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L’8 dicembre 1609, la Città di Milano assistette ammirata alla cerimonia di inaugurazione della Biblioteca Ambrosiana, prediletta creatura dell’amatissimo cardinale Federico Borromeo. Dal Palazzo arcivescovile, il cardinale giunse nel primo pomeriggio alla Chiesa di S. Sepolcro, accompagnato da un corteo di dignitari ecclesiastici e civili e da due ali di folla. Accolto da musica e cori si sedette al centro della chiesa, avendo ai lati il Gran Cancelliere spagnolo don Diego Salazar e il Presidente del Senato di Milano Giacomo Mainoldi Gallarati. Luigi Bossi, il canonico teologo del Capitolo metropolitano, pronunciò la prolusione che descriveva la fondazione della Biblioteca, avvenuta due anni prima, e la creazione del Collegio dei Dottori. Dalla Chiesa di San Sepolcro, il corteo delle autorità, fra squilli di tromba e sotto un padiglione di tessuto che copriva l’intero percorso, giunse davanti alla porta dell’Ambrosiana, che fu spalancata perché potesse il cardinale entrare per primo. E fu lo stesso Federico a fare da guida fra i tesori della imponente collezione della Biblioteca, mostrandone con orgoglio la immensa ricchezza. Le ombre della sera calavano su una Milano ormai invernale, quando il cardinale uscì dalla Biblioteca per rientrare nel Palazzo Arcivescovile.
La Biblioteca destò da quel momento l’ammirazione degli studiosi e dei visitatori che giungevano a Milano: nel 1623, Galileo inviava al cardinal Federico una copia del suo Saggiatore, nella speranza che esso potesse entrare a far parte dell’«eroica et immortale libreria»; nel 1662 il Principe di Condé si lasciava sfuggire un lapidario «très belle» d’ammirazione; Montesquieu osservava nel 1728 che la Biblioteca era «extrêmement bien tenue; on y voit qu’il a eu des bibliothécaires savants»; Girolamo Tiraboschi scrisse sul finire del XVII secolo che «la Biblioteca Ambrosiana offerse gran pascolo alla dotta curiosità e alla maraviglia. Infatti l’erezione di essa è una delle cose memorabili di quel secolo e può bastare essa sola a rendere immortale il nome del cardinale Federigo Borromeo, che ne fu il fondatore»; e, senza dimenticare le parole di John Evelyn («imponente»), Gilbert Burnet («molto signorile»), Gabriel Naudé («straordinaria»), celeberrime restano quelle di Alessandro Manzoni (I Promessi Sposi, cap. XXII): «Federigo ideò questa Biblioteca Ambrosiana con sì animosa lautezza, e la eresse, con tanto dispendio, da’ fondamenti; per fornire la quale di manoscritti, oltre il dono de’ già raccolti con grande studio e spesa da lui, spedì otto uomini, de’ più colti ed esperti che poté avere, a farne incetta, per l’Italia, per la Francia, per la Spagna, per la Germania, per le Fiandre, nella Grecia, al Libano, a Gerusalemme. Così riuscì a radunarvi circa trentamila volumi stampati e quattordicimila manoscritti».
Milano, dunque, a partire dal 1609 possiede la seconda biblioteca aperta al pubblico in Europa, essendo stata preceduta nel 1602 solo dalla Bodleian Library di Oxford. Concepita come una biblioteca “generale”, volta allo studio di tutte le scienze che compongono il sapere universale, dalla classicità greco-latina alla letteratura cristiana, dalla teologia alla filosofia dalla linguistica al diritto e alla musica, dall’Occidente all’Oriente, dall’Antichità al Medioevo e al Rinascimento, l’Ambrosiana aveva quasi le caratteristiche di una università degli studi, allora assente a Milano. Si trattava di una struttura organica, equilibrata e del tutto all’avanguardia per lo spirito del tempo.
Per la costruzione e l’arricchimento del patrimonio codicologico e librario della Biblioteca, Federico organizzò, già a partire dal 1601, una vera e propria campagna di acquisti, sguinzagliando i suoi agenti ai quattro angoli del mondo occidentale, uomini che misero a disposizione laboriosità, scienza e spesso anche arditezza veramente non comuni. L’idea era di costituire un centro culturalmente attivo, palestra di studi al servizio e in difesa del cattolicesimo e luogo di raccolta dei più importanti testi del pensiero occidentale e orientale, arabo e persiano, ebraico, bizantino, copto, armeno, classico greco e latino e perfino cinese (si vedano le immagini allegate).
La multiculturalità del progetto federiciano era tesa non tanto e non solo alla conservazione dei documenti, quanto al loro studio e alla ricerca di un possibile dialogo e convivenza delle diverse culture, senza rinunciare alla identità cristiana di cui Federico era vivo e fervido interprete. In altre parole, il lavoro intellettuale fioriva dalla raccolta e dalla cura del patrimonio librario e non si esauriva in esso, e anzi, l’accumulo del “tesoro” non era destinato ad accrescere il prestigio di chi materialmente lo possedeva e tutelava, ma alla sua trasformazione in sapere vivo.
In questa linea va interpretata anche la creazione della Pinacoteca: il 28 aprile 1618, infatti, Federico Borromeo donava la sua collezione di quadri disegni e stampe a quella che nel 1620 sarebbe diventata la Pinacoteca Ambrosiana, dallo stesso cardinale successivamente arricchita con capolavori come la Canestra di frutta del Caravaggio, l’Adorazione dei Magi di Tiziano, il Musico di Leonardo, il cartone della Scuola di Atene di Raffaelo, numerosi dipinti di scuola leonardesca e dei fiamminghi, in particolare di Jan Brueghel, e migliaia di disegni. Anche la Pinacoteca rispondeva all’idea federiciana di elaborazione e di trasmissione del sapere, un sapere che doveva essere non solo documentato ma diventare vivo, farsi ricerca e trasmissione: essa divenne non solo un’esposizione ma uno strumento didattico, per quell’Accademia del disegno, articolata nei corsi di pittura, scultura e architettura, che nata assieme all’idea della Pinacoteca, sopravvisse fino al suo trasferimento tardo settecentesco a Brera.
Oltre a una necessaria ed esaltante celebrazione dei tesori della Biblioteca e della Pinacoteca, l’Ambrosiana è stata, è e deve rimanere sorgente di ricerca, di dialogo, di conoscenza, di approfondimento, di civiltà, di cultura e di spiritualità, sempre nella linea di quel motto che Manzoni pone a ideale sigillo dell’opera di Federico Borromeo: “L’intento continuo nella ricerca e nell’esercizio del meglio”.
In questa prospettiva, il quarto centenario della apertura al pubblico dell’Ambrosiana, che cade l’8 dicembre del 2009, sarà valorizzato, promosso e celebrato con una degna cornice di eventi e manifestazioni.
Bibliografia di riferimento
Fonte: http://www.arca.regione.lombardia.it/shared/ccurl/407/472/scheda_informativa_martinitt_.doc
Sito web da visitare: http://www.arca.regione.lombardia.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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