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La Seconda guerra mondiale. Punti essenziali.
a) Causa principale la volontà aggressiva della Germania, che affonda le radici nella umiliazione subita in seguito del trattato di Versailles. Tale aggressività si mescola con le altre cause↓;
b) la fragilità dell’equilibrio internazionale dopo la conferenza di pace di Parigi;
c) il fallimento della Società delle Nazioni come organismo superiore, in quanto poco efficiente e concepito ancora in chiave europea, laddove invece l’Europa aveva perso il suo ruolo a favore degli USA, che non avevano aderito alla Società;
d) la crisi del ’29. Dopo il tracollo economico, i vari stati nazionali avviarono una politica di chiusura economica e di difesa;
e) la nascita degli URSS. (Distinzione tra causa e responsabilità. Non possiamo ritenere il comunismo “responsabile”delle scoppio della guerra, ma ci possiamo permettere di annoverare tra le “cause” la paura del comunismo, che permise a regimi dittatoriali di prendere piede;
f) la contrapposizione fra sistemi politico-ideologici: le democrazie liberali, il sistema comunista, il fascismo. Questa contrapposizione rese difficili le possibilità di mediazione e dialogo e conferì ai rapporti fra potenze una forte asprezza ideologica.
g) l’idea della guerra, come possibilità di conferma di sé di una nazione, acquisizione di potenza, attendibilità, potere economico, era connaturata ai vari fascismi, fondati sul nazionalismo e sull’idea stessa della violenza come modo di risolvere i loro problemi. L’Italia aggredì l’Etiopia (1935); il Giappone la Manciuria (1931); la Germania condusse una politica sempre più tesa a destabilizzare l’ordine costituito a Versailles. Il Giappone, che aveva sperimentato la crisi economica dopo il 1929, aggredì la Manciuria nel 1931. Da lì, nel 1937 iniziò l’invasione della Cina, che si concluse con la presa di Pechino.
Nel 1933 Hitler, iniziò la sua programmatica sfida alla Società delle Nazioni. Per prima cosa fece uscire la Germania dalla Società, per protesta contro le limitazioni al riarmo tedesco, e, violando il Trattato di Locarno (del 1925), entrò in Renania, accolto trionfalmente. Hitler intendeva impostare i suoi rapporti internazionali sul piano della pura forza.
In base alla teoria dello “spazio vitale” i suoi obiettivi erano: l’Europa orientale, i Balcani, e l’Austria.
Mussolini, dopo un momento di iniziale fastidio nei confronti delle mire tedesche sui Balcani (il duce partecipò alla conferenza di Stresa nel 1935, in chiave antidedesca) ai quali puntava, si orientò verso una politica di consenso ad Hitler, dopo la guerra di Etiopia e nell’ottobre 1936 fu sottoscritto l’Asse Roma-Berlino (Ciano- von Neurath) che produsse l’intervento delle due nazioni a favore di Franco nella guerra civile spagnola. Un mese dopo, Hitler strinse col Giappone il patto antisovietico. E l’asse fu Roma-Berlino-Tokyo.
Nel marzo del 1938 la Germania si annetté l’Austria e le potenze occidentali… mute.
Nel settembre del 1938 Hitler mirava alla Cecoslovacchia e all’intera area danubiana, e le potenze occidentali (Italia, Francia e G.B., riunitesi con la Germania alla conferenza di Monaco per dirimere la questione)…mute. Nel marzo del 1939 l’esercito tedesco entrò a Praga.
Mussolini lavorò su due fronti: da un lato, per riequilibrare il suo potere all’interno dell’asse, invase l’Albania nell’aprile del 1939; dall’altro si premurò di rafforzare l’alleanza con la Germania, che, pensò, era meglio non avere contro, e quindi il 22 maggio fu firmato l’accordo Ciano-von Ribbentrop, il Patto d’Acciaio, che impegnava i due paesi ad appoggiarsi reciprocamente in caso di un conflitto. Quale che ne fosse la causa.
Era la volta della Polonia, su cui Hitler aveva messo gli occhi, rivendicando la città libera di Danzica (un ulteriore schiaffo alla Società delle Nazioni).
Decisivo l’atteggiamento di Stalin. Da principio la diplomazia sovietica chiese appoggio a Francia e GB, in funzione antitedesca. Fallito il tentativo Stalin stipulò, il 23 agosto 1939, un patto con la Germania stessa, un patto decennale non aggressivo (il patto Ribbentrop-Molotov). Questo patto garantì a Stalin la Polonia orientale e a Hitler di poter combattere un conflitto imminente solo sul fronte occidentale, essendosi garantito la copertura a oriente.
Atto primo.
Il 1° settembre 1939 Hitler inizia l’invasione della Polonia.
Il 3 settembre Francia e GB dichiarano guerra alla Germania.
In poche settimane le truppe tedesche entrano a Varsavia (27 settembre), Stalin aggredisce la parte orientale della Polonia.
La strategia base dell’esercito tedesco era quella di effettuare uno sfondamento nel fronte nemico usando la combinazione Artiglieria-Carri-Aviazione. I movimenti a largo raggio e rapidi di truppe meccanizzate (fanti che si spostavano su camion) non lasciavano all’avversario il tempo di organizzare una difesa stabile. La filosofia del Blitzkrieg era basata sull’uso massiccio dei carri armati, Panzer, i cui primi esemplari erano già comparsi durante la prima guerra mondiale, ma le cui possibilità strategiche non erano ancora state comprese e sfruttate interamente. I carri armati avevano il compito di sfondare le linee nemiche, puntando verso i centri logistici, mentre la fanteria motorizzata avrebbe assicurato la protezione ai fianchi e alle retrovie della punta corazzata. Questa azione era anticipata e seguita dai mezzi di attacco aereo, con i “bombardieri in picchiata” (famosi gli Stukas tedeschi o Junkers 87). Quella dello sfondamento in profondità, con i bombardamenti aerei e i carri armati (le panzer divisionen) che proteggevano l’avanzata dei fanti, era l’unica strategia possibile per la Germania che, inferiore come potenziale economico, non poteva permettersi una guerra di logoramento.
Dopo aver dichiarato, in un primo tempo, l’impossibilità di un intervento prima del 1943, Mussolini, credendo che il conflitto volgesse ormai al termine in favore di Hitler, decise di giocarsi, al tavolo delle spartizioni “alcune migliaia di morti italiane” che aveva messo in previsione e, contro il parere degli stati maggiori (in primis Badoglio) e del sovrano, il 10 giugno decise di attaccare l’ormai agonizzante Francia (un comportamento maramaldesco che equivaleva ad uccidere un uomo morto) dichiarando guerra agli alleati. Egli intendeva portare avanti una guerra “per conto suo”, parallela, con azioni totalmente autonome che ipotecassero un ampliamento dell’influenza italiana sui Balcani e nel Mediterraneo. A conferma di “recapito della notizia di guerra”, la GB rispose bombardando la città di Genova. Conscio dell’impreparazione bellica italiana, ma deciso ad entrare in guerra a fianco del Führer, per motivi di prestigio personale e di convenienza strategica, Mussolini non tenne conto del fatto che la pugnalata alla schiena inferta alla Francia avrebbe provocato, a livello di opinione pubblica mondiale, un ulteriore indebolimento del suo prestigio del e della popolarità italiana, considerata ormai totalmente allineata alla Germania. Inoltre l’imprevisto insuccesso dell’azione militare, che franò miseramente sull’impervio terreno delle alpi, dimostrò tutta l’arretratezza tattica, la scarsità organizzativa e soprattutto la mediocrità morale dell’Italia.
Nonostante l’esito favorevole della “battaglia delle Alpi Occidentali”, svanirono subito, dopo i colloqui Hitler-Mussolini di Monaco, i grandiosi progetti del Duce di spartizione della Francia (Corsica e linea del Rodano) e di acquisizione dell’Impero coloniale africano francese. Ma andiamo per ordine.
D. Fronte greco-balcanico. Il 27 settembre del 1940 le potenze dell’Asse sottoscrissero, a Berlino, il patto tripartito (il cosiddetto Asse Roma-Berlino-Tokio) che, a guerra conclusa vittoriosamente, prevedeva che alla Germania sarebbe andato il controllo sull’Europa continentale, all’Italia quello sul Mediterraneo e al Giappone quello sull’Asia orientale. Il 29 ottobre l’Italia attaccò la Grecia, senza avvertire la Germania. “Spezzeremo le reni alla Grecia”. Il pronostico si rivelò vero in parte. La Grecia oppose strenua resistenza e gli italiani dovettero ripiegare in Albania. Soltanto l’intervento tedesco ebbe ragione della resistenza Greco-britannica e solo i 6 aprile 1941 la Grecia si arrese all’Asse (che nel frattempo si era allargato alla Romania, Ungheria e Bulgaria).
E. Fronte mediterraneo. Gli italiani condussero la loro illusione di Guerra parallela contro la flotta inglese nel mediteraneo con esito alterno.
F. Fronte africano. L’Italia attaccò la Somalia britannica e l’Egitto ma fu bastonata dagli inglesi; anzi, nell’Africa orientale, le truppe britanniche liberarono nell’aprile del 1941 Addis Abeba, dove ritornò Hailé Selassié. Fine dell’impero italiano in Africa! Sul fronte libico invece l’Afrikakorpfs, le truppe corazzate tedesche guidate dal generale Erwin Rommel (la volpe), aiutate dagli italiani, mantennero il controllo sull’Egitto e sul canale di Suez. È in quest’occasione che Rimmel disse “il soldato tedesco ha stupito il mondo ma il soldato italiano ha stupito il soldato tedesco”!
Atto secondo.
Nella seconda metà del 1941 tre fatti capovolgono le sorti della guerra:
1) Nonostante il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov, stipulato tra Stalin e Hitler il 23 agosto del 1939, la Germania aveva, furbescamente, preventivato da tempo l’operazione contro i sovietici.
Il 22 giugno 1941 un immenso esercito invase la Russia. I suoi obiettivi erano a nord Leningrado, al centro Mosca e a sud le fertili pianure dell’Ucraina e della Bielorussia.
Nonostante le previsioni di Hitler la guerra si rivelò faticosa e terribile per i tedeschi. All’inizio l’Armata Rossa non resse l’impatto, ma all’arrivo dell’inverno le cose cambiarono. La guerriglia partigiana russa, il rigido inverno e la tattica della “terra bruciata”, già usata contro Napoleone, permisero ai russi di rispondere per le rime ai tedeschi. La resistenza russa si rivelò fondamentale. L’avanzata tedesca verso sud, verso le ricche regioni petrolifere del Caucaso, venne fermata a Stalingrado. Durante l’autunno del 1942 e l’inverno del 1943 la città si difese strenuamente e riuscì a fermare l’avanzata dell’Asse. L’Armir, l’armata italiana inviata da Mussolini, venne distrutta. Un’incredibile mobilitazione industriale (contadini, donne ed adolescenti hanno concorso allo sforzo economico: tutto ciò che restava dell’apparato industriale veniva trasferito oltre la catena degli Urali), il sentimento patriottico, fomentato e propagandato da Stalin, e l’efferato comportamento delle truppe tedesche, sono i motivi dell’incredibile controffensiva sovietica che si concluderà con la conquista di Berlino.
2) Intanto qualcosa era successo nel Pacifico. Il 7 dicembre 1941 l’aviazione giapponese attaccò la flotta statunitense nella rada di Pearl Harbor, nelle Hawaii. I giapponesi dopo le aggressioni alla Manciuria ed alla Cina si erano ringalluzziti ed intendevano affermare la loro egemonia su tutto il pacifico. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dichiararono subito guerra al Giappone. In tutta risposta Roma e Berlino dichiararono guerra agli USA (alèè). Gli USA entravano in guerra ed erano molto arrabbiati!
In Egitto, la battaglia di El Alamein, nell’ottobre del 1942, si conclude con la sconfitta del generale tedesco Rommel da parte del generale inglese Montgomery; gli inglesi iniziano a respingere le truppe italo-tedesche verso occidente. Gli americani intanto sbarcano in Marocco, Algeria Tunisia. La guerra dell’Asse, presa tra due fuochi, in Africa terminava in una sconfitta (il comando italiano in Libia: Italo Balbo, Italo Gariboldi, Francesco Graziani).
3) Nel gennaio del 1943 a Casablanca, in Marocco, USA, GB e URSS si allearono: obiettivo la resa senza condizioni della Germania, che li ha proprio scocciati.
Cinquanta milioni di vittime, tra militari e civili; città distrutte; intere popolazioni devastate e deportate. Risorse economiche prosciugate. Questo il bilancio. Dal punto di vista psicologico, la cosa più terribile è che la familiarità con la morte diviene esperienza quotidiana, tanto da anestetizzare il comune senso di compassione.
Alla metà del 1942 la Germania possedeva un impero di 2 milioni e mezzo di Km quadrati tra stati direttamente annessi al reich, come l’Austria e la Boemia; stati collaborazionisti come la Norvegia di Quisling, il governo francese di Vichy, la Croazia degli Ustascia , alleati come l’Italia o serbatoi di risorse e manodopera come l’Unione sovietica e i Balcani.
Sterminio e saccheggio furono i due poli del dominio tedesco, in ottemperanza al culto della razza che sottintendeva alla delirante ideologia della svastica.
La soluzione al problema ebraico, obiettivo fissato da Hitler sin dall’inizio, come base fondamentale del suo programma, passò varie fasi.
1. Dapprima fu attuata la deportazione della popolazione “inferiore” in Russia, oltre gli urali.
2. Poi fu deciso per la chiusura degli ebrei in ghetti enormi come quello di Varsavia, per una morte silenziosa per malattia e per fame.
3. Infine si decise per la “soluzione finale” lo sterminio volontario e scientifico. Dapprima con le fucilazioni di massa, in Russia, dove erano stati inviati gli squadroni della morte Einsatzgruppen (SS integrati da volontari ucraini e bielorussi), dopo il 1941 con il preciso scopo di eliminare comunisti ed ebrei. In seguito, data la lentezza del procedimento e l’abbrutimento che provocava nei soldati si decise per le camere a gas. Nel campo di sterminio di Aushwitz, che fu il più “efficiente” campo di morte organizzato dal terrore nazista, morirono tra il 1942 e il 1944 un milione di persone, soprattutto ebrei, ma anche zingari, omosessuali e prigionieri politici e militari.
Oltre all’entrata in guerra degli USA, la disfatta dell’esercito tedesco fu determinata anche dallo sviluppo, tra il 1943 e il 1944, dei movimenti di resistenza nazionali. La resistenza europea, contraria tanto all’occupazione quanto agli eventuali governi collaborazionisti, come quello di Vichy, operò con vere azioni di guerriglia di supporto agli alleati, con atti di sabotaggio e con la propaganda. In Yugoslavia e in Italia realizzò veri e propri eserciti di liberazione nazionale.
La Resistenza italiana.
La destituzione di Mussolini ad opera del re e delle gerarchie del regime intendeva evitare che la Corona e l’intero stato italiano venissero travolti dal crollo del fascismo. Allo stesso obiettivo rispondeva, ufficialmente, anche la fuga di Vittorio Emanuele, suo figlio Umberto II e Badoglio a Brindisi, lasciando tutto il centro Italia nelle mani dei tedeschi di Rommel che erano dilagati in Lazio. Roma, il 14 agosto del 1943, fu dichiarata “città aperta”, ossia “aperta all’occupazione da parte del nemico”.
I 45 giorni che seguirono all’arresto di Mussolini, fino alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, sono noti come i 45 giorni del governo Badoglio e porteranno allo scoperto quelle forze politiche soppresse dalla legge di Pubblica sicurezza del novembre 1926. All’indomani dell’8 settembre a Roma si organizzarono le forze di resistenza del Comitato di Liberazione Nazionale, sotto la guida del socialista Ivanoe Bonomi. Il Partito Liberale, il Partito Socialista, il Psiup, il Partito d’azione (erede del movimento Giustizia e Libertà fondato a Parigi nel 1929 da Carlo Rosselli), la Democrazia Cristiana fondata nel 1942 da Alcide de Gasperi e il partito comunista. Uniti dall’obbiettivo comune. Il desiderio di libertà.
Tre guerre furono quelle di resistenza.
1. una guerra di liberazione patriottica.
2. una guerra civile tra partigiani e repubblichini di Salò.
3. una guerra di classe che legava l’obiettivo della guerra al nazifascismo alla rivoluzione sociale.
Il movimento di liberazione nazionale era eterogeneo. Borghesi, militari, studenti, operai, comunisti e cattolici apportarono alla lotta le loro diverse motivazioni ed esperienze. Molti giovani decisero di allearsi con i partigiani, soprattutto al nord, per sfuggire all’arruolamento nell’esercito della Repubblica di Salò.
Gli italiani furono chiamati a decidere da che parte stare: “fedeli alla parola data” come disse Badoglio, ossia dalla parte dei tedeschi (quando invece trattava segretamente con gli alleati), oppure dalla parte della “montagna”? In montagna, infatti si organizzarono le prime formazioni partigiane. Dis-omogenee, come abbiamo detto, ma unite dalla comune ispirazione di autonomia e libertà (libertà dal nemico e di scelta, dopo gli anni dell’indottrinamento).
L’Italia era divisa in due: al sud il Regno d’Italia (oltre la linea Gustav, all’epoca la linea del fronte fissata a Cassino) governata dal sovrano da Salerno; al centro-Nord l’occupazione tedesca e la Repubblica di Salò di Mussolini. La vera e propria guerra di liberazione ebbe luogo soprattutto al nord, ma sporadici episodi di ribellione si possono ricordare al sud, come a Napoli e a Roma, dove per rappresaglia contro un’azione di guerriglia i tedeschi massacrarono 335 italiani (fosse Ardeatine). Roma fu liberata dagli alleati il 14 giugno del 1944. Interi reparti dell’esercito regolare italiano combatterono a fianco degli alleati dopo che il Regno del sud aveva dichiarato guerra alla Germania. Gli alleati non riconobbero la legittimità dei gruppi armati resistenti, il CNL, mentre appoggiavano Badoglio. Nel 1944, Palmiro Togliatti, il segretario del partito comunista convinse a Salerno il suo partito e le altre formazioni del CNL ad allearsi con Badoglio. L’obiettivo principale adesso non era la Repubblica, ma la liberazione del paese. Con la svolta di Salerno, la questione istituzionale venne accantonata e Vittorio Emanuele accettò di trasferire i poteri al figlio Umberto.
Al Nord intanto Mussolini, istituì un processo ai “traditori del 25 luglio” e chiese tra l’altro la testa del genero, Galeazzo Ciano, che aveva partecipato alla “congiura”. Repressioni, fucilazioni, punizioni per le renitenze alla leva furono portate avanti dalla Guardia Nazionale di Mussolini fiancheggiando i Tedeschi, che deteneva no di fatto il potere al Nord.
La guerra di resistenza si protrasse dal 1943 al 1945. All’inizio si trattava di bande, piuttosto disorganizzate che agivano con azioni di guerriglia, i Gap (gruppi armati partigiani), ma nella primavera del 1944 si passò a forme di inquadramento rigoroso. Le formazioni più combattive erano quelle comuniste (Brigate Garibaldi) e azioniste (Brigate Giustizia e Libertà). Intanto la linea del fronte si era spostata più a nord con la presa alleata della Toscana e l’Appennino tosco emiliano fu teatro di azioni partigiane e rappresaglie tedesche (la strage di Marzabotto, dove le SS di Reder sterminò tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 1836 persone).
Gli alleati dicevamo si rifiutarono di riconoscere il CNLN AI (dell’Alta Italia), in quanto temevano che nei territori liberati potessero instaurarsi forme di governo alternative e lesive dei tradizionali ordini sociali, e subordinarono gli aiuti militari alla restituzione finale delle armi a guerra conclusa (“protocolli di Roma”) e la richiesta di proseguire la guerriglia soltanto con azioni difensive (proclama del generale Alexander). L’invito fu respinto e i partigiani iniziarono un’offensiva nei confronti di Kesserling, isolati politicamente e materialmente senza aiuti. Il 24 aprile 1945, mentre le forze alleate sfondavano la linea gotica, i partigiani, spostatisi nelle campagne per reagire al duro inverno del 1944, accelerarono la disfatta dei tedeschi. Tra il 24 e il 25 Aprile, sotto la guida di Sandro Pertini, Emilio Sereni e Leo Valiani le maggiori città del Nord vennero liberate. Mussolini catturato a Dongo sul lago di Como mentre cercava di fuggire venne fucilato per odine del Comitato di Liberazione.
Verso la Repubblica.
Subito dopo la liberazione, i partiti antifascisti, alleati nel CNL durante la Resistenza, governarono l’Italia per due anni avendo temporaneamente accantonate le divergenze ideologiche e politiche. Da un lato il PCI e il PSI e dall’altro la DC, erede del Partito Popolare di don Sturzo, fondata e diretta da Alcide De Gasperi. Il primo governo dell’Italia Libera fu presieduto dall’Azionista (del Partito d’Azione) Ferruccio Parri, che per il suo indiscusso prestigio e il suo equilibrio, fu scelto a rappresentare il punto d’unione tra i partiti della Sinistra e quelli Liberale e Democratico Cristiano. La sua linea politica fu guidata da riforme in campo economico, con l’obiettivo di epurare i centri dirigenziali, statali ed industriali, dai personaggi maggiormente compromessi col passato regime. Ostacolato nella sua linea di riforme dagli alleati, sospettosi di un governo che accettava nelle proprie fila anche forze di sinistra, Parri fu costretto a dimettersi neppure dopo 5 mesi dalla sua elezione. Gli fece seguito De Gasperi che affidò il ministero della giustizia a Togliatti. Più moderato rispetto a Parri, De Gasperi tollerò la presenza delle forze di sinistra al governo come una necessità temporanea in attesa della inevitabile risoluzione della questione istituzionale. Il 2 Giugno 1946 gli italiani, a mezzo di un referendum, vennero chiamati a decidere fra la Repubblica e la Monarchia. In quella occasione si svolsero le prime elezioni libere dopo il ventennio fascista e per la prima volta a suffragio universale: furono ammesse al voto anche le donne. Prevalse la Repubblica con il 54% di suffragi. La Repubblica Italiana era nata.
Da FARE capitoli 19; 23; 26 (FINO AL PARAGRAFO 5 ESCLUSO). Comprese le parti azzurre, rosa e gialle!!!!
Fonte: http://keynes.scuole.bo.it/~miglioli/kant/nuovissimi/Seconda_guerra_mondiale%20NUOVO.doc
Sito web da visitare: http://keynes.scuole.bo.it
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