Tecnologia di produzione degli olii e dei grassi

Tecnologia di produzione degli olii e dei grassi

 

 

 

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Tecnologia di produzione degli olii e dei grassi

PREMESSA
Per materie grasse o lipidi s’intendono quei prodotti di origine animale o vegetale, costituiti da esteri della glicerina con acidi grassi e da una piccola percentuale di sostanze non solubili in acqua.
I lipidi a temperatura ambiente possono essere liquidi (Olii) o solidi (Grassi); In campo alimentare sono molto importanti perché costituiscono il materiale di riserva al quale si attinge quando si ha bisogno di energia calorica, essendo principi alimentari che producono calore sono detti termogeni. L’olio di oliva è l’unico ad essere consumato “vergine” mentre tutti gli altri oli vengono per legge raffinati (cioè vengono eliminate tutte le sostanze che li rendono non commestibili ).
Gli oli e grassi vegetali si ricavano dai semi di molte piante (sesamo, cotone, arachide e girasole).
La materia oleaginosa è ridotta in farina o polpa e sottoposta a forti pressioni, a caldo o a freddo, o sottoposta ad estrazione con solvente.
I più comuni oli usati nell’alimentazione sono:

 Olio di soia: è estratto dai semi di Glycine Hispida; il contenuto in olio oscilla dal 14,5% al 22,7%. L’olio di soia grezzo è giallo ambrato con odore e sapore caratteristici di legume crudo; viene degommato con acqua calda per recuperare i fosfatici idratabili ( lecitine ) che hanno valore non trascurabile. Dopo raffinazione l’olio si presenta giallo e d’ottima commestibilità. L’olio di soia raffinato viene utilizzato come olio da tavola, da frittura, e nell’industria delle margarine. Contiene molto acido linoleico che lo rende soggetto all’ossidazione perciò spesso viene parzialmente idrogenato. Viene anche utilizzato nell’industria chimica per preparare resine, plastiche, lubrificanti, adesivi…La parte proteica viene utilizzata nell’industria mangimistica , oppure nell’alimentazione umana ( concentrati di soia ) e si producono farine oppure viene strutturata per estrusione per dare un prodotto masticabile. In Oriente si usa stemperare la farina in acqua ottenendo il latte di soia che può essere coagulato a dare prodotti simili al formaggio ( costa meno degli strutturati, ha immagine più naturale, perciò sembra avere più successo ).

Olio di girasole: è estratto dai semi dell’Helianthus annus. E’ considerata una delle migliori piante oleaginose, poiché l’olio estratto dai semi , a righe bianche e nere , ha ottime qualità commestibili; il contenuto in olio è tra il 40%, 50%. L’olio ha colore giallo chiaro e contiene fosfatici e cere che vengono eliminate con la winterizzazione. E’ utilizzato come olio da tavola, da cucina e per la fabbricazione delle margarine. Ha alto contenuto di acidi grassi poliinsaturi perciò è raccomandato dai dietisti come anticolesterolemico. Quello di bassa qualità viene utilizzato nell’industria cosmetica , in quella delle vernici e delle resine.

Olio di mais: è estratto dai germi delle cariossidi di Zea mays; la resa in olio è circa del 30%, ma può arrivare fino al 50%. L’olio di mais si ottiene combinando la tecnica di estrazione per pressione con quella per solvente. L’olio grezzo ha un colore ambra scuro, contiene quantità elevate di fosfolipidi e cere. L’olio raffinato è considerato uno dei più pregiati per la sua stabilità all’ossidazione, nonostante l’alto grado di insaturazione. E’ impiegato come olio da tavola, da cucina e anche nella fabbricazione delle margarine, in alcuni casi previa parziale idrogenazione.

Olio di arachide: è estratto dai semi dell’Arachis Hypogea, leguminosa; i semi sono contenuti in un baccello dal quale vengono separati meccanicamente. L’olio di arachide viene estratto con solventi ed ha colore giallo oro; ben raffinato è di colore giallo pallido. A basse temperature forma un deposito di stearina. E’ impiegato per l’alimentazione, come olio da tavola e nella fabbricazione della margarina dopo idrogenazione parziale. La farina delipidata è utilizzata nell’alimentazione animale ma il grosso handicap è costituito dalla facile contaminazione da aflatossine.

Olio di germe di grano: si ottiene dal germe della cariosside del Triticum aestivum. Il grano è una monocotiledone il cui seme è costituito da un endosperma amidaceo circondato da uno strato protettivo di crusca. Il germe è localizzato all’estremità prossimale del seme. La crusca ed il germe vengono separati dall’endosperma nella produzione della farina ed il germe di grano viene isolato meccanicamente e stabilizzato nei confronti della rancidità con un trattamento di essiccazione che inattiva le lipasi e le lipoossidasi. E’ d’importante interesse nell’alimentazione umana soprattutto grazie al suo alto contenuto di vitamina E.

Olio di oliva: è ottenuto dal frutto dell’olivo solo mediante pressatura. Assume grande importanza nell’alimentazione.

Altri oli che rivestono particolare interesse anche nel campo farmaceutico, cosmetico ed industriale.

 Olio di cartamo: si estrae dai semi della Carthamus tinctorius. La pianta è coltivata sin dall’antichità sia per l’olio sia per i fiori, dai quali si ottiene una tintura a base di cartamina e di giallo cartamo. I semi sono più piccoli ma simili a quelli del girasole e vanno previamente sgusciati. Ne esistono di due tipi:
- ad alto tenore in acido oleico;
- ad alto tenore in acido linoleico;
Il primo è usato come olio da tavola, da cucina e in certe applicazioni industriali e farmaceutiche.
Il secondo è usato come olio commestibile e come componente di vernici a rapido essiccamento e non ingiallenti.

 Olio di cocco:deriva dalla Cocos lucifera il cui frutto è una noce ovoidale con esocarpo fibroso che ricopre un endocarpo molto duro; l’interno della noce è foderato di uno strato di endosperma che, seccato, fornisce la cosiddetta copra; la cavità della noce contiene un fluido acquoso conosciuto come latte di cocco. La copra contiene il 65% di olio che viene ottenuto mediante due stadi: il primo a pressione ed il secondo con solvente. L’olio di cocco è usato nell’industria dolciaria, delle margarine, dei gelati e come ingrediente nell’industria della cosmesi (detergenti, saponi, abbronzanti).

 Olio di colza: si estrae dai semi della Brassica napus, o della B. rapa, o della B. campestris. Ne esistono di due tipi:
- a basso contenuto d’acido erucico;
- ad alto contenuto d’acido erucico;
Il primo è impiegato come olio da tavola, da cucina, nella fabbricazione delle margarine e di shortening. Ha anche impiego nelle industrie come lubrificante.
Il secondo è impiegato nel decapaggio degli acciai.

Olio di cotone: è un sottoprodotto del cotone utilizzato per la fibra. Si ottiene dai semi della Gossypium hirsutum. L’olio grezzo di colore bruno rossastro scuro, contiene un pigmento giallo tossico, il gossipolo (fenolo). Liberato del gossipolo viene usato per fare shortening e margarine.

 

METODI D’OTTENIMENTO DELL’OLIO GREZZO

TRASPORTO DELLE MATERIE OLEAGINOSE

I semi oleaginosi non devono essere considerati come prodotti inerti ma come materiale biologico, sede di numerose reazioni mediate dalla presenza di enzimi, tali reazioni possono essere di tipo idrolitico, cioè che comportano la scissione dei gliceridi in ac.grassi e glicerina oppure ossidativi, che comportano la demolizione degli ac.grassi.
Se non dovessimo eseguire il trasporto delle materie oleaginose nelle corrette condizioni di temperatura ed umidità ed in tempi relativamente brevi, si correrebbe il rischio che le reazioni sopraccitate avvengano con conseguente aumento dell’acidità, formazione di sostanze volatili dall’odore sgradevole e conseguente decadimento qualitativo dell’olio.
MEZZI DI TRASPORTO DEI SOLIDI

In orizzontale: NASTRI TRASPORTATORI
In verticale: ELEVATORI A TAZZE
Trasporto pneumatico: PER ASPIRAZIONE (ventilatori) – PER COMPRESSIONE (COMPRESSORI).

IMMAGAZZINAMENTO DELLE MATERIE PRIME

Le materie prime per la produzione di oli e grassi, prima di essere destinate alle lavorazioni, possono rimanere nei magazzini per tempi più o meno lunghi; in linea generale i magazzini sono delle celle verticali a sezione quadrata o circolare dotate di sistemi di carico/scarico.
Sono costituiti in cemento armato o in acciaio, le prime sono più costose ma non richiedono grosse manutenzioni e permettono l’immagazzinamento di grosse quantità di semi, inoltre garantiscono un migliore isolamento nei confronti della temperatura esterna.
In questi magazzini è necessario controllare temperatura, umidità e livello.

OPERAZIONI PRELIMINARI

SEMI

 

PULIZIA

 

DECORTICATURA

 

ESSICCAMENTO

 

RIDUZIONE IN VOLUME

 

CONDIZIONAMENTO

 

ESTRAZIONE

Con il termine operazioni preliminari si intende una serie d’operazioni finalizzate alla preparazione dei semi per la successiva estrazione dell’olio.
Queste operazioni comprendono:

Pulitura dei semi
La purezza della materia prima è d’estrema importanza per ottenere prodotti d’alta qualità e per preservare l’integrità dell’impianto d’estrazione.
Nel momento della raccolta e del trasporto i semi sono inquinati accidentalmente da corpi estranei che possono essere di diversa natura: pietre, terriccio, materiale ferroso proveniente dalle attrezzature utilizzate nella raccolta.
La separazione d’impurezze metalliche si può ottenere in diversi modi:
- inserendo un elettromagnete d’elevata potenza sulla linea di trasporto;
Per la separazione d’impurezze non metalliche si possono utilizzare semplici vibrovagli, nel caso che si debba eliminare quantità esigue d’impurezze, oppure una combinazione di vibrovagli multipli accompagnati da sistemi d’aspirazione per l’eliminazione di particelle a bassissimo peso specifico.

 

Decorticatura delle materie prime

Le materie prime oleaginose sono cosi’ formate:
-PERICARPO (parte superiore)
-TESTA
-ENDOSPERMA
-EMBRIONE

La corteccia (pericarpo, testa) non contiene olio, anzi tende ad assorbirlo; inoltre ha un basso contenuto proteico che abbassa ulteriormente il contenuto proteico delle farine.
Di conseguenza questa parte viene, quando è possibile, eliminata.
Queste possono essere utilizzate come combustibile, essere macinate o riaddizionate alla farina proteica, ammesso che non interessi un alto tenore proteico della farina.
Infatti questa operazione si può compiere solo su semi di una certa grandezza, poiché l’aderenza dell’epicarpo o la piccolezza dei semi impediscono la decorticazione.
Questa operazione è inoltre importante in quanto, nel caso dell’estrazione a pressione, aumenta la capacità della pressa diminuendo i rischi d’abrasione (grazie alla riduzione in volume che si ottiene mediante decorticazione), mentre nell’estrazione attraverso solvente, aumenta la capacità dell’impianto e nel frattempo riduce la quantità di solvente necessario.
I macchinari che sono utilizzati per questa fase sono detti decorticatori che, si basano sul principio di esercitare una leggera pressione sul seme, in modo tale che l’epicarpo, in adatte condizioni d’umidita’, sia aperto e, in seguito separato dalla polpa mediante una corrente d’aria.
Il tutto è poi sottoposto a vagliatura per il recupero di parti del seme asportate con la corteccia.
I decorticatori possono essere:
-decorticatori a cilindro: un cilindro rotante e scanalato ruota sopra un altro cilindro fisso, che è scavato per un terzo della superficie e scanalato nella parte scavata.
La distanza tra i cilindri è regolabile perché possa adattarsi ai diversi semi.
-decorticatori a disco: sono costruiti da due dischi di cui uno è fisso, l’altro è mobile aventi superficie scanalate di distanza regolabile; i semi sono caricati al centro e fuoriescono con la corteccia lateralmente al disco.
Dopo che il seme è stato decorticato, passa ad una serie di vibrovagli e di traportatori pneumatici, dove si realizza la separazione corteccia e polpa, ed il ricircolo dei componenti sfuggiti alla decorticazione o alla separazione.
In questo processo di decorticazione, l’umidità gioca un ruolo fondamentale:
Con elevata umidità, non si ha decorticazione, con semi troppo secchi si hanno invece un’eccessiva frammentazione del seme con quindi notevoli perdite .
Generalmente lo schema generale prevede un essiccamento al 2%,raffreddamento e stoccaggio per almeno 48 ore per ottenere risultati soddisfacenti nella decorticazione.
Se teniamo presente che i semi provenienti dalle diverse piante, non sono tutte uguali, è lecito pensare che lo schema sopra riportato può variare.
Per alcuni tipi di semi quali arachide, ricino, soia il processo è senz’altro adatto; per altri deve essere modificato.
Un esempio è riportato dai semi di cotone i quali sono circondati da corte fibre di cotone che rimangono aderenti ai semi stessi.
Pertanto la prima operazione consiste in una delinterizzazione ossia in un processo per cui grazie all’utilizzo di appositi cilindri dotati di denti sporgenti, le fibre sono strappate dal seme e successivamente tolte dai denti dei cilindri mediante spazzole o getti d’aria compressa.
Solo dopo questa operazione si possa alla decorticazione..
I materiali più utilizzati per la costruzione dei decorticatori sono acciaio e legno

 

Essiccamento
La temperatura massima che può raggiungere l’aria per i semi è attorno al 75 % - 95%.
Perché avvenga in modo efficace bisogna giocare su una corretta temperatura, su un corretto flusso d’aria e sul tempo di permanenza nell’essiccatore.
L’ operazione di essiccamento ha per scopo l’abbassamento dell’umidità dei semi, possibilmente fino al di sotto dei limiti di sviluppo dei microorganismi.
E’ condotta in apparecchiature dette essiccatori che possono funzionare secondo dinamiche diverse, ma sono accumunati dal fatto che tutti si basano sullo scambio di acqua tra il materiale solido da essiccare e un gas (generalmente è utilizzata l’aria) il cui contenuto in acqua sia lontano dalla saturazione.
Lo scopo può essere raggiunto mediante riscaldamento ad una temperatura lontana dal punto di saturazione (metodo più usato).
L’essiccamento della materia prima umida può avvenire affinchè la tensione di vapore dell’acqua contenuta in essa è maggiore di quella dell’ambiente che lo circonda; in particolare la velocità del processo aumenta al crescere di questa differenza.
Un fattore che può aumentare la velocità del processo è la temperatura (incrementando la temperatura aumenta la velocità).
In pratica la temperatura dell’aria può raggiungere soltanto un massimo che è determinato dalla stabilità termica del prodotto da essiccare (per i semi è di circa 75°C).
Questa temperatura è quella che hanno i semi all’uscita dall’essicatore; il controllo dell’essicamento è effettuato anche da due altre grandezze:
-flusso dell’aria
-tempo di permanenza del seme nell’essiccatore (dipende dalla materia prima trattata in quanto
Legato alla velocità di diffusione dell’acqua dall’interno all’esterno del seme).
Il processo di essiccamento si svolge in tre fasi:
-1° fase: caratterizzata da una rapida evaporazione dell’acqua; la velocità di evaporazione in questa fase è costante.
-2° fase: in questa fase la velocità di evaporazione è limitata dalla velocità di diffusione dell’acqua nell’interno del seme
-3° fase: si verifica quando il tenore di acqua del seme è vicino all’umidità di equilibrio.
La velocità di diffusione è bassissima ed il processo di evaporazione diviene sempre più lento, fino ad arrestarsi.
L’essiccamento dei semi o in generale dei materiali oleaginosi, avviene in apparecchiature dette essiccatori, queste possono essere:
-essiccatori verticali
-essiccatori orizzontali a cilindro rotante
Il primo tipo è costituito da una camera verticale che ha al suo interno un certo numero di piatti con lo scopo di creare un percorso allungato ai semi che cadono per gravità dall’alto.
L’aria è introdotta dal basso ossia in controcorrente rispetto ai semi, previa filtrazione e riscaldamento e, fuoriesce dall’alto.
Svantaggio: questo tipo di essiccatore non assicura un essiccamento uniforme, in quanto funzionando in controcorrente è possibile che l’interno del seme non sia essiccato.
Gli essiccatori orizzontali sono costituiti da un tubo centrale rotante alimentato ad un’estremità sia dalla materia da essiccare, sia dall’aria per l’essiccamento.
Questo secondo tipo di essiccatore funziona quindi in equicorrente ed è preferito al primo in quanto assicura un più uniforme essiccamento.

Riduzione in volume
Importante ai fini dell’estrazione della sostanza grassa è la grandezza della materia prima.
In particolare l’estrazione è facilitata con pezzature molto piccole.
Questa affermazione si può facilmente comprendere nel caso dell’estrazione a solvente, in quanto fa aumentare il contatto con quest’ultimo e, diminuisce il percorso da compiere all’interno del prodotto da estrarre.
Per l’estrazione a solvente, il seme è ridotto in lamine dallo spessore di 0,25-0,20 mm mentre per l’estrazione a pressione il seme è ridotto in granuli dalla grandezza di 0,25-0,10 mm.
Il limite alla possibilità di ottenere spessori minori è dovuto alla resistenza meccanica delle particelle che al disotto di un certo spessore si frantumano causando problemi alla fase di estrazione.
Un aspetto importante nella riduzione in volume è l’umidità del seme, soprattutto se la riduzione è in lamine.
Se il seme è molto secco, infatti, si verifica un’estrema difficoltà alla laminazione.
Generalmente come valori di umidità si utilizza il 5-8% nella frantumazione e il 10-12% nella laminazione.
Le attrezzature che sono utilizzate dipendano dalla pezzatura del seme: per materiale di grande pezzatura si utilizzano mulini a martello, per i semi in genere mulini a rulli e laminatoi.

Mulini a cilindro:
Ne esistono di vario tipo ma generalmente essi si riconducono a due tipi fondamentali:
-la frantumazione è ottenuta per passaggio tra due coppie di cilindri; ognuno dei due cilindri ruota con velocità diversa per ottenere anche l’effetto di sfibramento della materia oleaginosa.
La distanza tra i due cilindri è regolabile in modo che si possano adattare alle esigenze dei diversi tipi di materia prima.
-il seme subisce quattro passaggi attraverso cinque cilindri sovrapposti, ciascuno dei quali grava sull’altro producendo così una pressione crescente dal primo all’ultimo passaggio; solo il primo dei cilindri è scanalato.
La capacità lavorativa dipende dalle dimensioni del seme.

Laminatoi:
Sono generalmente costituiti da una coppia di cilindri lisci la cui distanza regolabile.
Questi cilindri ruotano con la stessa velocità e sono tenuti in posizione da potenti molle o da un sistema idraulico.
La capacita lavorativa è in funzione del seme lavorato.

Condizionamento
E’ una fase nella quale si realizzano trasformazioni chimiche, chimiche-fisiche, microbiologiche complesse e non del tutto note.
Sia che si effettui l’estrazione a pressione che a solvente è importante controllare la temperatura e l’umidità delle materie prime.
Questi due parametri vengono assicurati mediante apparecchiature dette Kookers (condizionatori) che sono posti immediatamente prima delle presse e nei quali avvengono le suddette trasformazioni necessarie per facilitare la fuoriuscita dell’olio nella fase di estrazione( estrazione a pressione %U = 6% - per estrazione solvente %U = 2%).
Mediamente si può definire che la temperatura ideale è intorno a 110-120°C ed il tempo è 60-90 minuti , anche se in realtà bisogna tener presente che ogni tipo di seme ha la sua temperatura ottimale ed il suo tempo di permanenza.

 

I condizionatori
Vengono anche detti cookers e sono messi direttamente sopra le presse continue.
Il più antico ma ancora efficiente è costituito da una serie di camere cilindriche sovrapposte (da 4 a 8), ognuno delle quali alimenta la sottostante, mediante un’apertura comandata automaticamente; l’ultimo cilindro è direttamente collegato all’alimentazione della pressa, e nel caso di estrazione a solvente, alla linea del laminatoio.
Tra i due cilindri ci sono delle intercapedini collegate alla linea vapore.
Lo strumento ruota grazie ad un albero centrale che rimuove continuamente la materia prima mentre è riscaldata.
I cilindri sono collegati mediante un’apertura automatica che, si aziona per l’altezza dello strato della materia prima in modo da regolare il tempo di permanenza nei vari cilindri.
Questi condizionatori sono costruiti in acciaio e comportano bassi consumi di vapore e di energia.
Altri tipi di condizionatori sono quelli orizzontali formati da almeno due tubi riscaldati a vapore dentro cui il materiale circola spinto da coclee.
Il passaggio da tubo a quello sottostante avviene per caduta.
Arrivati a questo punto i semi sono pronti per essere sottoposti a estrazione o per pressione o per solvente.



ESTRAZIONE DELL’OLIO MEDIANTE PRESSIONE

Come è già stato detto in precedenza, esistono due tecniche di estrazione: a PRESSIONE (si sfrutta la pressione esercitata sui semi) e a SOLVENTE (si sfrutta la capacità del solvente di estrarre olio dei semi).
La materia prima di partenza è un fattore determinante per la scelta della tecnica da utilizzare:
I materiali oleaginosi con un contenuto in olio superiore al 20% sono estratti mediante pressione; quelli con un contenuto minore del 20% sono estratti con solvente.
Quasi sempre la tecnica a pressione è seguita da quella a solvente per ridurre al minimo il contenuto in olio del residuo proteico (quello che resta dopo la pressatura).

 

MACCHINARI USATI: PRESSE CONTINUE

Una pressa continua in linea generale è costituita da un sistema di alimentazione collegato al condizionatore, da una vite senza fine, da un sistema di scarico.
Generalmente, dato che la pressione produce un aumento della temperatura interna, la pressa è munita di un sistema di raffreddamento ottenuto riciclando l’olio raffreddato mediante un fascio tubiero. (VEDI TAVOLA OLIO D’OLIVA)
Il principio di funzionamento è molto semplice; si basa sulla compressione esercitata da una vite di ARCHIMEDE sulla materia prima che è spinta contro le pareti di un contenitore costituito da doghe accostate; tra le pareti filtranti passa l’olio, mentre la massa proteica è scartata a fondo pressa.
In pratica le presse continue sono i meccanismi più complessi e capaci di un lavoro costante con l’impiego di poca manodopera.
La tecnologia prevede l’uso di accoppiamenti diversi di presse ad esempio si possono associare in seriedue presse, affidando alla prima il compito di estrarre la parte di olio facilmente estraibile e alla seconda quello di separare ad una pressione maggiore.
I materiali di costruzione sono acciai speciali molto resistenti all’usura, tuttavia la continua frizione cui sono sottoposti i materiali logora il diametro della vite e quindi il volume dell’intercapedine tra vite e gabbia.
Ottenuto l’olio, questo si presenta torbido per la presenza di particelle di semi che sono capaci di deteriorare la qualità del prodotto attraverso reazioni enzimatiche.

Pertanto si ricorrere ad operazioni di purificazione quali:
DECANTAZIONE
FILTRAZIONE
CENTRIFUGAZIONE

Il sistema di decantazione è costituito da un recipiente parallelepipedo dentro cui una catena senza fine recante dei castelli che, muovendosi quasi a contatto con le pareti raschiano il fondo portando il materiale solido decantato su un piano orizzontale di acciaio filtrante.
L’olio cola nel bacino di decantazione mentre il solido, ricco in olio, è asportato mediante una vite di Archimede per essere riciclato al reparto di macinazione.
Il materiale di costruzione è acciaio inossidabile dovendo resistere ad alte temperature.
Dopo di che l’olio è filtrato con filtro rotativo o filtro pressa.
Questa operazione richiede un’estrema attenzione e l’utilizzo di filtri pressa convenzionali chiusi; i quali per di più richiedono scarsa manodopera e consentono un facile scarico del solido.
Il materiale di costruzione è ancora acciaio inossidabile.
L’olio purificato è inviato a serbatoi di stoccaggio prima di essere sottoposto ad altre lavorazione.

( Per la rappresentazione della pressa, del decantatore e del filtro rotativo vedi disegno olio d’oliva)

 

ESTRAZIONE DELL’OLIO MEDIANTE SOLVENTE

Rappresenta il mezzo di ottenimento della sostanza grassa di gran lunga più applicato e comprende una serie di trasferimenti di massa ognuno dei quali avviene con velocità diversa.
L’estrazione è un’operazione finalizzata a rimuovere un componente da una miscela mediante SOLUBILIZZAZIONE in un liquido detto solvente.
Questo procedimento può essere applicato sia a miscele solide sia liquide; in particolare se l’estrazione avviene su miscele solide si definisce LISCIVIAZIONE.
La lisciviazione consiste nel mettere a contatto un solido (che contiene sostanza da estrarre) con un solvente e successivamente nel separare dal solido la soluzione formatasi.

Le fasi di estrazione sono sostanzialmente tre: imbibizione, dissoluzione, trasporto dell’olio. Ed il processo industriale può avvenire in tre modalità:
- per immersione;
- per percolamento;
- a sistema misto;
Qualsiasi sia il metodo adottato è importante l’utilizzo del solvente adatto in quanto da esso dipende la quantità e la qualità di olio estratto.
Il solvente più utilizzato è l’esano anche se ha potere solvente inferiore rispetto ad altri solventi; le caratteristiche ottimali per il solvente sono:bassa polarità, basso punto di ebollizione, basso calore di vaporizzazione, non deve lasciare residui all’evaporazione.
Per il resto la quantità di sostanza che è estratta dal solvente non è rappresentata da un valore fisso, ma dipende da:

• CONCENTRAZIONE DELLA SOSTANZA GRASSA PRESENTE NEL SEME;
• QUALITA’ E QUANTITA’ DEL SOLVENTE;
• TEMPERATURA;
• DIAMETRO DELLE PARTICELLE DEL SOLIDO;
• NUMERO DI STADI DI ESTRAZIONE;
• TEMPO DI CONTATTO SOLIDO-SOLVENTE;

IMPIANTI DI ESTRAZIONE

L’estrazione dell’olio per mezzo del solvente può avvenire in tre modi:
PROCEDIMENTO A PERCOLAZIONE O PERCOLAMENTO
PROCEDIMENTO AD IMMERSIONE
PROCEDIMENTO MISTO A PERCOLAZIONE- IMMERSIONE O MISTO

1. PROCEDIMENTO A PERCOLAZIONE O PERCOLAMENTO

Si realizza facendo piovere sui granelli dei semi il solvente in modo tale che questo ricopra con un sottile velo di liquido in continuo ricambio ( operazione in controcorrente).
La velocità di contatto tra semi e solvente è molto rapida dato che il solvente cade per gravità ed è continuamente percolato; la pezzatura dei semi non deve essere molto ridotta.
Può essere eseguita con estrattori in continuo, in verticale o in orizzontale, solitamente gli ultimi si preferiscono per l’ingombro inferiore.

 

 

Estrattore orizzontale a tazze per percolazione

E’ costituito da un tunnel parallelepipedo entro cui scorrono dei cestelli forati che trasportano i semi; il fondo del contenitore è costituito da dei compartimenti che raccolgono la miscella e la riciclano facendola cadere sui semi.
Ciascun cestello è sottoposto ad una pioggia di solvente raccolto madiante delle pompe e ricircolato in controcorrente rispetto al movimento dei semi.

2. PROCEDIMENTO AD IMMERSIONE

E’ effettuata mediante la totale immersione di semi nel solvente, il contatto tra seme e solvente è statico e quindi la velocità di estrazione è molto elevata.
L’operazione è condotta con diverse tipologie di estrattori a seconda del tipo di seme trattato; in ogni caso tutti, tendono a formare una miscella contenenti notevoli quantità di polverino e quindi risulta poi necessario effettuare una filtrazione con filtro rotativo.
L’estrattore ad immersione è generalmente costituito da una camera chiusa avente diverse forme entro la quale il solvente ed il seme sono alimentati in controcorrente; Una parte dell’estrattore solitamente è riservata alla decantazione della miscella, in alcuni casi si creano degli spazzi chiusi sovrapposti comunicanti sfalsati di qualche grado in modo che la massa solida percorra elicoidalmente aumentando il percorso a contatto con il solvente, mentre un albero centrale mantiene in movimento i semi.

3. PROCEDIMENTO MISTO

RECUPERO DEL SOLVENTE DALLE MISCELLE

Lo scopo di questa operazione è quella di separare il solvente dall’olio in modo da ottenere un prodotto di buona qualità.
Questa richiesta è soddisfatta utilizzando la distillazione che, consente la separazione del componente più volatile da una miscela che la contiene.
In questo caso, l’olio e il solvente possiedono tensione di vapore tra loro lontane, mentre i componenti sono miscibili tra loro.

Questa fase di recupero sfrutta quindi la distillazione alla temperatura più bassa possibile ( temperatura dell’olio al di sotto di 110°C) con tempi relativamente brevi in modo da non danneggiare il prodotto finito e sottovuoto.
Lo schema generale è:

Miscella olio-esano
20 – 25 %

PRECONCENTRAZIONE acqua - esano

 

Olio 50 %

 

DISTILLAZIONE acqua - esano

 

olio

PRECONCENTRAZIONE, DISTILLAZIONE.
La preconcentrazione si effettua in un PRECONCENTRATORE costituito da un FASCIO TUBIERO, entro cui circola vapore di solvente proveniente dal debenzinaggio delle farine.
Lo scambiatore è munito di una TESTA DI ESPANSIONE da dove il solvente fuoriesce per essere condensato quindi riciclato.
I condensatori più usati sono: FASCIO TUBIERO ORIZZONTALE O VERTICALE.
La miscella uscente dal preconcentratore possiede una concentrazione in olio pari all’incirca al 50% ed è diretta al DISTILLATORE.
Questo è costituito da una TESTA d’ESPANSIONE, DA UNA COLONNA DI DISTILLAZIONE E DA UN VASO DI DISTILLAZIONE RISCALDATO A VAPORE INDIRETTO.
La colonna di distillazione è formata in modo tale da consentire la formazione di un FILM DISCENDENTE che offra maggiore superficie di scambio termico.
Le ultime tracce di solvente, sono allontanate in secondo elemento di distillazione detto STRIPPING.
Se l’impianto è di piccole dimensioni, i distillatori continui sono già provvisti di COLONNA DI STRIPPAGGIO.
I condensatori che sono normalmente utilizzati sono gli scambiatori a fascio tubiero.
I DESOLVENTIZZATORI non richiedono in linea di principio materiali speciali di costruzione; però bisogna ammettere che i numerosi scambi di calore che avvengono nel processo consigliano di utilizzare materiale come acciaio inox, rame o leghe di alluminio che rimangono inalterati nel tempo.
Inoltre l’olio estratto può possedere acidità; gli acidi grassi a temperatura relativamente alta sono abbastanza corrosivi.

 

 



RECUPERO DEL SOLVENTE DAI SOLIDI

Anche le farine provenienti dal trattamento di estrazione, contengono solvente.
L’estrazione anche in questo caso richiede che la miscela, farina più solvente, sia portata ad una temperatura maggiore al punto di ebollizione del solvente.
La quantità di calore necessaria è in proporzione alla quantità di solvente da evaporare.

Il desolventizzatore ha la funzione di eliminare solvente dalle farine nelle quali è contenuto in ragione del 30-35%.
I desolventizzatori possono essere ORIZZONTALI o VERTICALI; sono riscaldati esternamente con camice di vapore.
Poiché i vapori prodotti dall’evaporazione del solvente trascinano del pulviscolo, il tubo d’uscita è collegato ad un CICLONE in cui sono bloccati.
All’uscita del desolventizzatore, le farine hanno un tasso di umidità superiore al voluto per cui vanno all’ESSICATORE, dal quale fuoriescono al giusto grado di umidità.

 

 

 

 

La raffinazione deve tener presente tre aspetti fondamentali:
QUALITATIVO
QUANTITATIVO
FINALIZZAZIONE DEL PRODOTTO
Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, la raffinazione non deve apportare cambiamenti nella composizione e nella struttura del grasso (composizione triglicerica più componenti minori che però hanno un significativo valore nutrizionale).
Il secondo aspetto, quello quantitativo riguarda le rese del processo di raffinazione ed è legato alla qualità di materia prima, alla idoneità degli impianti, ai consumi necessari per ottenere il fine della raffinazione.
La raffinazione deve essere finalizzata, nel senso che deve essere fatta tenendo presente l’utilizzo che ne sarà fatto dell’olio.
Infatti non tutti gli oli sono utilizzati nell’alimentazione umana; possono essere usati nell’alimentazione animale (richiedono un grado di raffinazione diverso).
Lo schema della raffinazione po’ essere così costituito:

OLIO GREZZO DEGOMMAZIONE NEUTRALIZZAZIONE

DECOLORAZIONE DEODORAZIONE OLIO RAFFINATO

 

DEGOMMAZIONE

Sono denominate GOMME o mucillagini quel complesso di sostanze, in prevalenza sono fosfatidi, che sono presenti negli oli.
Oltre a questi abbiamo altre sostanze chimiche presenti, a volte presentano una natura complessa.
Tra questi possiamo ricordare le LIPOPROTEINE, ESTERI FOSFORATI DEGLI ZUCCHERI, GLUCOSIDI.
Tutte queste sostanze si ritrovano nell’olio in quantità diversa a seconda del sistema di estrazione utilizzato.

TECNOLOGIA DELLA DEGOMMAZIONE

L’olio è riscaldato a 60-80°C e, aggiunto di acidi minerali, generalmente l’acido FOSFORICO.
In questo modo si causa la separazione per idratazione e coagulazione dei fosfolipidi e delle lipoproteine che sono separate per centrifugazione.
Questa operazione è indicata per quegli oli che devono essere conservati a lungo per evitare perdite di olio per inglobazione delle sostanze che sedimentano spontaneamente.

DEACIDIFICAZIONE

Consiste nel neutralizzare l’acidità libera contenuta nell’olio.
Questa fase è di enorme importanza per gli aspetti qualitativi e quantitativi dell’olio.
Possono essere eseguite quattro tecniche di neutralizzazione :
NEUTRALIZZAZIONE CONTINUA :per utilizzo di alcoli;
NEUTRALIZZAZIONE CON USO DI SOLVENTI
NEUTRALIZZAZIONE FISICA: per distillazione o per esterificazione

NEUTRALIZZAZIONE CONTINUA

L’olio è riscaldato con scambiatore a fascio tubiero a 67-75°C e trattato con acidi (generalmente acido fosforico).
Il pH della soluzione è quindi portato al grado desiderato per aggiunta di alcali.
Dopo di che si procede alla separazione mediante centrifughe.
In questo modo sono separate le gomme; l’olio passa quindi in un secondo scambiatore dove si realizza la temperatura adatta alla neutralizzazione; quindi è mescolato una soluzione di SODA alla concentrazione voluta.
L’emulsione è rinviata a un gruppo di centrifughe dove sono eliminati i SAPONI; passa poi a dei lavaggi per togliere eventuali residui di saponi.
Infine è filtrato.

NEUTRALIZZAZIONE CON IMPIEGO DI SOLVENTI

La tecnica sopra detta, comporta sempre delle perdite d’olio; anche se si opera con impianti ad alto livello non si scende mai al disotto dello 0,4% per ogni grado di acidità dell’olio.
Queste perdite sono accettabili quando si trattano oli di bassa acidità, ma diventano ineccepibili quando l’acidità supera certi valori.
Per cui la tecnologia prevede nuovi procedimenti, che prevedono di associare all’olio un solvente, e solo alla miscela applicare gli alcali per la neutralizzazione.
Generalmente le applicazioni industriali prevedono l’utilizzo di un solvente di origine petrolifera (ESANO) ed un alcool (ETILICO ISOPROPILICO).

NEUTRALIZZAZINE FISICA MEDIANTE DISTILLAZIONE

Questa operazione è molto simile alla deodorazione continua, le variazioni che si possono trovare riguardano:
La pressione di esercizio che deve contenuta (0,5-1mmHg)
temperatura 230-250°C
adozione di condensatori per gli acidi grassi
apparecchiatura per il loro recupero
inoltre le tubazioni si presentano maggiori rispetto a quella dell’impianto di deodorazione, per il volume di acidi grassi da eliminare, la quantità di vapore dell’acqua e la bassa pressione d’esercizio.
L’impianto è un distillatore collegato al vuoto, ma con una semplice pompa da vuoto, non è possibile arrivare alla pressione desiderata quindi si usa un sistema di eiettori i quali sono posti in serie e oltre a eliminare la pressione rendono condensabili i vapori.


VAPORE VIVO VAPORE 0.01 atm

 

VAPORE
ASPIRATO 0.001 atm

 

NEUTRALIZZAZIONE PER ESTERIFICAZIONE

Gli acidi grassi o gli oli sono introdotti nel reattore A e mantenuti in forte agitazione da un sistema meccanico, contemporaneamente si fa il vuoto nell’apparecchio e si riscalda fino a raggiungere una temperatura di circa 160°C.
A questo punto si addiziona glicerina unita al catalizzatore e si aumenta lentamente la temperatura fino a 210-220°C.
In questo modo gli acidi grassi non sono separati; la reazione di esterificazione è conclusa quando non si libera più l’acqua della massa.

DECOLORAZIONE

Lo scopo di questa operazione è di eliminare le sostanze che provocano colorazioni anomale.
A questo scopo sono utilizzate terre speciali e carboni attivati in particolari condizioni fisiche:
TEMPERATURA
TEMPO DI CONTATTO
PRESSIONE
Vediamo ora come funzionano le terre decoloranti e i carboni attivi.

TERRE DECOLORANTI

Sono argille speciali attivate con processi chimico-fisiche per essere utilizzate devono seguire questi trattamenti:
DISGREGAZIONE IN ACQUA
TRATTAMENTO CON ACIDO SOLFORICO
FILTRAZIONE
ESSICAZIONE
MACINAZIONE
Il principio di funzionamento di queste terre, è l’effetto adsorbente che queste terre hanno verso le sostanze coloranti.
Importante ai fini dell’assorbimento è la macinazione di queste terre, che aumentano la superficie di contatto, facilita l’assorbimento dei gruppi cromofori presenti negli oli.
Il trattamento con acido solforico ha lo scopo di svuotare i capillari delle terre rendendole quindi estremamente porose in modo da facilitare il processo.

CARBONI ATTIVI

Possono essere di origine animale o vegetale (questi sono quelli più utilizzati).
I carboni sono macinati finemente e attivati con agenti chimici.

TECNOLOGIA DELLA DECOLORAZIONE

Prima di essere sottoposti alla decolorazione gli oli devono essere esenti da umidità perché l’acqua è il nemico principale delle sostanze decoloranti in quanto penetrando nei microcapillari ne riduce la capacità assorbente.
Questa condizione si ottiene riscaldando l’olio alla temperatura di 70-80°C sotto vuoto in modo tale che l’acqua presente evapori e sia condensata a parte.
A questa temperatura è messo in movimento l’agitatore automatico e si attende che l’umidità eventualmente rimasta evapori completamente.
Dopo di che si addiziona alla sostanza grassa il quantitativo prestabilito di sostanze decoloranti (le polveri sono fatte risucchiare all’interno del decoloratore dove esiste un regime di vuoto).
Si innalza la temperatura a circa 100-110°C e si attende che l’azione decolorante abbia luogo (generalmente 30 minuti).
All’inizio del discorso sulla decolorazione, abbiamo detto che l’operazione avveniva i particolari condizioni fisiche; ora vediamo l’influenza che hanno la TEMPERATURA, IL TEMPO DI CONTATTO e PRESSIONE sul processo di decolorazione.

TEMPERATURA

La temperatura ha una grande influenza sul processo di decolorazione, in particolare:
A bassa temperatura il potere decolorante è limitato
Il potere decolorante è massimo intorno a 100°C
Bisogna precisare che non tutti gli oli si comportano nella stessa maniera, infatti ogni sostanza grassa ha un suo optimum di temperatura per il processo di decolarazione.
Negli stabilimenti industriali a questo proposito sono effettuate prove preliminari per trovare questo optimum.

 

TEMPO DI CONTATTO

Anche questa condizione gioca un ruolo importante nel processo di decolorazione.
L’azione decolorante è massima intorno ai 30 minuti di contatto, per scendere lentamente prolungandosi questo tempo.

PRESSIONE ASSOLUTA

Il potere decolorante, era dovuto principalmente, all’influenza che avevano queste sostanze sulla tensione superficiale per effetto della grande superficie (particelle molto piccole).
Infatti, a questo proposito, queste particelle sono costituite da un’infinità di canali capillari che in ambiente atmosferico sono pieni d’aria.
E’ chiaro il motivo per cui queste sostanze devono essere deareate prima del loro utilizzo.
Il modo più semplice di avere questa condizione è di abbassare la pressione assoluta in modo tale da eliminare l’acqua presente nei capillari, riducendo la possibilità di fenomeni di irrancidimento.

TEMPI OPERATIVI:

TEMPERATURA TRA 90-120°C
MESCOLAZIONE TRA OLIO E TERRE PER 15 -30 MINUTI
RAFFREDDAMENTO A TEMPERATURA OPPORTUNA 30-60°C
FILTRAZIONE
RECUPERO OLIO E TRATTAMENTO NELLE TERRE

WINTERIZZAZIONE O DEMARGARINAZIONE

Questo processo è facoltativo, è necessario la sua attuazione per gli oli che possiedono un alto contenuto in gliceridi saturi (olio d’oliva, cotone vinacciolo).
L’operazione ha lo scopo di separare dagli oli i gliceridi saturi che sono la causa di processi di intorbidamento e di aumento di viscosità per l’abbassamento della temperatura.
Il procedimento consiste nel far precipitare, sotto forma di cristalli, e in determinate condizioni, di tempo e temperatura i gliceridi saturi.
E’ una cristallizzazione per tanti fattori TEMPERATURA, TEMPO e AGITAZIONE hanno un’importanza fondamentale sulla natura dei cristalli.
Cenni sulle LEGGI DELLA CRISTALLIZAZIONE:
l’abbassamento della temperatura fa separare per sovrassaturazione, da una soluzione, i cristalli dei componenti meno solubili.
L’agitazione facilita l’ingrandimento dei cristalli.
Il tempo, unito a un lento abbassamento della temperatura facilita l’ingrandimento dei cristalli.
Per queste ragioni i sistemi di demargarinazione sono costituiti:
Sistema di raffreddamento rapido, munito di sistema di agitazione
Sistema di serbatoi situati in ambienti ad aria condizionata per l’ingrandimento dei cristalli (MATURATORI)
Sistemi di filtro-pressa per la separazione, filtrazione dei cristalli formatisi.
Questo procedimento comporta perdite molto alte, in quanto le oleomargarine che si separano le si recuperano con filtri pressa, contengono non meno del 70% di olio.
Per rendere l’operazione di WINTERIZZAZIONE più spedita e meno onerosa si sono perfezionati nuovi procedimenti uno dei quali si effettua in fase solvente.

TECNOLOGIA DEL PROCESSO

Sciogliere l’olio in solvente volatile (Esano)
Raffreddare lentamente la soluzione fino a far cristallizare i gliceridi
Separare i cristalli formatisi per filtrazione, lavarli e scaricarli
Recuperare per distillazione di solvente l’olio
Questo nuovo procedimento, non a trovato grande impiego nell’industria perché:
Non riusciva a dare buon scambio termico durante la fase di raffreddamento
Non riusciva a filtrare con facilità e i modo continuo la miscela formatasi
Oggi, però, grazie alla tecnologia sono state realizzate apparecchiature speciali per superare prevalentemente queste difficoltà; queste apparecchiature sono:
Cristallizzatori muniti di raschiatori (per aumentare lo scambio termico)
Filtri chiusi a funzionamento continuo.

CONFRONTO TRA LE DUE TECNICHE

I costi di lavorazione per i due procedimenti sono praticamente uguali in quanto, la maggiore spesa per il maggior consumo di vapore e per il consumo di solvente che si verifica negli impianti a solvente è compensata dalla minore spessa di mano d’opera.
La resa in olio winterizzato è molto più elevato se si utilizza la tecnica in fase solvente
Gli oli winterizzati in fase solvente sono di più facile decolorazione e danno un olio raffinato maggiore
In tempi di cristallizazione e le superfici filtranti nei sistemi a solventi sono minori di quelli che si riscontrano negli impianti classici .
Gli oli winterizzati in fase solvente, hanno un punto di intorbidamento inferiore a quelli ottenuti con il procedimento classico.
La winterizzazione si esegue prima della decolorazione; questa porte ai seguenti vantaggi:
Migliore qualità di oli raffinati.
Tempi di decolorazione ridotti in quanto l’olio nel processo di demargarinazione in fase solvente subisca già una depurazione; infatti tutte le impurezze quali resine, fosfatidi, ossi acidi nelle condizioni in cui si opera, vengono in massima parte rese insolubili e rimangono unite alle cere steariche

DEODORAZIONE

Con questa operazione, sono eliminate quelle sostanze che apportano odori sgradevoli.
Condizioni ideali della deodorazione sono:
TEMPERATURA, deve essere più alta possibile anche se bisogna ricordarsi dell’olio è un materiale altamente degradabile, quindi esiste un limite cioè la compatibilità con le reazione secondarie che si possono innescare nell’olio (reazione di POLIMERIZZAZIONE).
La temperatura che è utilizzata è di circa 220-230°C.
PRESSIONE ASSOLUTA, deve essere la più bassa possibile; questa dipende dal sistema di apparecchiature usate per l’abbassamento.
Più bassa è la pressione minore può essere la temperatura di distillazione.
QUANTITA CONTROLLATA DI VAPORE D’INIEZIONE, dipende dalla quantità della sostanza da evaporare.
TEMPO DI DEODORAZIONE, è il tempo in cui l’olio permane nell’apparecchiatura; deve essere il minor possibile per avere una migliore qualità dell’olio.

 

I DEODORATORI A FUNZIONAMENTO SEMICONTINUO

Sono costituiti da una camera cilindrica verticale al cui interno sono installati tre o cinque deodoratori discontinui montati a cascata per cui la sostanza da deodorare passa da un apparecchio all’altro.
L’olio entra nell’ultimo stadio della colonna, si preriscalda a spese dell’olio che ha finito il ciclo di deodorazione ed entra nella prima zona di riscaldamento, in testa alla colonna; si ferma su questa il tempo prestabilito per raggiungere la temperatura di deodorazione poi cade per gravità nello stadio di deodorazione dove a inizio l’iniezione di vapore diretto.
Cade nel secondo stadio, poi nel terzo per raggiungere infine la zona di preraffreddamento: in questa zona avviene lo scambio termico tra l’olio in entrata (freddo) e quello in uscita (caldo).
Queste apparecchiature sono automatizzate ed i tempi, la temperatura e le quantità di olio si possono programmare.
Esistono poi altri tipi di deodoratori, quelli a funzionamento CONTINUO.
In queste apparecchiature la sostanza arriva dal centro de piatto, percorre la spirale (come si può vedere dalla figura ) e, cade sul piatto successivo.
L’operazione si ripete nei vari stadi.
I vapori sono raccolti e poi condensati.
Per estrarre l’aria dagli apparecchi di deodorazione al momento in cui si mettono in marcia, ed estrarre i gas incondensabili durante il loro esercizio, sono utilizzati EIETTORI E POMPE A VUOTO.
Entrambi questi sistemi, presentano vantaggi e svantaggi; il problema che più interessa è di tipo economico: il costo del vapore e acqua e di energia che condizionano i due sistemi.
Vapore e acqua interessano gli eiettori mentre l’energia elettrica interessa le pompe a vuoto.
Conclusa questa fase si ha ottenuto olio raffinato, pronto all’uso che se ne vuole fare.

ALTERAZIONE DELL’OLIO

Le principali alterazioni cui l’olio va incontro, sono:
IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO
IRRANCIDIMENTO CHETONICO
IRRANCIDIMENTO IDROLITICO
Queste operazioni si verificano a carico dei TRIGLICERIDI, costituenti di maggiore importanza degli oli.
Il primo tipo di irrancidimento che si verifica e che permette agli altri due di verificarsi è quello IDROLITICO-LIPOLITICO.
Questo irrancidimento è di tipo enzimatico, in particolare è causato dalle LIPASI.
Queste sono enzimi che sono in grado di attaccare i trigliceridi idrolizzandoli a GLICEROLO e ACIDI GRASSI, scindendo il legame che li tiene uniti.
Le lipasi possono essere di origine microbica o fungina.
A seguire possono svilupparsi due tipi diversi di irrancidimento:

IRRANCIDIMENTO CHETONICO
E’ di tipo enzimatico; l’enzima in questine è la β ossidasi che può essere di origine fungina (proveniente da muffe quali ASPERGILLUS NIGER, PENNICILLIUM GLAUCUM…).
Questi enzimi in presenza di ossigeno catalizzano l’ossidazione del gruppo metilenico in posizione beta al carbossile di un acido grasso.
Agendo sull’acido grasso, presuppone che l’irrancidimento idrolitico abbia liberato gli acidi grassi.

 

Meccanismo

R R CO2 R
| | |
CH2 OX C = O C = O + CO2 (METILCHETONE)
| | |
CH2 CH2 CH3
| |
COOH COOH

IRRANCIDIMENTO OSSIDATIVO

E’ un’alterazione di natura prevalentemente chimica ed avviene in seguito all’assorbimento di ossigeno da parte del grasso.
E’ un’alterazione molto temuta in campo industriale in quanto porta la formazione di sostanze tossiche, quali aldeidi e chetoni.
I grassi che più facilmente sono attaccati sono gli acidi grassi insaturi, soprattutto poliinsaturi (linoleico, linolenico….); la reazione procede tanto più intensamente quanto maggiore è il grado di insaturazione degli stessi.
Possiamo suddividere il processo in tre fasi:
INDUZIONE
PROPAGAZIONE
TERMINE
Questa reazione è autocatalitica ed una volta arrivati alla fase di propagazione, non è più possibile arrestarla.

- PRIMA FASE: INDUZIONE
In questa fase la reazione ha inizio per l’assorbimento dell’ossigeno da parte degli acidi grassi; vengono cosi formati composti quali RADICALI LIBERI (R), molto reattivi e contemporaneamente PEROSSIDI.

RH + A R + HA

RH = acido grasso A = attivatore R = radicale libero
All’aumentare di perossidi interviene la seconda fase.

SECONDA FASE: PROPAGAZIONE
In questa fase, l’assorbimento dell’ossigeno è molto elevato e porta alla formazione di IDROPEROSSIDI.
Aumentando la concentrazione di questi, inizia anche la loro decomposizione con formazione di nuovi radicali ( reazione a catena)

R + O2 ROO =

ROO = radicale idroperossido

- TERZA FASE: TERMINAZIONE
E’ costituita da una serie di reazioni che portano ad una diminuzione dei radicali liberi quindi ad una diminuzione dell’autoossidazione e della velocità di assorbimento dell’ossigeno.
Avvengono le seguenti reazioni di polimerizazione.

R + R RR

ROO + R ROOR

ROO + ROO ROR + O2

I composti che sono responsabili di odori e sapori sgradevoli sono ALCOLI, ALDEIDI e CHETONI.
Vediamo ora quali sono i fattori che favoriscono l’irrancidimento ossidativo:
PRESENZA DI OSSIGENO
PRESENZA DI IONI METALLICI CON PIU’ VALENZE (Cu, Fe..) questi elementi sono anche detti PROOSSIDANTI e, catalizzano la reazione favorendo la decomposizione degli idroperossidi nei rispettivi radicali.
LUCE SOLARE: in particolare favoriscono la reazione i raggi ultravioletti che sono assorbiti dai legami insaturi.
TEMPERATURA: temperature elevate aumentano l’instabilità degli elettroni e quindi favoriscono l’irrancidimento.
GRADO DI INSATURAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI: tanto più un grasso è insaturo, tanto più grave è il processo di irrancidimento; infatti nell’olio d’oliva dove gli acidi grassi insaturi sono circa il 70% questo tipo di irrancidimento è molto frequente.
SCARSITA’ DI SOSTANZE ANTIOSSIDANTI: come FOSFOLIPIDI e sostanze INSAPONIFICABILI .

Vediamo ora quali sono i fattori che inibiscono tale meccanismo:
CARENZA DI FATTORI INDICATI PRECEDENTEMENTE
PRESENZA DI SOSTANZE ANTIOSSIDANTI: queste possono essere naturali o artificiali ed evitano l’ossidazione degli acidi grassi perché in presenza di ossigeno si ossidano più facilmente dei primi preservandoli dall’irrancidimento.
Tra questi più importanti sono:
VITAMINA C (acido ascorbico)
VITAMINA E (tocoferoli )
LECITINE
CEFALINE
SQUALENE
Queste sostanze sono considerate antiossidanti primari e non sono nocive per la salute.
Ci sono poi antiossidanti artificiali tra cui:
BHT (butilidrossitoluene)
BHA (butilidrossianisolo)
Queste sostanze presentano però controindicazioni.
Accanto agli antiossidanti veri e propri abbiamo altre categorie di sostanze:
SINERGISTI: esaltano il potere degli antiossidanti; tra i più usati troviamo ACIDO CITRICO, LATTICO, TARTARICO.
SEQUESTRANTI: hanno la capacità di bloccare i metalli (legandosi ad essi) ed impedire quindi la loro attività catalizzante; i più usati sono: PALMITATO DI ASCORBILE, STERATO DI ASCORBILE.
L’EDTA non è più usato perché non si è sicuri della sua inocuietà.

Altri tipi di alterazioni possono essere l’insorgere di muffe e lieviti limitatamente alla superficie dell’olio essendo questi microorganismi aerobi.

ANALISI RELATIVE ALL’OLIO
Gli oli destinati ad uso commestibile devono:
• ESSERE RAFFINATI
• AVERE UN’ACIDITA’ LIBERA MINORE DELLO 0,5% DI ACIDO OLEICO
• NON PRESENTARE DIFETTI ALL’ESAME ORGANOLETTICO

ANALISI CARATTERISTICHE

- ESAME ORGANOLETTICO: questo tipo di esame è eseguito da persone esperte che sono a conoscenza dei caratteri organolettici propri di un prodotto genuino.
1. SAGGIO ALLA VISTA
COLORE: se ne osserva l’intensità
FLUORESCENZA: si osserva che il prodotto messo in provetta non sia fluorescente sottoposto alla luce diurna
LIMPIDEZZA: si osserva trasversalmente la provetta utilizzando preferibilmente la luce diurna
APPARENZA E OMOGENEITA’
2. SAGGIO ALL’ODORATO
Per gli oli si agita il liquido e se ne rileva l’odore all’imboccatura del recipiente, oppure si versa sul palmo della mano, si sfregano le palme tra loro e se ne rileva l’odore.
E’ utile talvolta sentire l’odore della sostanza riscaldata.
3. SAGGIO AL GUSTO
E’ limitato ai prodotti commestibili e deve essere eseguito da persone molto esperte.
Questa operazione è molto importante per la ricerca qualitativa della rancidità; il giudizio è cosi esposto:
GUSTO NORMALE , MEDIOCRE, CATTIVO
4. SAGGIO AL TATTO
Ha importanza solo per le sostanze solide
ANALISI GASCROMATOGRAFICA DELLA COMPOSIZIONE DEGLI ACIDI GRASSI: questa analisi sfrutta le capacità analitiche della gascromatografia.
In questo caso, la fase mobile è costituita da un gas, generalmente azoto o idrogeno, mentre la fase stazionaria può essere un solido liquido fissato su un supporto solido ed inerte.
In quest’ultimo caso si parla di cromatografia di ripartizione in fase gassosa.
Per la preparazione del campione si possono effettuare due tecniche:
1. separare gli acidi grassi da un miscuglio di saponificazione, seccarli ed esterificarli.
2. Procedere ad un’esterificazione degli acidi grassi con metilato di sodio (TECNICA DELLA METILAZIONE).
Con questo tipo di analisi, se si conosce la composizione dell’olio si è in grado di risalire a qualsiasi deviazione della composizione.
Ottenuto il cromatogramma si passa alla identificazione dei vari componenti mediante la misura dei tempi di ritenzione e l’altezza dei vari picchi.
DETERMINAZIONE GASCROMATOGRAFICA DEGLI STEROLI: e’ importante in quanto la tecnica sopra elencata non è in grado di verificare anomalie nel caso di olio d’oliva al quale sia stato aggiunto olio di semi.
Per questo quindi è utile la determinadione sterolica.
ANALISI SPETTROFOTOMETRICA UV: questo tipo di analisi è molto utile per la distinzione di diversi tipi di olio d’oliva per i quali fornisce anche elementi di giudizio utili per: valutare la qualità, ricercare l’olio rettificato nell’olio di pressione, esame dei rettificati.
- RANCIDITA’ (SAGGIO DI KREIS): è impiegato per la valutazione dello stato di ossidazione delle sostanze grasse. La positività del saggio non implica necessariamente un reale stato di inrancidimento per cui l’eventuale stato di irrancidimento deve essere confermato da ulteriori prove (n° di perossidi).
PRINCIPIO DEL METODO: la sostanza grassa è trattata con HCL concentrato e fluoroglucina.
Se il saggio è positivo si sviluppa colorazione ROSA o ROSSA caratteristica.
- NUMERO DI PEROSSIDI: e’ indice di primaria subito dell’olio.
Il numero di perossidi si esprime in meq di ossigeno attivo per 1000g di sostanza grassa.
Il saggio ed è significativo se l’ossidazione non è avanzata.
- NUMERO DI IODIO: questa reazione può essere un indice di insaturazione della materia grassa, in quanto i legami etilenici degli acidi grassi possono addizionare alogeni.
I reattivi usati sono alogenuri di iodio.
Il risultato si esprime in grammi di iodio fissati da cento grammi di materia grassa.
- NUMERO DI SAPONIFICAZIONE: rappresenta la quantità di idrossido di potassio, espressa in mg necessari per la saponificazione di 1mg di materia grassa.
Questo numero è indice del PM medio degli acidi grassi totali presenti nella sostanza da analizzare.
Questo numero è più alto per quelle sostanze che contengono acidi grassi a corta catena e viceversa.
Un numero di saponificazione anormale può costituire un dato significativo per un giudizio di non genuinità.
- INDICE DI RIFRAZIONE: questa operazione si esegue a 25°C; i limiti per l’indice di rifrazione sono diversi a seconda dei vari tipi di olio.
ACIDITA’: misura il grado di acidità, cioè l’acidità libera espressa in % di acido oleico.
Il grado di acidità esprime i mg di idrossido di potassio necessario per neutralizzare 1 g di sostanza grassa.
L’importanza di questo indice analitico è fondamentale per stabilire l’attitudine dei grassi alla commestibilità, nonché la loro classificazione commerciale.
Inoltre fornisce utili indicazioni sullo stato di conservazione del grasso.

 

 

Fonte: http://www.galileicrema.it/intraitis/documenti/MaterialeDidattico/tecnologie%20produzione%20olio.doc

Sito web da visitare: http://www.galileicrema.it/

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