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STORIA MODERNA
Sintesi delle lezioni a. a. 2011-12
Testo: C. Capra, Storia moderna (1492-1848), Firenze, Le Monnier Università, 2004
[elaborazioni schematiche della materia del testo, riprese in gran parte dalle schede riepilogative (Sintesi e Cronologia) poste alla fine dei rispettivi capitoli in F. Della Peruta – G. Chittolini – C. Capra, La Storia. 1: Dal Trecento alla metà del Seicento. 2: Dalla metà del Seicento alla fine dell’Ottocento, Firenze, Le Monnier, 1998]
LA LUNGA DURATA (Capp. 1-5)
1. La popolazione e le strutture familiari
Fortuna storiografica delle correnti neomalthusiane, interessate in particolare alla storia della società e della famiglia. Esse si rifanno al concetto che Th. R. Malthus (1766-1834) pose alla base del suo Saggio sul principio di popolazione (1798): vi è uno squilibrio tendenziale tra popolazione e risorse alimentari; mentre la popolazione cresce in progressione geometrica (1, 2, 4, 8, 16 ecc.), la produzione alimentare cresce solo in progressione aritmetica (1, 2, 3, 4, 5 ecc.); nella storia dei popoli intervengono periodicamente “freni repressivi” (carestie, epidemie, guerre) a ristabilire l’equilibrio alterato e a far partire un nuovo ciclo di incremento demografico. L’unica alternativa per Malthus consiste nell’adozione di “freni preventivi”, cioè la limitazione dei matrimoni e quindi delle nascite.
Nascita e sviluppi della statistica (gli "aritmetici politici" inglesi del Seicento: William Petty, Gregory King; il tedesco J. P. Süssmilch inventore del termine "Statistik") - apparizione dei primi catasti (importante il catasto fiorentino del 1427). Importantissimi, per la ricchezza di dati demografici che se ne possono ricavare, le fonti ecclesiastiche (registri parrocchiali e status animarum)...
La metà del XV secolo segna l’avvio di una fase di espansione demografica destinata a protrarsi fino ai primi decenni del Seicento. Le cause di questa crescita sono tuttora incerte: vi contribuiscono una diminuzione della mortalità (per la minore virulenza delle epidemie di peste e un periodo di attenuazione delle carestie) e un aumento della natalità (la maggiore disponibilità di lavoro favorisce il matrimonio in età giovanile e quindi l’incremento del numero medio dei figli per coppia).
I demografi individuano nell'età moderna diverse tipologie familiari. Superato il modello generico di famiglia tradizionale, che comprende l'enorme varietà delle situazioni esistite nel passato a seconda delle aree geografiche, dei ceti sociali, delle fedi religiose, dei livelli culturali, dal punto di vista della estensione e composizione delle strutture familiari si individuano due modelli: quello della famiglia nucleare (composta da una sola unità coniugale) e quello della famiglia complessa (costituita da varie combinazioni di coppie, genitori e fratelli).
Determinanti per l'affermazione di uno dei diversi modelli familiari sono le condizioni economico-produttive (possesso di beni patrimoniali -feudo, proprietà agricola, bottega artigiana- o lavoro dipendente). Ma altrettanto importanti sono i condizionamenti di carattere sociale e giuridico, che riguardavano in particolare le scelte matrimoniali (norma inderogabile era il matrimonio tra appartenenti allo stesso ceto sociale) e le regole di trasmissione dei patrimoni, che naturalmente avevano una rilevanza tutta particolare per le élites sociali: l'esigenza della conservazione e del consolidamento dell'asse patrimoniale veniva realizzato attraverso gli strumenti giuridici del fedecommesso (istituto di diritto successorio che obbliga l'erede a trasmettere tutta o parte dell'eredità a una persona -di solito di discendenza maschile- già designata nel testamento) e della primogenitura o maggiorasco (trasmissione al primogenito maschio dell'intera eredità o della sua parte più consistente).
Gli storici della famiglia nell'età moderna individuano anche una certa modificazione dei rapporti interni alla famiglia stessa, quelli tra marito e moglie e tra genitori e figli (Philippe Ariès per la Francia, Lawrence Stone per l'Inghilterra). Ma le ricerche in tal senso, quando pretendono di attribuire valenza generale a comportamenti che appartengono a situazioni ed ambienti specifici, vanno considerate con molto senso critico.
2. L’economia dell’Europa preindustriale
Dopo la crisi demografica prodotta dalla "peste nera", cominciano a manifestarsi nei primi decenni del Quattrocento segni di ripresa, favoriti dai processi di ristrutturazione sollecitati dalla stessa crisi. Nell'agricoltura l'abbandono delle terre meno fertili favorisce il rialzo dei rendimenti; la diminuita pressione della richiesta di cereali orienta verso colture specializzate e destinate al commercio (vite, piante tintorie). Un forte sviluppo conosce in particolare l'allevamento bovino e ovino in numerose regioni europee. Si diffonde anche, in regioni che hanno un'agricoltura progredita (Lombardia, Paesi Bassi), un allevamento bovino collegato con la produzione di foraggere e con la rotazione delle colture.
All’aumento della domanda di generi alimentari l’agricoltura europea risponde in due modi: introducendo nuove tecniche di coltivazione che permettono rese superiori (risposta intensiva); estendendo la superficie coltivabile ai terreni incolti o precedentemente abbandonati e meno fertili (risposta estensiva). È quest’ultima la soluzione che prevale, anche a causa di un’organizzazione della società contadina (di impronta comunitaria e priva di risorse) che impedisce di fatto investimenti produttivi.
I secoli del basso Medioevo videro in gran parte dell'Europa centro-occidentale non solo la disgregazione della feudalità come sistema di governo, ma anche l'erosione dei poteri signorili nelle campagne per effetto sia della crisi demografica (manodopera più rara, quindi più cara), sia della tendenza generale dei signori fondiari alla monetizzazione delle prestazioni loro dovute, sia alla serie di rivolte contadine esplose in diverse aree geografiche tra la metà del Trecento e i primi decenni del Cinquecento. Tuttavia, in seguito, si assiste ad una forte contrazione della proprietà contadina, effetto di processi diversi (rifeudalizzazione). Il forte aumento della popolazione registrato nel XVI e poi nel XVIII secolo si accompagnò a fenomeni di proletarizzazione contadina, cioè alla diminuzione in percentuale dei coltivatori autosufficienti o addirittura provvisti di eccedenze di derrate da vendere sul mercato, alla moltiplicazione dei contadini poveri o nullatenenti e alla riduzione del potere d'acquisto dei salari.
Nell'attività manifatturiera al calo di settori tradizionali (lana e tessuti grezzi) si reagisce, nel corso del Quattrocento, o con la produzione di merci di lusso o (trasformazione di più vasta portata) con la produzione di merci a basso costo e di minore qualità (ad esempio tessuti con fustagni, cioè stoffe di minor pregio) destinate però a uno smercio più vasto. Una maggiore produttività si ottiene con la diffusione del lavoro a domicilio e delle manifatture nelle campagne, dove la manodopera è più abbondante e meno costosa. L'attività mercantile si modifica per la minore importanza delle fiere e la crescita di una rete di operatori stabili nei maggiori centri; essa si orienta inoltre verso prodotti di largo consumo, valorizzando diverse caratteristiche produttive delle differenti regioni europee, grazie anche al miglioramento dei trasporti.
L’espansione dei traffici favorisce lo sviluppo del trasporto marittimo e di quello via terra, decretando la fortuna dei porti del Baltico, di città quali Anversa e Amsterdam, dei banchieri tedeschi e italiani, dei mercanti olandesi.
Il capitale mercantile conserva così il proprio predominio sull’attività manifatturiera, anche per l’esiguità della domanda di beni industriali da parte di una società in cui permangono vaste aree di autoconsumo. Prevale in ogni caso una produzione di tipo artigianale, mentre per quanto concerne il settore manifatturiero trainante, quello tessile, nei paesi più evoluti (Inghilterra) va diffondendosi l’industria a domicilio (o protoindustria).
Trasformazioni profonde si registrano anche nella società, con gravi disagi testimoniati da rivolte sia urbane che rurali, numerose a partire dai decenni centrali del Trecento. Esse sono conseguenza per un verso delle difficoltà provocate dalla crisi, per l'altro dalla perdurante evoluzione di lungo periodo verso una economia più aperta agli scambi e al mercato, che modifica i vecchi assetti produttivi, le forme del lavoro, la distribuzione della ricchezza a danno dei ceti meno abbienti. Nelle città in particolare si determina una polarizzazione tra un ceto ristretto di grandi artigiani e di mercanti-imprenditori da un lato, e, dall'altro, vasti strati di piccoli artigiani e di lavoranti a bottega; si diffonde un pauperismo più crudo, a cui solo in parte pongono riparo le nuove istituzioni di assistenza e di carità. Nelle campagne si accentua la crisi della grande proprietà signorile, lasciando spazio all'emergere sia di ceti contadini, nelle vesti di proprietari o di conduttori di terre, sia a una nuova proprietà borghese, dei cittadini. Ma più numerosi sono i coltivatori che si ritrovano impoveriti, ridotti alla condizione di salariati, privati anche del sostegno che assicuravano vecchi istituti come la proprietà o l'uso comune delle terre.
Nell’Europa orientale (Polonia, Boemia, parte orientale dell’Impero germanico, Russia), gli effetti della crisi demografica sono più gravi e duraturi, e creano le condizioni per la crescita del potere signorile. In particolare si introducono più rigide forme di dipendenza contadina, u n vero e proprio "servaggio" (la cosiddetta “servitù della gleba”) che peserà per lungo tempo sull'evoluzione economica e sociale di quei paesi.
3. Ceti e gruppi sociali
Il concetto che meglio definisce i gruppi sociali dell’Europa preindustriale è quello di “ceto”, che racchiude in sé i diversi fattori (nascita, comportamenti, prestigio sociale e onori legati al ruolo pubblico ricoperto, privilegi, norme giuridiche) che determinano il rango d’appartenenza di ogni singolo individuo. Un tale concetto traduceva un'antica visione della società che la divideva in tre grandi ordini: gli oratores (coloro che pregavano, cioè il clero), i bellatores (coloro che combattevano, cioè la nobiltà), i laboratores (coloro che lavoravano per tutti). Essenziale in questa tripartizione della società la disposizione gerarchica dei tre ordini, che era considerata del tutto naturale e voluta da Dio.
I "ceti" o "Stati" (tedesco Stände) erano quindi gruppi sociali giuridicamente riconosciuti nell'Europa preindustriale. In senso tecnico essi designavano quei corpi rappresentativi che in vari paesi europei si riunivano, periodicamente o quando convocati, in Parlamenti, Cortes, Diete, assemblee variamente denominate, per trattare col principe o con i suoi rappresentanti questioni di interesse generale (tipicamente l'imposizione di tasse ai sudditi). Si può parlare perciò, per molti paesi europei, di un dualismo principe-ceti, in quanto i "ceti", rappresentanti del territorio, partecipavano dell'autorità sovrana.
Nobiltà e clero erano i due ceti meglio riconoscibili e più chiaramente definiti anche dal punto di vista giuridico. Del clero si parlerà in seguito.
Anche se l'origine e la configurazione delle élites nobiliari europee presentano molte specificità locali (importante tra tutte la distinzione tra nobiltà feudale e patriziato urbano), dovunque nobiltà significa in primo luogo ricchezza, o almeno agiatezza: una ricchezza basata fondamentalmente sulla proprietà della terra e alla quale si associano in misura variabile anche funzioni di giustizia e di polizia e un potere esercitato sugli uomini all'interno della signoria.
Altro connotato importante è il rapporto tra ceto nobiliare e potere politico. Tra gli Stati dell'Europa moderna pochi sono quelli dominati da aristocrazie cittadine (le repubbliche aristocratiche di Venezia, Genova e Lucca); i governi di gran lunga prevalenti sono espressi dalle monarchie. Problema: come si pone il rapporto tra il re e la nobiltà nei diversi Paesi. Non in modo univoco; la principale distinzione va fatta tra quegli Stati in cui la sovranità assumeva connotati almeno teoricamente assoluti, come la Francia di Richelieu o di Luigi XIV, e quei regimi in cui l'esercizio della sovranità dipendeva dal beneplacito della nobiltà, come la Polonia, o quanto meno da un accordo tra il re e la classe dirigente, come in Inghilterra dopo la "gloriosa rivoluzione" del 1688-89.
Il rafforzamento degli apparati statali tra XVI e XVII secolo determina una sorta di crisi d'identità dei ceti nobiliari, da cui un'ossessiva ricerca di legittimazione del primato nobiliare e uno slittamento dei motivi fondanti della nobiltà dalla virtù e dal valore militare al sangue e alla stirpe.
Come si diventava nobili? Se nei patriziati cittadini vigeva il sistema di cooptazione, nelle monarchie si affermò il principio che era nobile chi era riconosciuto come tale dal monarca. Ciò poteva avvenire
- come sanzione di un processo di assimilazione verificatosi di fatto a seguito dell'acquisto di feudi, a matrimoni nobili;
- come conferimento di un titolo a seguito di particolari benemerenze acquisite;
- come premio connesso all'esercizio di elevate cariche giudiziarie (la 'nobiltà di toga' francese) o finanziarie.
Nascita di una nuova nobiltà. La rigida divisione per ceti non impedisce una certa mobilità sociale: lo sviluppo delle città e delle attività mercantili determina infatti la formazione di figure intermedie (grandi mercanti, banchieri, titolari di cariche pubbliche) che finiscono per integrarsi nella nobiltà condividendone ideologia e modi di vivere. Denominatore comune di queste categorie sociali è la dominante connotazione urbana
Con l'espressione Terzo stato si indicavano coloro che non appartenevano né al clero né alla nobiltà. Ne facevano quindi parte sia gli esponenti della borghesia delle professioni, di quella mercantile e manifatturiera, sia gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che erano collocati ai gradini più bassi della società. All'interno dell'ordine esisteva una gerarchia ben delineata che vedeva in primo piano gli officiers (titolari di uffici pubblici -amministrativi, finanziari e giudiziari- dei quali erano divenuti detentori mediante un regolare acquisto),i grandi burocrati, i professori, gli avvocati e poi gli uomini d'affari e i mercanti, tutti gerarchizzati secondo la funzione sociale svolta all'interno della società.
Dalla rappresentazione organicistica della società di antico regime venivano esclusi coloro che non erano inseriti in nessun ordine: mendicanti, emarginati, banditi e altri appartenenti a categorie non inquadrabili entro uno schema che si presentava rigido e preclusivo. Assume proporzioni spesso drammatiche il fenomeno del pauperismo.
Distinzione tra "poveri strutturali" e "poveri congiunturali" (J. -P. Gutton).
Il fenomeno è aggravato dai processi di proletarizzazione in atto quasi costantemente tra XVI e XVIII secolo nelle campagne come nelle città. Interventi di varia natura per contenerne gli aspetti più gravi e diminuire i pericolosi effetti di disgregazione sociale che potevano derivarne.
Adozione di provvedimenti di crescente severità, a cominciare dalla Poor law di Elisabetta d'Inghilterra..
Utopia della "grande reclusione" dei poveri (M. Foucault, Sorvegliare e punire).
4. Le forme di organizzazione del potere
Osservazione preliminare: l'esistenza di forme di esercizio del potere in ogni struttura organizzata (dalla famiglia ai diversi tipi di raggruppamenti sociali) deve fare i conti, nell'Europa tra XV e XIX secolo, con la progressiva affermazione di un potere che si proclama superiore a tutti gli altri, il potere dello Stato. Tale potere, incarnato nel monarca o in un gruppo ristretto di persone (nelle repubbliche aristocratiche), rivendica la propria indipendenza da ogni autorità esterna (papa o imperatore) e la facoltà di esigere l'obbedienza dai sudditi.
Secondo i giuristi tedeschi posthegeliani, lo Stato moderno possiede le seguenti caratteristiche:
1. un territorio, come esclusivo ambito di dominio;
2. un popolo, come stabile unione di persone legate da un solido sentimento di appartenenza;
3. un potere sovrano che all'interno significa monopolio legittimo della forza fisica, all'esterno significa indipendenza giuridica da altre istanze (W. Reinhard, Storia del potere politico in Europa). Ma questa teorizzazione si applica agli Stati europei come si presentano nel XIX secolo. Accanto alla progressiva affermazione di un potere sovrano, in questi Stati per tutto il periodo dell'eà moderna si assiste alla persistenza di poteri diffusi nella società.
Per lo stesso J. Bodin, teorico della sovranità assoluta (Sei libri dello Stato, 1576), il monarca, nell'esercizio del suo potere, è vincolato in due ambiti: quello della legge divina e delle leggi naturali; quello delle leggi fondamentali del regno, che è tenuto egli stesso a rispettare.
D'altra parte, almeno agli inizi, il potere del re non annulla, né pretende di sostituire le preesistenti strutture di autorità e di potere, ma soltanto di mediarne le spinte centrifughe e di utilizzarne le prerogative per il governo dei diversi ambiti della società, riconoscendone in cambio diritti e privilegi. Gli Stati di antico regime sono caratterizzati "da un forte pluralismo di corpi, ceti e centri politici all'interno dello Stato stesso, titolari ognuno di autorità e di poteri...: onde la possibile interpretazione di questi assetti statali in termini di dualismo, o di 'Stato per ceti' " (G. Chittolini).
In effetti, accanto al potere centrale, restano ancora molto forti i poteri riconosciuti ai "corpi": le città e la nobiltà territoriale soprattutto. Le città - che per tutto il basso Medioevo vedono al loro interno scontri sociali e politici tra corporazioni e patriziati, ma anche tra fazioni del patriziato cittadino - perdono parte della loro autonomia anche se mantengono prerogative doi autogoverno; alcune beneficiano dell'inserimento in complessi statali più vasti, capaci di difenderle e di sostenerne l'attività economica. Fortissimo è il peso politico e sociale della nobiltà (soprattutto nei paesi dell'Est europeo): per la ricchezza fondiaria, per i poteri che localmente continua a esercitare, per le nuove possibilità di affermazione alla corte del sovrano.
Alla luce di queste considerazioni, vanno usate con spirito critico espressioni come "Stato moderno", nel senso spiegato sopra, o "monarchia assoluta": se applicate agli assetti statali europei prima della Rivoluzione francese, vanno intese come indicazione di un programma sempre alla ricerca di conferme e di faticose, parziali realizzazioni. Meglio perciò adottare l'espressione di Stati di antico regime.
Evoluzione dei criteri di legittimazione: dalla monarchia di diritto divino allo Stato di diritto.
Teoria provvidenzialistica: l'autorità politica è istituita da Dio per mantenere l'ordine, proteggere e propagare la vera fede e reprimere i malvagi. Ad essa si rifà anche la dottrina dei monarcomachi, che teorizzano il diritto di resistenza al tiranno (identificato con l'oppressore della vera fede).
La dottrina del Machiavelli, che vedeva lo Stato come fine a se stesso, mirava a laicizzare la visione della politica, ma fu fortemente osteggiata finché si combatterono le guerre di religione.
Solo nel XVII secolo i fondamenti religiosi della sovranità cominciarono a vacillare con gli sviluppi della dottrina contrattualista, poggiante sull'idea di uno stato di natura, inteso come condizione dell'umanità alle sue origini, da cui gli uomini sarebbero usciti in virtù di un contratto,ossia di un accordo tacito o esplicito, al quale viene ricondotta l'origine della società e del potere politico. L'idea del contratto ebbe particolare importanza nell'opera di Th. Hobbes (1588-1679), per il quale il contratto segna l'uscita da uno stato di natura, inteso come uno stato di guerra tra gli uomini, attraverso la cessione di tutti i diritti individuali all'autorità politica; di J. Locke (1632-1704), per il quale la cessione di alcuni diritti è intesa come garanzia per la tutela dei diritti fondamentali e inalienabili alla libertà e alla proprietà; di J. J. Rousseau (1712-1778), per il quale il contratto si rivela necessario per contrastare gli interessi particolaristici e per fondare un'autorità politica che sia in grado, armonizzando ciascun cittadino con la volontà generale, di perseguire il bene comune.
Un ruolo determinante nella concezione del potere ha avuto anche la teorizzazione della monarchia illuminata di modello inglese (Montesquieu) e dell'assolutismo illuminato.
Funzioni e articolazioni del potere statale.
Per tutto l'antico regime gran parte delle materie che oggi sono di attribuzione statale (polizia, istruzione, assistenza, regolamentazione del lavoro) erano svolte dalle comunità locali, dalle Chiese, dalle famiglie o dalle associazioni professionali.
Al sovrano erano riconosciuti il diritto-dovere della difesa del territorio e quello del mantenimento dell'ordine e della pace al suo interno. In particolare:
- La giustizia era uno degli attributi centrali della sovranità, nella sua doppia veste di produzione del diritto, attraverso la legislazione, e di applicazione del diritto alla giurisdizione, cioè alla risoluzione delle vertenze civili e alla punizione dei delitti.
Carattere intermittente e frammentario della legislazione regia; negli ambiti che rimangono scoperti suppliscono le consuetudini e gli statuti locali. La molteplicità delle fonti del diritto consente ai giudici un'ampia discrezionalità nell'applicare la legge. Solo con l'Illuminismo giuridico s'impone l'esigenza della codificazione, cioè della redazione di un corpo di leggi (civili e penali) organico e del tutto autonomo. Situazione analoga anche nel campo della giurisdizione: giustizia ecclesiastica, giustizia signorile, magistrature cittadine, mercantili, corporative, universitarie. Il primato della giustizia statale si afferma progressivamente sia con l'istituzione e il rafforzamento di forme di controllo su queste diverse istanze, sia con il ricorso all'appello o all'avocazione delle cause e con l'estensione e la specializzazione della rete dei giudici regi.
- Tra gli affari di governo un ruolo centrale rivestono la politica estera e la guerra. Avvento degli eserciti permanenti e professionali, aumento degli effettivi, accresciuta importanza della fanteria e dell'artiglieria: sono solo alcuni dei motivi all'origine di una fiscalità esosa e permanente.
- La crescita dell'apparato fiscale-militare comportò la formazione di una burocrazia regia, che gradualmente andrà prima a sovrapporsi, poi a sostituire le forme tradizionali di autogoverno locale.
5. Religione, mentalità, cultura.
Centralità del sacro tra le popolazioni europee. La parrocchia costituiva l’unità di base della vita associata in tutta l’Europa cristiana. Tempo e spazio erano profondamente impregnati di valori cristiani: calendario scandito dalle grandi solennità religiose (Natale, Pasqua, Corpus Domini, feste mariane), città e campagne punteggiate dall’onnipresenza di edifici religiosi e immagini sacre. I santuari disseminati in tutta l’Europa costituivano punti di richiamo per masse di fedeli pellegrinanti. La devozione tardomedievale era incentrata sull’umanità del Cristo, in particolare sui momenti della sua passione, ma anche sul ruolo della Vergine e dei Santi come intercessori con Dio per i bisogni dell’uomo. Forte era la preoccupazione per il destino ultraterreno, attestata dalla rapida diffusione della credenza nel Purgatorio, di origine medievale, e dall’enorme fortuna delle indulgenze.
Diffusione e popolarità erano anche all’origine della degenerazione delle pratiche religiose, denunciata energicamente da Erasmo e dai riformatori. Estremamente labile il confine tra fede e magia per la grande massa dei fedeli, con conseguente utilizzazione di rituali e oggetti sacri per influire sul corso degli eventi terreni e neutralizzare l’azione malefica del diavolo e di streghe e stregoni, suoi collaboratori. La lotta contro il male sulla terra prendeva le forme della caccia alle streghe, che raggiunse il parossismo tra il 1580 e il 1660, in coincidenza con il prevalere il Europa di un clima di paura, sospetto e intolleranza.
L’azione di “disciplinamento sociale”, svolta in diverse forme sia dalla chiesa cattolica sia dalle chiese riformate, si tradusse in una più completa cristianizzazione delle masse popolari, ma anche in un maggior controllo dei comportamenti violenti e amorali, nella crescita dell’alfabetizzazione maggiormente riscontrabile nei paesi protestanti per l’obbligo della lettura individuale della Bibbia. Solo con la nascita dei primi sistemi di istruzione elementare, sotto la spinta delle idee illuministiche, lo Stato comincia a svolgere un suo ruolo specifico nel campo dell’alfabetizzazione popolare, senza sottovalutare il fatto che per tutto l’antico regime l’invenzione della stampa costituì certamente la novità di gran lunga più importante per la circolazione delle idee. Da essa prese avvio l’industria tipografica che contribuì in grande misura ad animare il panorama culturale della modernità, spesso in contrapposizione ai principi su cui si fondavano i poteri costituiti. Di qui la forte attenzione di Chiese e Stati alla diffusione dei libri con l’attivazione di iniziative di censura volte a neutralizzare la diffusione di idee ritenute contrarie agli ordinamenti esistenti
Al di là delle preoccupazioni del potere statale e religioso, la diffusione della cultura superiore nell’Europa moderna passa attraverso la rivitalizzazione di istituzioni medievali come le università, ormai presenti nelle principali città, e la nascita di nuovi istituti preposti alla formazione dei giovani di famiglie aristocratiche (i Collegi degli ordini religiosi nei paesi cattolici, le Ritterakademien tedesche e le Public Schools inglesi) o allo scambio culturale e scientifico (varie tipologie di Accademie). La scolarizzazione delle classi inferiori dovrà attendere la seconda metà del XVIII sec. con le iniziative di alcuni sovrani illuminati, anche se analoghi progetti furono portati avanti, in modo più circoscritto, da istituzioni religiose talora sostenute dal contributo di famiglie agiate e consigli municipali.
GLI AVVENIMENTI E I PROBLEMI
6. Monarchie e imperi tra XV e XVI secolo
I decenni tra il '400 e il '500 vedono decisivi passi avanti nella costruzione di monarchie forti e accentrate in Francia con i regni di Carlo VIII (1483-98), Luigi XII (1498-1515) e Francesco I (1515-1547); in Spagna con l'unione delle due corone di Castiglia e di Aragona sotto i "re cattolici" Ferdinando (1479-1516) e Isabella (1474-1504); In Inghilterra con l'avvento della dinastia Tudor nelle persone di Enrico VII (1485-1509) ed Enrico VIII (1509-1547). Caratteri comuni dei governi di questi sovrani sono: la tendenza all'accentramento del potere nelle loro mani e in quelle dei loro più stretti collaboratori, con la valorizzazione degli organi centrali già esistenti (e talora con la costituzione di nuovi), cui era affidato il controllo di settori specifici dell'amministrazione statale (fisco, giustizia, esercito); il ridimensionamento dell'antica nobiltà di sangue nei compiti di governo e il favore nei confronti di funzionari particolarmente meritevoli, provenienti spesso dalla borghesia degli uffici (in tal caso premiati con il titolo nobiliare); la volontà di utilizzare il potere economico e spirituale della Chiesa per il controllo e la fidelizzazione dell'aristocrazia e dei gruppi dirigenti.
Guerre d’Italia. Consolidatesi nel corso della prima età moderna, le grandi monarchie europee iniziarono un lungo confronto per l'egemonia continentale. L'Italia fu il primo obiettivo di una lotta che durò diversi decenni: Gli Stati regionali italiani non furono in grado di contrastare le mire sia della Francia sia della Spagna, e la prima fase di questo lungo duello si chiuse con una sostanziale spartizione della penisola (lo Stato di Milano ai Francesi, il regno di Napoli agli Spagnoli). Queste prime invasioni di sovrani stranieri ebbero in Italia pesanti conseguenze. I precari equilibri stabiliti nel XV secolo furono stravolti dall'arrivo di potenti eserciti. Nuove signorie si svilupparono negli spazi lasciati liberi da consolidati Stati territoriali (ad esempio, il principato visconteo cedette il posto alla signoria sforzesca). Altre furono travolte dagli eventi, come accadde, ad esempio, a Firenze, dove i Medici furono cacciati e fu stabilita la Repubblica:
Mentre prendevano forma i primi conflitti fra i regni europei, un nuovo potere si stava creando nel cuore d'Europa. Innestandosi sul corpo del vecchio Impero germanico, la dinastia degli Asburgo aveva dato vita, con una strategia matrimoniale ad ampio raggio, a una delle maggiori concentrazioni di potere della storia europea. La Spagna con i suoi possedimenti mediterranei e americani, l'Austria e i territori ereditari degli Asburgo, e i Paesi Bassi andarono a formare un complesso di domini che, uniti alla corona imperiale assegnata a Carlo V d'Asburgo, fecero di quest'ultimo il più potente sovrano dell'Europa del tempo.
La grande concentrazione di potere nelle mani di Carlo V non aveva lasciato indifferente la Francia. I sovrani francesi, schiacciati nella morsa dei domini asburgici, si resero protagonisti di un lungo confronto che aveva come obiettivo il contenimento del potere imperiale e la possibilità di contare su governi non ostili nei paesi confinanti. In questo conflitto essi cercavano di coinvolgere vari alleati. Le guerre che seguirono si svolsero in diversi teatri: ancora una volta in Italia nella prima fase, in Italia e fuori della penisola in un secondo tempo.
Questi conflitti si incrociarono e si sovrapposero ad altri che videro coinvolti anche i turchi, con i quali francesi trovarono significative forme di accordo. Il duello giunse alla sua naturale composizione allorché Carlo V, vista l'impossibilità di portare a termine il suo progetto di dominio universale, decise di abdicare a favore del figlio Filippo II e del fratello Ferdinando. Separati nuovamente i domini spagnoli e imperiali, si poté arrivare a una composizione che stabilizzò l'assetto politico dell'Europa per circa un secolo. La pace franco-spagnola di Cateau-Cambrésis, sancì il controllo della Spagna su gran parte del territorio italiano e il suo ruolo di potenza dominante in Europa.
A nord e a est dei domini asburgici, altri Stati stavano conoscendo eventi in parte diversi da quelli dell'Europa occidentale. Mentre in Polonia, ad esempio, il potere dei nobili stava avendo la meglio su quello della monarchia, in Russia avvenivano processi esattamente inversi. La ricomposizione territoriale realizzata dai sovrani stava trasformando la Russia in un impero unito e potente che, però, non era ancora in grado di intervenire nelle vicende politiche dell'Europa occidentale. La Svezia, invece, riconquistata la sua autonomia, era pronta ad affrontare i complessi eventi che stavano attraversando l'Europa del Cinquecento.
Anche in un'altra periferia d'Europa si stavano creando processi politici di ampia portata. Conquistata Costantinopoli, i turchi avevano dato vita a un impero che aveva mire universalistiche. Dopo aver consolidato un dominio che si estendeva sui tre continenti affacciati sul Mediterraneo, il sultano turco aveva puntate la sua attenzione verso l'Europa. Penetrandovi da sud e da est, l'impero turco era diventato uno dei protagonisti della vita politica europea.
7. I nuovi orizzonti geografici
Ai navigatori europei, che verso la fine del ‘400 si apprestano a scoprire le nuove rotte dell’Atlantico e dell’Oceano Indiano, allargando in maniera sconvolgente gli orizzonti geografici e gettando le basi per la formazione di un’economia mondiale, le conoscenze del tempo impediscono non solo qualsiasi congettura sull’esistenza delle Americhe, ma anche una corretta visione dei continenti già noti.
Studi recenti hanno evidenziato per l’Africa nera precoloniale una realtà né uniforme né arretrata. Ad aree poco abitate e primitive si alternano zone con popolazioni dedite all’allevamento, all’agricoltura e all’artigianato. Inoltre tra il XIV e il XVI secolo, nella fascia tra il Sahara e la foresta equatoriale, formazioni statali complesse si sovrappongono alla tradizionale organizzazione per clan e tribù.
Le civiltà più evolute del continente americano (maya, atzechi, incas) si sviluppano nel millennio che precede la conquista spagnola. Sono caratterizzate da un’agricoltura sedentaria e da un’attività artigianale molto varia. Pur non conoscendo l’uso del ferro e della ruota, realizzano importanti opere pubbliche. Manca loro una solida organizzazione statale e sono permeate da una concezione religiosa che giustifica una rigida stratificazione statale.
Nel 1492 Cristoforo Colombo compie per conto della corona spagnola la sua prima spedizione nelle Americhe. Numerosi viaggi esplorativi si succedono nel nuovo continente negli anni seguenti, mentre continua con successo la penetrazione portoghese nelle Indie orientali attraverso la circumnavigazione dell’Africa. I contrasti insorti tra Spagna e Portogallo per il controllo dei nuovi territori vengono risolti da un trattato che sancisce il predominio spagnolo nell’America centromeridionale e quello portoghese in parte del Brasile, sulle coste africane e nell’oceano Indiano (trattato di Tordesillas: 1494). Il sogno di Colombo di circumnavigare il globo viene realizzato per la prima volta tra il 1519 e il 1522 da una spedizione guidata da Ferdinando Magellano.
L’impero coloniale portoghese si organizza attorno ad una serie di fortezze militari e di empori commerciali lungo le coste africane e asiatiche (colonialismo commerciale). Il commercio di spezie e di prodotti di lusso destinati ai mercati europei vede coinvolti anche la corona, attraverso la Casa da India, e i finanzieri italiani e fiamminghi operanti ad Anversa; mentre i mercanti arabi e veneziani impediscono un vero e proprio regime di monopolio tenendo aperta la via del mar Rosso.
Dalla scoperta alla conquista. A partire dal secondo decennio del ‘500 i “conquistadores” spagnoli, forti delle loro armi da fuoco e delle loro cavalcature, avviano la conquista della terraferma americana. La vittoria di Cortés sugli aztechi e l’occupazione del Messico portano alla creazione di un vicereame della Nuova Spagna (1522); quella di Pizarro sugli incas alla istituzione del vicereame del Perù (1544). In pochi decenni le popolazioni indigene dell’America latina, già provate per le conseguenze della sconfitta militare, vengono falcidiate dallo sfruttamento e dalle malattie.
La Spagna procede all’organizzazione delle proprie colonie attraverso la fondazione di città e l’istituto dell’ “encomienda”, simile al feudo europeo, anche se non ereditario. Tramite il “Consiglio delle Indie” e il diritto di nomina dei principali funzionari civili ed ecclesiastici, il re cattolico può esercitare un certo controllo sui due vicereami e sulle loror province. Le attività economiche più importanti sono l’agricoltura, l’allevamento e, a partire dagli anni Quaranta, la produzione dell’argento, in cui vengono impiegati, con le popolazioni indigene decimate dalla violenza e dalle malattie, i primi schiavi neri, soggetti ad un feroce sfruttamento.
Cronologia
1420-30 Occupazione portoghese delle isole Madera e Azzorre.
1487 Bartolomeo Diaz doppia il Capo di Buona Speranza.
1492 Primo viaggio di Cristoforo Colombo e scoperta dell’America.
1494 Trattato di Tordesillas tra Spagna e Portogallo per il controllo dei nuovi territori.
1498 Vasco da Gama approda a Calicut, sulla costa occidentale indiana.
1500 Cabral prende possesso del Brasile in nome del re portoghese.
1509 Vittoria navale dei portoghesi sul sovrano d’Egitto a Diu.
1519-22 La spedizione guidata da F. Magellano compie la prima circumnavigazione del
globo.
1519-22 Cortés occupa i territori degli aztechi e viene nominato governatore della Nuova
Spagna.
1524 Viene creato il “Consiglio delle Indie”.
1531-33 Pizarro sottomette gli incas.
1542 Il domenicano Bartolomé de Las Casas scrive una Brevissima relazione sulla
distruzione delle Indie.
1542 Carlo V emana le “Nuove Leggi”.
1544 È istituito il vicereame del Perù.
8. I nuovi orizzonti spirituali: Rinascimento e Riforma
La Riforma protestante dà avvio ad una nuova fase della storia europea. Essa è preceduta, e in un certo senso preparata, dall’esperienza dell’umanesimo cristiano, con la sua critica a una religiosità esteriore e mondana, e con la sua aspirazione a un rinnovamento spirituale sostenuto da un nuovo approccio (critico e filologicamente corretto) ai testi delle Sacre Scritture. L’esponente principale di questo indirizzo è l’olandese Erasmo da Rotterdam.
La ricerca della soluzione all’angoscioso problema della salvezza porta Lutero (1483-1546) all’elaborazione di una dottrina inconciliabile con la fede tradizionale, in cui sottolinea il potere salvifico della sola grazia (le opere in tal senso non hanno valore) e il rapporto diretto tra il credente e Dio (sacerdozio universale, lettura individuale della Bibbia, riduzione dei sacramenti ai soli battesimo ed eucaristia). Vengono così negati il magistero della Chiesa in campo teologico, il suo ruolo di mediazione tra Dio e l’uomo, la sua esistenza come corpo separato dalla società.
La corruzione della Chiesa e la scandalosa vicenda delle indulgenze spingono Lutero a redigere le 95 tesi (1517), che riscuotono consenso e successo in tutta la Germania. Nel 1521 Lutero viene scomunicato da Leone X e, dopo la Dieta di Worms, bandito da Carlo V dai territori dell’impero; ma l’intervento del principe elettore di Sassonia impedisce ogni azione punitiva nei suoi confronti. L’adesione di molti principati e città tedesche alla Riforma determina i primi scontri armati tra le opposte confessioni e i primi provvedimenti contro la Chiesa di Roma: abolizione di conventi e monasteri, secolarizzazione dei beni ecclesiastici, nomina di ministri del culto di fede luterana.
Ben presto la riforma religiosa innesca nei territori tedeschi una serie di ribellioni a sfondo sociale e politico. La rivolta dei contadini (poi allargatasi alle città) viene duramente repressa dai principi e dai ceti superiori (1524-25), col beneplacito dello stesso Lutero, mentre il radicalismo religioso sopravvive negli anabattisti (di tendenza anarchica e non violenta, ma privi di una coerente dottrina teologica), oggetto ovunque, tra i protestanti come tra i cattolici, di feroci persecuzioni.
Il progetto di Carlo V di ricostruire un unico grande impero cristiano, in grado di lottare compatto contro gli infedeli, è destinato all’insuccesso. Il radicarsi della Riforma nei principati e nelle città tedesche, il conflitto con il re francese, le stesse difficoltà incontrate in Spagna dimostrano il carattere anacronistico del disegno dell’imperatore asburgico e la realtà di un’Europa dai contrastanti interessi politici e ormai divisa sul piano religioso.
La prima fase dello scontro tra Carlo V e Francesco I nell’Italia centrosettentrionale, tra il 1521 e il 1529, segnata dal clamoroso episodio del sacco di Roma (1527), si conclude con la sconfitta francese e il ripristino degli Sforza a Milano e dei Medici a Firenze.
L’avanzata dei Turchi nell’Europa orientale e la pirateria barbaresca nel Mediterraneo complicano ulteriormente il quadro politico-militare entro cui Carlo V è costretto ad agire. Tanto più che i principi riformati si uniscono nella lega di Smalcalda (1530) e il re francese, alleatosi con i turchi e pronto a sostenere i protestanti tedeschi, riprende le ostilità in Italia. Il fallimento di ogni tentativo di accordo tra protestanti e cattolici, l’intransigenza papale, la questione di Parma e Piacenza incrinano le stesse relazioni tra l’imperatore e il pontefice.
La pace di Augusta del 1555 tra Carlo V e i protestanti tedeschi sancisce la divisione religiosa della Germania (“Cuius regio eius religio”), il rafforzamento dei principati tedeschi e della monarchia asburgica, la dissoluzione dell’autorità imperiale; quella di Cateau Cambrésis (1559), tra Filippo II (che ha ereditato da Carlo V la corona di Spagna) e la Francia, conferma la supremazia spagnola in Italia. Svanito il sogno di riunificazione religiosa dell’impero, Carlo V cede la corona imperiale al fratello Ferdinando I.
Per opera di Zwingli (1484-1531) la riforma protestante si diffonde nei cantoni della Svizzera tedesca, con caratteristiche che tendono a diversificarla dalla corrente luterana. Ma è con Calvino (1509-64) e la sua Chiesa ginevrina che il movimento acquisisce una forma veramente originale: forte accento sulla predestinazione, disciplina morale, energico attivismo. Inoltre la concezione calvinista dello Stato prevede il controllo da parte dell’autorità religiosa sulle magistrature civili, chiamate a custodire l’ortodossia attraverso la repressione dei dissidenti.
Nei paesi nordeuropei i mutamenti di carattere religioso sono strettamente intrecciati alla tendenza verso l’affermazione di monarchie nazionali. Enrico VIII si proclama con l’Atto di supremazia (1534) capo della Chiesa d’Inghilterra e si impadronisce dei beni dei conventi. Per la Svezia l’adesione al luteranesimo coincide con l’avvento della dinastia nazionale dei Vasa. Anche in Danimarca il luteranesimo è proclamato religione di Stato.
Cronologia
1483 Nasce Lutero.
1513 Lutero inizia il suo insegnamento a Wittenberg.
1515-16 Lutero tiene un corso sull’Epistola ai Romani di san Paolo.
1516 Tommaso Moro pubblica l’Utopia. Erasmo dà alle stampe l’edizione critica del
testo greco del Nuovo Testamento.
1517 Pubblicazione delle 95 tesi di Lutero.
1518 Zwingli giunge a Zurigo.
1521 Il papa scomunica di Lutero, che viene convocato da Carlo V davanti alla Dieta
di Worms. Carlo V promulga l’«editto di Worms».
1522 Tentativo di occupazione del principato ecclesiastico di Treviri da parte dei
cavalieri renani.
1523-25 Riforma religiosa attuata da Zwingli a Zurigo.
1524-25 Rivolta dei contadini. Pubblicazione dei Dodici Articoli (febbraio 1525).
Sconfitta dei contadini a Frankenhausen: cattura e condanna di Thomas
Müntzer (maggio 1525).
1531 Battaglia di Kappel: morte di Zwingli.
1534 Gli anabattisti si impadroniscono del governo di Münster.
Persecuzione degli eretici di Francia: Calvino fugge a Strasburgo.
1534 Il Parlamento inglese approva l’Atto di supremazia.
1536 Cristiano III di Danimarca proclama il luteranesimo religione di Stato.
1536-38 Primo soggiorno ginevrino di Calvino.
Esce la prima edizione dell’Istituzione della religione cristiana (1536).
1541 Riorganizzazione della Chiesa di Ginevra in base alle «Ordinanze» di Calvino.
1545 Paolo III investe dei domini di Parma e Piacenza il figlio naturale Pier Luigi
Farnese.
1547 Vittoria di Carlo V, a Mühlberg, sulla lega di Smalcalda.
1547-53 Regno di Edoardo VI in Inghilterra: si diffonde la dottrina calvinista.
1553-58 In Inghilterra tentativo di ritorno al cattolicesimo sotto Maria Tudor.
1555 Pace di Augusta.
1555-56 Abdicazione di Carlo V: Filippo II re di Spagna; Ferdinando I imperatore.
1558 Morte di Carlo V.
1559 Pace di Cateau Cambrésis.
9. La Controriforma e l’Italia del tardo Cinquecento
Al concetto di Controriforma, elaborato dalla storiografia tedesca per sottolineare il carattere repressivo della risposta della Chiesa alla sfida protestante, gli storici cattolici hanno opposto quello di Riforma cattolica, per evidenziare lo sforzo di rigenerazione del mondo ecclesiastico dei primi decenni del ‘500. Certo è che il sostanziale fallimento di quel moto di rinnovamento interno e la diffusione del luteranesimo determinarono la radicalizzazione dello scontro e la reazione intransigente della Chiesa di Roma.
La prima metà del ‘500 vede la nascita di nuove congregazioni religiose, maschili e femminili, come i cappuccini, i teatini, i barnabiti, i somaschi, i gesuiti e le orsoline. Predicazione, attività missionaria, assistenza e insegnamento rappresentano le principali occupazioni di questi ordini, tra cui emerge per importanza la Compagnia di Gesù: i suoi collegi si diffondono in tutto il mondo, e i suoi membri sono presenti nelle principali corti europee in qualità di consiglieri e di confessori.
Il concilio di Trento, convocato con molto ritardo e sospeso per un lungo periodo anche a causa dell’intransigenza di Paolo IV (si aprì nel 1545 e si concluse nel 1563), segna la definitiva rottura sul piano dottrinale tra cattolici e protestanti, riafferma il primato pontificio, la validità delle opere ai fini della salvezza e la funzione della Chiesa di depositaria della verità e di intermediaria tra uomo e Dio. Il concilio detta inoltre una serie di norme disciplinari che regolano gli obblighi di vescovi e parroci. Per l’istruzione del clero vengono istituiti i seminari diocesani.
La Chiesa post-tridentina tende a riaffermare il proprio dominio non solo in campo spirituale ma anche nella sfera politica, sostenendo con tenacia la supremazia del papa sui sovrani temporali, attuando una politica espansionistica, avviando la riorganizzazione della Curia Romana e lo sviluppo edilizio di Roma. Ciò determina l’insorgere di contrasti con le monarchie cattoliche, mentre anche l’opera di riforma di vescovi zelanti, come il milanese Carlo Borromeo, entra in conflitto con gli interessi dell’autorità civile e dello stesso clero.
L’egemonia spagnola non preclude agli Stati italiani nel corso del ‘500 una fase di espansione economica e di ammodernamento istituzionale. Nei domini diretti della Spagna viene esercitato dal viceré (regni di Napoli, Sicilia e Sardegna) o dal governatore (Stato di Milano), che dipendono da un “Consiglio d’Italia” operante a Madrid; ma una notevole autonomia e capacità di manovra mantengono le magistrature locali, come il Senato milanese e il Consiglio Collaterale napoletano.
Un processo di progressivo accentramento del potere caratterizza il Ducato fiorentino e lo Stato sabaudo. Nelle repubbliche di Genova e Venezia la lotta tra le opposte fazioni nobiliari si risolve in un ulteriore rafforzamento della tendenza oligarchica. Mentre cadono vittime dell’Inquisizione alcuni noti rappresentanti della cultura italiana (G. Bruno, G. Galilei), Venezia, entrata in conflitto con Roma per questioni puramente temporali, viene colpita dall’interdetto (1606). A prenderne le difese è il frate Paolo Sarpi.
Cronologia
1528 (ca) Nascita dei cappuccini.
1530 Ai Medici viene riconosciuto il titolo ducale.
1537 È istituito da papa Paolo III il Consilium de emendando Ecclesia.
1540 Paolo III approva la costituzione della Compagnia di Gesù.
1542 Creazione del Sant’Uffizio dell’Inquisizione.
1545 Apertura del concilio di Trento.
1549 Il gesuita Francesco Saverio introduce il cristianesimo in Giappone.
1557 Cosimo I annette Siena al ducato di Firenze.
1559 Paolo IV promulga l’Indice dei libri proibiti.
1562-63 Fase conclusiva del concilio di Trento.
1565-84 Carlo Borromeo arcivescovo di Milano.
1569 Ai Medici viene riconosciuto il titolo di granduchi di Toscana.
1570 Pio V scomunica la regina d’Inghilterra Elisabetta I.
1598 Ferrara viene annessa allo Stato della Chiesa.
1600 Condanna a morte di Giordano Bruno.
1601 Carlo Emanuele I ottiene il Marchesato di Saluzzo.
1606 Interdetto di Paolo V contro Venezia.
10. L’Europa nell’età di Filippo II
La Spagna di Filippo II (1556-1598) è la potenza egemone in Europa per la vastità dei suoi domini, per l’entità delle risorse finanziarie e umane che è in grado di mobilitare, per il valore dei suoi soldati, per le difficoltà che attraversa la sua maggiore rivale, la Francia. Ma già sono all’opera i fattori del futuro declino: la difficoltà di tenere insieme un impero così esteso e privo di coesione, la debolezza economica della Castiglia, centro nevralgico della monarchia su cui grava in misura sproporzionata il peso delle imposte, il moltiplicarsi e il sovrapporsi delle sfide e degli impegni militari.
Nel 1566 ha inizio la rivolta dei Paesi Bassi contro gli spagnoli, per cause insieme religiose (diffusione del calvinismo), politiche ed economiche. Mentre dopo il 1579 le dieci province del sud ritornano all’obbedienza, le sette province settentrionali continuano la lotta e a fine ‘500 appaiono già in grado di conquistare l’indipendenza. Nel Mediterraneo lo sforzo principale di Filippo II è diretto a contrastare la minaccia ottomana. La vittoria cristiana di Lepanto (1571) porta a una situazione d’equilibrio tra i due imperi, nel quale si inseriscono però una pirateria sempre più temibile, esercitata da navigli sia musulmani sia cristiani, e la penetrazione nelle acque mediterranee dei velieri olandesi e inglesi.
Sotto Elisabetta I (1558-1603) l’Inghilterra trova un suo equilibrio religioso (compromesso anglicano) ed è protagonista di una grande espansione economica e marittima. La vittoria sulla «invencible armada» di Filippo II (1588) dà nuovo slancio al paese e ne prepara la futura ascesa a grande potenza europea.
La diffusione del calvinismo e l’irrequietezza della nobiltà portano in Francia alle guerre di religione (1562-98), che mettono a dura prova l’ordine monarchico. Alla fine però il nuovo re Enrico IV di Borbone (1589-1610) è in grado di restaurare l’unità del paese e di imporre la pacificazione politica e religiosa con l’editto di Nantes (1598).
La Polonia e la Russia, Stati simili per caratteristiche economico-sociali (scarsa densità demografica, mancanza di ceti intermedi e debolezza della città, grandi tenute signorili e servaggio dei contadini), conoscono a partire dal Quattro-Cinquecento un destino diverso: la Polonia un indebolimento progressivo dell’autorità monarchica, la Russia l’affermazione del potere dispotico degli zar, di cui una prima manifestazione è il regno di Ivan IV il Terribile (1533-84). Il confuso periodo che segue alla sua morte (l’«epoca dei torbidi») si conclude con l’avvento della dinastia dei Romanov (1613).
Cronologia
1533-84 Regno di Ivan IV il Terribile in Russia.
1556-98 Regno di Filippo II in Spagna.
1558-1603 Regno di Elisabetta I in Inghilterra.
1559 Morte del re francese Enrico II. In Inghilterra Elisabetta promulga l’«Atto di
uniformità».
1562 In Francia, inizio delle ostilità tra cattolici e ugonotti.
1566 Inizio della rivolta dei Paesi Bassi.
1571 Vittoria della «santa lega» a Lepanto contro la flotta ottomana.
1572 Notte di S. Bartolomeo (23-24 agosto). Carattere elettivo della corona polacca.
1573 Pace tra Venezia e l’impero ottomano.
1578 Tregua tra Filippo II di Spagna e il sultano ottomano.
1580 Annessione del Portogallo e dei suoi possedimenti coloniali alla corona
spagnola.
1588 Vittoria della flotta inglese sulla «invencible armada» spagnola.
1589 Ascesa al trono francese di Enrico IV di Borbone.
1598 In Francia, pace di Vervins con la Spagna e editto di Nantes.
1600 Fondazione della «Compagnia delle Indie orientali».
1613 Michele Romanov eletto zar in Russia.
11. L’Europa nella guerra dei Trent’anni
Il Seicento viene solitamente considerato un secolo di crisi per il profondo malessere che caratterizza la vita politica, sociale ed economica. È tuttavia ormai evidente la diversità di esperienze delle varie aree europee: al declino degli Stati che s’affacciano sul Mediterraneo fanno riscontro le trasformazioni e lo sviluppo in atto in paesi come l’Olanda e l’Inghilterra. Un aspetto della crisi è rappresentato dalla negativa congiuntura demografica, determinata dalle guerre, dalle carestie, dalla peste e dal conseguente aumento dell’età media del matrimonio.
Per quanto concerne l’economia il XVII secolo è caratterizzato da una contrazione della domanda, che determina l’abbassamento dei prezzi, dalla stagnazione dell’agricoltura, connessa a una inasprimento fiscale che va a colpire soprattutto la classe contadina, dalle difficoltà del commercio a causa della «guerra dei trent’anni».
La «crisi rivoluzionaria» del Seicento consiste in una serie di conflitti politico-sociali che hanno una comune origine, l’aumento della pressione tributaria, e tendono a mettere in discussione la tradizionale gerarchia sociale. È su questo sfondo di rivolte che progredisce la struttura assolutistica delle monarchie europee.
Il Seicento è anche un secolo di intolleranza e di paure, segnato da fenomeni di psicosi collettiva e da dure repressioni, come la caccia alle streghe, l’ossessione degli «untori» e la persecuzione degli ebrei.
Nonostante la crisi che investe la società e il controllo repressivo esercitato da istituzioni quali l’Inquisizione, il Seicento segna la nascita della scienza moderna. L’elaborazione di un metodo d’indagine fondato sull’osservazione diretta, la sperimentazione e la matematica, le scoperte di Galileo e Newton, il pensiero filosofico di Bacone e Cartesio, la messa a punto di nuovi e più precisi strumenti di misurazione, la fondazione di accademie e riviste scientifiche segnano il definitivo declino della tradizione aristotelico-scolastica.
Interessanti sviluppi si hanno anche nell’ambito del pensiero politico ed economico: il problema dell’origine del potere e della sua legittimazione stimola il dibattito attorno ai temi della «ragion di Stato», del tirannicidio, del contratto sociale, approdando a soluzioni di tipo assolutistico (Hobbes) o democratico (Spinoza). Domina a livello economico la dottrina mercantilista, che sottolinea l’importanza dell’intervento dell’autorità statale nell’economia per accrescere le ricchezze nazionali.
Le Province Unite sono all’inizio del ‘600 la maggiore potenza marittima e commerciale europea. La prosperità economica, dovuta a solide istituzioni finanziarie, all’espansione delle manifatture e dei traffici e allo sviluppo di un’agricoltura intensiva, è favorita dal clima di tolleranza religiosa. La vita politica della confederazione si riassume nella dialettica tra l’autorità militare («statolder») e l’assemblea degli «Stati Generali» presieduta dal «Gran Pensionario».
I primi decenni del ‘600 vedono una repentina ascesa della monarchia svedese. Dopo la deposizione del cattolico Sigismondo Vasa (1599), Carlo IX (1604-1611) e Gustavo Adolfo (1611-32) procedono al rafforzamento interno del paese mediante una riforma amministrativa, la coscrizione obbligatoria e lo sviluppo degli armamenti. Così la Svezia può avviare una politica espansionistica ai danni di Danimarca e Polonia e giocare un ruolo di primo piano nella «guerra dei trent’anni».
All’inizio del ‘600 nuove tensioni religiose, politiche ed economiche indeboliscono gli accordi di pace da poco raggiunti e, intrecciandosi tra loro, pongono le premesse per un nuovo conflitto generale.
Con la conclusione delle guerre di religione, sotto Enrico IV la Francia torna a ricoprire un ruolo di primo piano sulla scena europea. Il rafforzamento dell’autorità regia diventa il principale obiettivo di Luigi XIII e del suo ministro Richelieu. Si assiste così all’indebolimento delle grandi casate nobiliari, allo smantellamento dell’organizzazione politico-militare ugonotta e all’istituzione degli «intendenti» di giustizia, polizia e finanza, mentre un deciso impulso viene dato al commercio e all’economia.
La debolezza di Filippo III e Filippo IV fa emergere sulla scena politica spagnola i cosiddetti «favoriti» (i valìdos). Dopo il duca di Lerma, artefice della pace con l’Inghilterra (1604) e dell’espulsione dei moriscos (1609), sale alla ribalta il conte-duca di Olivares, costretto ad affrontare una situazione politico-militare assai complessa, che vede la Spagna impegnata su più fronti e immersa in enormi problemi finanziari.
Nell’impero, la debolezza della suprema autorità politica e la complessa situazione religiosa, che vede il diffondersi del calvinismo accanto a cattolicesimo e luteranesimo, acuiscono i contrasti tra i diversi principati, determinando la formazione di due alleanze contrapposte: l’«Unione evangelica» e la «Lega cattolica».
La mancata nomina a re di Boemia di Ferdinando di Stiria, eletto imperatore col nome di Ferdinando II, e la preferenza espressa a favore del calvinista Federico V, elettore del Palatinato, scatenano la reazione imperiale contro l’alleanza protestante, dando inizio a quell’immane conflitto noto come «guerra dei trent’anni» (1618-48). In una prima fase si assiste alla supremazia delle truppe imperiali e spagnole, che consente di avviare il processo di «ricattolicizzazione» della Boemia, e al fallimento dell’intervento del re danese. Riprende anche il conflitto tra la Spagna e le Province Unite.
La «guerra di Mantova» (1629-31) sposta momentaneamente il teatro delle operazioni in Italia, indebolendo lo sforzo militare spagnolo nei Paesi Bassi e favorendo la coalizione franco-svedese a fianco dei protestanti tedeschi, che ottiene tra il 1639 e il 1643 vittorie decisive sugli Asburgo. La pace di Vestfalia (1648) determina il definitivo riconoscimento dell’indipendenza delle Province Unite, la supremazia svedese sul Baltico, l’ascesa del Brandeburgo-Prussia, importanti annessioni territoriali per la Francia e l’ammissione del calvinismo nei principati dell’impero.
Cronologia
Impero
1576 Rodolfo II succede a Massimiliano II sul trono imperiale.
1608 «Unione evangelica» tra luterani e calvinisti.
1609 «Lega cattolica». «Lettera di maestà» di Rodolfo II alla nobiltà boema.
1612 La corona imperiale passa a Mattia.
Svezia
1592 Sigismondo Vasa di Polonia eredita la corona di Svezia.
1604 Carlo IX re di Svezia.
1611 Gustavo Adolfo succede a Carlo IX.
1617 Pace di Stolbova tra Svezia e Russia.
1621 Occupazione svedese del porto di Riga.
Province Unite
1602 Fondazione della Compagnia olandese delle Indie orientali.
1609 Fondazione del banco di Amsterdam.
Francia
1610 Assassinio di Enrico IV. Reggenza di Maria de’ Medici.
1614-15 Convocazione degli «Stati Generali».
1624 Il cardinale Richelieu alla testa della politica francese.
1628 Presa della fortezza ugonotta di La Rochelle.
Spagna
1598 Filippo III re di Spagna.
1604 Pace tra Spagna e Inghilterra.
1609 Tregua di dodici anni con le Province Unite. Espulsione dei moriscos.
1621-65 Regno di Filippo IV
1626 Progetto della Union de las armas del conte-duca di Olivares.
Guerra dei trent’anni
1618 «Defenestrazione» di Praga
1619 Federico V del Palatinato è eletto re di Boemia. Ferdinando II succede a Mattia
sul trono imperiale
1620 Vittoria delle truppe imperiali alla Montagna bianca.
1621 Ripresa delle ostilità tra Spagna e Province Unite.
1624-25 Intervento militare di Cristiano IV di Danimarca e guerra franco-spagnola per la
Valtellina.
1628 Wallenstein è nominato generalissimo delle truppe imperiali.
1629 Cristiano IV di Danimarca è costretto alla pace. «Editto di restituzione».
1629-31 Guerra di Mantova e del Monferrato.
1631 La Svezia interviene in Germania.
1631-32 Vittorie svedesi e morte del re Gustavo Adolfo (novembre 1632).
1634 Assassinio di Wallenstein. Vittoria imperiale a Nördlingen.
1643 Vittoria francese sulla Spagna a Rocroi.
1641-48 Pace di Vestfalia.
12. Rivoluzioni e rivolte.
L’unione delle corone inglese e scozzese nella persona di Giacomo I Stuart non risolvono le due maggiori questioni che oppongono re e Parlamento: quella religiosa, che vede i puritani insoddisfatti del compromesso anglicano, e quella finanziaria, consistente nella insufficienza delle entrate ordinarie della corona di fronte alle spese crescenti. Si assiste così, anche per l’impopolarità del nuovo sovrano straniero, ad un inasprimento dei rapporti tra re e Parlamento.
Gli insuccessi in campo economico e militare favoriscono gli attacchi del Parlamento inglese contro Giacomo I e il suo successore Carlo I, che, dopo l’assassinio del suo favorito, il duca di Buckingham, decide lo scioglimento dell’assemblea rappresentativa (1628). Prende così avvio il tentativo della corte di attuare una politica assolutistica, destinato però a fallire a causa del malcontento suscitato da scelte religiose antipuritane da nuove imposizioni fiscali.
La rivolta della Scozia contro la politica religiosa dell’arcivescovo Laud costringe Carlo I a convocare di nuovo il Parlamento. Lo smantellamento delle strutture assolutistiche attuato dal «Lungo Parlamento» (1640-53), la condanna dei ministri del re e il problema del controllo dell’esercito in occasione di un’insurrezione cattolica in Irlanda determinano la reazione di Carlo I, scatenando (1642) la guerra civile tra le forze parlamentari e il partito realista. Sconfitte le truppe regie dal New Model Army di Cromwell, emergono ben presto nel Parlamento e nell’esercito notevoli divergenze religiose e politiche. Ai presbiteriani, che costituiscono la maggioranza in Parlamento, si contrappongono i «livellatori», assai forti a Londra e nell’esercito, fautori della sovranità popolare e del suffragio universale, mentre in tutto il paese fanno proseliti nuove sette religiose. Carlo I, fuggito dalla prigionia e nuovamente catturato, viene processato e condannato a morte (1649).
La nascita del Commonwealth (la Repubblica Unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda) è contrassegnato da un accentramento dei poteri nelle mani del Lord Protettore Cromwell e dei grandi dell’esercito, dalla repressione del movimento dei livellatori, dal massacro dei ribelli cattolici irlandesi. La dittatura militare da un lato promuove una politica estera aggressiva, che si esprime nella promulgazione dell’Atto di navigazione all’origine della prima guerra contro l’Olanda (1652-54) e nella conquista della Giamaica spagnola (1655); dall’altro crea nella società un profondo malessere che, alla morte di Cromwell, favorisce la restaurazione monarchica e il ritorno degli Stuart (1660).
Il malcontento, già manifestatosi tra le masse popolari al tempo di Richelieu, esplode nuovamente in Francia a metà Seicento sotto il governo del cardinale Mazzarino, coinvolgendo il mondo degli officiers e l’alta aristocrazia: alla «Fronda parlamentare» (1648-49), che elabora un programma politico antiassolutistico, fa seguito la «Fronda dei principi» (1650-53). Il loro fallimento e la fine dell’anarchia rafforzano l’autorità monarchica, permettendo al Mazzarino di imporre alla Spagna la pace dei Pirenei (1659).
I rovesci militari, la perdita del Portogallo nel 1640 (la cui indipendenza fu formalmente riconosciuta solo nel 1668), le rivolte separatiste della Catalogna e di Napoli, l’ennesima bancarotta, le prime sconfitte ad opera di Luigi XIV accelerano il declino della potenza spagnola: La Castiglia, perno finanziario del regno, esce da cinquant’anni di guerre in preda ad una profonda crisi demografica ed economica.
Cronologia
1603 Giacomo I Stuart succede alla regina Elisabetta sul trono inglese.
1605 «Congiura delle polveri» in Inghilterra.
1620 La Mayflower trasporta i pellegrini puritani inglesi in America.
1625 In Inghilterra Carlo I succede a Giacomo I.
1628 Il Parlamento inglese impone al re la Petizione di diritto.
1629 Scioglimento del Parlamento inglese.
1640 «Breve Parlamento» in Inghilterra. Indipendenza del Portogallo.
1640-52 Rivolta della Catalogna.
1640-53 «Lungo Parlamento» in Inghilterra.
1641 Insurrezione cattolica in Irlanda.
1642 Inizio della guerra civile inglese.
1643 Morte di Luigi XIII, re di Francia. Inizio del ministero di Mazzarino.
Filippo IV, re di Spagna, licenzia l'Olivares.
1644-45 Vittorie militari di Cromwell.
1648-49 «Fronda parlamentare» in Francia.
1649 Condanna a morte di Carlo I. Proclamazione del Commonwealth (la Repubblica
Unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda).
1649-50 Repressione dell'insurrezione irlandese.
1650-53 «Fronda dei principi» in Francia.
1651 L'Inghilterra emana l'Atto di navigazione.
1652-54 Prima guerra anglo-olandese.
1655 Guerra anglo-spagnola e conquista inglese della Giamaica.
1658 Morte di Cromwell.
1659 Pace dei Pirenei tra Francia e Spagna.
1660 Dichiarazione di Breda: restaurazione della dinastia Stuart in Inghilterra.
13. L'Italia del Seicento
La crisi economica, aggravata dagli effetti della guerra e dalla peste, investe soprattutto la produzione urbana di pannilani e di altri tessuti, non concorrenziali con i più economici manufatti inglesi e olandesi. Al nord il crollo dell'economia cittadina viene in parte compensato dai progressi delle campagne, dove si sviluppano attività manifatturiere di tipo tessile e metallurgico.
Il dinamismo che nell'epoca precedente aveva caratterizzato la società italiana lascia il posto nel Seicento a una cristallizzazione delle gerarchie e a una mentalità aristocratica. Contribuisce a diffondere questo atteggiamento conservatore la centralità della Chiesa, in grado di condizionare ogni aspetto della vita sociale. All'impoverimento della cultura filosofica e letteraria fanno comunque riscontro i positivi contributi degli italiani nella scienza, nella musica e nell'architettura.
Mentre si rafforza il potere dei ceti dominanti milanese e napoletano, la crisi sociale ed economica evolve nei domini spagnoli in maniera differente, favorendo nello Stato di Milano un certo riequilibrio demografico e la ripresa delle attività agricole e manifatturiere, e nel Mezzogiorno, invece, l'estensione dei poteri feudali ai danni di masse contadine sempre più irrequiete.
Il malcontento per il carovita e l'eccessivo fiscalismo sono all'origine delle rivolte antispagnole di Palermo, Napoli e Messina. L'insurrezione napoletana (1647-48), guidata all'inizio da Masaniello e sostenuta dal ceto borghese cittadino, è accompagnata nelle province da una serie di moti antibaronali. Ma l'intervento spagnolo, il mancato aiuto del re di Francia e le discordie interne al movimento di rivolta pongono fine all'esperienza della repubblica napoletana.
Le mire espansionistiche di Carlo Emanuele I (1580-1630) favoriscono la costruzione nello Stato sabaudo di un forte apparato militare e fiscale. Il Granducato di Toscana appare invece i preda a una lunga stagnazione per la scarsa vitalità dell'economia e il clima conformista imperante nella corte medicea.
Venezia, costretta a un ennesimo e prolungato confronto militare con l'impero ottomano («guerra di Candia»: 1645-1669), perde via via il proprio ruolo internazionale, sia politico che commerciale. Nello Stato pontificio si attenua la spinta a un maggiore controllo delle province e si acuisce il contrasto tra la generale arretratezza delle campagne e lo sfarzo della capitale.
Cronologia
1580-1630 Regno di Carlo Emanuele I di Savoia.
1628-30 Seconda guerra del Monferrato di piemontesi e spagnoli contro i francesi.
1630-31 La peste colpisce l'Italia settentrionale e la Toscana.
1631 Il Ducato di Urbino viene annesso allo Stato pontificio.
1645-69 «Guerra di Candia» tra Venezia e l'impero ottomano.
1647 Rivolta di Palermo.
1647-48 Rivoluzione napoletana.
1656-57 Epidemia di peste nel Mezzogiorno, nel Lazio e in Liguria.
1663-75 Regno di Carlo Emanuele II di Savoia.
1674-78 Insurrezione di Messina.
14. Imperi e civiltà dell'Asia tra XVI e XVIII secolo
Per numero di abitanti, per le civiltà che seppe esprimere, per l'influenza che queste esercitarono sull'Europa, l'area del continente asiatico costituisce un capitolo importante nella storia dell'epoca moderna.
Condizioni di stabilità e di pace, un'agricoltura avanzata, attività commerciali e manifatturiere, sofisticate conoscenze tecniche spiegano il notevole sviluppo della società cinese sotto la dinastia Ming. A livello politico l'autorità imperiale è affiancata da una classe di burocrati-letterati, veri gestori del potere. Tra le cause del declino dell'impero cinese, passato verso la metà del '600 sotto la dinastia Q'ing in seguito all'invasione manciù, vanno ricordati l'irrigidimento delle profonde differenze sociali, causa di rivolte soprattutto nel mondo rurale, e l'affermarsi del tradizionalismo intellettuale e tecnologico.
Nell'impero giapponese, dopo secoli di anarchia feudale, si avvia un processo di accentramento del potere nelle mani delle grandi famiglie che si tramandano la carica di shogun. Nell'era «Tokugawa» si assiste, nonostante l'isolamento del Giappone dal resto del mondo, a una notevole espansione demografica ed economica, allo sviluppo di un mercato interno e a un processo di differenziazione sociale, fenomeni questi che creano le condizioni per il futuro passaggio al sistema capitalistico.
I principali caratteri del subcontinente indiano (pluralismo etnico, linguistico e religioso) rendono estremamente difficoltosa la sua unificazione politica. Un inquadramento statale relativamente saldo viene realizzato sotto l'impero moghul creato da Babur portato al suo apogeo da Akbar il Grande (1556-1605), che però non scalfisce la tradizionale organizzazione della società basata sulla divisione in caste e sulle comunità di villaggio, dedite ad un'agricoltura estremamente povera. Dopo il florido regno di Aurangzeb (1658-1707), le lotte intestine e la penetrazione straniera, soprattutto inglese, mutano radicalmente la storia dell'India.
La fine dell'espansione territoriale, a causa delle sconfitte subite da parte degli Asburgo e della Persia, l'arretratezza tecnologica e l'inettitudine dei suoi sovrani avviano l'impero ottomano verso un inesorabile declino, che giungerà a compimento nell'Ottocento. Nel XVII secolo, sotto lo scià Abbas il Grande (1587-1629), la Persia conosce invece un periodo di grande splendore, cui porrà fine all'inizio del Settecento l'invasione afghana.
Le relazioni che i paesi europei instaurano con le civiltà asiatiche influiscono profondamente sui costumi, le arti e il pensiero occidentali. Più circoscritta è l'influenza europea sull'oriente, dove gli stanziamenti portoghesi, spagnoli, olandesi e inglesi restano limitati fino al XVIII secolo all'Indonesia, alle Filippine e ad alcuni tratti delle coste indiane. Gli enormi territori della Siberia, nell'Asia settentrionale sono occupati nel corso del Seicento dalla Russia.
Cronologia
1368-1644 La Cina sotto la dinastia Ming.
1526-30 In India Babur getta le fondamenta dell'impero moghul.
1556-1605 Consolidamento dell'impero moghul con il regno di Akbar il Grande.
1587-1629 In Persia regno del safavide Abbas il Grande.
1603-1867 Era «Tokugawa» in Giappone.
1639 La penetrazione russa nell'Asia settentrionale giunge al Pacifico.
1644-1911 La Cina sotto la dinastia Q'ing.
1658-1707 Apogeo dell'impero moghul con il regno di Aurangzeb.
1669 Editto sacro dell'imperatore cinese K'ang-tsi che riabilita la tradizione
confuciana.
1696 La Compagnia delle Indie inglese si insedia a Madras e a Calcutta.
1722 Invasione afghana della Persia.
1736-96 In Cina regno di Ch'ien-lung.
15. L'apogeo dell'assolutismo: la Francia di Luigi XIV
Il governo personale di Luigi XIV (1661-1715) segna l'inizio di un lungo periodo di egemonia francese sulla scena europea. Dopo la morte del Mazzarino Luigi XIV assume su di sé il governo del paese. Sceglie come propri collaboratori ministri di origine borghese, riorganizza i «Consigli», invia nelle province gli «intendenti». I limiti dell'assolutismo di Luigi XIV sono peraltro evidenti in ambito giudiziario, amministrativo e fiscale, dove persistono privilegi e diversità di ordinamenti legislativi.
Allo sfarzo della corte di Versailles, dove Luigi XIV richiama la nobiltà sottraendola all'attività politica, fa riscontro la miseria della maggior parte della popolazione francese, dedita all'agricoltura, soggetta al prelievo del signore feudale, del proprietario terriero, della Chiesa e dello Stato, e vittima delle guerre, delle carestie e delle epidemie.
Il risanamento delle finanze e lo sviluppo economico del paese, sostenuto e diretto dallo Stato, costituiscono i principali obiettivi della politica mercantilistica di Colbert. Le guerre che caratterizzano la seconda parte del regno di Luigi XIV incidono però negativamente sul progetto colbertista, i cui frutti si faranno sentire nel clima più favorevole del XVIII secolo.
La coesione interna perseguita dal Re Sole con ogni mezzo si traduce a livello religioso in una serie di misure che tendono a rafforzare l'ortodossia cattolica, contro la corrente giansenista e contro i protestanti (revoca dell'editto di Nantes: 1685). Il controllo regio sul clero francese e l'emanazione dei Quattro Articoli Gallicani (1682) determinano un duro scontro tra Luigi XIV e il papato.
Il rafforzamento interno della monarchia, la costruzione di una potente marina militare, la riorganizzazione dell'esercito permettono a Luigi XIV di intraprendere una politica espansionistica ai danni di Spagna ("guerra di devoluzione"), Olanda (invasione delle Province Unite) e impero asburgico (occupazione di Strasburgo e di Casal Monferrato). Le maggiori potenze europee (Spagna, Impero, Svezia e Olanda) danno allora vita a una coalizione antifrancese di carattere difensivo: la «Lega di Augusta» (1686).
Le guerre, le carestie, le tasse, l'oscurantismo bigotto imperante a corte accentuano il malcontento dei diversi gruppi sociali, soprattutto parigini, nei confronti della politica assolutista di Luigi XIV, messa in crisi anche dai nuovi indirizzi di pensiero di fine secolo.
Cronologia
1656-57 Pubblicazione delle Lettere provinciali di Pascal.
1661 Alla morte di Mazzarino ha inizio il governo personale di Luigi XIV.
1661-83 Jean Baptiste Colbert alla guida delle finanze e dell'economia francesi.
1667-68 «Guerra di devoluzione» contro la Spagna. Pace di Aquisgrana.
1672-78 Guerra contro le Province Unite. Pace di Nimega.
1682 Approvazione dei «Quattro Articoli» da parte del clero francese.
1685 Revoca dell'editto di Nantes.
1686 «Lega di Augusta».
1696-97 Esce in Olanda il Dizionario storico-critico del calvinista francese P. Bayle.
1711 Definitiva condanna papale del giansenismo.
1715 Morte di Luigi XIV.
16. I nuovi equilibri europei tra Sei e Settecento
Con l'affermazione politica del partito repubblicano e sotto la guida del «gran pensionario» Jan de Witt, le Province Unite, e in particolare l'Olanda, conoscono un periodo di grande prosperità, di tolleranza religiosa e di rigoglio intellettuale e artistico. Nell'ultimo quarto di secolo, in conseguenza dell'attacco anglo-francese, riacquista forza e prestigio il partito orangista, rappresentato dallo ‘statolder’ Guglielmo III.
In Inghilterra il delicato equilibrio tra re e Parlamento, che era riuscito a reggere sotto il regno di Carlo II (nascita dei due schieramenti politici dei tories e dei whigs), è di nuovo messo in crisi dalla politica assolutistica e filocattolica di Giacomo II. Guglielmo III d'Orange, in risposta ad un appello dei maggiori esponenti politici inglesi, interviene militarmente oltremanica provocando la fuga di Giacomo II. La «gloriosa rivoluzione» (1688-89) porta a una permanente modifica nei rapporti di forze tra corona e Parlamento, a vantaggio di quest'ultimo. La successiva partecipazione dell'Inghilterra alle coalizioni antifrancesi rende necessaria la costruzione di un robusto apparato militare, fiscale e burocratico.
La nuova compattezza religiosa interna, l'istituzione di un esercito permanente, le decisive vittorie sull'esercito ottomano rafforzano la monarchia austriaca e le consentono una prima grande espansione in direzione dei Balcani. Vienna assume il volto di una grande capitale e l'economia dà segni di risveglio. Ma le basi dell'imponente edificio rimangono fragili a causa del persistente dominio signorile sulle campagne, del dualismo principe-ceti e della debole integrazione dell'Ungheria.
La «guerra della Lega di Augusta» (1689-97) segna la supremazia sui mari della potenza inglese e la battuta d'arresto dell'espansionismo francese. La guerra di successione spagnola (1702-1714) oppone a Luigi XIV e al suo candidato Filippo d'Angiò un vasto schieramento europeo imperniato sull'asse Londra-Amsterdam-Vienna. La conclusione del lungo conflitto conferma il trasferimento alla dinastia borbonica della corona di Spagna, ma vede l'egemonia austriaca sostituirsi a quella spagnola in Italia e nei Paesi Bassi, e l'Inghilterra consolidare la propria posizione di grande potenza politica ed economica.
Sotto Filippo V e sua moglie Elisabetta Farnese la Spagna si rafforza grazie a una serie di riforme politico-amministrative e cerca di riacquistare almeno in parte il terreno perduto in Italia, ma le sue mire sono sconfitte dalla «Quadruplice Alleanza» di Austria, Francia, Olanda e Inghilterra. Con la pace dell'Aja (1720) si ritorna alla situazione precedente alla guerra, anche se la monarchia austriaca ottiene la Sicilia in cambio della Sardegna, ceduta a Vittorio Amedeo II di Savoia.
I contrasti nell'area baltica si risolvono a favore della Svezia e del Brandeburgo-Prussia e ai danni di Danimarca e Polonia. Se si eccettua quest'ultima, in tutti gli altri Stati si assiste a un processo di rafforzamento del potere monarchico, che tende a esautorare politicamente i ceti nobiliari o, come nel caso dei potenti Junker prussiani, a integrarli nell'apparato dello Stato.
Nell'impero russo i progressi dell'assolutismo e le guerre sostenute in funzione dell'espansione territoriale determinano un profondo malcontento e l'insorgere di movimenti di rivolta. La crisi dinastica dopo la morte dello zar Alessio si risolve con la salita al trono di Pietro I il Grande (1689-1725), che attua una politica di dura repressione contro i ribelli, ma nello stesso tempo di occidentalizzazione e di ammodernamento dell'apparato militare. L'ulteriore espansione russa verso il Baltico si realizza nell'ambito della «grande guerra del nord» (conclusa nel 1721 con la pace di Nystadt) da cui esce distrutta l'egemonia svedese in quell'area. La politica di riforme intrapresa dallo zar Pietro I è finalizzata al potenziamento dell'esercito, alla riorganizzazione degli apparati di governo e all'asservimento dell'aristocrazia agli interessi dello Stato.
Cronologia
1673 «Test Act» (in Inghilterra).
1683 Ultimo assedio ottomano di Vienna, seguito dalla controffensiva asburgica.
1686 Formazione della «Lega di Augusta» contro la Francia.
1688-89 In Inghilterra «Gloriosa Rivoluzione» e «Dichiarazione dei diritti» (Bill of
Rights).
1689-97 Guerra della «Lega di Augusta» contro la Francia di Luigi XIV.
1689-1725 Pietro I il Grande, zar di Russia.
1690 Due trattati sul governo civile di J. Locke.
1696 Pace tra la Francia e Vittorio Amedeo II: Pinerolo viene annesso al Ducato di
Savoia.
1697 La pace di Ryswick mette fine alla «guerra della Lega di Augusta»: ritorno alla
situazione anteriore al conflitto.
1699 Pace di Carlowitz tra gli Asburgo e gli ottomani: estensione del dominio
asburgico all'intera Ungheria e alla Transilvania.
1700 Morte di Carlo II re di Spagna.
1701 «Act of Settlement» che fissa l'ordine di successione al trono inglese.
Federico I acquisisce il titolo di re di Prussia.
1701-02 Formazione della «Grande alleanza» antifrancese e inizio della guerra di
successione spagnola.
1703 Fondazione di Pietroburgo.
1709 Vittoria russa sugli svedesi a Poltava.
1713 «Prammatica Sanzione» promulgata da Carlo VI d'Asburgo.
1713-14 Paci di Utrecht e Rastatt e fine della guerra di successione spagnola.
L'Austria ottiene i domini spagnoli in Italia e nei Paesi Bassi.
1720 Pace dell'Aja. Vittorio Amedeo II di Savoia ottiene la Sardegna in cambio della
Sicilia, ceduta all'Austria.
1721 La pace di Nystadt pone fine alla «grande guerra del nord».
17. Una nuova epoca di espansione
Nella prima metà del Settecento si avvia in Europa un moto crescente a tutti i livelli (demografico, agricolo, industriale e commerciale), che avrà la caratteristica di essere irreversibile, fatto questo che lo distingue da quelli di epoche precedenti. Ciò non significa che un immediato miglioramento del tenore di vita, quanto piuttosto una tendenza all'arricchimento di minoranze ristrette e all'impoverimento di ampi strati di popolazione.
Le cause della crescita demografica (pari al 63,5% per il continente europeo, ma con forti differenze tra le varie aree) si possono far risalire ad un miglioramento generale del clima, a una diminuzione della mortalità per la scomparsa della peste e l'impatto meno virulento sulle popolazioni delle guerre e delle carestie, a un aumento della natalità causato dalla diffusione del matrimonio precoce.
L'incremento della produzione agricola è conseguente sia a un'estensione del terreno coltivato, sia a un incremento delle aree di agricoltura intensiva, caratterizzate cioè da nuove rotazioni, dalla stretta associazione della cerealicoltura con l'allevamento e da una conduzione di tipo capitalistico. La «rivoluzione agraria» inglese, che accompagna o segue il movimento delle «recinzioni», rendendo possibile una diminuzione percentuale del numero di addetti al lavoro dei campi, mette a disposizione la manodopera necessaria per il decollo dell'industria.
L'aumento dei prezzi, che incide favorevolmente sullo sviluppo dell'agricoltura, è connesso alla crescita della popolazione, soprattutto urbana, e all'afflusso di metalli preziosi dalle Americhe. Mentre si radica nella pratica economica l'uso dei moderni strumenti di pagamento, la stabilizzazione della moneta assicura maggior equilibrio e sicurezza al commercio, reso più agevole dal miglioramento delle vie e dei mezzi di trasporto.
Nell'ambito dell'espansione settecentesca ha notevole sviluppo il commercio europeo con le colonie francesi e inglesi del Nord America, particolarmente dinamiche, e con quelle spagnole e portoghesi della parte centro-meridionale del continente americano. Queste ultime sono caratterizzate da un'agricoltura di tipo estensivo, con cerealicoltura e pascolo brado, e dalla produzione di metalli preziosi nel Messico (argento) e nel Brasile (miniere aurifere). Nelle isole dei Caraibi la coltura principale, e spesso unica, è quella della canna da zucchero; la manodopera è costituita essenzialmente da schiavi neri, la cui tratta arricchisce in particolare i mercanti inglesi e francesi.
Le condizioni per il passaggio dalla «protoindustria» al «sistema di fabbrica», con concentrazione di manodopera salariata e largo uso di macchinari, si trovano riunite per la prima volta in Inghilterra, dove prende avvio verso la fine del Settecento la cosiddetta «rivoluzione industriale». Tra queste condizioni sono in primo piano la crescita della domanda interna ed estera, la presenza di ostacoli nel reclutamento della manodopera, l'innovazione tecnologica, un quadro politico e legislativo favorevole all'investimento di capitali.
È il settore cotoniero quello in cui si attua precocemente, attraverso l'incontro tra il basso costo della materia prima, le innovazioni tecnologiche e la disponibilità di un ampio mercato, il passaggio al modo di produrre tipico della fabbrica. Notevoli sono pure i progressi della siderurgia con l'introduzione dell'uso del «coke»; ma determinante nel favorire lo sviluppo industriale a ogni livello è la messa a punto della macchina a vapore.
Gli insediamenti industriali, concentrati nelle regioni centro-settentrionali e occidentali dell'Inghilterra, favoriscono il fenomeno dell'inurbamento e la crescita di agglomerati operai accanto alle fabbriche, dove aumenta l'impiego di manodopera non specializzata, donne e bambini, più docili e meno retribuiti. I nuovi ritmi di lavoro e il tenore di vita ai limiti della sussistenza scatenano la protesta operaia, dando vita a movimenti radicali quali il luddismo. Va intanto costituendosi, accanto alla nobiltà e ai mercanti, il nuovo ceto degli imprenditori.
Cronologia
1720 e 1743 Ultime apparizioni della peste, rispettivamente a Marsiglia e a Messina.
1733 John Kay inventa la spoletta volante.
1769 Macchina a vapore di James Watt.
1783-84 Viene introdotto il processo metallurgico del puddellaggio.
1787 Primo brevetto di telaio meccanico.
1795 «Sistema di Speenhamland», per l'integrazione dei redditi al di sotto della
sussistenza.
1810-20 Diffusione del luddismo.
18. La «civiltà dei lumi»
L'illuminismo contraddistingue un'età dominata da un uso spregiudicato della ragione, da un'ampia produzione e circolazione di nuove idee in ogni campo del sapere, da movimenti culturali che si diffondono, secondo tempi e con caratteristiche differenti, in tutta Europa, accomunati da un medesimo atteggiamento mentale.
Gli sviluppi del pensiero inglese e francese approdano al rifiuto di ogni metafisica, cioè di ogni problematica filosofica e religiosa non basata sull'esperienza diretta. La corrente del sensismo, che dall'inglese John Locke giunge al francese Condillac, afferma che ogni conoscenza deriva dai sensi, e che le idee non sono quindi che elaborazioni e combinazioni di semplici percezioni sensoriali. Accanto al sensismo, grande fortuna ha l'utilitarismo, cioè la teoria che fonda la morale individuale e sociale sulla ricerca del piacere e sull'interesse ben inteso.
I presupposti empiristici del pensiero illuminista e l'atteggiamento critico nei confronti di qualsiasi autorità e posizione dogmatica determinano non solo l'attacco contro l'intolleranza e il fanatismo religioso, soprattutto cattolici, ma anche il rifiuto delle religioni rivelate e l'elaborazione di dottrine fondate sul concetto di una religione naturale, come il deismo di Voltaire. Per altri illuministi, come Diderot e d'Holbach, il punto d'arrivo è rappresentato dall'ateismo.
Il nume tutelare della scienza settecentesca è Isaac Newton, cui si devono non solo fondamentali scoperte come la formulazione della legge di gravitazione universale, ma la definizione di un metodo di indagine valido in ogni campo. Ai progressi della fisica, dell'astronomia e della meccanica fanno seguito nella seconda metà del secolo quelli della chimica e delle scienze della vita.
Accanto a quello dell'inglese Locke, teorico della monarchia parlamentare, di grande originalità è il pensiero politico degli illuministi francesi. Mentre Montesquieu analizza acutamente le varie forme di governo e precisa il concetto di divisione dei poteri, che è alla base delle moderne democrazie, Rousseau auspica una rifondazione della società che elimini le disuguaglianze e riconosca il valore supremo della «volontà generale», espressione della sovranità del popolo. Tra i contributi più importanti dell'illuminismo italiano va ricordata l'opera di Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, appassionata critica delle storture e della inumanità della giustizia.
Nell'ambito del pensiero economico vengono superate le posizioni mercantiliste e si pongono le premesse per lo sviluppo delle teorie liberiste. In Francia la dottrina fisiocratica di Quesnay vede nell'agricoltura l'unica vera fonte di ricchezza e invoca quindi una politica economica favorevole agli interessi dei produttori agricoli; in prima linea è la richiesta di una completa libertà di commercio dei cereali, che devono poter raggiungere il loro «giusto prezzo». Oltremanica lo scozzese Adam Smith chiarisce l'importanza della divisione del lavoro come fattore di progresso economico e giustifica il profitto dell'imprenditore come mezzo di promozione del benessere generale.
Il costituirsi di un'ampia opinione pubblica composta da persone colte e spregiudicate, in grado di assorbire e dibattere le nuove idee, determina il successo delle opere di divulgazione filosofica e scientifica; la più nota è l'Enciclopedia di Diderot e d'Alembert, che combatte in ogni campo l'intolleranza, l'oscurantismo, l'ossequio cieco all'autorità e alla tradizione, e riserva largo spazio alle scienze e alle tecniche. Un importante veicolo per la diffusione dei lumi è la stampa periodica. Tipico del XVIII secolo è infine il costituirsi di luoghi e occasioni d'incontro, quali i salotti, le accademie e le stesse logge massoniche, dove si radunano uomini e donne di diversa provenienza sociale.
Cronologia
primi decenni Divulgazione in Europa delle teorie di Isaac Newton.
del '700
1717 Fondazione della Grande Loggia massonica di Londra.
1748 Lo spirito delle leggi di Montesquieu.
1751-72 Pubblicazione dell'Enciclopedia.
1762 Il contratto sociale e L'Emilio di Rousseau.
1764 Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria; Dizionario filosofico di Voltaire.
1767 Quesnay pubblica una raccolta di scritti dal titolo Fisiocrazia.
1776 Indagine sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni di Adam
Smith.
19. Francia e Inghilterra nel Settecento: un duello secolare
In Francia, durante la reggenza di Filippo, d'Orléans, falliscono i progetti di risanamento finanziario del banchiere scozzese John Law («sistema di Law»: aumento della massa dei mezzi di pagamento mediante l'emissione di carta moneta, che avrebbe consentito alla monarchia di pagare i suoi debiti e reso possibile una maggiore circolazione del denaro, stimolando positivamente commercio e industria; il sistema, basato sulla fiducia, venne meno quando ci si rese conto che la Compagnia delle Indie, le cui azioni erano state comprate a prezzo sempre più alto, non distribuiva agli azionisti gli utili promessi). Diventato maggiorenne Luigi XV, sotto il ministero del cardinale Fleury il paese conosce un lungo periodo di pace, che favorisce lo sviluppo economico e permette di riportare in pareggio le finanze statali. Non mancano però motivi di attrito, interni ed esterni, destinati a esplodere a metà del secolo.
Con il passaggio alla dinastia tedesca degli Hannover e sotto il ministero Walpole «(1721-42») prende forma in Inghilterra il «governo di gabinetto»: si delinea così un nuovo rapporto tra il Parlamento e gli uomini chiamati a dirigere gli affari dello Stato. La società britannica, sempre più dominata economicamente e politicamente dalla gentry, si presenta alla vigilia della «rivoluzione industriale» nettamente all'avanguardia rispetto agli altri paesi europei.
Alla fine della «guerra di successione polacca» (1733-38) la monarchia austriaca deve cedere gran parte dei suoi possedimenti italiani a Carlo di Borbone (Napoli e la Sicilia) e al re di Sardegna (Novara e Tortona), mentre la Francia si assicura l'annessone della Lorena. L'Inghilterra, già intervenuta in questo conflitto come mediatrice, si schiera con decisione a fianco di Maria Teresa contro la Francia e la Spagna nella «guerra di successione austriaca» (1740-48), scatenata dall'invasione della Slesia ad opera di Federico II di Prussia. La fine della guerra lascia però pressoché inalterata la situazione preesistente e dunque mantiene aperta la rivalità anglo-francese.
Oltre che allo scontro politico interno tra re e Parlamenti, che blocca ogni tentativo di riforma, la monarchia francese è costretta a far fronte alle conseguenze di una politica estera incoerente, che acuisce i contrasti con l'Inghilterra nelle colonie americane e in India. La «guerra dei sette anni» (1756-63), caratterizzata dall'inedita alleanza franco-asburgica («rovesciamento delle alleanze»), dà via libera all'espansionismo inglese in India ed estromette la Francia dall'America settentrionale.
Mentre l'inasprimento dei conflitti religiosi e politici spinge Luigi XV a decretare la soppressione dei Parlamenti «indocili», si aggrava la situazione finanziaria della monarchia francese. I ministri regi cercano di porvi rimedio con l'imposizione di nuove tasse e, soprattutto sotto Turgot, con una politica economica di stampo fisiocratico. Ma l'opposizione dei ceti privilegiati e delle masse popolari, colpite dagli effetti negativi della mutata congiuntura economica, impedisce ogni tentativo riformatore.
La volontà del nuovo re d'Inghilterra Giorgio III (1760-1820) di riaffermare i poteri della corona porta a un periodo di instabilità nella politica interna, in cui cominciano a operare correnti radicali favorevoli a una riforma del Parlamento e delle istituzioni. Dopo i rovesci subiti nella guerra di indipendenza americana, il governo inglese ritrova una guida ferma ed equilibrata in William Pitt il giovane (1783-1801; 1804-06) che sviluppa una cauta azione riformatrice e dà impulso all'espansione coloniale e commerciale.
Cronologia
1714-27 Regno di Giorgio I di Hannover in Inghilterra.
1715-74 Regno di Luigi XV in Francia (dal 1715 al 1723 sotto la reggenza del padre, Filippo
d'Orléans, nipote di Luigi XIV).
1720 In Francia fallimento del «sistema di Law».
1721-42 Ministero di Walpole in Inghilterra.
1726-43 Ministero del cardinale Fleury in Francia.
1727-60 Regno di Giorgio II di Hannover in Inghilterra.
1733-38 «Guerra di successione polacca».
1739 Il primo ministro inglese Walpole muove guerra alla Spagna.
1740-48 «Guerra di successione austriaca».
1756-63 «Guerra dei sette anni».
1757-61 Ministero di William Pitt il vecchio in Inghilterra.
1760-1820 Regno di Giorgio III di Hannover in Inghilterra.
1764 Editto di espulsione dei gesuiti dalla Francia.
1774 Sale al trono francese Luigi XVI.
1776 In Francia dimissioni del controllore delle finanze Turgot.
1783-1801 Ministeri di William Pitt il giovane in Inghilterra.
e 1804-06
20. Assolutismo illuminato e riforme
Tra i monarchi più «illuminati» va senz'altro annoverato Federico II di Prussia (1740-87), amante delle arti e delle lettere, di cultura francese e amico dei philosophes. Per lui come per il padre Federico Guglielmo I (1713-40), tuttavia, il principale obiettivo è il rafforzamento politico e militare dello Stato. Sotto di loro la Prussia conosce una considerevole espansione territoriale e un forte incremento demografico, favorito dal clima di tolleranza religiosa diffuso nel paese e dalla colonizzazione delle terre orientali. Vanno ricordate tra l'altro la riforma giudiziaria, con l'abolizione della tortura, e l'introduzione dell'istruzione elementare obbligatoria.
L'opera riformatrice dei sovrani asburgici Maria Teresa (1740-80) e Giuseppe II (1780-90), coadiuvati dal ministro Kaunitz, infonde nuova vitalità e compattezza alla monarchia austriaca, consentendole di mantenere il rango di grande potenza europea. Il rafforzamento dell'esercito, la riorganizzazione amministrativa, finanziaria e degli apparati di governo, il processo di codificazione del diritto, la politica religiosa improntata al «giurisdizionalismo» (corrente di pensiero che sostiene, nei rapporti tra Stato e Chiesa, la separazione tra i due poteri e sottomette la giurisdizione ecclesiastica a quella laica), l'impulso dato all'istruzione e all'economia costituiscono il positivo bilancio di cinquant'anni di riforme. La politica accentratrice e livellatrice di Giuseppe II finì tuttavia col provocare movimenti di rivolta nei Paesi Bassi belgi e in Ungheria.
Nonostante restino immutate le condizioni di oppressione delle grandi masse contadine, il cui malcontento sfociò in una grande rivolta guidata dal cosacco Pugačëv (1773-74), il regno di Caterina II (1762-96) rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell'impero russo. La sua opera riformatrice investe il campo religioso, l'amministrazione locale, l'ordinamento legislativo e l'istruzione. Notevole è inoltre in questo periodo l'espansione territoriale della Russia ai danni dell'impero ottomano e della Polonia.
La Polonia, duramente provata dalle guerre e dalla crisi economica e demografica del XVII secolo, va incontro nella seconda metà del '700 a uno smembramento da parte delle grandi potenze confinanti (Russia, Prussia e Austria), che finirà col cancellarla dalla carta politica dell'Europa. Lo scontro tra le opposte fazioni nobiliari vanifica i tentativi compiuti durante il regno di Stanislao Poniatowski (1764-95) per rafforzare il potere centrale e modernizzare le istituzioni.
In Svezia, nazione tra le più progredite in Europa, l'«era della libertà» (1719-72), cioè della gestione del potere da parte della Dieta, termina con la restaurazione dell'assolutismo da parte di Gustavo III (1771-92). Il nuovo sovrano attua una politica di riforme antinobiliari e abolisce la tortura. Anche in Danimarca si afferma una tendenza riformatrice: l'abolizione del servaggio migliora le condizioni di vita dei contadini, favorendo o sviluppo agricolo e l'allevamento.
Le critiche sempre più radicali degli illuministi e dei movimenti di riforma interni al cattolicesimo e la politica «giurisdizionalistica» del dispotismo illuminato colpiscono inevitabilmente i privilegi e la ricchezza economica della Chiesa di Roma. Alla tendenza conciliativa che sfocia nei concordati del primo Settecento e nella decisione di sopprimere la Compagnia di Gesù (1773), fa seguito da parte del papato un atteggiamento di chiusura e di difesa intransigente del proprio patrimonio dogmatico e istituzionale.
Una politica di riforme prende avvio in Portogallo, durane il regno di Giuseppe I (1750-77), a opera del ministro marchese di Pombal, artefice tra l'altro dell'espulsione dei gesuiti. Nella Spagna borbonica spetta a Carlo III (1759-88) e ai ministri illuminati del secondo Settecento avviare una serie di riforme che limitano i privilegi ecclesiastici e favoriscono lo sviluppo economico e il rinnovamento culturale.
Cronologia
PRUSSIA
1713-40 Regno di Federico Guglielmo I.
1740-87 Regno di Federico II il Grande.
1740 Invasione della Slesia (riconosciuta definitivamente alla Prussia nel
trattato di Parigi del 1763 a conclusione della «guerra dei sette anni»).
1772 Annessione della Prussia occidentale.
1794 Promulgazione del codice civile prussiano.
MONARCHIA AUSTRIACA
1740-80 Regno di Maria Teresa.
1753 Kaunitz cancelliere di Stato.
1760 Istituzione del Consiglio di Stato.
1774 Introduzione dell'obbligo scolastico.
1780-90 Regno di Giuseppe II.
1781 «Patente di tolleranza».
1787 Nuovo codice penale.
1787-90 Insurrezione in Belgio e fermento nazionalistico in Ungheria.
RUSSIA
1762-96 Regno di Caterina II.
1767-68 Progetto di riforma legislativa.
1768-74 Guerra contro l'impero ottomano.
1773-74 Rivolta contadina guidata da Pugačëv.
1783 Annessione della Crimea.
1787-92 Nuovo conflitto russo-turco.
POLONIA
1764-95 Regno di Stanislao Poniatowski.
1772 Prima spartizione della Polonia.
1793 Seconda spartizione della Polonia.
1794 Insurrezione di Tadeusz Kosciuszko.
1795 Terza spartizione.
SVEZIA
1719-72 «Era della libertà».
1771-92 Regno di Gustavo III.
1772 Il sovrano abroga la Costituzione del 1720.
STATO DELLA CHIESA
1727 e 1740 Concordati col Regno di Sardegna.
1737 e 1753 Concordati con la Spagna.
1741 Concordato col Regno di Napoli.
1773 Papa Clemente XIV sopprime la Compagnia di Gesù.
REGNI IBERICI
1750-77 Regno di Giuseppe I in Portogallo e ascendenza del marchese di Pombal.
1755 Terremoto di Lisbona e ricostruzione della città.
1759-88 Regno di Carlo III in Spagna.
21. L'Italia nel Settecento
Le guerre di successione provocano profondi mutamenti nel quadro politico italiano, rimasto pressoché immutato durante il secolo e mezzo di dominazione spagnola. Insieme al declino della potenza spagnola si registra nell'Italia del primo Settecento l'indebolimento dell'influenza della Chiesa. Un ruolo importante in tal senso fu quello avuto dalla produzione storico-erudita (Rerum Italicarum Scriptores) e di ispirazione religiosa (Della regolata devozione...) di Ludovico Antonio Muratori (1672-1750). L'anticurialismo divenne il terreno privilegiato di incontro tra la monarchia austriaca e il ceto intellettuale del Mezzogiorno (Giambattista Vico, Pietro Giannone). Riprendono gli scambi culturali tra l'Italia e l'Europa, che alimentano la presa di coscienza della nostra arretratezza rispetto ai paesi europei più avanzati.
Una prima ondata di riforme interessa in particolare il Piemonte di Vittorio Amedeo II (1682-1730), con l'attuazione di un catasto, l'accentramento amministrativo imperniato sugli «intendenti» e gli interventi nel campo dell'istruzione e dei rapporti con la Chiesa. Anche il Regno di Napoli conosce sotto la nuova dinastia dei Borbone un notevole risveglio intellettuale, cui corrispondono varie iniziative riformatrici a opera soprattutto del ministro Tanucci e poi della regina Maria Carolina. Rimangono tuttavia irrisolti il problema centrale rappresentato dall'oppressione fiscale nelle campagne e quello del rafforzamento dell'autorità dello Stato.
Sotto l'impulso proveniente da Vienna e con il contributo degli intellettuali riuniti attorno alla rivista il «Caffé» (1764-66), la Lombardia austriaca è teatro, durante i regni di Maria Teresa e Giuseppe II, di un intenso rinnovamento in ogni settore della vita pubblica. All'introduzione del nuovo catasto (1760) si accompagna una profonda riorganizzazione delle finanze e dell'amministrazione. Il controllo dello Stato sulla Chiesa è portato alle estreme conseguenze, e alla promozione degli studi superiori e della cultura si accompagna l'impianto di una scuola elementare statale.
Dopo il periodo della «reggenza lorenese» (1737-65), nella Toscana di Pietro Leopoldo (1765-90) e Pompeo Neri si afferma, sul problema dei grani, la tendenza liberista. Il nuovo codice penale (1786) cancella per la prima volta in Europa la pena di morte.
Il mutamento di mentalità e di costumi proprio dell'età delle riforme negli Stati italiani investe i ceti medio-alti, lasciando le grandi masse contadine in uno stato di ignoranza e ancorate alla fede tradizionale. Anche il progresso tecnico sembra solo sfiorare il mondo rurale, colpito a partire dalla metà del secolo dall'aumento dei prezzi, che ne aggrava le già misere condizioni di vita.
Cronologia
1682-1730 Regno di Vittorio Amedeo II in Piemonte.
1730-73 Regno di Carlo Emanuele III in Piemonte.
1734-59 Regno di Carlo di Borbone a Napoli.
1737-65 «Reggenza lorenese» in Toscana.
1759 «Consiglio di reggenza» a Napoli guidato da Bernardo Tanucci.
1760 Entrata in vigore a Milano del nuovo sistema censuario.
1764 Pubblicazione del «Caffé» e Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
1765-90 Regno di Pietro Leopoldo in Toscana.
1775 Pietro Leopoldo decreta il libero commercio dei grani in Toscana.
1781-85 Viceregno di Domenico Caracciolo in Sicilia.
1786 Ristrutturazione del sistema giudiziario e amministrativo in Lombardia.
Nuovo codice penale e soppressione della pena di morte in Toscana.
22. Nascita di una nazione: gli Stati Uniti d'America
Nel corso del XVII secolo la facciata atlantica del continente nordamericano vede l'insediamento di colonie inglesi, sorte in parte dall'emigrazione di minoranze religiose, in parte a seguito di concessioni sovrane a compagnie di commercio o a «proprietari» nobili. A un'economia diversificata (piantagioni con manodopera schiava al sud, agricoltura mista, commercio e artigianato nel centro-nord) fanno riscontro istituzioni largamente simili: un «governatore» nominato dal re o dal proprietario, un consiglio da lui scelto, un'assemblea legislativa eletta dai coloni. A nord e a ovest degli insediamenti britannici si formano il Canada e la Louisiana francesi.
Il rapido sviluppo demografico ed economico delle tredici colonie nordamericane contribuisce a dare ai loro abitanti una nuova coscienza di sé come popolo distinto. La pretesa degli inglesi di volgere la produzione e i commerci coloniali a proprio esclusivo vantaggio, i poteri di veto e di intervento attribuiti ai governatori e gli ostacoli frapposti all'espansione verso ovest provocano un crescente malcontento. La «guerra dei sette anni», eliminando la presenza nel Canada e nella Louisiana, solleva le tredici colonie da una minaccia che rendeva necessaria la protezione della madrepatria. Il governo inglese intende d'altra parte costringere le colonie a contribuire alle spese della difesa dell'impero coloniale. Gli americani si rifiutano di farlo in base alla tesi che per essere legittima la tassazione deve essere votata dai rappresentanti dei sudditi.
Le «leggi coercitive» votate dal Parlamento inglese in risposta al «Boston tea party» (1773) portano alla ribellione aperta dei coloni, che danno vita al primo e poi al secondo «Congresso continentale»: nel corso di quest'ultimo è redatta la «Dichiarazione d'indipendenza americana» (4 luglio 1776). La guerra tra i coloni e gli inglesi volge a favore di primi grazie anche all'aiuto francese. Il trattato di Versailles (1783), che pone fine alle ostilità, sancisce il riconoscimento dell'indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Mentre le singole ex colonie si danno nuove Costituzioni, gli «Articoli di Confederazione» (entrati in vigore nel 1781) fissano le attribuzioni del «Congresso continentale» come organo di coordinamento generale. L'esiguità di questi poteri e la complessità dei problemi da affrontare fanno sentire l'esigenza di un governo federale più forte. Una «Convenzione» appositamente convocata a Filadelfia elabora il testo della nuova Costituzione (1787), basata su un equilibrio tra le prerogative dei singoli Stati e quello del governo centrale e sulla divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.
Dopo la guerra riprende lo sviluppo economico e demografico delle ex colonie, con la diffusione delle piantagioni di cotone nel sud e l'espansione dei traffici e della marineria a nord. Il governo, capeggiato dal presidente George Washington conduce una politica favorevole ai gruppi economici e finanziari del centro-nord e si adopera per il rafforzamento dell'Unione.
L'elezione del repubblicano Thomas Jefferson alla presidenza (1800) porta a un ridimensionamento dei poteri federali e a un diverso orientamento, favorevole alla Francia, della politica estera. I contrasti con la Gran Bretagna per questioni marittime e commerciali sfociano in una nuova guerra, che non modifica la situazione, lasciando via libera all'impetuoso sviluppo degli Stati Uniti.
Cronologia
1620 Emigrazione dei Padri Pellegrini nella Nuova Inghilterra.
1630 Fondazione di Boston a opera di emigrati puritani.
1663 La Nuova Francia (Canada orientale) è dichiarata da Luigi XIV colonia regia.
1664 I coloni inglesi cacciano gli olandesi da New Amsterdam, rinominata New
York.
1763 Conclusione della «guerra dei sette anni» con la pace di Parigi.
Il Parlamento inglese impone un limite all'espansione dei coloni verso ovest,
creando una riserva indiana.
1765 Imposizione della tassa di bollo e reazione delle colonie.
1773 «Boston tea party».
1776 (4 luglio) Il «secondo Congresso continentale» riunito a Filadelfia vota la
«Dichiarazione d'indipendenza».
1777 (ottobre) Vittoria americana a Saratoga.
1781 Capitolazione inglese a Yorktown. Entrano in vigore gli «Articoli di
Confederazione».
1783 Firma del trattato di Versailles e riconoscimento dell'indipendenza delle
colonie da parte della Gran Bretagna.
1787 La «Convenzione» di Filadelfia approva il testo della Costituzione degli Stati
Uniti.
1789-96 Presidenza di George Washington.
1791 Formazione del partito repubblicano.
1791-1802 Entrano a far parte dell'Unione quattro nuovi Stati: Vermont, Kentucky,
Tennessee e Ohio.
1793 Invenzione della sgranatrice meccanica del cotone.
1800-08 Presidenza del repubblicano Thomas Jefferson.
1803 Gli Stati Uniti acquistano la Louisiana dalla Francia.
1812-14 Guerra tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
23. La Rivoluzione francese: dall'antico regime alla monarchia costituzionale
L'economia francese si sviluppa nel XVIII secolo a un ritmo non inferiore a quello inglese, ma entra in un periodo di difficoltà a partire dalla metà degli anni Settanta. Fanno ostacolo a un'ulteriore espansione, tra l'altro, la persistente arretratezza dell'agricoltura e la ristrettezza del mercato legata allo scarso potere d'acquisto delle masse. L'ascesa dei prezzi agricoli va infatti a beneficio esclusivo dei proprietari del suolo e dei grossi affittuari, mentre si fanno più dure le condizioni di vita dei piccoli contadini.
Accanto alla difesa dell'assetto tradizionale contro le nuove tendenze alla privatizzazione dei beni comunali e alla liberalizzazione del commercio, si fanno strada tra le masse popolari francesi nuovi bisogni e nuovi atteggiamenti mentali, nel quadro di una «scristianizzazione strisciante». Ai livelli superiori della società, l'affinità complessiva tra élites aristocratiche e borghesi non esclude il formarsi di «zone di tensione» e di sentimenti di frustrazione.
Al dissesto delle finanze, aggravato dalla partecipazione della Francia alla guerra americana, il ministro Jacques Necker tenta di rimediare con tagli delle spese, con ristrutturazioni amministrative e con il ricorso al credito; nel 1781 rende pubblico il bilancio della monarchia, sollevando un'enorme indignazione. Calonne, nominato nel 1784 al posto di Necker, si vede costretto a presentare al re un piano di riforme tributarie imperniato su una nuova imposta estesa ai ceti privilegiati, la «sovvenzione territoriale». Un'assemblea dei notabili appositamente convocata rifiuta la propria approvazione (1787).
Il successore di Calonne, Loménie de Brienne, si trova di fronte l'opposizione irriducibile dei Parlamenti, che si appellano agli «Stati Generali». L'opinione pubblica è ormai orientata verso un mutamento radicale dell'assetto politico. Luigi XVI è costretto a richiamare Necker e a convocare gli «Stati Generali» per il 1789. Si accende il dibattito sulla modalità del voto («per ordine» o «per testa») al loro interno.
Gli «Stati Generali» si riuniscono a Versailles. I rappresentanti del «Terzo Stato» si autoproclamano Assemblea Nazionale e riescono a vincere le resistenze della nobiltà e della corte alla riunione in comune dei tre ordini. L'intervento delle masse popolari, con la presa della Bastiglia a Parigi (14 luglio 1789) e con la «Grande Paura» nelle campagne (luglio-agosto), è decisivo per la vittoria della Rivoluzione.
L'Assemblea nazionale vota l'abolizione dei diritti feudali (4 agosto 1789), la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (26 agosto) e l'attribuzione al re di un veto sospensivo. Di fronte alle resistenze della corona, viene organizzata una marcia su Versailles (5-6 ottobre), che costringe la famiglia reale a trasferirsi a Parigi. Il 2 novembre 1789 L'Assemblea decreta la confisca dei beni della Chiesa e decide l'emissione di «assegnati», una sorta di buoni fruttiferi utilizzabili per il loro acquisto.
Mentre nell'Assemblea prevale l'influenza dei nobili «liberali» (come il marchese di La Fayette e il conte di Mirabeau) e del cosiddetto «triumvirato» (Lameth, Duport e Barnave), a destra, e di un'ala più radicale nella quale si distingueva il deputato Robespierre, a sinistra, nella capitale, divisa in 48 sezioni, si moltiplicano i club dei giacobini e dei cordiglieri, che portano ad una rapida politicizzazione delle masse parigine ed alla formazione del movimento dei sanculotti, che raggruppa i popolani di Parigi appartenenti per lo più al mondo dell'artigianato e del piccolo commercio.
La Costituente procede anche alla riorganizzazione amministrativa, giudiziaria ed ecclesiastica del Paese. Il territorio della Francia è suddiviso in 83 dipartimenti (ripartiti a loro volta in distretti, cantoni e comuni); dal rinnovamento delle municipalità prende avvio il movimento della «federazione». Nuove regole per l'amministrazione della giustizia sono dettate nella legge organica (agosto 1790), che prevedeva l'elezione popolare di tutti i giudici nei nuovi tribunali che sostituivano i Parlamenti già sciolti nel novembre 1789. In campo ecclesiastico l'Assemblea procede nel luglio 1790 all'emanazione della «costituzione civile del clero»: punti essenziali di essa sono la ripartizione della Chiesa di Francia in 83 diocesi (corrispondenti ai dipartimenti) e la elezione popolare di vescovi e parroci, ai quali viene riconosciuto uno stipendio statale. Le resistenze del clero portano l'Assemblea ad imporre un giuramento di fedeltà alla Rivoluzione, che però contribuisce all'irrigidimento dell'opposizione in alcune regioni del sud e dell'ovest.
Mentre prosegue l'attività legislativa dell'Assemblea nazionale, la corte ripone le proprie speranze in un intervento delle potenze straniere. Un tentativo di fuga della famiglia reale è bloccato a Varennes (20-21 giugno 1791) e provoca il definitivo discredito dell'istituzione monarchica. La Costituzione approvata dall'Assemblea nazionale conserva alla monarchia il potere esecutivo, ne limita la capacità decisionale in politica estera e sancisce la divisione dei francesi in cittadini «attivi» e «passivi» relativamente al diritto di voto.
Nella nuova Assemblea legislativa, che si riunisce il 1° ottobre 1791, si afferma l'egemonia della sinistra, che spinge verso la guerra anche per creare un diversivo alla situazione economica interna, tornata difficile nell'autunno-inverno 1791-92. La guerra, voluta anche dalla corte che spera in una disfatta della Francia, porta a una crescita della tensione generale e alla caduta della monarchia (10 agosto 1792), conseguenza di una giornata insurrezionale (assalto al palazzo delle Tuileries) in cui è decisiva l'azione dei «sanculotti» e dei «federati», accorsi questi ultimi a Parigi a seguito della proclamazione della «patria in pericolo».
Cronologia
1781 Pubblicazione del Rendiconto di Necker e suo licenziamento.
1787 (febbraio-maggio) L'assemblea dei notabili boccia le proposte di riforma di Calonne.
1788 (agosto) Dimissioni di Loménie de Grienne e richiamo di Necker.
1789
(gennaio) Pubblicazione del pamphlet Che cos'è il Terzo Stato? Dell'abate Sieyès.
(marzo-aprile) Elezione dei deputati agli «Stati Generali» e redazione dei «cahiers de
doléances».
(5 maggio) Prima riunione a Versaillles degli «Stati Generali».
(17 giugno) Il «Terzo Stato» si costituisce in Assemblea nazionale.
(20 giugno) «Giuramento della pallacorda».
(14 luglio) Presa della Bastiglia.
(luglio-agosto) Rivolte della «Grande Paura» nelle campagne.
(4-11 agosto) L'Assemblea nazionale approva il decreto sulla abolizione della feudalità.
(26 agosto) L'Assemblea vota la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.
(5-6 ottobre) Marcia su Versailles delle donne di Parigi e della Guardia Nazionale.
(dicembre) Nasce la «Società degli amici della Costituzione», detta poi club dei
giacobini.
1790
(aprile) Si costituisce il club dei cordiglieri.
(22 luglio) È promulgata la «costituzione civile del clero».
1791
(20-21 giugno) Tentativo di fuga della famiglia reale.
(17 luglio) Massacro del Campo di Marte.
(4 settembre) L'Assemblea nazionale approva il testo della Costituzione.
(1° ottobre) Si insedia l'Assemblea legislativa eletta sulla base della Costituzione.
1792
(20 aprile) Dichiarazione di guerra all'Austria.
(11 luglio) Proclamazione della «patria in pericolo».
(25 luglio) Manifesto del duca di Brunswick.
(10 agosto) L'insurrezione delle sezioni parigine e dei federati (creazione della «Comune
insurrezionale» e assalto al palazzo delle Tuileries) costringe l'Assemblea
legislativa a votare la deposizione del re e quindi la fine della monarchia.
24. Dalla Repubblica giacobina al Direttorio
Con la «Convenzione», eletta a suffragio universale, e con i massacri del settembre 1792 [nel clima di panico creato dall'avanzata dell'esercito prussiano e dal sospetto per il complotto aristocratico i sanculotti assaltarono le carceri parigine e trucidarono un migliaio di detenuti sospettati di tramare contro la Rivoluzione] ha inizio la fase repubblicana e giacobina della Rivoluzione francese. Mentre la situazione alle frontiere viene risollevata dalla vittoria di Valmy (20 settembre) e dall'occupazione del Belgio, all'interno la questione più scottante è il processo al re. Nel contrasto tra girondini e montagnardi prevale il partito di questi ultimi, che porta alla condanna a morte di Luigi XVI (gennaio 1793).
La guerra si estende con l'ingresso dell'Inghilterra, dell'Olanda e della Spagna nella coalizione antifrancese. I rovesci militari, la rivolta della Vandea e l'agitazione popolare contro il carovita spingono la Convenzione, egemonizzata dalla Montagna, a misure eccezionali, quali l'erezione di un Comitato di salute pubblica e l'adozione di un calmiere per i prezzi dei cereali. I sanculotti impongono l'espulsione e l'arresto dei deputati girondini.
Per fronteggiare l'invasione straniera, la Vandea, l'insurrezione federalista e le difficoltà negli approvvigionamenti, vengono gradualmente messe a punto le strutture del governo rivoluzionario, che si identifica per larga parte con la dittatura del Comitato di salute pubblica, in cui siedono ora Robespierre e Saint-Just. L'esigenza di un potere forte e accentrato e di un'economia regolata (calmiere dei prezzi e dei salari) porta all'uso sistematico del «Terrore» e a uno svuotamento dall'alto delle forme di democrazia diretta introdotte nel 1792-93.
Robespierre, Saint-Just e Couthon eliminano dalla scena politica prima la fazione hebertista, poi quella degli «indulgenti» capeggiata da Danton. Mentre la situazione militare migliora, grazie al grande sforzo di riorganizzazione e rafforzamento dell'esercito, si intensifica il «Terrore» contro i nemici veri o presunti della Rivoluzione. All'interno della Convenzione e dello stesso Comitato di salute pubblica cresce l'opposizione contro Robespierre, che culmina con l'esecuzione sua e dei suoi compagni nelle giornate di termidoro (26-27 luglio 1794).
La reazione contro il «Terrore» e contro la dittatura giacobina costringe la Convenzione a smantellare l'economia regolata e favorisce una ripresa della destra girondina e monarchica. Le condizioni di vita delle masse popolari subiscono un drammatico peggioramento a causa del crollo dell'«assegnato» e delle difficoltà di approvvigionamento. Le ultime disperate sollevazioni dei sanculotti parigini sono represse con durezza. L'approvazione di una nuova Costituzione (la «Costituzione dell'anno III») a carattere censitario (agosto 1795) inaugura il regime del Direttorio, che per sopravvivere deve colpire prima a sinistra («congiura degli eguali»: maggio 1796) e poi a destra (colpo di Stato di fruttidoro: settembre 1797).
L'uscita dalla guerra contro la Francia della Prussia, dell'Olanda e della Spagna non pone fine alle operazioni belliche, che nel 1796 hanno uno sviluppo inatteso con la trionfale campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte. Con l'appoggio dei «patrioti» locali e contro le intenzioni del Direttorio, Bonaparte dà vita alla Repubblica Cispadana, alla Cisalpina e alla Ligure, ma tradisce le aspettative dei patrioti cedendo all'Austria il Veneto con la pace di Campoformio (ottobre 1797).
Dopo la partenza di Bonaparte si formano ancora la Repubblica Romana e la Repubblica Napoletana. La vita di queste repubbliche «giacobine» è difficile e stentata a causa dell'inesperienza dei governanti, dello sfruttamento finanziario, della pesante tutela imposta dalla Francia e dell'ostilità delle masse, protagoniste di estesi moti legittimisti e sanfedisti. Intanto Napoleone organizza una spedizione in Egitto, dove ottiene nuove vittorie, ma rimane tagliato fuori a causa della distruzione della sua flotta (agosto 1798). Si forma una «seconda coalizione antifrancese» (dicembre 1798) formata da Inghilterra, Turchia, Russia, Svezia e Austria, che porta all'espulsione dei francesi dall'Italia, dove cadono tutte le repubbliche giacobine. Tornato in Francia, Bonaparte organizza insieme a Sieyès il colpo di Stato di brumaio (9-10 novembre1799).
Cronologia
1792
(2-6 settembre) Massacri a opera dei sanculotti nelle prigioni di Parigi.
(20 settembre) I soldati francesi fermano i prussiani a Valmy.
(21 settembre) La Convenzione proclama la decadenza della monarchia.
1793
(21 gennaio) Esecuzione capitale di Luigi XVI.
(1° febbraio) La Convenzione dichiara guerra all'Inghilterra.
(marzo) Ha inizio l'insurrezione della Vandea.
(6 aprile) Formazione del «Comitato di salute pubblica».
(4 maggio) Istituzione del «maximum» sui grani e le farine.
(2 giugno) Caduta della Gironda.
(25 giugno) Approvazione della nuova Costituzione, che resterà però inapplicata.
(27 luglio) Robespierre entra nel «Comitato di salute pubblica».
(29 novembre) «Maximum» generale dei prezzi e dei salari.
1794
(24 marzo) Hébert e i suoi compagni salgono sulla ghigliottina.
(5 aprile) La stessa sorte subiscono Danton e gli «indulgenti».
(26 giugno) Vittoria francese di Fleurus, che porta alla riconquista del Belgio.
(26-27 luglio = Arresto ed esecuzione di Robespierre e dei suoi collaboratori.
8-9 termidoro)
(novembre) Chiusura del club dei giacobini.
(dicembre) Abolizione del «maximum».
1795
(22 agosto) Approvazione di una nuova Costituzione (la «Costituzione dell'anno III»).
1796
(2 marzo) Napoleone Bonaparte è nominato comandante in capo dell'armata d'Italia.
(28 aprile) Armistizio di Cherasco con i piemontesi.
(10 maggio) Scoperta della «congiura degli eguali».
(15 maggio) Napoleone, vittorioso sugli austriaci, entra a Milano.
(27 dicembre) Proclamazione della Repubblica Cispadana.
1797
(maggio) Nascita della Repubblica Cisalpina.
(giugno) Nascita della Repubblica Ligure.
(4-5 settembre) Annullamento delle elezioni favorevoli ai monarchici (colpo di Stato di
fruttidoro).
(17 ottobre) Pace di Campoformio con l'Austria.
1798
(febbraio) Proclamazione della Repubblica Romana e della Repubblica Elvetica.
(1° agosto) La flotta francese è distrutta dagli inglesi ad Abukir.
(dicembre) «Seconda coalizione antifrancese».
1799
(gennaio) Nasce la Repubblica Napoletana.
(giugno) Le bande del cardinale Ruffo entrano a Napoli: fine della Repubblica
Napoletana.
(9-10 novembre Colpo di Stato in Francia: il potere è assunto da tre consoli, uno dei quali è
= 18-19 brumaio) Bonaparte.
25. La Francia e l'Europa nell'età napoleonica.
La Costituzione imposta alla Francia dopo il colpo di Stato di brumaio attribuisce un'autorità quasi dittatoriale a un primo console, coadiuvato da altri due consoli in posizione subordinata e da un Consiglio di Stato. Assunto il titolo di primo console, Bonaparte procede a riorganizzare l'amministrazione e il sistema giudiziario, riservando al governo la nomina di prefetti, sottoprefetti, sindaci e magistrati, a codificare il diritto e a risanare le finanze.
Sconfitti gli austriaci a Marengo (10 giugno 1800), Bonaparte chiude la guerra della «seconda coalizione» stipulando la pace con l'Austria e con la Gran Bretagna (pace di Lunéville: febbraio 1801). I conflitti religiosi vengono placati grazie al Concordato stipulato con papa Pio VII (luglio 1801). I successi ottenuti in politica interna ed estera consentono a Napoleone di farsi proclamare primo console a vita e poi imperatore (4 aprile 1804).
Riprese ben presto le ostilità con l'Inghilterra e poi con la «terza» e con la «quarta coalizione», la «Grande armata» francese ottiene schiaccianti vittorie su Austria, Russia e Prussia. Napoleone è arbitro dell'Europa, mentre gli inglesi rimangono padroni dei mari.
Per indebolire la potenza inglese Napoleone ricorre all'arma del «blocco» economico. I danni inferti non sono però sufficienti a piegare la Gran Bretagna, mentre un altro difficile fronte si apre in Spagna, dove la pretesa dell'imperatore di imporre sul trono il fratello Giuseppe Bonaparte suscita un'insurrezione popolare (maggio 1808). L'Austria, tornata in lizza, viene sconfitta a Wagram (luglio 1809) e duramente punita da Napoleone.
Negli anni dell'impero si accentuano la trasformazione in senso monarchico degli ordinamenti francesi e il predominio di un'élite dei notabili imperniata sulla proprietà terriera. Scompare ogni libertà di critica e il regime cerca di controllare la pubblica opinione con la vigilanza sulla stampa e sull'insegnamento. Tuttavia la rottura col pontefice, la crisi economica e l'allontanarsi continuo della pace suscitano nella popolazione francese sentimenti di stanchezza e di rigetto.
La Repubblica Italiana, poi trasformata in Regno d'Italia (1805), riunisce in un solo Stato oltre sei milioni e mezzo di italiani in precedenza soggetti a diversi governi; l'apparato amministrativo, accentrato ed efficiente, il nuovo sistema giudiziario, la coscrizione, i lavori pubblici, l'integrazione della vecchia aristocrazia con i nuovi ricchi segnano una frattura insanabile con l'antico regime. Il Regno di Napoli viene assegnato, dopo la conquista napoleonica, prima a Giuseppe Bonaparte, poi a Gioacchino Murat. Fra le riforme introdotte nel decennio francese particolate rilievo hanno la soppressione della feudalità e la riforma delle amministrazioni locali, che danno impulso alla formazione di una nuova borghesia provinciale.
Nell'Europa centrale l'avvenimento di maggior significato simbolico è la fine del Sacro Romano Impero (agosto 1806). Gli Asburgo assumono il titolo di imperatori d'Austria e si costituisce la Confederazione del Reno (luglio 1806): gli Stati tedeschi vassalli della Francia che ne fanno parte, dalla Baviera alla Vestfalia, dal Württemberg alla Sassonia, attuano riforme interne a imitazione degli ordinamenti napoleonici. Tra i paesi europei rimasti indipendenti, la Prussia è quello che reagisce con maggior vigore all'egemonia napoleonica. Le riforme pongono fine alla servitù della gleba e spezzano i vincoli alla mobilità sociale e alla libertà economica, mentre gli intellettuali sono protagonisti di un movimento patriottico tedesco. Anche i polacchi partecipano intensamente a questo risveglio delle nazionalità.
Lo zar Alessandro I si stacca gradualmente dall'alleanza con Napoleone stretta nell'incontro di Tilsit (giugno 1807), pone fine agli esperimenti riformatori e si mette alla testa di un movimento di riscossa nazionale contro l'influenza francese. La «campagna di Russia» (giugno-novembre 1812), intrapresa da Napoleone per punirlo e costringerlo alla resa, si risolve in un immane disastro. Anche in Spagna, frattanto, le cose volgono al peggio per gli occupanti francesi.
Il fallimento della «campagna di Russia» porta alla costituzione di una «sesta coalizione», comprendente inizialmente la Russia, la Svezia e la Prussia, poi anche l'Austria di Metternich, oltre naturalmente all'Inghilterra. Napoleone è sconfitto a Lipsia (ottobre 1813), gli Stati vassalli riacquistano la propria libertà e la Francia stessa viene invasa. L'abdicazione di Napoleone (aprile 1814) è seguita immediatamente dalla fine del Regno d'Italia. Dal suo esilio nell'isola d'Elba Napoleone fa imprevvisamente ritorno in Francia, dando inizio al periodo detto dei «cento giorni» (marzo-giugno 1815). Subito si forla la «settima coalizione», che gli infligge una decisiva sconfitta a Waterloo (18 giugno 1815). Napoleone è deportato a Sant'Elena, mentre Gioacchino Murat, che ha voluto imitare le sue gesta, è fucilato dai Borboni di Napoli.
Cronologia
1799
(dicembre) Entrata in vigore della Costituzione dell'anno VIII.
1800
(14 giugno) Napoleone batte gli austriaci a Marengo.
1801
(9 febbraio) Pace di Lunéville tra la Francia e l'Austria.
(luglio) Concordato con Pio VII.
1802
(26 gennaio) Proclamazione della Repubblica Italiana e approvazione della nuova
Costituzione.
(25 marzo) Pace di Amiens tra la Francia e la Gran Bretagna.
(2 agosto) Napoleone primo console a vita.
1803
(maggio) L'Inghilterra dichiara nuovamente guerra alla Francia.
1804
(marzo) Promulgazione del Codice civile
(4 aprile) Napoleone imperatore dei francesi.
1805
(marzo) La Repubblica Italiana si trasforma in Regno d'Italia.
(ottobre) Distruzione della flotta franco-spagnola a Trafalgar.
(dicembre) Vittoria di Napoleone sugli austro-russi ad Austerlitz.
(26 dicembre) Trattato di pace di Presburgo con l'Austria.
1806
(primi mesi) Riconquista francese del Regno di Napoli.
(30 marzo) Napoleone nomina il fratello Giuseppe re di Napoli.
(luglio) Si costituisce la Confederazione del Reno.
(agosto) Legge che sopprime la feudalità nel Regno di Napoli. Soppressione del
Sacro Romano Impero.
(ottobre) Vittorie napoleoniche di Jena e Auerstädt sui prussiani.
(novembre) Istituzione del «blocco continentale» contro l'Inghilterra.
1807
(giugno) Incontro di Tilsit tra Napoleone e lo zar Alessandro I.
(luglio) Creazione del Granducato di Varsavia sotto la sovranità del re di Sassonia.
1808
(maggio) Nomina di Giuseppe Bonaparte a re di Spagna e inizio dell'insurrezione
spagnola contro i francesi.
(31 luglio) Gioacchino Murat diventa re di Napoli.
1809 Annessione dello Stato pontificio e deportazione di papa Pio VII prima a
Savona, poi in Francia.
(6 luglio) Vittoria di Napoleone sull'Austria a Wagram.
(14 ottobre) Pace di Vienna, che priva l'Austria di numerose province.
1810
(1° aprile) Nozze di Napoleone con l'arciduchessa Maria Luisa d'Asburgo.
1810-12 La Francia attraversa una grave crisi economica.
1812
(marzo) Le Cortes spagnole riunite a Cadice approvano una Costituzione liberale.
(giugno- Campagna di Russia: Napoleone entra a Mosca il 14 settembre, ma deve
-novembre) ordinare la ritirata un mese dopo. Gravissime perdite della «Grande
Armata»
1813
(16-19 ottobre) Sconfitta di Napoleone a Lipsia.
(dicembre) Ferdinando VII di Borbone ritorna sul trono di Spagna, evacuata dai
francesi.
1814
(6 aprile) Abdicazione di Napoleone e riconoscimento da parte del Senato francese di
Luigi XVIII come re di Francia.
(20 aprile) Un tumulto popolare a Milano segna la fine del Regno d'Italia e prelude
all'occupazione austriaca.
(30 maggio) Trattato di pace che riporta la Francia ai confini del 1789.
(4 giugno) Luigi XVIII promulga la Carta costituzionale.
1815
(20 marzo) Napoleone rientra trionfalmente a Parigi.
(18 giugno) Napoleone è sconfitto dagli anglo-prussiani a Waterloo.
(22 giugno) Seconda abdicazione di Napoleone.
26. L'età della Restaurazione
Con la Restaurazione si tenta di creare un nuovo ordine politico in Europa, basato sul principio dell'equilibrio fra gli Stati e sul ritorno nei loro troni delle dinastie legittime (principio di legittimità) spodestate durante l'età della Rivoluzione e delle guerre napoleoniche. Artefici di questo nuovo ordine sono i leader delle potenze vincitrici di Napoleone riunitisi nel Congresso di Vienna (novembre 1814-giugno 1815). Per garantire stabilità a questo assetto viene stabilito il principio di intervento delle potenze in ogni Stato in cui il potere dei sovrani legittimi sia messo in pericolo da moti rivoluzionari.
Negli Stati dell'Europa centro-occidentale vengono conservati numerosi aspetti innovativi della legislazione civile e dell'ordinamento amministrativo introdotti nel periodo napoleonico. In Francia, Svezia, Paesi Bassi e in alcuni Stati della Germania i sovrani concedono un ordinamento costituzionale, in cui prevale però il potere della grande aristocrazia terriera. L'impero russo e quello austriaco restano invece autocrazie dispotiche.
Pienamente consapevoli della rottura provocata dalla Rivoluzione francese nella storia europea sono i pensatori liberali che, tenendo presente lo sviluppo dei ceti imprenditoriali connesso alla rivoluzione industriale, sostengono la necessità di un allargamento delle istituzioni politiche rappresentative. Delineatosi secondo diverse direttrici nei vari contesti nazionali, una parte del pensiero liberale si indirizzerà, a partire dalla metà dell'Ottocento, in senso democratico.
Gli elementi essenziali dello sviluppo economico e sociale del XIX secolo sono l'affermarsi dell'industrializzazione e del sistema economico capitalista e l'emergere della borghesia imprenditoriale, protagonista di questi processi e sempre più influente anche sulla scena politica. Spirito imprenditoriale, abbondanza di materie prime, disponibilità di capitali, capacità di servirsi dei nuovi ritrovati tecnologici, sviluppo dei trasporti interni sono i fattori principali che consentono all'Inghilterra di affermarsi nel primo settantennio del XIX secolo come l'«officina del mondo». Intanto l'espansione dell'industria e l'affermazione del capitalismo cominciano a interessare, sebbene a ritmi più lenti, anche una parte dell'Europa continentale.
Non ugualmente rapide sono le trasformazioni dell'agricoltura: la diffusione di un sistema di rotazione più razionale è tra le più importanti, insieme all'abolizione della servitù della gleba nell'Europa centrale e orientale tra il 1807 e il 1861.
L'affermarsi e il diffondersi dell'industrializzazione danno vita a una modificazione profonda dell'organizzazione produttiva e sociale dell'umanità. Si forma un proletariato operaio, reclutato largamente anche nelle campagne, il cui lavoro si svolge in grandi fabbriche, dove sono raggruppate le macchine, sempre più evolute. Aumenta sensibilmente la popolazione e si sviluppano numerosi e grandi centri urbani, con la conseguenza di un peggioramento delle condizioni abitative e igieniche dei quartieri popolari. Le condizioni di vita spesso assai dure degli operai, tra i quali molti sono i fanciulli e le donne, alimentano un ampio dibattito sulle conseguenze morali e fisiche dell'«industrialismo», mentre dalla metà del secolo i ceti salariati cominciano a organizzarsi dapprima in associazioni di «mutua assistenza» e quindi in organizzazioni sindacali «di resistenza».
L'espansione del sistema capitalistico e delle trasformazioni sociali a quello connesse sviluppa gli studi sui nuovi meccanismi economici. Alla scuola classica dell'economia politica si oppongono nella prima metà del secolo i «socialisti utopisti», che avversano l'individualismo proprio del modo di produzione capitalistico e prefigurano una più equa società futura fondata sulla cooperazione e sulla solidarietà tra le classi. Il «socialismo scientifico» di Marx ed Engels si basa invece sulla «concezione materialistica della storia», una visione secondo la quale l'umanità si evolve grazie alle contraddizioni che via via affiorano tra le «forze produttive» e i «rapporti di produzione» e di proprietà, e alla lotta tra le rispettive classi che ne consegue. Marx ed Engels indirizzano il movimento operaio verso una più moderna concezione dell'attività politica, sostengono la necessità della costruzione di autonomi partiti socialisti e della lotta sindacale e propongono una serie di obiettivi intermedi sulla strada del superamento del capitalismo.
Il romanticismo - un complesso movimento ideale e culturale che sul piano politico trovò espressione nelle contrapposte correnti del tempo - costituisce uno dei principali presupposti anche delle idee di nazione e di patria, rafforzatesi in antitesi all'universalismo illuministico e presto divenute le idee guida dei vari Risorgimenti nazionali.
Nell'Europa disegnata dal Congresso di Vienna un motivo di radicata instabilità è il contrasto fra le forze monarchico-nobiliari al potere e l'opposizione di fasce sempre più ampie di «classi medie»: proprio fra queste ultime si diffondono «società segrete» e cospirative protagoniste negli anni Venti di tentativi insurrezionali in vari paesi europei.
La rivoluzione liberale vince nel 1820 in Spagna, dove la restaurazione assolutistica di Ferdinando VII ha assunto forme particolarmente brutali. Il «triennio costituzionale» è però soffocato dall'intervento repressivo della Santa Alleanza (1823), realizzato dalle armate francesi. La Francia è del resto avviata a una progressiva involuzione reazionaria, che si aggrava quando a Luigi XVIII succede il bigotto Carlo X (1824).
Un altro fattore di instabilità nell'Europa del dopo Congresso di Vienna è quello legato alle «questioni nazionali». Il problema è particolarmente presente nell'impero austriaco, vera «babele» di lingue e di etnie, che il cancelliere Metternich controlla alla testa di un efficiente «Stato di polizia». Ulteriori motivi d'apprensione per l'Austria vengono dalla Confederazione germanica dove, nonostante la repressione, gli ideali liberali si vanno diffondendo di pari passo con l'aspirazione all'unità tedesca.
Della progressiva decadenza dell'impero ottomano cerca di trarre profitto l'espansionismo della Russia. Questa, dopo un vittorioso conflitto, ottiene (pace di Adrianopoli: settembre 1829) l'intera costa settentrionale del mar Nero e pone le premesse diplomatiche per l'indipendenza della Grecia (proclamata nel 1830). Ma all'interno della Russia lo zar Nicola I, successore di Alessandro I (1825), segue una politica dispotica e reazionaria; proprio la sua incoronazione coincide anzi con la sanguinosa repressione del moto liberale dei «decabristi».
La crescente impopolarità dell'amministrazione spagnola presso la borghesia locale dei creoli porta alla nascita dei movimenti di indipendenza nei vicereami dell'America centrale e meridionale. Negli anni Venti si realizza l'indipendenza dell'America latina grazie all'appoggio indiretto di Stati Uniti e Inghilterra, interessati ad affermare la propria egemonia economica nel subcontinente latino-americano. Nel decennio successivo, tuttavia, tramonta definitivamente l'ipotesi di Simón Bolívar di costruire un grande Stato federale dell'America latina, e l'asseto geopolitico si frammenta in numerosi Stati dalla viata politica instabile e spesso in conflitto fra loro.
Negli Stati Uniti lo straordinario incremento della popolazione, in gran parte dovuto all'immigrazione dall'Europa centro-settentrionale, spinge alla colonizzazione delle terre dell'ovest (il «Far West») e alla deportazione degli indiani. Nelle regioni meridionali del paese, dove dominano i grandi proprietari terrieri e l'economia delle piantagioni, si estende la schiavitù dei negri. Il nodo della schiavitù e il conflitto sui dazi doganali sono i principali motivi di contrasto tra gli Stati del sud e quelli del nord-est, contraddistinti da un rapido svluppo industriale e urbano.
La vocazione degli Stati Uniti al dominio sul continente e le prime ambizioni imperialistiche trovano espressione nella «dottrina di Monroe» (1823). Sul piano interno si sviluppa un sistema politico democratico avanzato caratterizzato da un sistema bipartitico, che con la presidenza Jackson (1829-37) si orienta verso un progressivo allargamento delle competenze del governo federale e del presidente.
Cronologia
L'EUROPA della RESTAURAZIONE
1814 In Spagna brutale restaurazione assolutista di Ferdinando VII.
In Francia Luigi XVIII promulga la Carta costituzionale.
novembre 1814- Congresso di Vienna.
-giugno 1815
1815 In Inghilterra crisi economica: il Parlamento emana le «Corn laws».
(settembre) Austria, Russia e Prussia firmano a Parigi il trattato della Santa Alleanza,
cui aderirà poi anche la Francia.
(novembre) Quadruplice Alleanza tra Austria, Russia, Prussia e Inghilterra in
funzione antifrancese, che stabilisce il «principio dell'intervento.
1817 Gli studenti manifestano a Wartburg per l'unità della Germania.
1819 Il governo «tory» inglese limita la libertà di stampa e di riunione; eccidio
di Petersfield.
1820 In Spagna rivolta di Cadice, ripristino della Costituzione del 1812 e
formazione delle Cortes.
1821 Inizia la rivoluzione greca contro il dominio turco.
1823 La Santa Alleanza interviene in Spagna: fine dell'esperimento
costituzionale.
1824 Inizia in Francia il regno di Carlo X, che riprende il corso reazionario.
1825 In Russia ascesa al trono dello zar Nicola I: congiura «decabrista».
1828-29 Guerra russo-turca. Pace di Adrianopoli (14 settembre 1829):
espansione russa nel Caucaso.
1830 Indipendenza della Grecia.
In Francia il governo conservatore emana quattro «Ordinanze» per
stroncare l'ascesa dei liberali: insurrezione popolare a Parigi.
LA QUESTIONE SOCIALE
1776 Adam Smith pubblica la Ricchezza delle nazioni.
1825 Claude Henri de Saint-Simon dà alle stampe il Nuovo Cristianesimo.
1840 Pierre-Joseph Proudhon pubblica Che cos'è la proprietà?
1848 Appare il Manifesto del Partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels
1859 Charles Darwin pubblica L'origine delle specie.
1867 Marx pubblica la prima parte del Capitale.
LE AMERICHE
1819 Repubblica federale della Grande Colombia (Venezuela, Nuova Granada,
Ecuador).
1820 «Compromesso del Missouri» negli Stati Uniti, che esclude la schiavitù.
1821 Indipendenza del Messico.
1822 Secessione del Brasile dal Portogallo (Pietro I incoronato imperatore).
1823 Il presidente Monroe dichiara che gli Stati Uniti respingono ogni
ingerenza europea negli affari del continente americano («dottrina di
Monroe»).
1824 Nasce la Repubblica federale degli Stati Uniti del Messico.
1825 Nasce la Bolivia.
1828 Indipendenza dell'Uruguay.
1845 Gli Stati Uniti si annettono il Texas.
1846-48 Gli Stati Uniti attaccano il Messico e con il trattato di Guadalupe Hidalgo
si annettono Nuovo Messico, Arizona, Colorado e California.
1846-50 Gli Stati Uniti si assicurano la neutralità della provincia di Panama.
1853-54 Spedizione statunitense nella baia di Tokio.
1854 Negli Stati Uniti si rifonda su basi moderne il Partito repubblicano
(antischiavista).
Fonte: https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=292898
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