluzionario.
Per aderire all’Internazionale vennero stabilite, al secondo congresso di Mosca, le 21 condizioni, che consistevano nella conformazione da parte dei partiti al modello bolscevico, puntando alla dittatura del proletariato. Essi dovevano accettare il “centralismo democratico”, ovvero dovevano garantire la solidarietà con l’Unione Sovietica e mirare alla rivoluzione, differenziandosi nettamente dai socialdemocratici (il che comportava mandar via dal partito tutte le correnti riformiste). Vi furono così rotture e scissioni nel movimento operaio europeo, che comportarono la nascita di Partiti comunisti:
Superata la fase del comunismo di guerra (centralizzazione dell’economia), si introdusse un’economia di mercato. Ad esempio, i contadini potevano vendere liberamente i loro prodotti dopo aver pagato un’imposta in natura; venne ripristinata parzialmente la proprietà privata e la moneta riprese a circolare normalmente. La borghesia industriale e commerciale poté riprendere il suo ruolo. Insomma, la Nep permise il risanamento finanziario e la fine dell’inflazione.
Il massimo teorico di questa organizzazione fu Nikolaj Bucharin, il quale era a favore dell’iniziativa privata. La sua era una politica che mirava al processo di accumulazione di risorse nelle campagne, tale da suscitare la domanda di prodotti industriali, in modo che un settore fosse legato all’altro e viceversa. La sua strategia era sintetizzata nello slogan “contadini arricchitevi”. Contro questa vi fu l’opposizione di sinistra, comandata da Trockij, il quale sosteneva che un processo di industrializzazione si potesse ottenere tramite la pianificazione economica centralizzata. Era inoltre contrario all’autonomia economica dei kulaki.
1.7 L’ascesa di Stalin e la ridefinizione degli equilibri nel partito:
La malattia e la morte di Lenin (1924) portarono il ridimensionamento dei ruoli all’interno del Partito. Stalin si trovò ai vertici del Partito proprio in questo momento. Questa ridefinizione assunse diverse forme: quella del dibattito politico, quella dell’eliminazione degli avversari e quella della lotta personale. I due contendenti principali furono Trockij e Stalin:
1.8 Stalin padrone incontestato dello stato sovietico:
La lotta tra Stalin e Trockij stava arrivando agli sgoccioli.
Nel 1926 Zinov’ev e Kamenev passarono dalla parte di Trockij, cosicché Stalin poté accusarli tutti quanti di avventurismo, causando così la loro espulsione dal partito. Nel 1927 Trockij fu confinato ad Alma Ata e due anni dopo fu esiliato. Costretto alla fuga per via della condanna a morte, si stabilì a Città del Messico, dove verrà assassinato dai sicari di Stalin nel 1940.
Stalin rimase l’unico padrone incontrastato del partito e dell’intero paese.
1.9 Il primo piano quinquennale:
Dopo essersi liberato fisicamente di tutti i suoi oppositori, Stalin si concentrò sul problema dell’industrializzazione, dal momento che la Nep era entrata in crisi.
Stalin diede inizio al primo piano quinquennale (1928-32) volto a creare l’industrializzazione forzata del paese. Per far ciò occorreva estrarre dalle campagne tutte le risorse disponibili, creazione aziende collettive che controllassero la produzione agricola e che la mandassero agli edifici statali.
I kulaki vennero sterminati in quanto classe e vennero espropriati con la forza dei loro beni. Dato incredibile: con lo sterminio dei kulaki, 2600000 aziende private vennero raggruppate in 230000 aziende collettive; nelle prime (kolchoz) la terra e i prodotti erano di proprietà comune, nelle seconde (sovchoz) la terra era di proprietà statale.
Con questi provvedimenti la produzione triplicò (venivano fissati per ogni settore e azienda le quantità da produrre ogni anno), ma fin dall’inizio furono evidenti limiti e contraddizioni che avrebbero influenzato negativamente il sistema sovietico fino alla sua caduta. Fra questi troviamo: troppa importanza alla quantità anziché alla qualità, l’eccessiva rigidità del sistema, il disinteresse totale per i bisogni dei consumatori, compresi quelli che alleviassero i disagi quotidiani del consumatore.
Il 1928 fu sì un anno di svolta rispetto al passato, ma creò una serie di conseguenze devastanti, quali: le inefficienze, i clientelismi e gli sprechi, tipiche caratteristiche del regime staliniano.
Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/riassunti/rivoluzione_russa_carla.doc
Sito web da visitare: http://anki.altervista.org/
Autore del testo: Carla
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