Tecnologia RFID Radio Frequency IDentification

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Tecnologia RFID Radio Frequency IDentification

  RFID
 Introduzione
Iniziamo dalla definizione stessa dell'acronimo RFID: "Radio Frequency IDentification", cioè Identificazione a Radiofrequenza. Lo stesso acronimo ci permette di dare una direzione alla stessa tecnologia (precisandola e limitandola):
a) è una tecnologia che permette l'identificazione (si intende per identificazione il riconoscimento univoco di un oggetto);
b) è una tecnologia che sfrutta la radiofrequenza (di cui si parlerà in seguito).

Da queste precisazioni è possibile già dare limiti e corpo a questa tecnologia, perché lo scopo primario è l'identificazione (certa di un oggetto) e lo scopo secondario è lo sfruttamento di un sistema wireless a radiofrequenza.
Storia
Questa tecnologia è nata durante la seconda guerra mondiale in concomitanza con i primi radar (radio detecting and ranging, rilevamento radio e misurazione di distanze). Questi non erano sofisticati e tecnologici come i moderni radar, ma anzi erano abbastanza artigianali. In pratica erano costituiti da:
- un'antenna di trasmissione fortemente direzionale (di forma paraboloide) che emetteva una serie di impulsi radio,
- un impianto di ricezione (che sfrutta la stessa antenna) montato su un piano rotante,
- un sistema di amplificazione,
- un primitivo schermo.

Il principio di funzionamento del radar consiste nell'inviare verso l'oggetto cercato radioonde generalmente modulate a impulsi e nel ricevere le onde riflesse dall'oggetto medesimo (echi radar). Calcolando il tempo di eco, ossia il rimbalzo dell'impulso sulla carlinga dell'aereo, e conoscendo la posizione istantanea della rotazione dell'antenna ricevente, il sistema di amplificazione permetteva la visualizzazione di un punto sullo schermo, cioè dell'aereo.

Il ministero della difesa britannico non ritenne completamente soddisfacenti i primi sistemi radar, in quanto non avrebbero dovuto solo avvistare gli aerei nemici, ma anche identificare gli amici dai nemici, così da ottenere la situazione in tempo reale delle battaglie aeree. La difesa britannica quindi ordinò la progettazione di un sistema IFF - Identification Friend or Foe (Identificazione amico o nemico). Gli ingegneri decisero allora di implementare sugli aviogetti inglesi (o alleati in seguito) una scatola contenente una ricetrasmittente, denominata successivamente "transponder", che all'atto dell'illuminazione radar (vale a dire, quando il fascio di radioonde colpiva l'aereo) rispondesse sulla stessa frequenza istantaneamente con un "bip" che amplificato permise nel radar stesso l'identificazione degli aviogetti amici dai nemici.

Successivamente, con l'evoluzione tecnologica, questi sistemi sono divenuti sempre più precisi. L'evoluzione successiva infatti fu non solo l'identificazione IFF ma l'identificazione univoca dell'aviogetto mediante un ID assegnato. Questo fu possibile modulando l'emissione del transponder (ecco i primi esperimenti di onde radio FM) a bordo dell'aereo, che non inviava più un semplice "bip", ma una serie opportunamente codificata: ciò permise di "numerare" gli aviogetti e conoscerne così la posizione univoca

Fino agli inizi degli anni '90 i veri e propri transponder furono utilizzati esclusivamente in campo militare e civile per l'identificazione di navi ed aerei. Successivamente, con l'avvento delle nuove tecniche di gestione magazzino derivate direttamente dalle catene di produzione giapponesi (ad esempio, la gestione magazzino secondo il modello JIT, just in time, che modula la produzione sulla base della richiesta), si resero necessari strumenti di natura informatica sempre più complessi, che permettessero un'automazione spinta ed una localizzazione precisa delle merci incrociata con le apparecchiature automatizzate in movimento.

Le prime soluzioni degli anni '80, assai poco eleganti, prevedevano l'uso di codici visuali (ad esempio, i primi codici a barre) che però mostrarono subito i loro limiti: distanze di lettura inferiori ai 5 cm, impossibilità di letture in ambienti con polveri sospese, necessità di pulizia delle apparecchiature continua. Avevano un solo pregio: i bassi costi. Queste soluzioni si evolsero poi fino ai codici a 13 cifre che troviamo normalmente sui prodotti. Questa soluzione però non si legava molto bene all'identificazione o localizzazione di apparecchiature in movimento (ad esempio, i muletti automatici): per risolvere questo problema, ai primi "robot" furono applicati dei transponder a potenza ridotta (con un limite di lettura di una decina di metri e non centinaia di chilometri), inoltre per ridurre i costi fu estrapolata la funzionalità di identificazione da quella del radar, identificando quindi nel raggio d'azione dell'antenna cosa c'era, senza individuarne la posizione.

Alla riduzione delle potenze e delle distanze aumenta enormemente la difficoltà nella progettazione di un sistema radar, poiché le onde radio si propagano alla velocità della luce, e l'eco di ritorno è così veloce da non poter essere elaborato. Così nacque il primo sistema di identificazione a radiofrequenza, che permetteva di identificare la posizione (presunta) di un oggetto vicino all'antenna, quindi la possibilità di gestire i movimenti dei muletti in un magazzino automatizzato. Dato che la provenienza di questa tecnologia era prevalentemente di origine aeronautica, ed in aeronautica tutto è normalizzato, all'inizio furono utilizzati gli stessi standard aeronautici, poi convertiti in standard ISO sulla base dell'espansione della tecnologia.
Di seguito vediamo come sono mutati i sistemi in circa 50 anni.

I componenti principali sono ora costituti da:
a) antenna ricetrasmittente (ridotte le potenze e le dimensioni, eliminata la rotazione e l'identificazione della posizione);
b) apparecchi di visualizzazione (passaggio da schermi con identificazione del punto a comunicazione dei dati informatici direttamente a un computer);
c) transponder (ridotte le dimensioni e limitata la potenza, alimentazione a batterie).

È importante sottolineare la differenza tra i transponder aeronautici ed i transponder RFID: i primi sono delle complete apparecchiature di ricetrasmissione (che hanno anche un costo molto alto e sono alimentati dall'aereo stesso), i secondi sono invece costituiti essenzialmente da:
- un'antenna ricetrasmittente;
- una batteria;
- un microchip.

Questa tipologia di transponder è stata denominata "attiva" in quanto è dotata di batterie ed è tutt'ora utilizzata nell'industria (persino in autostrada con il telepass). Il primo utilizzo sperimentale di questa tecnologia fu fatto negli anni '70 con gli animali, quando l'Università di Chicago definì un protocollo per l'identificazione e l'invio di dati come la temperatura. Qui si definirono chiaramente le caratteristiche dell'RFID moderno, vale a dire:
- l'identificazione wireless;
- la trasmissione di dati wireless.
Il sistema così ideato aveva però forti limiti: non era infatti possibile identificare la posizione di un transponder avendone ridotto le dimensioni e la potenza. Spesso due transponder operanti nello stesso campo radio si disturbavano, endendo impossibile la lettura dei reciproci identificativi. Questo problema viene detto "effetto collisione" e si verifica quando due segnali con la stessa frequenza si accavallano. Ad esempio, si pensi a più persone che parlano nella stessa stanza contemporaneamente: il tono di voce rappresenta la frequenza. Se tutti hanno lo stesso tono di voce, le comunicazioni sono impossibili.

Per risolvere questo problema furono ideati degli algoritmi anticollisione che permisero la comunicazione alternata di due o più transponder senza conflitti. Era inoltre necessario identificare in modo certo il campo d'azione dell'antenna emettitrice/ricevente per evitare che due o più antenne si disturbassero a vicenda. La strada per la soluzione a questo problema fu trovata ripercorrendo quella tracciata dai sistemi EAS (Electronic Article Surveillance), una variante dei sistemi RF del 1960, che emettevano un singolo bit (presente o assente, quindi senza identificazione): oltretutto il transponder non doveva essere alimentato: in pratica la sua presenza "disturbava" il campo radio e veniva quindi individuato. Questi sistemi lavoravano a frequenze più basse delle normali onde radio per i radar, generando campi elettromagnetici tra due estremità di antenne (come ad esmepio avviene nei due pannelli del sistema antitaccheggio del supermercato) e quindi agendo in spazi ben delimitati e certi.

Lo studio dei sistemi EAS aveva però dato anche lo slancio verso la ricerca di un sistema RFID che non necessitasse di un sistema di alimentazione sul transponder, rendendolo così più piccolo, economico e di maggior durata, con una vita non più legata all'autonomia della batteria: si pensò quindi, abbassando le frequenze, di sfruttare i principi dell'elettromagnetismo, gli stessi che fanno funzionare i trasformatori. Si parla in pratica dell'esperimento di Marconi: la "condensazione di energia elettrica a distanza mediante un'onda radio" (ma vedremo meglio in seguito distinguendo le frequenze HF - UHF) per alimentare i transponder, esperimento che riuscì benissimo, grazie anche alle miniaturizzazioni, all'aumento dell'efficienza dei microchip EEPROM e all'inserimento di un condensatore che rende stabile la carica il tempo sufficiente all'invio dei dati. Si ottennero così i primi transponder "passivi", che d'ora in poi chiameremo TAG.

Vediamo la costituzione di un TAG passivo:
- antenna, costruita secondo specifici canoni per "catturare l'energia" (v. figura sopra, sezione 1)
- condensatore (2)
- microchip (3)

Da questo momento i campi di ricerca sulla tecnologia RFID si sono sdoppiati in:
- tecnologia RFID attiva a campo non delimitato;
- tecnologia RFID passiva a campo delimitato.

La tecnologia passiva ha anche permesso di semplificare alcuni processi come l'algoritmo anticollisione: dato che i TAG sono alimentati dal campo elettromagnetico, lo stesso non riesce ad alimentarne più di 30/40, quindi l'algoritmo può essere ottimizzato per queste situazioni; per i TAG attivi, invece, possono arrivare fino oltre i cento TAG contemporanei nel campo elettromagnetico.

Vediamo quindi le differenze tra la tecnologia "attiva" e "passiva".

Tecnologia attiva:
a) antenna piccola, multidirezionale
b) frequenze nell'ordine del GHz (tra i 900 MHz ed i 5,8 GHz);
c) distanze di lettura nell'ordine delle decine di metri;
d) transponder alimentati;
e) algoritmo anticollisione avanzato.

Tecnologia passiva:
a) antenne monodirezionali di discrete dimensioni;
b) frequenze basse (Hz per i TAG ad induzione o HF, MHz per i TAG elettrici o UHF; differenza di cui si parlerà in maniera più approfondita in seguito);
c) distanze variabili tra 1 cm e 20 metri;
d) transponder non alimentati;
e) algoritmo anticollisione semplificato (massimo 30-40 TAG contemporanei)

Per il momento è tutto. Vi do appuntamento alla prossima settimana con un articolo in cui approfondiremo la conoscenza della tecnologia RFID.


Questa sezione si pone come obiettivo di introdurre alle principali caratteristiche di un sistema RFId (Radio Frequency Identification) e della tecnologia sottostante.
Sebbene vi siano le premesse di nuove opportunità per le aziende e di interessanti miglioramenti della supply chain, non è certo possibile affermare che la tecnologia RFId sia adeguata a ogni esigenza. In molti ambiti, infatti, essa si trova in diretta concorrenza con il codice a barre e solo in alcuni scenari di utilizzo la soluzione RFId sembra fornire consistenti vantaggi.

Si rende quindi necessaria una buona comprensione dei principi che stanno alla base della tecnologia e delle principali applicazioni.
Di seguito illustriamo cosa si intende per tecnologia RFId e il suo principio di funzionamento.

L’idea che sta alla base della tecnologia RFId è estremamente semplice: un dispositivo di lettura interroga un tag, generalmente applicato su un oggetto, e riceve le informazioni in esso memorizzate. Il vero punto di forza della tecnologia RFId giace nella grande quantità di informazioni memorizzabili sul tag e nella facilità di lettura dei dati.
Il suo funzionamento è ugualmente semplice. Quando il lettore viene attivato, emette un’onda elettromagnetica a una determinata frequenza che viene diretta ai tag; l’energia dell’onda viene indotta nei tag consentendo loro di inviare la risposta al lettore. Semplificando, possiamo dire che un sistema RFId è composto da tre principali elementi: il transponder che contiene le informazioni, l’antenna che emette le onde elettromagnetiche e riceve la risposta dal tag, e il lettore che decodifica la risposta e legge le informazioni dal tag. I lettori sono generalmente collegati al computer host per permettere la rielaborazione dei dati recuperati.

 APPROFONDIMENTI
Con il termine RFID s'identificano tutti quei sistemi e quelle tecnologie destinate all'identificazione automatica di persone, animali o cose per mezzo di onde radio.
Questi sistemi si basano sulla lettura di un'etichetta intelligiente, chiamata TAG o trasponder, da parte di appositi lettori, i reader TAG.
Un sistema RFID è composto da:

  1. TAG RFID - Al suo interno vi è microchip che contiene le informazioni da trasmettere, l'antenna che riceve e ritrasmette i segnali radio da e verso il lettore, un microcondensatore o una batteria che fornisce energia al circuito.
  2. Reader TAG - Attraverso l'antenna e il firmware trasmette/riceve  ed elabora i dati.

Principio di funzionamento e tipologie di TAG

Per alimentazione
Esistono tre tipi di TAG che si distinguono per fonte di alimentazione e che quindi differiscono leggermente tra loro:

  • TAG PASSIVI

Ricavano l'energia necessaria per alimentare i propri circuiti da segnale generato dal Reader. Quando il TAG si trova immerso nel campo elettromagnetico, il flusso magnetico variabile nel  tempo si concatena con le spire dell'antenna dando origine a una corrente indotta, conseguenza della legge di Lenz, che è immagazzinata nel condensatore (principio d'accoppiamento induttivo magnetico). Essendo sforniti di un'alimentazione autonoma non riescono a generare una portante per la trasmissione della risposta, perciò questi tipi di TAG re-irradiano una parte d'energia fornita dal lettore modulandola (effetto Backscatter). Per fare un paragone, si comportano come una sorta di specchi che riflettono la luce solare. Proprio per questo hanno un basso consumo ma anche una distanza operativa limitata.

  • TAG SEMI-ATTIVI

Utilizzano il campo generato dal Reader come sorgente d'energia per trasmettere le informazioni, ma non per alimentare i suoi circuiti. Questo compito è svolto dalla batteria. A differenza di quelli passivi che realizzano funzioni logiche primitive, questi essendo dotati di un'alimentazione riescono a svolgere funzioni più complesse ma il loro raggio d'azione resta sempre limitato perchè rispondono il principio del Backscattering

 

  • TAG ATTIVI

Sono dotati di un sistema d'alimentazione che fornisce energia ai chip, alle memorie (che rispetto agli altri casi sono riscrivibili e di dimensioni maggiori) e al ricevitore/trasmettitore. Essendo dei veri e propri radio-trasmettitori, la distanza operativa aumenta notevolmente.

 In questa tabella si fà un confronto tra i tipi di TAG mostrando vantaggi e gli svantaggi:

 

 

Per frequenza
I sistemi RFID sono classificati per bande di frequenze utilizzate per comunicare, stabilite da enti quali EPCGlobal e ISO:

  • Banda LF (Low Frequencies)

Fu la prima banda utilizzata per scopi commerciali ed è tuttora una delle più utilizzate. Situata tra 120 e 145 KHz.

  •  Banda HF (High Frequencies)

 Centrata sui 13,56 MHz, è l'unica banda riconosciuta in tutto il mondo e perciò la più usata.

  •  Banda UHF media (Ultra High Frequencies)

 Varia da zona a zona: in Europa la sottobanda è 865

  • Banda UHF alta e SHF

Sfrutta frequenze che vanno dai 2,4 fino ai 5,8 Ghz e consente una miniaturizzazione del TAG. L'unico inconveniente risiede nel fatto che lavora in una porzione di spettro molto affollata e potrebbero crearsi interferenze  con sistemi WiFi, Bluetooth o ZigBee.

Ogni banda è caratterizzata da alcune proprietà che la rendono utilizzabile solo in certi settori lavorativi. Ad esempio all'aumentare della frequenza aumenta la distanza operativa del TAG, il numero d'informazioni trasferite al secondo e si abbassano le dimensioni degli apparecchi con un'ulteriore riduzione dei costi. Mentre TAG a bassa frequenza hanno però il vantaggio di essere più immuni alle riflessioni delle onde su supefici metalliche e all'assorbimento da parte dei liquidi. La seguente tabella dà un'idea di come siano legate le prestazioni alla frequenza

Per memorie
L'ultima classificazione riguarda il tipo di memorie installate sui TAG

  • ReadOnly

Memorie di sola lettura programmate dal costruttore montate soprattutto su TAG passivi di tipo LF e HF.

 

  • Write Once & Read Many (chiamate anche WORM)

Memorie programmabili una sola volta che possono essere lette infinite volte, ma non possono più essere modificate.

 

  • Read & Write

Memorie scrivibili e leggibili un numero infinito di volte. A differenza degli altri tipi di memorie, questi TAG non sono semplici alternative ai codici a barre ma vere e proprie memorie dinamiche con la possibilitàdi essere aggiornate.

 

Protocolli di comunicazione

La comunicazione che s'instaura tra TAG e Reader è digitale e avviene grazie a diversi tipi di codifiche che convertono il segnale in binario. Quelle più usate sono Manchester, PIE e Miller. Una volta codificato il segnale, lo s'invia sfruttando una modulazione ASK o FSK.
Per quanto riguarda il protocollo, occorre distinguere la comunicazione Reader-Tag da quella Tag-Reader anche se entrambe utilizzano come base la trama HDLC, (High level  Data Link Control)  protocollo tipico di livello 2 del modello OSI. Analizziamo ora la struttura del frame trasmesso dal lettore.                                                          

  • FLAG, campo di 8 bit presente sia in testa che in coda al frame, il suo contenuto è 01111110 e ha la funzione di delimitare il messaggio che si vuole inviare. 
  • ADDRESS, campo estendibile a multipli di 8 bit, contiene l'indirizzo della stazione trasmettente o ricevente a seconda del tipo di comunicazione; unico codice speciale quello costituito da tutti 1 che viene usato per far si che il messaggio arrivi a tutti i Tag. 
  • CONTROL, campo di 8 o 16 bit, specifica il tipo di trama trasmessa.
  • INFORMATION, di lunghezza variabile, costituisce il messaggio vero e proprio della comunicazione, quello che si intende inviare alla quale verranno aggiunti gli "overhead di trama".
  • Frame Check Sequence, campo di 16 o 32 bit, svolge funzioni di rilevazione di errori sulla trama.

Mentre invece la comunicazione Tag-Reader è identica salvo il fatto che non sono presenti il campo ADDRESS e CONTROL.Con certi sistemi più complessi, si ha la possibilità di fare letture di più TAG contemporaneamente con lo stesso Reader. Occorre stabilire in questo caso un protocollo che gestisca la comunicazione multi-punto, operazione svolta da algoritmi "anti-colisione" che regolano gli intervalli di tempo nei quali i TAG devono essere letti evitando così sovvrapposizione di segnali diversi.
Sistemi di questo tipo sfruttano algoritmi del tipo "Binary Tree" o "Aloha".
Per chi fosse interessato ad'approfondire l'argomento, è tutto spiegato in maniera esaustiva in questo file:
Codifiche e Modulazioni nei sistemi Rfid.pdf.
Standard RFID e nuove generazioni

Esistono standard emessi da organizzazioni che definiscono l'architettura, i protocolli di scambio dati e concessioni di radiofrequenze. I principali enti che si occupano di questo sono due: ISO (opera alivello mondiale e regola tutti i campi della tecnologia) e EPCGlobal (associazione privata). Inizialmente i due organismi erano in competizione tra loro, infatti i primi standard di ISO erano mirati alla comunicazione e all'interfaccia dei sistemi LF mentre EPC era interessata ad aspetti più pratici quali il dialogo TAG-Reader e il loro uso nell'ambiente della logistica. Ora i loro sforzi stanno convergendo per rendere universali le normative sui TAG e attualmente la loro collaborazione ha dato alla luce nuovo formato innovativo, i TAG UHF GENeration2, ovviamente progettato per operare a livello mondiale.

 

Fonte: http://www.indire.it/moniscuolalavoro/allegati_utenti/doc_ta2010/apr4027.doc

Sito web da visitare: http://www.indire.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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