Spedizione dei mille riassunto

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Spedizione dei mille riassunto

LA SPEDIZIONE DEI MILLE

La II guerra d’indipendenza (1859) e i successivi plebisciti della Toscana e dell’Emilia (1860) sancirono l’annessione al regno di Sardegna (comprendente le attuali regioni: Piemonte, Liguria e Sardegna ) della Lombardia, della Toscana e dell’Emilia.
L’Italia aveva, dal canto suo, rinunciato alla Savoia e a Nizza in favore dell’alleato francese.
Questa soluzione non soddisfaceva, però, gran parte delle forze risorgimentali, come i repubblicani, i mazziniani e democratici. Lo scontento era aumentato dal fatto che tutto il territorio meridionale della penisola era rimasto fuori dal processo unitario, mentre erano cresciuti nel Sud i segni di insofferenza nei confronti del regime  borbonico, insieme a rivendicazioni di ordine sociale: in tale quadro andavano inseriti anche numerosi tentativi insurrezionali, tra cui quello di Pisacane nel 1857.
In special modo  la Sicilia, - con l’insurrezione del 4 aprile 1860 di Palermo, diffusasi poi per tutta l’isola - dimostrava, nonostante la dura repressione attuata dalle forze dell’ordine, una maggiore instabilità rispetto al resto del regno borbonico a causa del tradizionale separatismo e della diffusione del Partito d’Azione, che annoverava uomini di valore come Rosolino Pilo e Francesco Crispi.
Fu questo dunque il contesto in cui maturò la volontà di rilanciare la lotta risorgimentale con l’iniziativa insurrezionale passata alla storia come spedizione dei Mille. Patrocinata dal Partito d’Azione e guidata da Garibaldi, l’iniziativa non ebbe vita facile: se Vittorio Emanuele II la vedeva con simpatia, contando sull’espansione del proprio regno, il primo ministro Cavour era ostile al piano che giudicava pericoloso sul piano internazionale, per il mancato accordo con le grandi potenze, che su quello interno, in quanto temeva la forte componente repubblicana del Partito d’Azione. Quest’ambivalenza spiega perchè i preparativi non furono né appoggiati né ostacolati dal governo piemontese.
Infine Garibaldi, insieme a circa mille volontari, male equipaggiati, poté salpare da Quarto nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860. Garibaldi e i suoi sbarcarono a Marsala l’11 maggio.
Gli immediati e clamorosi successi ottenuti dai garibaldini a Calatafimi (15 maggio), Palermo (30 maggio) e Milazzo (20 luglio)  pongono una domanda: come fu possibile a mille volontari male armati sconfiggere un esercito ben rifornito di 25000 uomini? La risposta va cercata in tre considerazioni:
1. i borbonici all’inizio sottovalutarono il pericolo e non predisposero alcun piano di difesa.
2. inoltre i primi successi coinvolsero sempre di più la popolazione per il diffondersi del mito dell’invincibilità di Garibaldi e delle sperane di giustizia sociali legate al cambiamento di regime.
3. Garibaldi seppe far pesare la propria esperienza, manifestando un’indubbia genialità strategica, accentuata dall’incapacità decisionale dei borbonici.
Un’altra importante domanda riguarda il senso del coinvolgimento popolare al programma unitario di Garibaldi. Non vi è dubbio che la spedizione fosse vista da parte del popolo come liberazione non solo politica, ma sociale.
Tuttavia dopo le iniziali aperture in tal senso, Garibaldi si rese conto dell’impossibilità di proseguire su questa strada: ciò avrebbe infatti comportato il  venir meno del sostegno della classe dirigente meridionale, i cosiddetti galantuomini, anch’essi schierati a favore dell’Unità ma per motivi opposti a quelli del popolo: la sostituzione dei Borboni con i Savoia, maggiormente in grado di difendere i privilegi delle classi più elevate.
Pertanto contro i cafoni che erano sempre più  decisi a intendere l’insurrezione come una vera e propria guerra sociale, con la requisizione violenta delle terre, a Garibaldi non rimase che ordinare la repressione.
Gli episodi più importanti al riguardo avvennero a Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi, dove le truppe garibaldine agli ordini di Nino Bixio e la Guardia Nazionale, controllata dalla  nobiltà e dalla borghesia siciliana, non esitarono a passare per le armi i rivoltosi. In ogni caso, nonostante queste contraddizioni, l’impresa dei Mille si affermò in Sicilia con grande rapidità.
Alla fine di luglio la Sicilia era in mano a Garibaldi, che passò lo stretto il 20 agosto. ormai l’intera struttura governativa borbonica mostrava segni di cedimento: inutile dunque si rivelò il tentativo estremo di Francesco II di ricercare il consenso popolare ripristinando lo Statuto e formando un governo costituzionale. Dopo la fuga del re a Gaeta (4 settembre) le truppe a lui fedeli opposero un’ultima disperata resistenza sul fiume Volturno, dove furono sconfitte il 1° ottobre.
In questo momento la tensione tra Garibaldi e Cavour fu al massimo. Cavour, infatti, resosi conto del successo della spedizione, aveva cercato ben presto di impedire sia che i repubblicani egemonizzassero la vittoria sia che Garibaldi ne risultasse l’unico eroe vincitore.
Per questo aveva cercato di rallentare la marcia di Garibaldi e aveva inviato esponenti moderati a Napoli, con lo scopo, non ottenuto, di anticipare i garibaldini.
Dal canto suo Garibaldi aveva proceduto alla conquista assumendo il titolo di dittatore delle zone liberate in nome di Vittorio Emanuele II re d’Italia. Ciononostante, non si era dimostrato per nulla disponibile ad accettare le indicazioni di Cavour, che volevano rallentare la marcia dei garibaldini e non aveva accettato l’ordine di fermarsi al di qua dello stretto.
Cavour era però riuscito ad ottenere l’appoggio internazionale, sottolineando come lasciar agire autonomamente Garibaldi  avrebbe voluto dire lasciar spazio a repubblicani, mazziniani e democratici.
Con il consenso di Inghilterra e di Francia Cavour ordinò l’11 settembre l’intervento dell’esercito sabaudo, che in pochi giorni assunse il controllo delle Marche e dell’Umbria (ancora dello stato pontificio), sconfiggendo le truppe pontificie a Castelfidardo (18 settembre), precedendo quindi la vittoria di Garibaldi sul Volturno. Cavour riuscì a far svolgere il 21 ottobre un plebiscito che sanciva l’annessione delle regioni appartenenti all’eGaribaldi regno delle Due Sicilie alla corona sabauda.
In questo modo erano sconfitti i mazziniani che avrebbero voluto per l’Italia un’Assemblea costituente che di Garibaldi, che avrebbe voluto proseguire con la conquista di tutto lo stato pontifico. Garibaldi prese atto realisticamente della situazione e a Teano il 26 ottobre consegnò a Vittorio Emanuele i territori conquistati. Seguirono in  novembre le annessioni plebiscitarie di Marche e Umbria. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II veniva  proclamato re d’Italia.

a cui aderiva anche Giuseppe Garibaldi

tra i garibaldini parteciparono centottanta bergamaschi, tra cui un ragazzo tredicenne di Caprino che morì insieme ad altri tredici volontari bergamaschi. Tra i volontari Giacomo Cristofoli di Clusone, Felice Astori di San Pellegrino, Francesco Bonetti  Barnaba Gamba di Zogno. In realtà da Bergamo partirono in circa  300 ma non tutti poterono arruolarsi.

nella battaglia di Calatafimi si distinse soprattutto l’VIII compagnia in cui combattevano i volontari bergamaschi.

 

Fonte: http://la5g.altervista.org/sto/spedizionedeimille.doc

Sito web da visitare: http://la5g.altervista.org

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