Templari storia

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Templari storia

Storia dei sigilli templari

Nel manoscritto Francese della Regola del Tempio, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, ci sono vari articoli che parlano del sigillo Templare e dei suoi usi. La matrice principale dei Templari era chiamata  bulle o boule (significa palla). Era d’argento e tra i suoi due fianchi uniti da una cerniera, veniva colato il piombo per modellare il sigillo magistrale.Veniva custodita gelosamente in una borsa di cuoio, detta borse, chiusa da tre serrature, le cui chiavi erano tenute una dal Maestro e le altre due da altri dignitari Templari.

Durante l’assenza del Maestro, il Siniscalco o Luogotenente ne potevano disporre e quando il Magistero era vacante della morte del titolare, essa era conservata dal Precettore dell’elezione. Come Baussant, il vessillo del Tempio, anche la bulle e la bourse erano considerate sacre. Il Templare che avesse spezzato la matrice veniva condannato a una delle pene più severe: la perdita dell’abito per un anno. Ogni dignitario dell’Ordine, dal Maestro ai Precettori di case, baliaggi o castelli, al semplice Templare che detenesse un incarico di comando, era autorizzato ad usare un suo sigillo.



Quando un frate moriva, veniva trasferito o lasciava l’incarico, la borsa con le sue matrici doveva essere consegnato al suo diretto superiore.L’articolo 634 dei Retraits stabiliva che, una volta convocato il Capitolo Generale, si dovesse eleggere un precettore con lo specifico incarico di controllare, all’ingresso della sala capitolare, che ogni comandate o dignitario convocato fosse in possesso  della sua borsa contenente il sigillo.Al Templare che rivestiva due incarichi venivano assegnati due differenti sigilli da usare, in alternativa, a seconda che il documento fosse attinente a l’una o all’altra delle sue funzioni. 



In caso di malattia del precettore doveva, prima di raggiungere l’infermeria, consegnare la bolla del suo luogotenente che, in caso di decesso, l’avrebbe inviata al loro superiore. Da centinaio di sigilli ritrovati su documenti dell’Ordine del Tempio vediamo che i Templari prediligevano matrici a forma circolari. Vi sono, però, alcune eccezioni: i cappellani e i preti dell’Ordine usavano un sigillo a mandorla, come del resto del clero, mentre il Tesoriere del Tempio inglese, che partecipava alle sedute dello Scacchiere ( la tesoreria di Inghilterra), usava un sigillo a forma di scudo. 
Una matrice era utilizzata, in genere, per tutto il tempo di una carica ma, talvolta, molto di più.
Anche i Templare usavano cere di colore diversi a seconda dell’argomento trattati negli atti.

 

 La cera verde era la più usata; serviva per sigillare gli originali di contratti perpetui, atti di vendita o cessioni di beni. Quella gialla, o cera naturale, sigillava la corrispondenza usuale e le convenzioni a breve scadenza. I sigilli scuri o bruni si trovavano sulle copie degli atti e sulle riconferme di contratti precedenti. La cera rossa era riservata ai documenti relativi alla Regola ed agli atti di giustizia.

Infine la cera nera si usava per le proteste, i reclami e i contenziosi. I grandi dignitari dell’Ordine, usavano apporre un contro sigillo. A tale scopo essi adoperavano il proprio anello istoriato con blasone di famiglia, oppure di un dischetto ufficiale, attaccato alla matrice principale e conservato anch’esso nella borsa.

                                                             Storia dei sigilli

Il termine trae origine dal latino sigillum diminutivo proprio di signum (segno, marchio, impronta). Esso è un piccolo strumento, generalmente in metallo, che reca inciso lettere o figure le quali, impressa nella ceralacca fusa, autenticano documenti e missive.
Parlare di sigilli in epoca moderna può sembrare anacronistico e fuori luogo sebbene ancor oggi e forme diverse, ne vengano usati vari tipi per convalidare documenti e materiali ( ad esempio il sigillo di garanzia).
Nel medioevo pochi erano coloro che sapessero scrivere e anche i nobili, salvo rare eccezioni, ponevano una croce innanzi al loro nome e chiedevano, quali garanti di un atto, lunghe liste di testimoni, i sigilli non nacquero nel medioevo ma  in quel periodo divennero più che mai indispensabili per dare una patente di autenticità ad atti pubblici e privati. Nel XII secolo essi iniziarono a sostituire, sempre più frequentemente, il segno di croce sui documenti. Da quel momento il sigillo sarà dai papi, imperatori, re, nobili di lettere e di chiesa e diverrà il simbolo stesso della legge e dell’autorità.
Era tale la sua importanza che, in molti casi, l’immagine effigiata veniva descritta nel documento stesso, a cura dell’estensore e su indicazione del personaggio che ne era il detentore. Le figure e le scritte impresse nei sigilli avevano precisi significati, legati alla persona o all’istituzione che essi
Rappresentavano. Papi, Re e imperatori autenticavano i documenti con un’impronta che riproduceva la propria effige e, tal volta sigillo e monete coniate durante il regno di un re od il pontificato di un papa potevano avere le stesse caratteristiche. I nobili, di solito, utilizzavano quale marchio lo stemma araldico della casata con varianti individuali; generalmente questo passava da padre in figlio o da signore ad erede mentre, in alcuni casi, alla morte di un blasonato, esso veniva spezzato e sepolto con lui. Per il “legame”, l’elemento che lo legava fisicamente al documento, venivano usati materiali diversi: cuoio, cordometro, canapa, seta, fili d’oro, lana, ecc.. La limitata superficie del sigillo non concedeva molto spazio alle iscrizioni, pertanto queste venivano abbreviate creando non poche difficoltà a chi, oggi tenta di decifrarle. Inoltre alcuni problemi di interpretazione delle leggende sono dovuti agli errori degli orafi e degli intagliatori. Il sigillo concludeva la stesura del documento. Le posizioni più importanti per apporlo su una pergamena erano all’estrema sinistra o al centro. Nei documenti provvisti di più sigilli, la loro collocazione non era causale, ma stabilita da rigorosi principi  di precedenza connessa al rango o alla qualifica dei testimoni presenti alla stesura dell’atto. Così potremmo trovare dopo l’apposizione del sigillo principale: dall’estrema sinistra verso destra, in ordine decrescente d’importanza, sigilli di sempre minor prestigio; dal centro, un’alternanza da sinistra a destra dei sigilli più prestigiosi. La ceralacca, come noi la conosciamo, a quei tempi non esisteva e si fabbricava la cera da sigilli. La ricetta, pressappoco, era la seguente: due tersi di cera d’api, un terso di pece bianca, un pizzico di verderame, il tutto amalgamato con cura. Per accrescere la durata e la coesione dell’impronta, alcuni mischiavano all’impasto del gesso o peli. Al termine della preparazione si aggiungeva il colorante poiché alcune cancellerie, ad esempio quelle papali e reali, sigillavano gli atti con colori diversi a seconda del contenuto dei documenti. Al momento dell’uso, lo scrivano, il notaio o il guardasigilli prendeva una pallina di cera e la plasmava sino a farle assumere la forma e le dimensioni dovute. Quindi ripiegava il bordo inferiore della pergamena, per darle maggior consistenza, la forava in uno o due punti, attraverso i quali faceva passare il “legame”, lo annodava e  affondava i pendenti nella forma di cera sulla quale veniva, infine, impressa la matrice. Tal volta, per precauzioni, si apponeva sul retro un contro sigillo. Tale marchio, generalmente, aveva per matrice la parte superiore di un anello e serviva ad autenticare il sigillo impedendo la contraffazione. Sembra che l’uso del contro sigillo sia stato introdotto, nella seconda metà del XII secolo, dalla cancelleria di Luigi VII, re di Francia.

     

 

Fonte: http://sacroordineleone.altervista.org/Lorenzo/Pprot/Storia_dei_sigilli_templari.doc

Sito web da visitare: http://sacroordineleone.altervista.org

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