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I MISTERI DELLA SUA NOMEA DI CITTA' MAGICA
Parlare dei misteri di Torino, come città magica, è affascinante ma non semplice perché se da una parte esistono molte ricerche e pubblicazioni che evidenziano alcune sue particolari origini storiche e leggendarie, che a dire degli studiosi esoterici sono indubbi segni soprannaturali, dall'altra parte invece, in contrasto, vi è il positivismo torinese che limita o nega i fatti.
Ci sono fattori non casuali, non fisici, che operano in natura, di cui l'uomo non comprende la vera essenza.
Dalle grandi metropoli ai più sperduti villaggi la magia viene esercitata seppure con criteri.
Torino è considerata in tutto il mondo città magica in virtù di vari fattori tra cui molte sculture simboliche (rosoni, draghi, mascheroni, cani, leoni) collocate in vari punti della città che avrebbero valenza duplice per la magia bianca o benefica (con Lione e Praga) e magia nera o satanica (con Londra e San Francisco) due anime che si combattono aspramente per affermare se stesse, nonché dal trovarsi all'incrocio di due fiumi, il Po e la Dora Riparia, che rappresenterebbero il Sole e la Luna, ma soprattutto sarebbe punto d'incontro di diverse linee sincroniche (ovvero del reticolo molto irregolare di linee o canali energetici percepiti dagli esoteristi che avvolgerebbero il pianeta di cui la scienza non sa dare spiegazioni ma che già anticamente i cinesi chiamavano "schiena del drago") che trova in Torino un luogo geografico come pochi altri simili al mondo.
Nel corso dei secoli la città ebbe inevitabilmente grandissime trasformazioni, ma la sua caratteristica magica rimase.
NelleTorri palatine di Torino avrebbero soggiornato sulla strada dell'esilio
Ovidio e
Ponzio Pilato; sempre a Torino soggiornarono:
Paracelso, Cagliostro, Casanova, e molti altri .Anche Michel Nostradamus (1503 - 1566) medico e astrologo francese vi soggiornò e nelle sue profezie predisse il trasferimento della Sindone a Torino, ritenuta dagli esoterici anche un simbolo magico.
Nel mondo del soprannaturale non si può dimenticare il Dott. Gustavo Rol (1903 - 1994), l'incredibile e riservato personaggio torinese conosciuto in tutto il mondo per le sue straordinarie doti extrasensoriali.
Alcuni punti considerati magici in Torino: - Vicino al fiume Po - Eridano, sui ruderi di un tempio ritenuto dedicato alla Dea Egizia Iside fu costruita nel 1818 sullo stile del Pantheon la chiesa dedicata, si noti, non alla Madonna ma alla Gran Madre di Dio. Questo è considerato punto di massimo interesse esoterico positivo della città ovvero di magia bianca; degno di notevole interesse esoterico sono le due statue collocate a lato della grande scalinata che rappresentano rispettivamente la Fede e la Religione: quella di sinistra in particolare, la Fede, tiene in mano un calice e con lo sguardo pare indichi la direzione dove il mitico e immateriale Graal dovrebbe essere custodito in Torino. - Inoltre secondo Carlo Promis (1808 - 1862) architetto, archeologo e docente alla scuola di ingegneria di Torino nella sua "Storia dell'antica Torino" sostiene che vi furono anticamente nella città templi ed edicole sacre od almeno statue dedicate alle divinità di Giove, Pallade, Apollo, Diana, Mercurio, Iside ed Ercole, ipotizzate sotto le fondamenta di alcune chiese.
Altro punto di massima positività sarebbe la zona di Piazza Castello - Giardini Reali con la fontana dei Tritoni e delle Nereidi.
Le due statue poste all'ingresso della Piazza Reale rappresentano due divinità greche a cavallo: i Dioscuri Castore e Polluce, gli eroi mitologici greci fratelli gemelli, figli
di Zeus (Dio Giove) questi simbolicamente rappresenterebbero la luce e le tenebre, i poli opposti che permetterebbero al mondo di esistere e che fanno sì che ci sia la vita perché c'è la morte.
Invece la Piazza Statuto con al centro il monumento ai caduti per il traforo del Frejus e un piccolo obelisco dedicato a G. B. Beccaria (autore nel 1774 dell'opera geodeta "Gradus Taurinensis") con alla sommità l'astrolabio, sarebbe punto di massima negatività dovuto anche al fatto che qui anticamente era la Val Occisorum, cioè il luogo delle esecuzioni capitali, e infatti in questa zona durante lo scavo per la costruzione della ferrovia venne ritrovata una antica necropoli.
Non si può poi dimenticare che in alcuni palazzi storici del centro città, aleggerebbero tuttora secondo la fantasia popolare fantasmi di celebri personaggi, particolarmente in Palazzo Reale, Palazzo Barolo e al Museo Egizio.
Nella città di Torino sembra che nulla sia stato lasciato al caso, nemmeno l’orientamento delle chiese, dei palazzi, il disegno delle piazze o addirittura le facciate di certe costruzioni patrizie: gli architetti si sono tramandati per secoli i significati nascosti dei simboli attraverso le loro opere. Per capire, o non capire ciò, dobbiamo rifarci alla Massoneria che custodisce ancora il segreto dei simboli e tornare a migliaia di anni fa quando Hiram costruì a Gerusalemme il tempio di Re Salomone. Hiram era il depositario dei segreti che provenivano da Kha, l’architetto dei faraoni, e prima di lui da Toth, che insegnò agli uomini linguaggio, scrittura e tecnologia.
La Fontana Angelica di piazza Solferino è costruita secondo queste regole e al di là della sua architettura esteriore c’è tutta una tradizione massonica molto difficile da interpretare.
Storicamente la fontana era stata richiesta al Comune dal grand’Ufficiale Pietro Bajnotti a ricordo dei propri genitori, e avrebbe dovuto essere collocata di fronte al Duomo. In chiave esoterica la scelta di spostarla dove si trova oggi fu sbagliata, perché la fontana ha perso l’orientamento verso est.
Così come ci appare è composta da quattro gruppi di statue appoggiati a basi di granito: ai lati ci sono due gruppi femminili, la Primavera e l’Estate; al centro in posizione più alta si trovano due figure maschili che versano acqua da un otre, l’Autunno e l’Inverno. La Primavera è seduta su un mantello di fiori e con una mano accarezza un bimbo che lancia nell’aria uno stormo di rondini; alle loro spalle c’è un altro bambino che solleva il mantello dove è seduta la donna. L’Estate è sul lato destro appoggiata a fasci di spighe e vicino ha un bimbo che sorregge una ghirlanda piena di mele, pere ed uva. L’Autunno, giovane, è appoggiato alla chiglia di una nave e nasconde in una mano una rosa un po’ appassita; la figura è avvolta da una ghirlanda di melograni e sull’altro lato vi è un bambino che gioca con ananas, banane e pannocchie. L’Inverno è una figura barbuta e corrucciata, appoggiata ad un ceppo di quercia dai rami spogli e nodosi; la sua mano afferra l’otre a forma di ariete, poggiato ad un’aquila con una sola ala aperta. Sul lato posteriore si trova un bimbo sorridente con i capelli disposti a raggiera; un altro bimbo gli offre un grosso pesce, mentre un terzo gioca con una ghirlanda di pigne.
Ma veniamo al significato nascosto dell’opera. L’Inverno guarda verso oriente e, insieme con l’Autunno, rappresenta i giganti Boaz e Jaquim, i due sostenitori delle colonne d’Ercole, i guardiani della soglia che immette sull’infinito. Boaz è la "parola di passo", il primo grado dell’iniziazione che il neofita compie nel cammino per i trentatré scalini delle logge massoniche. Jaquim rappresenta la perfezione, la luce, la conoscenza, mentre Boaz le tenebre e l’ignoranza. La conoscenza è simboleggiata dall’acqua che i due personaggi versano dagli otri, mentre questi ultimi sono due simboli astrologici: l’acquario è l’età verso cui si avvicina l’umanità, e l’ariete il segno sotto il quale si trova l’Italia.
Nel significato alchemico l’ariete è simbolo del vello d’oro, meta degli Argonauti, ma anche momento di trasformazione della materia verso la perfezione. Il bimbo con i capelli a raggiera è il frutto di ciò, è il Sole; quello con il pesce è il simbolo del Cristianesimo che si avvicina al suo maestro.
Le due figure maschili rappresentano anche Osiride, la più antica divinità egizia, le figure femminili rappresentano Iside, sua sposa e sorella. Ma le due donne simboleggiano anche i due aspetti dell’amore, quello sacro (Primavera) e quello profano
(Estate), e anche la Virtù contrapposta al Vizio.
Un altro grande segreto è custodito nella disposizione dei blocchi di granito. Se si osserva la fontana a distanza, da posizione centrale, si nota che fra le due figure maschili si apre un varco rettangolare. E’ il cuore del mistero e rappresenta la soglia invalicabile per i profani, oltre la quale si entra in una dimensione sconosciuta, si accede a terre al di là delle colonne d’Ercole. E’ l’ingresso allaCaverna Luminosa in cui sono custoditi i misteri alchemici che regolano tutto il mondo
La posizione geografica del Piemonte ha favorito sin dai tempi più antichi il passaggio di popolazioni attraverso i suoi valichi alpini: dalle scorrerie galliche alle guerre di conquista romane, dai cartaginesi di Annibale ad altre migrazioni più recenti, varie furono le vicende che si inserirono nel tessuto storico piemontese, e così fu anche, seppur marginalmente, per i Templari o Cavalieri del Tempio di Gerusalemme
Come nacquero...
La storia dei Templari è intimamente legata a quella delle otto crociate (1096-1270)susseguitesi in Terra di Palestina. Quest'ordine, che univa la croce e la spada nelle mani dello stesso guerriero, monaco e cavaliere, sorse dalla necessità di difendere il regno conquistato dai crociati. La prima crociata sostenuta da Papa Urbano II (1096) e predicata da Pietro l'Eremita con il motto Dieu le veut, ebbe quasi tutti i suoi partecipanti massacrati nel viaggio attraverso i Balcani; seguì la spedizione capeggiata da Goffredo di Buglione, Duca della Bassa Lorena, che riuscì (1099) a conquistare Gerusalemme e assunse il titolo di Difensore del Santo Sepolcro; in seguito undici Cavalieri, tutti francesi, guidati da Hugo di Payns fondano nel 1118 a Gerusalemme l'Ordine religioso-militare dei Poveri Cavalieri di Cristo, che adotta le regole monastiche di S.Agostino. Baldovino II, zio di Goffredo, divenuto Re di Gerusalemme li sistemò nell'antico Tempio di Salomone, dando loro nome di Cavalieri del Tempio di Sion (Gerusalemme) o Templari.
Chi erano...
I Templari erano Cavalieri, generalmente colti e nobili di nascita e il loro Gran Maestro assumeva la dignità di Principe. Nel 1128 l'Ordine fu confermato dal Concilio di Troyes e poi da Papa Innocenzo
Il fondatore dei Templari, Hugo di Payns, ebbe nell'abate francese Bernardo di Chiaravalle, predicatore cistercense della seconda crociata, un sostenitore e propagandista convinto che esaltando l'umiltà, lo zelo e la povertà dei Templari lo aiutò nel loro reclutamento.
Nel 1148 il Papa Eugenio III diede loro le regole di base benedettina e l'abito: manto bianco con croce rosso vermiglio. All'epoca l'Ordine si era già esteso ed arricchito grazie a numerose donazioni e disponeva di fortezze in Palestina. Con le loro fortune derivate dalle regole di povertà, gli ex Poveri Cavalieri divennero presto i banchieri dei pellegrini e i finanziatori delle notevoli spese che si dovevano affrontare per togliere la Terra Santa dalle mani... pagane degli infedeli.
Le accuse di eresia e immortalità, il processo farsa...
Le fortune di questa specie di finanziaria durarono fino a quando, nel 1307, il Re di Francia Filippo il Bello (Già scomunicato da Papa Bonifacio VIII nel 1303 e ai ferri corti con Papa Clemente V), dopo aver goduto di grandi quantità di denaro elargito dall'Ordine, pensò che invece di restituire i capitali che gli erano stati prestati per condurre i vari conflitti con Aragonesi, Inglesi e Fiamminghi, sarebbe stato più economico eliminare l'Ordine dei Templari ed impossessarsi inoltre dei beni in loro possesso.
I Templari che, come tanti altri ordini religiosi, avevano col tempo perso molto delle loro virtù primitive, furono accusati di tutte le nefandezze possibili ed immaginabili; Filippo il Bello ne fece arrestare a sorpresa 138; con un farsesco processo durato sette anni (1307-1314) e malgrado le timide proteste di Papa Clemente V furono tutti inquisiti e condannati; alcuni morirono sotto tortura, altri sul rogo.
Quando la Terra Santa sfuggì ai cristiani, i Templari ripiegarono a Cipro dove avrebbero custodito la Santa Sindone (ora nel Duomo di Torino); dopo il grande processo i loro beni, soprattutto quelli immobiliari ospedalieri, furono amministrati da due altri Ordini: quello dei Cavalieri di Malta e quello dei Gerosolimitani. Nel 1312 il Papa Clemente V trasferitosi ad Avignone, decideva la soppressione dell'Ordine: era durato quasi duecento anni.
Gli insediamenti in Piemonte...
Il potere dei Templari in Italia, al contrario della Francia, fu molto limitato. La presenza in Piemonte, seppure scarsa, è documentata da alcuni insediamenti con proprietà di chiese e ricetti: a Torino, le chiese di S. Margherita del Tempio vicino all'attuale Valentino, la mansione o ricetto di San Severo, fusa con S. Margherita e passata ai Gerosolimitani (dopo che l'Ordine fu sciolto) e l'Abbazia con ospedale di San Giacomo di Stura a nord-ovest di Torino; a Chieri, San Leonardo; ad Ivrea, San Nazario con beni a Bollengo e Burolo; a San Giorgio Canavese, Santa Maria oggi San Giacomo; a Susa, Santa Maria con beni a San Giorio e Villar Focchiardo; a Villastellone, San Martino della Gorra e, in zona San Bartolomeo, casa-fortezza e chiesa; a Moncalieri, pare, il Castello della Rotta e si attribuisce loro la costruzione (1146) di un ponte in pietra sul Po, successivamente affidato ai Gerosolimitani e ora scomparso.
Tutte le provincie piemontesi ebbero insediamenti Templari. A Vercelli si ha un documento comprovante la proprietà dei Templari, in data 18 giugno 1179, del rifugio per pellegrini di San Giacomo d'Albareto.
Vercelli ebbe Templari illustri: citiamo Uguccione Gran Precettore d'Italia e Antonio Sicco, Segretario dei Templari in Palestina.
Attorno all'anno mille fu costruita in Val Susa, sulla sommità del monte Pirchiriano sopra Avigliana, la possente abbazia di S. Michele Arcangelo (protettore dei pellegrini) che divenne punto di riferimento per i pellegrini provenienti dalla Normandia (abbazia di Mont Saint Michèle) diretti al monastero di San Michele sul Gargano per poi imbarcarsi a Brindisi per la Palestina.
Torino, sempre molto sensibile ai fatti misteriosi, diventò specie nel secolo scorso un centro di studi e ricerche sui Templari o Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, ma a tutt'oggi pochi documenti accertano la veridicità di tanti episodi ad essi attribuiti.
Una storia fatta di mezze verità, clamorose smentite, documenti rivelatori che saltano fuori dagli archivi dei conventi, devozione incondizionata, e scetticismo ad oltranza.
Se c'è chi è pronto a giurare che la il Sacro Sudario ha preso le mosse dal Santo Sepolcro, altri come Luigi Garlaschelli dimostrano, documenti alla mano, che la Sindone di Torino è storicamente nota solo a partire dal 1357 e che già in quella data il vescovo Enrico di Poitiers obiettava in merito alla plausibilità e autenticità del presunto sudario di Cristo. In definitiva la reliquia non sarebbe altro una delle tante "veroniche" (vere icone), impronte del volto di Cristo vivente lasciate su degli asciugamani, che durante il Medioevo circolavano numerose per tutta l'Europa. Considerando che la verità storica difficilmente potrà essere stabilita, è interessante ripercorrere le vicende (tramandate da fonti più o meno attendibili, sempre a cavallo tra fede e leggenda, truffa e credulità popolare) di questo lenzuolo di lino nei cui aloni ingialliti si intravede l'immagine in negativo di un corpo, che de secoli è capace di catalizzare la devozione di milioni di fedeli e di scatenare feroci polemiche.
Da Gerusalemme a Costantinopoli.
La Sindone prende le sue mosse da Gerusalemme circa 2000 anni fa. Documenti dei primi secoli, ci parlano di un telo, chiamato Mandylion, traslato da questa città a Edessa, l'attuale Urfa nella Turchia Orientale. Studi basati su testimonianze letterarie e iconografiche hanno stabilito che quella stoffa era effettivamente la Sacra Sindone, ripiegata in modo da far vedere solo il volto.
Il 16 agosto del 944 il sudario viene trasferito a Costantinopoli e riaperto fino a svelare l'esistenza della vera immagine umana.
I Savoia
Il Sacro Lino verrà così esposto in verticale fino alla sua scomparsa, avvenuta durante il saccheggio della IV Crociata nel 1204. Fa la sua apparizione in Europa nel 1353, quando viene portata in Francia da Geoffroy de Charny, Signore di Lirey, un cavaliere crociato, che però non ne volle rivelare la provenienza. Marguerite de Charny, nipote dei quest'ultimo, non avendo eredi, il 22 marzo 1453, donò la Sindone ad Anna di Lusignano, moglie del Duca Ludovico di Savoia. La reliquia, fino al 1578, venne custodita a Chambèry. E proprio qui il Sacro Telo, conservato nella Sainte Chapelle del castello della località savoiarda, subì dei gravi danneggiamenti. Difatti a causa di un incendio divampato nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532, l'urna di legno rivestita d'argento che custodiva la Sindone, ebbe un lato arroventato e alcune gocce di metallo fuso attraversarono i diversi strati ripiegati, formando tracce scure di bruciatura. Due anni dopo, le Clarisse cucirono sulle parti incenerite i rattoppi triangolari oggi visibili. Fu in seguito portata a Torino per andare incontro a S. Carlo Borromeo che nel frattempo si era incamminato verso Chambèry in adempimento a un voto.
In dono al Papa
Alla morte di Umberto II di Savoia (18 marzo 1983), il Santo Sudario fu stato donato al Papa. Ora il lenzuolo che starebbe a testimonianza della resurrezione di Gesù Cristo è conservato nel Duomo di Torino.
Il Santuario della Consolata è un santuario mariano e tra i tanti esistenti è anch'esso un segno, entro le antiche mura della città di Torino, di una presenza ecclesiale e della mediazione materna di Maria. Qui si venera un'antica icona di Maria "che ispira soavità" Cibrario; come le classiche icone orientali, con le quali ha forse qualcosa di più di una semplice somiglianzà, è Maria a guardare il fedele più che ad essere guardata. Per tutto quello che avvenne in questo santuario della Consolata, dentro di esso e attorno ad esso, si potrebbe dire che questo santuario sta alla Madonna come un ostensorio sta all'Ostia consacrata.
Ogni santuario ha la sua storia piuttosto lunga e complicata - quella del santuario della Consolata inizia dal 924 - e ha anche un proprio destino.
Si vedrà come l'Allamano affronterà il problema "storico" del santuario. Qui basti dire che è una storia complessa e frammista a qualche leggenda ed è questo "insieme" di storia e di leggenda a dare al santuario della Consolata una sua inconfondibile "personalità".
Quante lacrime e quante sofferenze trasudano quelle pietre e quei muri, quante grazie invocate e ricevute in occasione di malattie, disgrazie, carestie, peste, guerre, assedi e fame... Nel 1706 Torino è sotto assedio; nel 1799 i francesi vengono cacciati; nel 1852 scoppia la polveriera di Borgo Dora; nel 1884-85 Torino che contava all'incir-ca 150 mila abitanti vive sotto l'incubo di un'altra epidemia; i giornali registrano l'avanzata del colera da Telone verso Torino, passando per Ventimiglia, Cuneo, Mondovì, Saluzzo... È questa storia, senza contare i casi personali di "miseria confidente", che vede unite nel santuario della Consolata le classi popolari e quelle abbienti, l'aristocrazia e la stessa Casa Reale, a conferirgli la cosiddetta "personalità inconfondibile". Il poeta spagnolo Unamuno, visitando un giorno la meravigliosa cattedrale gotica di Leon, quella immensa"polo di attrazione di prim'ordine", come nessuna chiesa parrocchiale di Torino può vantare.
Il santuario divenne un punto di appoggio per tante altre iniziative, capace di promuoverne sempre più. A ben osservare, il santuario della Consolata nelle mani dell'Al-lamano da plastico e quasi sepolto tra ricchi palazzi e case popolane, con poco spazio, si fa quasi malleabile e s'ingrandisce in modo che è difficile dire. E se nel suo complesso materiale la dilatabilità è pur sempre limitata, dimostra invece una capacità immensa di anima. Perché ogni santuario ha un'anima. Stava solo aspettando che qualcuno se ne accorgesse.
A CHE COSA SERVE UN SANTUARIO?
Il punto di partenza di tutta l'attività dell'Allamano sarà, dunque, il santuario della Consolata.
Ma a che cosa serve un santuario mariano? La domanda potrebbe essere formulata in maniera ancora più ampia: "A che cosa serve un santuario?", dato che i santua-ri sono moltissimi e non soltanto mariani.
A una domanda del genere non è facile rispondere. Persino il Codice di Diritto canonico ha sempre ignorato i santuari. Tutti! Da sempre - si può dire - specie da dopo il Concilio di Trento, i santuari vennero a costituire nella Chiesa cattolica un fenomeno importante, visibile, diffuso. Ma poiché non erano facilmente controllabili, venivano guardati con una certa freddezza da parte dei vescovi, come pure furono sempre considerati con una distaccata tolleranza dal cosiddetto rigorismo "erudito" di matrice giansenistica o da certo illuminismo e scientismo più vicino a noi, che li considerava e li considera facile ricettacolo di devozionismo popolare, non sempre privo di superstizioni. Per tutti questi motivi Paolo VI, quasi con tenerezza, li aveva chiamati "potenze indifese". Solo il nuovo Codice di Diritto canonico del 1983 li prende finalmente in considerazione in quattro canoni (1230-1234).
I santuari sono chiese o luoghi sacri, aperti al culto, sorti per particolari motivi di pietà, in genere legati a qualche immagine ritenuta miracolosa o a qualche intervento soprannaturale. Sono luoghi prediletti dai fedeli per incontri più personali con il sacro; luoghi, cioè, dove è possibile esprimersi meglio con parole, gesti, preghiere, pellegrinaggi legati ad antiche tradizioni, quasi per una fiducia illimitata nel potere del "contatto"; dove per una circolazione e interscambio molteplice di aspirazioni culturali, terapeutiche o di pacificazione, riconciliazione, ringraziamento... il fedele sente di poter meglio sperimentare ed esprimere il suo sentimento religioso.
II nuovo Codice, sia per riequilibrare il sistema dei santuari e sia per meglio orientarli alle necessità religiose dell'epoca attuale, li presenta come "chiese o luoghi sacri", in cui si offrono ai fedeli "con maggiore abbondanza" (abundantius: un avverbio usato solo qui dal Codice) - e per questo sarebbero luoghi "privilegiati" o "carismatici", ma il Codice non usa questi termini - "i mezzi della salvezza", che sono la parola di Dio "annunciata con diligenza", la vita liturgica "soprattutto questi termini - "i mezzi della salvezza", che sono la parola di Dio "annunciata con diligenza", la vita liturgica "soprattutto con la celebrazione dell'Eucarestia e della Penitenza" e "le sane forme della pietà popolare".
I santuari, nel passato come nel presente, tentano anche di dare una risposta ai grandi mali della società, offrendo più spazio e più tempo al precetto dell'amore e della solidarietà con testimonianze fattive. Qualcuno li ha definiti "cliniche dello spirito" o anche "le misteriose capitali del mondo".
Perchè si dice che Torino sia la capitale della Magia?
Forse per le energie positive e negative che le si attribuiscono? Gli esoteristi dicono che già nel nome può trovarsi il presagio, il destino, e che tutto sta nel tormentato rapporto tra l'ignoranza dell'uomo e le ignote forze del cosmo. In proposito secondo gli esoteristi, molti eventi di Torino avrebbero una componente esoterica.
Torino oltre che prima capitale d'Italia è sempre stata una fucina di idee per l'anticipazione del futuro. La prima automobile in assoluto fu la trasformazione di una carrozza di corte effettuata dal Capitano Virgilio Bordino che fece il giro di prova in Piazza Castello il 7 maggio 1854 dotata di una caldaia a vapore funzionante a carbone; l'industria dolciaria ha qui radici antichissime, raccontate addirittura da Plinio (primo sec. d. C.). La prima linea aerea italiana con l'idrovolante fu la Torino - Venezia - Trieste. L'Eiar - Rai tv, l'industria cinematografica, quella telefonica, la moda e tante altre attività nate e sviluppate a Torino sono state poi purtroppo trasferite quasi completamente altrove, quasi avessero esaurito il loro compito nella città guida e laboratorio; è pure sede dell'importantissimo Museo Egizio, ma Torino è anche famosa per i suoi martiri e i grandi
SantiSociali, per il miracolo dell'Ostia del Corpus Domini e per la presenza della S.Sindone.Il Papa Giovanni Paolo II durante una sua visita ebbe a dire: "Torino è una città di Santi e di Luce, quindi dove c'è la luce occhieggia anche il demonio".
Nel 1975 nasce in un circolo esoterico di Torino, l'idea di realizzare una città-comunità esoterica e nel 1976 in Val Chiusella, (zona ritenuta punto d'incontro di linee sincroniche) nel comune di Baldissero C.se a 40 km a nord di Torino viene dato l'avvio alla realizzazione di Damanhur (Città della Luce); qui vicino è stata pure realizzata in 20 anni di lavoro volontario dei damanhuriani una grande e spirituale opera d'arte sotterranea chiamata "Tempio dell'Uomo".
Abbiamo cercato di dare, seppur brevemente, qualche cenno sull'assieme delle peculiarità, concomitanze e fenomeni, relativi alla nomea di Torino città magica, ai più sconosciuti e difficilmente dimostrabili se non con le percezioni di molti sensitivi; prima di esprimere qualsiasi giudizio si deve quindi prendere atto della infinita limitatezza della nostra conoscenza umana non normalmente preparata a percepire i misteri di carattere soprannaturale.
Poiché queste leggende sostanzialmente convergono, parleremo principalmente di quella del
Principe egizio Eridano.
Secondo Filiberto Pingone, storico e professore all'Università di Torino nel suo trattato "Augusta Taurinorum" del 1675, si attribuisce a Torino una ascendenza egizia rafforzata al ritrovamento nel corso dei lavori di sterro per la costruzione della cittadella fortificata di una lapide con iscrizione dedicata alla Dea Egizia Iside. Anche Emanuele Thesauro (1594 - 1675) storico di corte durante la reggenza di Madama Cristina in Torino, pubblica un libro "Historia della città di Torino" in cui ricordando i miti di Fetonte e del Principe egizio Eridano (considerato questo un semidio fratello diOsiride) già narrati anticamente da Aristotele, Plutarco, Eusebio, Ovidio e altri) sostiene che questo principe egizio dopo aver lasciato la terra di origine per motivi di intolleranza religiosa con la casta sacerdotale avrebbe bordeggiato la Grecia e poi l'Italia costeggiando il Tirreno; sarebbe poi sbarcato con i suoi seguaci in una zona a nord conquistandola e dando a questa il nome di Liguria da quello di suo figlio Ligurio. Successivamente proseguiva verso l'interno e varcati gli Appennini trovava un'ampia pianura in fondo alla quale (presumibilmente su un insediamento celtico esistente) in prossimità del fiume Po che gli ricordava il Nilo, fondava Torino; era il secolo XV A.C. per cui la città sarebbe stata fondata molti secoli prima di Roma! - Torino cominciò quindi ad esistere sotto il simbolo del Dio Api e il Toro venerato a Menfi fu anche il primo Toro di Torino!
L'antico nome Eridano dato al fiume Po sarebbe derivato da quello di una stirpe di Re egizi, gli Eridanei, poi sopraffatti dall'invasione etrusca.
Con l'arrivo dei Romani nel II sec. A. C. l'agglomerato urbano acquisì caratteristiche di città sacra agli Dei mantenendo sempre particolarmente l'impronta di campo militare; in questo periodo inevitabilmente furono occultati tutti i "segreti esoterici" poiché i nuovi arrivati coprivano e distruggevano tutto quanto era possibile relativamente a cultura e memoria dei precedenti abitanti per sovrapporre la propria.
Risulta che il cartaginese Annibale nel 218 A.C. varcate le Alpi fu fermato (malgrado il suo possente esercito di 37 elefanti, 60.000 cavalieri e 20.000 uomini) per tre giorni dai Taurini; la città però fu completamente distrutta. Ai Romani (Augusta Taurinorum) seguirono i Goti, Longobardi, Carolingi, ecc., e poi molto più tardi i Saraceni.
Fonte: http://www.maella.it/Download/Misteri%20-%20Torino%20citt%C3%A0%20magica.doc
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Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
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