Storia riassunti e appunti

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Storia riassunti e appunti

43 BISMARK, POLITICA INTERNA ED ESTERA

Il cancellierato di Bismark, iniziato nel 1862, fu un’ammirevole e abile opera politica che influenzò la politica nazionale tedesca ed internazionale della fine dell’ottocento.
La politica interna s’incentrò sul RIFORMISMO CONSERVATORE, mentre la politica esteraruotò attorno al MITO DELLA FORZA, Machtpolitik (indirizzo che avrebbe contagiato tutti gli stati europei).
Alla base delle sue prerogative bismarkiane c’era lo sviluppo bellico e il ritorno al protezionismo. La Germania dell’ultimo quarto del XIX secolo poteva vantare:

  • una popolazione molto elevata, molto maggiore di quella inglese;
  • un esercito micidiale;
  • uno sviluppo industriale che la collocava tra le prime potenze al mondo;
  • una struttura per l’istruzione invidiabile;
  • un’avanzata ricerca scientifica;
  • una rete di vie di comunicazione efficiente;
  • un’efficiente sistema bancario.

POLITICA INTERNA. La struttura istituzionale della confederazione germanica era molto complessa, anche se tutto ruotava attorno allo strapotere prussiano e alla centralità del governo e del cancelliere.

  • Il potere legislativo era tenuto da una Camera, il REICHSTAG eletta a suffragio universale;
  • un Consiglio Federale composto da rappresentanti dei singoli stati che influenzava i governi locali con competenze amministrative.

Ma le grandi scelte dipendevano dal cancelliere e dal governo centrale: unici responsabili di fronte all’imperatore.
Il potere del governo era basato sul un solido blocco sociale comprendente: finanzieri, industriali e Junkers. La base di consenso fu ulteriormente rafforzata dalle scelte protezionistiche adottate dal Bismark dopo il ’79.
Nonostante lo squilibrio tra i poteri istituzionali si sviluppò un vivace dibattito politico, favorito in parte anche dall’elevato efficienza del sistema dell’istruzione, grazie al quale nacquero forti movimenti di massa.

  • Nel ‘71 nasce il CENTRO, partito d’ispirazione cattolica, che posava la sua base consensuale su una realtà molto ricca e composita;
  • nel ’75 nasce l’SPD, il partito social-democratico tedesco che aveva la sua base consensuale nella massiccia adesione operaia. Nel giro di pochi anni diventerà  un modello per il movimento operaio europeo.

Per governare secondo le proprie prerogative s’imponeva al Bismark di combattere duramente contro entrambe le compagini d’opposizione.
Il cancelliere si preoccupò soprattutto di contrastare il Centro perché ritenuto più pericoloso. Gli orientamenti filocattolici erano fortemente radicati nella gran parte della popolazione (soprattutto in quelle realtà non prussiane che ancora mal ne digerivano il predominio). Lo scontro tra il cancelliere e i cattolici raggiunge l’acme tra il 72-’75 con l’emanazione di una serie di misure per ampliare la laicizzazione dello Stato accompagnate da altre che limitavano le libertà dei religiosi.
Ma la risposta all’azione del cancelliere fu negativa. Per reazione s’irrobustirono i consensi delle forze cattoliche, tanto da costringerlo ad un’inversione di marcia. Nel  ’87 una nuova legislazione riequilibrò le sfere di competenza fra Stato e Chiesa.
Risultato parimenti negativo fu ottenuto nella battaglia contro i socialdemocratici.
Già nel ’78 il varo delle LEGGI ECCEZIONALI pose gravi limitazioni ai socialdemocratici, che si trovarono ad operare in una situazione di semiclandestinità. Ma anche in questo caso la SPD vide accrescere i consensi nel giro di pochi anni.
Ma l’opera di Bismark non fu solo repressiva nei confronti del movimento operaio. Sebbene il vero proposito fosse quello d’inquadrarlo nello Stato, in una posizione subalterna, negli anni ’80 furono varate una serie di concessioni:

  • leggi di tutela dei lavoratori;
  • assicurazioni obbligatorie per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro.

Questo favorì  il rafforzamento del movimento sindacale che spalleggiò la socialdemocrazia.
La suddivisione delle spese di tali riforme fu ripartita tra: imprenditori, Stato e operai. POLITICA ESTERA. Dopo la vittoria nella guerra franco-prussiana il cancelliere divenne il custode dell’equilibrio europeo. Forte della sua supremazia nel continente, cercò d’imporre una politica statica, cercando sempre d’impedire alla Francia di riprendere vigorecontando sulla tendenza inglese a non impegnarsi in Europa al di fuori dei propri interessi e alla sottoscrizione di un articolato sistema d’alleanze.
Nel 1873 fu stipulato il Patto dei Tre Imperatori, tra Germania, Austria, Russia (a cui s’accoderà anche l’Italia).
L’accordo aveva l’anello debole nell’antica rivalità fra Austria e Russia nei Balcani, dove la crisi dell’Impero Ottomano consentiva nuove mire espansioniste. Nel ’77 la Russia dichiarava Guerra alla Turchia, schierandosi in favore delle popolazioni slave della zona insidiate dagli ottomani. La vittoria dei russi scatenò una reazione diplomatica dell’Austria e dell’Inghilterra (preoccupata dell’interesse russo sugli stretti dei Dardanelli e del Bosforo).
Per evitare la nascita di nuovi conflitti, il cancelliere convocò un congresso a Berlino nel ’78 nel quale furono ridimensionati i vantaggi per i russi e fu accontentata parzialmente anche la Francia, alla quale fu lasciata mano libera per un futuro intervento coloniale in Tunisia (che avrebbe portato ad un conflitto con l’Italia).
Nel ’81 il rinnovo del Patto coincise con la suddivisione dei Balcani in zone d’influenza. Ma Bismark consapevole della debolezza dell’alleanza, si mobilitò per controbilanciarla, stipulando nel ’82, un altro trattato - la Triplice Alleanza - tra: Germania, Austria e Italia. Anche quest’ultimo accordo portava con sé elementi di fragilità dovuti all’inimicizia storica tra gli ultimi due contraenti.
Nonostante l’articolata impalcatura diplomatica si ripresentarono presto nuovi contrasti nei Balcani, tra la Russia e l’Austria nel ‘85-’86. Conscio dell’impossibilità di convivenza fra gli alleati, Bismark optò per due contratti bilaterali:

  • mantenne bloccata l’alleanza con l’Austria;
  • stipulò nel 1887 con la Russia il TRATTATO DI CONTRASSICURAZIONE che impegnava:
    • la Russia a non unirsi alla Francia in caso d’attacco alla Germania;
    • Germania a non unirsi all’Austria in caso d’attacco alla Russia.

 

44 LA TERZA REPUBBLICA IN FRANCIA (SINO AL 1914)

Dopo la sconfitta di Sedan, ad opera dei prussiani nel ’70, la Terza Repubblica francese muoveva i suoi primi passi con un’impronta molto conservatrice. Nonostante il carico dei trattati di pace, la riscossa economica non tardò ad arrivare.

  • Nel ‘72 fu reintrodotto il servizio di leva obbligatorio;
  • nel ’73 fu ultimato il pagamento dei danni di guerra.

Alla fine degli anni ’70 la situazione economica si era riassestata e la politica estera s’indirizzava verso il colonialismo.
In POLITICA INTERNA la situazione era caratterizzata dalla contrapposizione tra:

  • i legittimisti, favorevoli a un ritorno monarchico;
  • gli orleanisti che auspicavano un ritorno degli eredi di Luigi Filippo.

Un accordo in extremis tra orleanisti e repubblicani moderati portò al varo di una Costituzione nel 1875 che prevedeva un sistema bicamerale con: una camera e  un senato che eleggeva un Presidente della Repubblica con ampi poteri. La nuova costituzione rappresentava un modello di democrazia moderna per l’intera Europa. La manovra politica rafforzò i repubblicani, che nelle elezioni del 1876 sconfissero i conservatori. Nella file della nuova maggioranza si fecero strada gli opportunisti legati all’esigenze dell’elettorato medio (commercianti, impiegati) che si contrapponevano ai radicali di Clemanceau, i quali auspicavano un indirizzo maggiormente riformista. Il prevalere della linea moderata sfavorì lo sviluppo democratico, producendo un sistema istituzionale con il Presidente della Repubblica fortemente limitato dalle camere.
Con il nuovo direttivo fu avviata un’operazione di laicizzazione dello stato. Dal 1880 al ’85 fu resa obbligatoria l’istruzione pubblica elementare e consentito il divorzio. Questo processo provocò una reazione delle forze clerico-conservatrici che riuscirono ad indebolire l’esecutivo.  La corruzione ormai diffusa mise in crisi il già debole sistema istituzionale, così da fare nascere nell’opinione pubblica una crescente richiesta di restaurazione autoritaria e un conseguente rafforzamento della destra.
Significativo, di questo fenomeno, fu il caso Dreyfus. Vittima di una violenta campagna antisemita, l’ufficiale ebreo fu condannato per spionaggio, sulla base di prove inventate. Nonostante la comprovata innocenza, le alte sfere militari si rifiutarono di revisionare il processo; provocando una profonda spaccatura nell’opinione pubblica. Nel ‘99 alla revisione del processo, nonostante la comprovata innocenza, fu confermata la condanna.
L’indignazione fu tale che alle elezioni del ’99 i moderati uscirono nettamente vincitori. Alla vittoria elettorale seguirono le rivincite politiche sui conservatori. Riprese con concretezza la battaglia contro i privilegi del clero che portò nel 1905 alla rottura diplomatica tra lo Stato e la Santa Sede.
Tra il 1906-’10 Clemanceau realizzò alcune importanti riforme:

  • limitazione dell’orario di lavoro;
  • obbligo del riposo settimanale;
  • istituzione delle pensioni d’anzianità.

Ma non riuscì a fare ratificare un’imposta sul reddito. Usciti vincitori dalla battaglia anticlericale i radicali si trovarono comunque invischiati in un processo d’involuzione moderata che bloccava le riforme.
Alla fine degli anni ’10 l’opera del governo mostrava un nuovo spostamento verso il centro, che porterà la Francia alla Prima Guerra mondiale con una politica che privilegerà il riarmo e il rafforzamento dell’esercito.

 

45 L’INGHILTERRA NELLA SECONDA METÀ DEL XIX SECOLO

 

Gli ultimi decenni del XIX secoli videro un alternarsi di governi Wings e Tories con un’accesa competizione sulle riforme sociali e nelle politiche coloniali.
Gli anni ’70 in Gran Bretagna erano incominciati all’insegna del liberalismo del governo Wings di GladstoneLe misure del governo permisero alla popolazione di vivere con un tenore di vita superiore a quella di chiunque altro, equivalente solo a quella degli americani. A tale prosperità contribuì anche la politica coloniale che trovò un periodo particolarmente fortunato con l’avvento al potere, nel 1874 del Tories  Disraeli, che decise di adattare la politica britannica allo stile bismarkiano.
Il primo ministro si mosse abilmente all’interno di un percorso fatto di alternanza fra azioni di forza e concessioni. Diede la priorità, in politica estera, al colonialismo (in particolare il consolidamento in India), cercando altresì, in politica interna, il consenso della base popolare non esitando a concorrere coi i liberali sul terreno delle riforme sociali. L’esperimento di conservatorismo popolare, fu però interrotto nel ‘80 a causa delle difficoltà economiche, dovute agli effetti della crisi del ’79, e ad alcune sconfitte militari nelle colonie, che permisero il ritorno di Gladstone.
Il liberale cercò di dare nuovo impulso alle riforme sociali approvando nel ’84 un allargamento del corpo elettorale. Ma ci fu minore incisività rispetto al primo mandato, soprattutto a causa della questione irlandese. L’Irlanda, divisa dal resto del paese dalla sua fedeltà al cattolicesimo, non era stata interessata dall’evoluzione economica-industriale. Già con la crisi agricola del ’73 la reazione indipendentista irlandese si fece particolarmente insistente, arrivando ad esercitar una forte pressione sul Parlamento. Per fronteggiare il problema Gladstone tentò:

  • nel 1881 di attuare una riforma agraria;
  • nel 1886 propose una Home Rule (autogoverno).

L’ultima proposta provocò parecchi malcontenti sia nell’opposizione che tra le fila dei liberali. Significativa fu la scissione da parte dell’ala più a sinistra del partito, capitanata da Joseph Chamberlein, che diede vita agli unionisti (coloro che erano contro l’indipendenza dell’Irlanda). La divisione interna provocò la caduta del governo Gladstone nel 1886.
Alla fine del secolo il governo fu saldamente in mano alla coalizione tra conservatori e liberali unionisti con Chamberlain ministro delle colonie.
La linea politica del nuovo esecutivo era tutta all’insegna della continuità nell’impegno colonialista e sul riformismo sociale (ma non riuscì ad essere efficace da intaccare i privilegi delle classi più agiate).
Tra il 1897-1905 furono varate:

  • le leggi sulle responsabilità imprenditoriali, in materia d’infortuni sul lavoro;
  • e alcune misure atte a favorire il collocamento dei disoccupati.

A mettere in crisi il governo conservatore fu il progetto di reintrodurre il protezionismo con una tariffa imperiale che sconvolgeva la tradizione liberoscambista consolidata da qualche tempo. Alle elezioni del 1906 tornarono al potere i liberali, di Loyde George con un governo che per la prima volta nella storia vedeva l’ingresso alla camera di rappresentanti laburisti.
Il nuovo esecutivo riavviò la politica riformista con ulteriori innovazioni:

  • massimo orario di lavoro fissato a otto ore per i minatori;
  • istituzione di uffici di collocamento;
  • assicurazioni d’anzianità a carico dello Stato.

Per sopperire alle spese necessarie per le riforme e per la corsa agli armamenti si cercò d’introdurre una politica fiscale su base della progressività, che avrebbe colpito i grandi patrimoni. Il rifiuto della ratifica, col conseguente apposizione del veto della Camera dei Lord (che per tradizione non votava leggi finanziarie), scatenò un conflitto istituzionale nel 1909.
Per aggirare il problema, i liberali presentarono una proposta di legge - Parliamentary Bill - che impediva ai Lords di respingere leggi di carattere finanziario. Nel 1911 grazie all’intervento di re Giorgio V, i Lords accettarono la legge fiscale.
Il successo politico non riportò però la tranquillità nel paese. Gli elevati costi delle grandi riforme non avevano provocato alcun miglioramento elle condizioni di vita delle classi più basse; e i nazionalisti irlandesi erano stati quasi dimenticati. Nel 1911 fu proposta una nuova Home Rule che prevedeva una parziale autonomia irlandese. La soluzione scontentò sia gli unionisti, che gli abitanti dell’Ulster (a maggioranza protestante) che organizzarono un movimento armato il Sinn Fein (cioè "noi stessi") che chiedeva a sua volta l’indipendenza dall’Irlanda. Il progetto, fu approvato nel ‘14, ma non trovò applicazione per la Guerra mondiale.

 

 

46 LIBERISMO, PROTEZIONISMO E CRISI AGRARIA

Nel trentennio finale del ‘800 l’economia capitalistica subì una nuova trasformazione, così da fare parlare di Seconda Rivoluzione Industriale.
A cambiare furono soprattutto i rapporti tra la produzione e il potere statale e tra i poteri nazionali e quelli internazionali, che segnò il declino di alcune ideologie portanti del ‘800, come il declino della libera concorrenza (liberismo).
Nel ‘73 si ripresentò una nuova crisi di sovrapproduzione (Grande Depressione) che fece sentire gli effetti per un paio di decenni.
Le nuove dimensioni del mercato e la crisi dei prezzi sollecitarono nuove soluzioni. Nacquero le grandi associazioni industriali (holding) e i cartelli delle grandi imprese (monopoli) che controllavano interi settori.
Nel nuovo sistema economico giocarono un ruolo fondamentale le banche. Per non perdere competitività nell’intermediazione finanziaria gli stessi istituti di credito dovevano creare macrostrutture finendo con l’ingenerare uno stretto legame tra finanza e industria (capitalismo finanziario).
Parallelamente nacquero grandi gruppi d’interesse che aumentarono il loro peso politico rinsaldando le complicità fra imprenditori e politici.
Per favorire i gruppi d’interesse i governi innalzarono nuove tariffe doganali.

  • In Germania il Bismark già nel ’79;
  • In Russia  nel ’81;
  • In Italia nel ’87;
  • In Francia nel ’92;
  • gli USA che avevano sempre mantenuto le tariffe le innalzarono ulteriormente nel ‘90.

In conseguenza di ciò, la Gran Bretagna, l’unica fedele alla tradizione liberoscambista, fu doppiamente danneggiata: calò le proprie esportazioni e vide crescere le industrie straniere, cosicché Germania e USA la sorpassarono in alcuni settori strategici come chimico e elettrico. Alle perdite subite l’Inghilterra reagì con un rafforzamento dell’impegno coloniale.
Il settore nel quale la crisi del ’73 influì maggiormente fu l’agricoltura che negli ultimi anni s’era sviluppata grazie all’uso di fertilizzanti e una prima meccanizzazione. I progressi interessarono, però, solo alcuni paesi, come l’Inghilterra e la Germania. Nei paesi più arretrati gli scompensi si acuirono ulteriormente quando entrarono sul mercato i prodotti americani e russi e nel ’79 i prezzi calarono enormemente. Le nuove tensioni sociali aumentarono le ondate migratorie. I nuovi emigranti, soprattutto slavi e latini trovarono nell’America la loro meta privilegiata.
Per tentare di porre un rimedio alla crisi agraria, ciascun paese ripropose l’introduzione di tariffe doganali, in particolare per i cereali. Queste misure economiche tamponarono gli effetti della crisi ma finirono con l’accrescere gli scompensi sociali scaricandosi sulle tasche delle classi più povere, rendendo meno urgenti gli spunti organici che sarebbero stati necessari per un rinnovamento.

 

47 LO SVILUPPO SCIENTIFICO NELLA SECONDA METÀ DEL XIX° SECOLO

 
La grande rivoluzione scientifica dell’ultimo trentennio del ‘800, fu nella produzione industriale in larga scala, per usi domestici, delle invenzioni. Si stabilisce un legame inscindibile tra tecnologia e industria: scienziati diventano titolari o azionisti di grandi industrie.
I settori che maggiormente si evolsero furono l’elettrico e il chimico. Lampade a incandescenza, ascensore, motore a scoppio, pneumatici, biciclette, automobile ecc. furono inventate in questo trentennio e fecero sentire i propri effetti mutando le abitudini e i comportamenti di milioni di uomini.
Di particolare importanza gli studi sulle onde elettromagnetiche che portò:

  • Hertz alle applicazioni per le macchine elettriche;
  • Marconi alle applicazioni per la telegrafia;
  • Ronteg alle applicazioni dei raggi X per scopi medici;

Tutti i settori produttivi furono interessati dall’ondata di rinnovamento; gli sviluppi maggiori ci furono nell’indotto dell’elettricità e nella chimica. Le nuove tecniche chimiche permisero di produrre l’acciaio a prezzi molto bassi  così da consentire di passare dall’età del ferro a quella dell’acciaio. Tale cambiamento favorì lo sviluppo delle ferrovie, del settore navale, dell’utensileria, ma anche delle strutture civili dei grandi edifici e ponti.


Nel 1889 fu eretta la torre Eiffel il simbolo dell’età dell’acciaio.

Ma anche altri settori della chimica moltiplicarono considerevolmente le produzioni: carta, vetro, concimi, medicinali, saponi, esplosivi, gomme, ceramiche, ecc.

  • Nel 1875 il chimico svedese Nobel depositò il brevetto della dinamite;
  • Dunlop inventò il pneumatico nel 1888.

L’industria alimentare trovò il suo sviluppo nella scoperta di sistemi di conservazione ed inscatolamento e nuovi processi di refrigerazione che consentirono di limitare le situazioni di pericolo d’approvvigionamento nei periodi di carestia.
Se la prima rivoluzione industriale era basata sulla macchina a vapore e sul carbone, la seconda era incentrata sul motore a scoppio (alimentato a petrolio) e l’elettricità.
Il primo motore a scoppio fu realizzato da Klaus Otto, Daimler e Benz lo montarono su un autoveicolo (1885); nel 1897 Diesel inventò il primo motore a nafta. Lo sviluppo dell’auto, fu tuttavia piuttosto lento e solo all’inizio del ‘900 si videro macchine sul mercato.
L’elevato prezzo d’estrazione e produzione del petrolio orientò gli indirizzi energetici verso l’elettricità, che divenne l’energia del nuovo secolo. Era nota da oltre un secolo, ma le tecniche per la produzione, il trasporto e l’uso, furono perfezionate alla fine del ‘800; tra il ’60 e ’80 furono sperimentate le macchine per la generazione, l’accumulo e la distribuzione dell’energia elettrica.
Ma l’invenzione epocale fu la lampadina di Thomas Edison che rendeva le potenzialità dell’elettricità disponibili all’uomo comune. La sua commercializzazione avrebbe provocato uno sviluppo produttivo enorme ed un impatto rivoluzionario sulle abitudini di vita. Oltre agli usi civili ed industriali, l’elettricità si prestava come elemento basilare per altre importanti invenzioni innovative: il telefono, il grammofono e il cinema, invenzioni che avrebbero sconvolto i linguaggi simbolici e comunicativi.
Non meno importanti fu lo sviluppo della medicina che si basò su quattro pilastri:
Diffusione delle pratiche igieniste, con effetti sulla prevenzione delle malattie

  • Sviluppo della microscopia ottica, che consentì d’individuare microrganismi causa di importanti epidemie di malattie come il colera, la peste;
  • Sviluppo della farmacologia, l’isolamento di composti chimici e no, capaci d’agire sui processi fisiologici. Nel 1860 fu scoperto l’acido acetilsalicilico dal quale nascerà l’aspirina;
  • Nuova ingegneria sanitaria che permise di razionalizzare i centri di cura.

La conseguenza diretta più evidente dell’impulso tecnologico fu un nuovo boom demografico, dovuto principalmente al miglioramento delle condizioni di vita e sull’allungamento delle prospettive di sopravvivenza.

 

48 I CARATTERI DEL COLONIALISMO E DELL’IMPERIALISMO NEL ‘800

 
L’imperialismo rappresenta in genere, la tendenza degli stati a proiettare all’esterno i propri interessi economici, la propria immagine e cultura. Il suo uso spesso si accompagnò all’utilizzo della forza.
Dopo una prima colonizzazione, ad inizio del ’800, operata soprattutto da privati, alla fine del secolo, la nuova ondata, assunse sempre più le forme della politica nazionalista volta alla ricerca dell’interesse politico ed economico. La ricerca delle materie prime in grandi quantità e a prezzo nullo, nonché di nuovi mercati commerciali per superare la crisi economica del ‘73. La febbre coloniale s’inserì anche in una politica globale mirante all’equilibrio fra superpotenze, cosicché  il terzo mondo si trovò presto spartito in sfere d’influenza.
Spagna e Portogallo già da tempo avevano praticato un’aggressiva politica coloniale. In Inghilterra l’indirizzo si rafforzò negli anni ’70 con il governo tories di Disraeli, soprattutto per non cedere alla tentazione d’abbandonare la politica liberoscambista.

La Francia ritornò a muoversi solo alla fine del XIX° secolo.

Il colonialismo, rappresentò pertanto la risposta di alcune della grandi potenze alle nuove richieste economiche e politiche che maturarono alla fine del ‘800.
Dal punto di vista amministrativo si distinguono:

  • le colonie (amministrate direttamente dagli stati occupanti);
  • i protettorati (che conservavano formalmente gli ordinamenti preesistenti).

L’Inghilterra e la Francia estesero enormemente i già grandi possedimenti, ma si unirono anche realtà tradizionalmente prive di una precedente politica coloniale, come: Germania, Italia, Belgio, Olanda.
Ma la vera novità nel panorama mondiale fu giocato da: Giappone  e Stati Uniti.
Accanto a motivazioni economiche si ponevano anche pregiudiziali ideologiche. L’Inghilterra, per bocca di Disraeli, si ergeva a , nazione eletta,dispensatrice della vera cultura e della vera morale. In questo modo, l’uomo bianco si arrogava il diritto di redimere le popolazioni selvagge.
Fu questo il grande periodo dei mitici esploratori:

  • Livingstone che per primo raggiunse lo Zambesi;
  • Burton e Speke che raggiunsero le sorgenti del Nilo;
  • l’americano Stanley che raggiunse il Congo.

L’Europa esportò nel terzo mondo tecnologia ed economia; e più in generale la propria civiltà, anche se questo comportò l’uso sistematico della violenza.
Gli effetti più evidenti si verificarono soprattutto nel continente africano, il più impreparato alla colonizzazione. Se da un punto di vista strettamente economico la colonizzazione ebbe dei vantaggi (l’introduzione di nuove tecnologie, la costruzione d’infrastrutture, l’avvio di attività commerciali) da un punto di vista culturale gli effetti furono devastanti, soprattutto in quelle realtà così impreparate come nel caso del continente africano. La cultura primitiva, fu in gran parte spazzata via.
Nei paesi asiatici gli inglesi furono un po’ più tolleranti dei francesi con le culture locali e i sistemi preesistenti, ben strutturati si difesero meglio dalla contaminazione.
L’effetto indesiderato, nel lungo termine, dell’ingerenza europea nel terzo mondo, fu di creare i presupposti culturali per il risveglio dei nazionalismi locali che porteranno alle future lotte per l’indipendenza.

 

49GLI EUROPEI IN AFRICA. ESPANSIONISMO E SPARTIZIONI. LA GUERRA ANGLO-BOERA

 

La corsa alla spartizione dell’Africa incominciò negli anni ’80 e prese il via per iniziativa dei francesi, seguiti a ruota dagli inglesi ecc. Le azioni militari s’innescarono anche per spirito competitivo fra le diverse potenze coloniali. All’inizio del ‘900, tutti i territori africani erano stati colonizzati, a eccezione della Libia, Etiopia e Marocco.
Nel 1870 gli stati europei controllavano appena un decimo dell’Africa:

  • i francesi: Algeria e Senegal;
  • i portoghesi: Angola e Mozambico;
  • gli inglesi: La colonia del Capo.

Quando gli europei si decisero a colonizzare poco era rimasto delle civiltà locali a causa delle deportazioni schiaviste e della decadenza commerciale del continente. La popolazione era di religione mussulmana, con esclusione dell’Impero Etiopico, di professione cristiana. Elementi di coesione politica erano del tutto assenti, e gl’indigeni, che vivevano in villaggi primitivi, erano dediti alla caccia e alla pastorizia.
Negli anni ’70 Tunisia ed Egitto si erano gettati in programmi di sviluppo che avevano dissestato le finanze e costretto ad aumentare i carichi fiscali ingenerando malcontenti tra le popolazioni locali. Francia e Inghilterra cercarono dapprima delle opzioni diplomatiche per salvare i paesi dalla bancarotta, quindi optarono per la guerra.
Ad innescare la corsa alla colonizzazione fu l’occupazione francese della Tunisia nel 1881 e quella inglese dell’Egitto nel 1882 (che aveva acquistato una grande importanza per l’apertura del Canale di Suez, da parte degli inglesi, nel 1869).
Ottenuto il via libera dal Bismark al congresso di Berlino nel 1878, la Francia costrinse il Bey tunisino a sottomettersi al loro protettorato. Per reazione in Egitto nacque un movimento nazionalista guidato da Arabì Pascià che provocò la risposta militare inglese. Nell’estate ’82 l’Egitto divenne una semicolonia britannica. Gli inglesi si allargarono nel Sudan, dove trovarono la resistenza di un movimento integralista islamico che li costrinse alle ostilità sino al ‘98.
Per reazione la Francia organizzò la rincorsa alla conquista dell’Africa Nera.
Il Belgio, s’era già inserito nelle operazioni quando nel 1876 occupò il Congo, ricco di giacimenti minerari.
Per evitare conflitti fra le potenze colonizzatrici, Bismark indisse una conferenza a Berlino (’84) nella quale si stabilirono norme per le occupazioni, secondo il principio dell’effettiva occupazione dei territori con l’ufficializzazione agli altri stati europei (l’occupante dichiara agli altri il possesso di…).
La Germania si vide riconosciuto il protettorato sul Togo e Camerum.
La Francia aveva il numero maggiore di territori, ma gli inglesi preferirono concentrarsi sull’africa Sudorientale, d’importanza fondamentale per il commercio con le isole dell’oceano Indiano. Partendo dalla Colonia del Capo, risalirono la costa orientale sino al Kenya e all’Uganda con l’intento di saldare i possedimenti del sud con quelli del nord. Nella zona dell’alto Nilo si verificò una situazione delicatissima tra inglesi e francesi, nel 1898 che comunque finì con un nulla di fatto militare, ma che costrinse le due nazioni a trovare nuove vie diplomatiche per evitare conflitti.

La guerra Anglo-boera.

Un caso particolare di verificò nell’africa meridionale, dove l’imperialismo europeo si scontrò con un forte nazionalismo dei primi colonizzatori locali, cioè i boeri. La situazione portò ad un conflitto fra due popoli bianchi e cristiani.
I boeri erano discendenti dei colonizzatori olandesi che nel XVII secolo avevano occupato Capo di Buona Speranza. Passati sotto la corona inglese al tempo di Napoleone, cercarono di sfuggire alla situazione fuggendo verso il Nord. In questo modo crearono le repubbliche indipendenti dell’Orange (1845) e del Transvaal (1852). La scoperta d’importanti giacimenti minerari e diamantiferi risvegliò l’interesse inglese che lasciò mano libera alla classe imprenditoriale della Colonia del Capo. Promotore di una scelta politica aggressiva fu Cecil Rhodes, padrone della British South Africa Company, che mise il suo potere economico a disposizione della corona. Mosso da interessi personali, lo stesso Rhodes, guidò l’esercito imperiale alla conquista di vasti territori così da accerchiare le due repubbliche boere. Nuove scoperte di miniere nel ‘85-’86 nel Orange e Transvaal provocò l’emigrazione di molti inglesi (uitlanders) in queste regioni, così da rendere ancora più tesi i rapporti tra le due etnie. Ad aggravare ulteriormente la situazione si verificò una vertenza sulla questione degli schiavi. I boeri, che vivevano in un sistema patriarcale, regolato da calvinismo intransigente erano favorevoli allo schiavismo sui nativi, gli inglesi no. Iniziò un’abile campagna di provocazioni contro i boeri. Quando gli uitlanders inglesi furono discriminati da alcune leggi locali, Rodhes appoggiò i compatrioti con pressioni politiche e militari, costringendo nel ‘99 il Presidente del Transvaal Kruger alla dichiarazione di guerra agli inglesi. Le sorti del conflitto, che dapprima arrise ai boeri, che opposero una grande tenacia alla superiorità numerica inglese, finì col favorire l’Inghilterra. Ma quando le due province furono annesse alle colonie inglesi nel 1902, lo spirito indipendentista dei boeri provocò forti sommovimenti e violenze civili. La tenacia con cui la popolazione boera portò avanti la protesta costrinse il governo a una rivisitazione della propria politica che portò alla concessione dello statuto di autonomia all’Orange e Transvaal. Nel 1910, nasce l’Unione Sudafricana con cui inglesi e boeri trovarono un punto di comunanza nella scelta di sfruttamento delle risorse minerarie e diamantifere pagate con una politica di segregazione razziale e di sfruttamento dei neri.

 

50 ESPANSIONE EUROPEA IN ASIA E OCEANIA.

 
In Asia gli europei avevano già radici profonde.
Gli inglesi possedevano India, Ceylon, Singapore, gli olandesi dominavano l’arcipelago indonesiano, i portoghesi controllavano Macao; la Spagna le Filippine, la Russia aveva occupato gran parte della Siberia e dell’Asia centrale; e la Francia aveva gettato le basi di un vasto impero nella penisola indocinese.
L’Indocina era frammentata in tanti staterelli (i più importanti: Vietnam, Cambogia e Thailandia) gravitanti sotto l’orbita dell’Impero cinese. La colonizzazione francese era cominciata come infiltrazione commerciale negli anni ’50, accompagnata dal missionariato cattolico. Proprio le persecuzioni ai cattolici dalle sette buddiste locali costituirono il pretesto per l’invio di forti contingenti militari. Nel 1862 i francesi occuparono la Cocincina e l’anno dopo la Cambogia. Negli anni ’80 ci fu la seconda fase dell’espansione francese. Nel 1883-85 dichiarò guerra alla Cina, dalla quale ottenne nuove territori.
Per reazione la Gran Bretagna occupò la Birmania nel ’85-’87.
Allora la Francia si assicurò il Laos nel ’93.
Il Siam rimase l’unico territorio indipendente, usato da anglo-francesi come stato cuscinetto tra i due imperi. In questo modo l’Inghilterra aveva efficacemente contrastato la Francia al Sud, ora doveva pensare alla Russia al Nord.
La Russia, colonizzava sia verso est, che verso il centro-sud. La colonizzazione della Siberia fu ultimata prima di fine secolo e promosse anche lo sviluppo infrastrutturale della regione (ricordiamo la costruzione della transiberiana 1904). Nel 1860 fu costruito il porto di Vladivostok sul Mar del Giappone (per dar sfogo al commercio in quella zona). Il governo russo, invece, ritenne opportuno rinunciare all’Alaska (troppo costosa da mantenere) che vendette nel 1867 agli Stati Uniti. L’impero russo, pericolosamente avvicinato a quello britannico, provocò una serie di guerre per procura (a nome delle tribù locali) in Turkistan e Afghanistan. Gli ultimi territori ad essere colonizzati furono gli arcipelaghi che furono spartiti soprattutto da inglesi e tedeschi. La Gran Bretagna occupò Australia e Nuova Zelanda, Fiji e Salomone e parte della Nuona Guinea. La parte rimanente spettò ai tedeschi. Intanto, però, si affacciavano sui territori due nazioni che a breve giro di posta sarebbero diventate le nuove potenze mondiali: Usa e Giappone.

 

51 Cina nel ‘800. Panoramica, dalle guerre dell’oppio alla rivolta dei boxers.

 
Già alla metà del ‘800 la Cina, lo stato più popoloso del mondo, subì la pressione commerciale-militare europea. L’impero si fondava su un forte potere centrale, rappresentato nel paese da potenti funzionari, i mandarini, custodi della tradizione confuciana. L’agricoltura, principale fonte di sostentamento, era abbastanza sviluppata e sottoposta ad un controllo centrale serrato. Per parecchi secoli l’impero cinese fu soggetto a un isolamento diplomatio-commerciale, che consentiva l’accesso solo a poche località portuali. Quest’emarginazione politica aveva profondamente indebolito l’impero cinese, così al primo scontro con l’Occidente entrò in crisi irreversibile. Il contrasto si concretò con le DUE GUERRE DELL’OPPIO:

  • 1839-’41. L’oppio severamente vietato nell’impero, era prodotto in India ed esportato clandestinamente in Cina con il beneplacito della Gran Bretagna. Nel 1839, quando un funzionario imperiale fece sequestrare le navi inglesi nel porto di Canton, scoppiò una guerra che durò più di due anni. Gli inglesi vincitori col trattato di Nanchino del ‘42, occuparono Hong Kong e costrinsero la Cina ad aprire altri porti. La sconfitta militare mise in crisi l’impero; attraversato da un’ondata di scontri sociali si trovò in balia di un’ulteriore rafforzamento commerciale straniero, che portò a nuove tensioni interne.
  • 1856-’60. Inglesi e francesi soffocarono un timido tentativo d’emancipazione commerciale cinese. La nuova sconfitta liberalizzò la penetrazione commerciale in tutta Cina, che acuì  la crisi sociale interna tanto da culminare nella sanguinosa rivolta di Taiping (nel 1860); anch’essa sedata dagli occidentali.  Furono aperte anche le vie fluviali interne agli stranieri e furono allacciati con gli stranieri “normali rapporti diplomatici”.

Alla fine del secolo la Cina dovette guardarsi anche dalla nuova potenza imperialista. Nel ‘94 il Giappone mosse guerra alla Cina per divergenze sulla Corea, stato vassallo di quest’ultima. Per l’ennesima volta l’esercito cinese fu sconfitto e al Giappone spettarono il controllo sulla Corea e l’isola di Formosa.
La situazione politica allo sbando provocò la nascita di un movimento nazionalista e xenofobo che si proponeva la restaurazione integrale delle tradizioni imperiali, che trovò il suo braccio armato in un’organizzazione paramilitare – I BOXERS – che costrinse, nel 1900, le potenze straniere (bersagliate da attentati e violenze) ad accordarsi per un intervento militare congiunto. In poche settimane la rivolta fu sedata e le truppe alleate occuparono Pechino. La situazione interna, benché restituita alla calma, mostrò agli occidentali l’impossibilità di una spartizione della Cina. La reazione naturale a questo susseguirsi poco onorevole d’insuccessi provocò un brusco moto d’orgoglio interno con la nascita di un nuovo movimento democratico che avrebbe portato alla lotta contro gli stranieri e alla modernizzazione del paese.

 

 

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