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Storia d´Italia – Parte IV
Dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi
Con l´abolizione della monarchia i Savoia dovettero abbandonare l´Italia, ad Enrico De Nicola, liberale e monarchico, venne provvisoriamente affidata la carica di Capo dello Stato.
Partono i lavori dell´Assemblea Costituente per la redazione della nuova Costituzione.
Nonostante i principi in essa tracciati siano stati talvolta accusati di eccessiva genericitá a causa del compromesso istituzionale tra forze politiche di diversa ispirazione politica che le hanno prodotte, la Costituzione italiana diede per la prima volta al Paese un sistema di libertà civili e di garanzie democratiche, formulate con un linguaggio efficace e a tutti acccessibile, quale nessun testo giuridico aveva avuto fin allora in Italia.
Nel corso di soli dieci anni, l´Italia, da paese sottosviluppato, passa a far parte dei paesi più industrializzati del mondo. Ancora nel 1951 la sua economia era prevalentemente agricola, mentre alcune aree del Paese vivevano in condizioni di miseria e arretratezza spaventose. Nulla lasciava pensare, all´inizio degli anni ´50, di quali sforzi prodigiosi sarebbe stata capace l´Italia negli anni successivi. La capacità di sviluppo furono così inaspettate, gli indici di produzione salirono così in alto, il balzo industriale fu tanto energico che, non a caso, si vide in tutto ciò qualcosa di “miracoloso”.
Il “Sessantotto in Italia inizió prima che negli altri paesi europei e si concluse incomparabilmente dopo: tra alti e bassi i suoi strascichi arrivarono fino alla fine degli anni ´70.
In un momento di grande instabilità, mentre la contestazione studentesca era ancora al culmine e sorgevano i gruppi rivoluzionari della nuova sinistra, mentre era in pieno corso il cosiddetto “autunno caldo” degli operai, il 12 dicembre 1969 una bomba venne fatta esplodere a Milano nella sede della Banca Nazionale dell´Agricoltura, in Piazza Fontana, in pieno centro. Nello stesso giorno altre bombe scoppiarono anche a Roma, all´altare della Patria. Iniziava cosí un periodo di terrore e sangue che, per oltre un decennio avrebbe fatto dell´Italia un paese in guerra, con bombe che esplodevano nelle piazze, nei treni, nelle stazioni ferroviarie, mietendo vittime innocenti.
A coordinare l´offensiva anti terroristica venne chiamato il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale, servendosi anche delle rivelazioni dei “pentiti”, a cui un´apposita legee del parlamento prometteva consistenti sconti di pena, riuscì a sgominare già ai primi anni 80 l´intera organizzazione dei gruppi eversivi di sinistra. Nel loro insieme, gli atti di violenza addebitabili alla “strategia della tensione” e agli “anni di piombo”, dal 1969 al 1980, sono costati al paese ben 362 morti e 4490 feriti, suddivisi tra 12.690 episodi criminali di vario genere.
Sul finire degli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, dopo la parentesi della solidarietà nazionale che aveva consentito al PCI di uscire momentaneamente dall’isolamento, è il PSI a riprende l’iniziativa. Rispetto al passato, però, è un PSI largamente rinnovato, retto da una classe dirigente giovane, dinamica e ambiziosa che ha il suo leader in Bettino Craxi.
La formula del Pentapartito è incentrata sull’alleanza tra DC e PSI, basata però sul reciproco sospetto e su di una forte conflittualità interna. Ma, considerato che la principale forza di opposizione, il PCI, è nuovamente in crisi ed isolato sulla sinistra dello schieramento, è di fatto l’unica soluzione al momento possibile nello scenario politico italiano.
Questa formula di governo si basa su regole che rappresentano un’assoluta novità, e cioè: una presenza al governo assolutamente paritetica fra democristiani e rappresentanti dei quattro partiti minori alleati (Psi, Psdi, Pli e Pri) e alternanza dei leader di tutti i partiti di maggioranza alla Presidenza del Consiglio. Il primo capo del governo non democristiano è Giovanni Spadolini. Il suo, è anche il primo esecutivo cui partecipano tutti i partiti della coalizione, dopo i governi di attesa affidati a Cossiga (due, di cui il secondo caduto ad opera dei franchi tiratori) e a Forlani (travolto dallo scandalo della P2).
In occasione del voto di fiducia a Spadolini, emerge tutta la conflittualità interna alla coalizione di maggioranza tra i due principali pilastri, la Dc e il Psi. Il Psi, infatti, è costretto a votare la fiducia al governo Spadolini solo per evitare che esso possa nascere grazie all’astensione dei comunisti, interessati ad evitare le elezioni anticipate. Proprio le elezioni anticipate sono il principale nodo del contendere: il PCI non le vuole perché sta perdendo voti; il PSI, per la ragione inversa, invece le desidera fortemente, per sfruttare il momento favorevole e rafforzare la propria posizione nei confronti sia dei comunisti che dei democristiani.
L’appuntamento con le urne è dunque rimandato al giugno del 1983. I risultati elettorali sentenziano un netto ridimensionamento del primato politico democristiano (in calo di circa sei punti percentuali); il PCI, invece, perde pochissimo mentre il Psi guadagna. Ma più che in termini elettorali, il forte guadagno del Psi sta nel ruolo politico che lo scenario ridisegnato dalle elezioni gli conferisce: DC e PCI sono in una situazione di sostanziale equilibrio, separati solo da circa 2 punti percentuali; i socialisti dunque possono fare da arbitro e ottenere tutti i vantaggi possibili da questa situazione (cioè la Presidenza del Consiglio) poiché nessuna alternativa di governo è praticabile senza il loro consenso.
Il pentapartito domina la scena politica italiana fino al 1992, cioè fino all’anno della crisi e del disfacimento del sistema dei partiti, la cosiddetta "prima repubblica". Uno dopo l’altro, passando anche per uno scioglimento anticipato delle Camere (nel 1987), si susseguono sette governi, che avranno tutti vita estremamente breve. Negli anni Ottanta, intanto, prende il via un dibattito, che andrà facendosi via via più intenso, sulla necessità di riformare l’ordinamento istituzionale disegnato nella Costituzione del 1998.
Il 1992 può essere individuato come il punto conclusivo della storia del "sistema dei partiti" o della "prima repubblica". Le elezioni del 5 aprile decretano la bocciatura netta di tutti i tradizionali partiti di governo. È il segno che una forte richiesta di rinnovamento della prassi politica pervade la massa dell’elettorato, ma ancora non ci sono soggetti nuovi, capaci di sostituirsi legittimamente ai vecchi partiti. E’ iniziato, però, un processo di trasformazione che, da destra a sinistra, riguarda tutti: dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) il PCI di Occhetto è diventato Partito democratico della sinistra (Pds) e con questa nuova veste inizia la corsa al governo del Paese mentre dalla sua ala sinistra si stacca il gruppo di Rifondazione Comunista; esplode il fenomeno della Lega Nord, che sotto la bandiera dell’antimeridionalismo cela una più generale intolleranza del nord ricco verso le disfunzioni del sistema politico-amministrativo; la Dc, travolta dagli scandali per la corruzione dilagante nel paese, compie, con Martinazzoli, un ultimo tentativo di sopravvivenza riassumendo l’antico nome di Partito Popolare; il Psi scompare; il vecchio Msi, con il congresso di Fiuggi, diventa Alleanza Nazionale, sotto la guida di Gianfranco Fini.
Sullo sfondo di questi rivolgimenti, ci sono gli scandali di quella che è stata definita "tangentopoli", cioè una serie di inchieste e processi, partita il 17 febbraio del 1992 con l'arresto di Mario Chiesa, prima ad opera della procura di Milano, poi via via in tutta Italia, che fanno luce sul sistema della corruzione che per decenni ha dominato incontrastato larga parte della prassi politica italiana.
Tangentopoli, però, rappresenta solo la classica goccia che fa traboccare il vaso. Le motivazioni profonde della crisi e del crollo del sistema dei partiti, infatti, hanno cause profonde - sia interne, sia legate al contesto internazionale – ed origini lontane, che risalgono almeno alla fine degli anni Settanta.
Nel mondo cattolico è in atto un processo di profonda distinzione fra religione e politica, iniziato con papa Giovanni XXIII e proseguito con Paolo VI, fino a toccare l’apice con Giovanni Paolo II, il papa polacco orientato più verso i grandi temi della politica internazionale che verso quelli interni italiani. La Dc, inoltre, deve anche districarsi tra due richieste assolutamente inconciliabili: da un lato la disaffezione di una larga fetta dell’elettorato verso il sistema della corruzione di cui la Dc, stessa al governo per cinquant’anni, è vista come la principale responsabile; dall’altro l’opposizione a qualunque forma di moralizzazione del sistema da parte dei ceti clientelari che da questo sistema hanno tratto considerevoli vantaggi.
Il PCI, invece, è incapace di soddisfare le esigenze dei più giovani poiché le sue strutture, il suo linguaggio, i modelli di riferimento, il modo di intendere e fare la politica sono ormai obsoleti e inadeguati a fronteggiare i problemi cui sono sensibili le nuove generazioni. Non è agevole, cioè, trovare risposte politiche convincenti ai problemi ambientali, o a quelli legati all’energia atomica, pescando nel proprio bagaglio culturale ed ideologico che si è venuto formando in un mondo del tutto diverso da quello attuale. Lo stesso concetto di antifascismo, che era stato un formidabile strumento anche elettorale, viene fatto oggetto di un primo tentativo di analisi sul piano storiografico e quindi revisionato.
Il sistema politico italiano subisce anche gli effetti collaterali del terremoto che ha sconvolto lo scenario internazionale. Gli equilibri che tengono in piedi il regime dei partiti, infatti, hanno ragione di esistere solo all’interno di un certo contesto internazionale, caratterizzato dalla guerra fredda, dal bipolarismo a livello planetario tra due superpotenze e dal loro contrastarsi anche sul piano culturale ed ideologico. Ma la fine del secolo segna anche la morte delle ideologie: crolla il comunismo e i regimi che ad esso si ispirano. Inoltre il processo di integrazione europea giunge ad una fase decisiva. In questa mutata situazione internazionale, le condizioni su cui il sistema italiano si è retto, vengono improvvisamente meno. In parole povere - tanto per semplificare il discorso e porre l’accento su di uno dei suoi aspetti - non essendoci più la paura del comunismo, viene meno anche la necessità, avvertita da una larga fetta di elettorato, di far confluire i voti sulla DC baluardo contro il pericolo rosso.
Crollato il sistema dei partiti, si apre una lunga fase di transizione, anche grazie ai referendum promossi da Mario Segni, da Occhetto e dai radicali (18 aprile 1993), che introducono il sistema maggioritario (anche se il Parlamento vara una nuova legge elettorale mista, conservando il 25% di quota proporzionale).
Le elezioni del '94: svolta a destra
Le elezioni del 27 marzo 1994, seguite allo scandalo suscitato dall’inchiesta Mani Pulite, segnarono il definitivo cambiamento dello scenario politico italiano. L'inchiesta, che si svolse in molte Procure italiane, mise sotto accusa l’intero ceto politico che aveva gestito per decenni il paese al centro o alla periferia, industriali, uomini d’affari, apparati (servizi segreti, Guardia di finanza) quadri e dirigenti statali.
Il preludio per lo svolgimento di queste elezioni, furono le dimissioni di Carlo Azeglio Ciampi succeduto ad Amato nel 1993. L’apprezzato economista, prima degli incarichi governativi era stato Governatore della Banca d’Italia, aveva proceduto ad attuare ulteriori tagli della spesa pubblica e nuovi inasprimenti fiscali per fronteggiare la svalutazione della lira. Si trattava di una politica di duri sacrifici, che aveva bisogno di una solida maggioranza rivolta al cambiamento.
Dopo il PCI, divenuto PDS nel 1991, la DC si trasformò in Partito Popolare Italiano (PPI), riprendendo il nome adottato dal partito cattolico del 1919. Il MSI-DN dava origine ad Alleanza Nazionale (AN), mentre sparivano formazioni di lunga tradizione quali il Psi, il Psdi e il Pli.
Nasceva infine Forza Italia, un movimento promosso da Silvio Berlusconi (allora proprietario delle maggiori reti televisive private italiane e del gruppo Fininvest-Mediaset) allo scopo di opporrsi alla possibile affermazione delle sinistre che avevano vinto i turni delle elezioni amministrative su un programma di rilancio dell’iniziativa privata, di aumento dell'occupazione (1 milione di posti di lavoro), di riduzione dei carichi fiscali per le imprese.
Il nuovo sistema elettorale, di tipo maggioritario, favorì la formazione di alleanze tra i partiti. Le elezioni decretarono la vittoria di Forza Italia e Lega Nord, unite nel Polo Delle Libertà, e di Forza Italia e Alleanza Nazionale, unite nel Polo Del Buono Governo e la sconfitta degli altri due poli, i Progressisti (Pds, Rifondazione, Verdi, Alleanza Democratica, Rete, Psi), guidati dal segretario pidiessino Achille Occhetto, e il Patto per l'Italia (Ppi e Patto Segni), guidato da Mario Segni e Mino Martinazzoli.
Il vero vincitore risultò Silvio Berlusconi ma il suo governo, che vedeva per la prima volta l'ingresso nella stanza dei bottoni dei post-facsisti di Fini, incontrò subito numerose difficoltà che sfociarono in scontri giudiziari con la Procura di Milano, in scontri politici con la Lega di Bossi e in scontri sociali con i sindacati (sulla questione della riforma delle pensioni) tali da portare ad una rapida caduta del suo governo nel dicembre del '94 e alla fine prematura della legislatura, dopo la breve parentesi del governo tecnico di Lamberto Dini (ex ministro del Tesoro del governo Berlusconi), appoggiato dall'esterno da centrosinistra e Lega Nord.
Le elezioni del '96: la prima volta della sinistra
A due anni dalla vittoria elettorale del 1994, il 21 aprile del 1996 la Casa delle libertà fu battuta dalla coalizione dell'Ulivo (coalizione di centro-sinistra composta da Pds, Ppi, Lista Dini, Verdi, Rete e altre formazioni minori), guidata dall'ex presidente dell'Iri Romano Prodi. La Lega Nord si presentò da sola agli elettori.
La nuova legislatura godette una sicura stabilità di governo, consentendo - attraverso una rigorosa politica economica - l'ingresso dell'Italia nell'Unione Europea, l'avvio del processo di privatizzazioni, il rilancio dell'economia e dell'occupazione e giungendo fino al termine, nonostante i contrasti interni alo schieramento di maggioranza portassero ad una politica di compromesso e alla sostituzione dapprima di Prodi, che aveva guidato la coalizione dell'Ulivo in campagna elettorale, con Massimo D'Alema, leader dei DS, e poi di questo (in seguito alla sconfitta alle elezioni regionali) con Giuliano Amato.
Il 20 maggio 1999 un commando terrorista delle Br uccide Massimo D'Antona, sindacalista della Cgil, collaboratore del ministro del Lavoro Bassolino.
Le elezioni del 2001: la rivincita di Berlusconi
Alle elezioni politiche del 12 maggio del 2001 la Casa delle Libertà (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Biancofiore, Lega Nord, Nuovo PSI) si prende la rivincita sull'Ulivo (Ds, Margherita, Girasole, Partito dei Comunisti Italiani). Il ticket Silvio Berlusconi-Gianfranco Fini batte quello ulivista costituito dall'ex sindaco di Roma Francesco Rutelli e dal diessino Piero Fassino Democratici di Sinistra, e Forza Italia registra un notevole successo, raccogliendo circa il 30 perc ento dei consensi globali.
Il centrodestra torna al governo del Paese, grazie anche alla rinnovata alleanza con la Lega di Bossi (che riceve in cambio alcune poltrone strategiche dell'esecutivo: Giustizia, Welfare e Riforme) e alle divisioni del centrosinistra, che si presenta diviso all'appuntamento elettorale (Rifonazione comunista e Di Pietro si schierano da soli) e non sa far valere davanti agli elettori i risultati realizzati in cinque anni. Una vittoria schiacciante più nei numeri dei parlamentari che in quello degli elettori (alla Camera la Cdl prende 16.839.562 voti contro i 16.406.969 voti dell'Ulivo), grazie alla buona campagna di Rutelli che recupera nelle ultime settimane.
Allegato 1: Il Neorealismo
movimento filosofico sorto in Gran Bretagna e negli USA all'inizio del XIX sec. in polemica con le varie filosofie idealistiche (intuizionismo, pragmatismo, neohegelismo) allora dominanti. Sostiene che la natura degli oggetti della conoscenza è indipendente dal processo conoscitivo e che non viene da esso modificata. I maggiori rappresentanti inglesi furono S. Alexander, G. E. Moore, B. Russell, C. D. Broad, N. K. Smith e in parte anche A. N. Whitehead. Il neorealismo americano ha avuto il suo maggiore esponente in W. P. Montague, autore, con altri, dell'opera Il nuovo realismo (1912).
CINEMA
Il neorealismo cinematografico è un fenomeno tipicamente italiano. Fu caratterizzato principalmente dall'attenzione alla realtà della vita nazionale nei suoi aspetti più crudi e più dolorosi. Iniziato da L. Visconti (Ossessione, 1942), il neorealismo si affermò con la vibrante forza documentaria di Roma città aperta (1945) e di Paisà (1946) di R. Rossellini, con Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) di V. De Sica e con film di L. Visconti, A. Lattuada, P. Germi, R. Castellani, G. De Santis.
ARTE
Le origini del neorealismo artistico si ritrovano nell'opera di quei pittori e scultori che si opposero, fin dal 1930 circa, all'estetica ufficiale del Novecento, propugnando l'impegno morale e civile dell'artista. Su di essi influì in modo determinante l'esempio di Picasso. Così, artisti come M. Mafai, C. Cagli, R. Guttuso, G. Migneco, G. Manzù, E. Treccani, R. Birolli, E. Vedova, C. Levi, B. Santomaso, B. Cassinari, E. Morlotti, A. Sassu, A. Pizzinato, L. Leonardi, G. Zigaina, A. Ziveri e altri, pur partendo da premesse estetiche diverse e sviluppando in forme autonome la loro personalità, trovarono unità sia pure per breve tempo in un comune impegno politico-sociale che si proponeva di essere antiaccademico.
LETTERATURA
Il neorealismo letterario nacque in Italia essenzialmente come reazione al disimpegno che aveva caratterizzato la letteratura, e la cultura in genere, durante il ventennio fascista e come ricerca di un più ampio, stabile contatto con la realtà sociale e politica del Paese. Cronologicamente, esso si limita al periodo compreso circa tra il 1945 e il 1955. Al neorealismo si collegano scrittori molto diversi tra loro, come Pratolini, Levi, Jovine, Calvino, Bilenchi, Cassola, Bassani ecc.
Bibliografia:
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Braghetti/Tavella, Il prigioniero. I 55 giorni di Moro raccontati da un protagonista, Mondadori
Braun Michael, Italiens politische Zukunft, Ffm 1994 [UB 94 A 13327]
Chabod Federico, Die Entstehung des neuen Italien. Von der Diktatur zur Republik, Reinbek 1965
Chiaramonte Umberto, Il dibattito sulle autonomie nell' Italia 1796-1996.Unità-federalismo-regionalismo-decentramento, Angeli 1998
Colarizi Simona, Biografia della Prima Repubblica, Laterza 1998
Cotta Maurizio, Il gigante dai piedi di argilla. La crisi del regime partitocratico in Italia, Bologna 1996 [UB 97 A 6978]
De Lutis Giuseppe, I servizi segreti in Italia. Dal Fascismo alla Seconda Repubblica, Editori Riuniti 1998
Ferraresi Franco, Threats to democracy. The radical right in Italy after the war, Princeton NJ 1996 [UB 98 A 467]
Ginsborg Paul, Storia dell’Italia dal dopoguerra ad oggi (1943-1988), Torino: Einaudi 1989, 2 vol. [WiSoB]
Ginsborg Paul, Storia d'Italia 1943-1996. Famiglia, società, stato, Einaudi 1998
**Ginsborg Paul, L'Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, Stato 1980/1996, Torino Einaudi, 1998 [doz]
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Kogan Norman, L’Italia del dopoguerra. Storia politica dal 1945 al 1966, Bari 1972
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Lepre Aurelio, Storia della Prima Repubblica. L'Italia dal 1943 al 1998, Il Mulino 1999
Mammarella G., L’Italia contemporanea (1943-1989), Bologna 1990
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Raith Werner, Der Korruptionsscock, Reinbek bei Hamburg 1994 [UB 95 A 7365]
Sassoon Donald, L’Italia contemporanea. I partiti, le politiche, la società dal 1945 a oggi, Roma 1988 [WiSoB]
Scoppola Pietro, La repubblica dei partiti. Profilo storico della democrazia in Italia (1945-1990), Bologna 1991 [WiSoB]
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Erri De Luca, Montedidio, Milano, Feltrinelli, 2001
Adele Grisendi, Bellezze in bicicletta, Milano, Sperling & Kupfer, 2001
Carlo Levi, Le parole sono pietre, Torino, Einaudi, 1955
Carlo Levi, L’orologio, Torino, Einaudi, 1989
Luigi Meneghello, Bau~sète!, Milano, Bompiani, 1996
Giampaolo Pansa, I nostri giorni proibiti, Milano, Sperling & Kupfer, 1996
Giampaolo Pansa, Siamo stati così felici. Un amore semplice nell’Italia del ’48, Milano,
Sperling & Kupfer, 1995
Goffredo Parise, Il ragazzo morto e le comete, Torino, Einaudi, 1972
Casare Pavese, La luna e i falò, Torino, Einaudi, 2000
Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli, Milano, Adelphi, 1994
Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, Milano, Garzanti, 1993
Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita, Milano, Garzanti, 1994
Vasco Pratolini, Le ragazze di Sanfrediano, Milano, Mondadori, 1991
Vasco Pratolini, La costanza della ragione, Milano, Mondadori, 1963
Gilberto Severini, La sartoria, Milano, Rizzoli, 2001
Paolo Volponi, Memoriale, Milano, Garzanti, 1962
Boom economico e anni sessanta
Alberto Arbasino, Fratelli d’Italia, Milano, Adelphi, 1993
Luciano Bianciardi, L’integrazione, Milano, Bompiani, 1993
Luciano Bianciardi, La vita Agra, Milano, Rizzoli,1993
Goffredo Fofi, Strana gente, Roma, Donzelli, 1993
Il sessantotto
Nanni Balestrini, Vogliamo tutto, Milano, Feltrinelli, 1971
Nanni Balestrini, Gli invisibili, Milano, Bompiani, 1990
Nanni Balestrini, I furiosi, Milano, Bompiani, 1994
Nanni Balestrini, Una mattina ci siam svegliati, Milano, Baldini & Castoldi, 1995
Maria Corti, Le pietre verbali, Torino, Einaudi, 2001
Sebastiano Vassalli, Archeologia del presente, Torino, Einaudi, 2001
Giampaolo Spinato, Di qua e di là del cielo, Torino, Einaudi, 2001
Fonte: http://www.sz.uni-erlangen.de/intern/templates/course1/gadondol/download/course3/Dalla%20Seconda%20guerra%20mondiale%20ai%20giorni%20nostri.doc
Sito web da visitare: http://www.sz.uni-erlangen.de
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