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Con il trionfo di Ottaviano si concluse il lungo e doloroso periodo delle guerre civili ed ebbe inizio una nuova epoca nella storia di Roma. Non si desiderò altro che pace, stabilità politica, una vita tranquilla.
Ottaviano seppe interpretare fedelmente questa ansia di pace che ormai era diffusa in Roma e nelle province, anche in quelle orientali. Finirono le requisizioni, i pesanti contributi richiesti per le spese degli eserciti in continue e lunghe guerre, le prevaricazioni degli usurai; finì il terrorismo politico. Perciò, quando nel 27 a.C. Ottaviano annunciò l'intenzione di rinunciare a tutti i poteri straordinari, di consegnare tutte le province nelle mani del Senato e del popolo romano per ritirarsi a vita privata, dando così prova di modestia e di disinteresse, i senatori all'unanimità non solo gli confermarono tutti i poteri, ma gli attribuirono anche il titolo di Augusto, che voleva dire degno di venerazione, tanta era la fiducia che tutti riponevano in lui.
Durante le guerre civili, molte cose erano cambiate ed era impossibile un ritorno all'antica repubblica o a una dittatura. Occorreva una soluzione nuova che, pur lasciando sussistere le antiche forme e le antiche magistrature repubblicane, infondesse uno spirito e un contenuto nuovo. Ottaviano agì con molta prudenza e con moderazione, in modo da ottenere il favore degli opposti partiti, che fino allora si erano combattuti per la conquista del potere. Come princeps o capo del Senato, egli assumeva il ruolo di capo del partito senatoriale; come tribuno, egli assumeva la guida del partito dei popolari.
Di nome egli non era che il princeps, il capo del Senato, ma di fatto aveva nelle mani tutti i poteri. Era a capo di tutti gli eserciti dislocati nelle province; la sua persona era sacra e inviolabile ; aveva il controllo del potere civile, delle magi strature e delle leggi. In sostanza Augusto operò una trasformazione della repubblica in principato in modo tale da lasciare ancora in vita alcuni pilastri dell'antica repubblica come il Senato, i comizi, le magistrature. Essi, però, non avevano più l'antico ruolo. Al Senato Ottaviano lasciò l'amministrazione di alcune province, quelle più tranquille (province senatoriali), mentre tenne per sè quelle in cui erano dislocati gli eserciti (province imperiali). Al Senato lasciò, inoltre, I'amministrazione del pubblico erario. I comizi continuavano a riunirsi, ma quasi esclusivamente per approvare le leggi di Ottaviano. I magistrati conservavano i loro antichi nomi, ma in realtà essi erano controllati dall'imperatore e dipendevano da lui. La repubblica di fatto si era così trasformata in un principato: il principato di Augusto.
Augusto ebbe anche un fisco privato: gran parte delle tasse che i cittadini pagavano affluivano nelle casse private dell'imperatore, mentre le altre erano destinate all'erario dello Stato e venivano amministrate dal Senato. Con Augusto l'esercito da volontario divenne permanente. Il soldato percepiva la paga e la liquidazione ed era quindi un soldato di mestiere. A seconda delle armi cui apparteneva egli prestava servizio per 16, 20 o 25 anni. Le spese per tale esercito permanente rappresentavano un onere non indifferente per lo Stato.
Augusto voleva intorno a sè una classe dirigente esemplare sotto il profilo morale. Egli era preoccupato della perdita delle virtù proprie dell'età eroica della repubblica. Il benessere, i rapidi guadagni, i contatti con il lusso e le raffinatezze dell'Oriente, la penetrazione in Roma di nuovi costumi e di un nuovo modo di vivere non creavano certo le condizioni adatte per un ritorno alle antiche virtù. Augusto pose un freno alla licenziosità dei costumi delle classi abbienti: una legge da lui emanata considerava l'adulterio un delitto e prevedeva la relegazione nelle isole e la confisca dei beni per la moglie colpevole. Augusto istituì anche premi per i coniugi che avessero figli. Tuttavia queste leggi non ebbero molto successo. Nella famiglia stessa di Augusto gli scandali e gli esempi di immoralità non mancarono.
Augusto non solo fondò l'impero, ma ne garantì anche la continuità designando un successore, con il consenso del Senato, nell'ambito della sua famiglia (famiglia Giulia). Augusto non ebbe figli maschi e perciò furono elevati al trono i figli della moglie Livia, già vedova di Tiberio Claudio Nerone. La dinastia, perciò, fu denominata giulio-claudia. I giulio-claudii ereditarono un peso superiore alle loro forze e il loro impero non fu dominato, come quello di Augusto, dalla prudenza e dalla moderazione. Essi entrarono spesso in conflitto aperto con il Senato, lasciarono mano libera ai pretoriani (la guardia del corpo dell'imperatore), governarono con il terrore e finirono i loro giorni o assassinati o suicidi. In compenso le province furono bene amministrate e l'impero conobbe una generale prosperità. Tiberio continuò l'opera di Augusto e consolidò i confini del I'impero, ma non godette certamente della popolarità del suo predecessore. Era un buon generale, un uomo di cultura, ma era anche sospettoso di tutto e di tutti, perchè temeva le congiure della nobiltà senatoriale. Perciò preferì governare l'impero dalla sua villa di Capri piuttosto che da Roma. Nella capitale egli lasciò con pieni poteri il prefetto del pretorio Seiano, un uomo crudele e violento che instaurò un governo personale e si macchiò di orrendi delitti. Personaggi di rilievo, fra cui lo stesso figlio dell'imperatore, morirono misteriosamente o avvelenati o uccisi da sicàri. Molti senatori furono allontanati dal Senato e sostituiti con cavalieri fedeli a Seiano. Intrighi e delitti dominarono la città, tanto che lo stesso Tiberio alla fine dovette ordinare l'arresto e l'uccisione di Seiano. Tiberio non godette buona fama. Quando morì improvvisamente il nipote Germanico, si diffuse la voce che a quell'avvenimento non fosse del tutto estraneo Tiberio, geloso della sua popolarità .Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia furono:
Tiberio (14-37)
Claudio (41-54)
A questa dinastia successe quella della famiglia Flavia dominata dalla figura di Vespasiano (69-79) e infine la serie degli imperatori adottivi.
Fonte: http://gandolfi.altervista.org/gandolfi.altervista.org/Storia_(classe_I)_files/La%20Roma%20imperiale.doc
Sito web da visitare: http://gandolfi.altervista.org/
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