Polimeri

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Polimeri

Chimica dei polimeri e delle macromolecole

La chimica dei polimeri e delle macromolecole è una scienza multidisciplinare che studia la sintesi chimica e le proprietà chimiche e chimico-fisiche dei polimeri e delle macromolecole.
Secondo le indicazioni della IUPAC, il termine "macromolecola" si riferisce a composti a elevato peso molecolare, che possono     essere     caratterizzati     sia     da
ripetizione di unità monomeriche che dalla presenza di un macrociclo. La parola "polimero" descrive invece una sostanza formata da un insieme di macromolecole (aventi una distribuzione dei pesi molecolari più o meno ampia).

Polimeri e loro proprietà

Schematicamente i polimeri possono suddividersi in polimeri naturali (o biopolimeri) e polimeri sintetici. Ciascuna di queste classi di composti può a sua volta ulteriormente suddividersi in sottoclassi più specifiche in relazione al loro ruolo, utilizzo o proprietà chimico-fisiche caratteristiche. La biochimica e la chimica industriale sono discipline che si interessano ai polimeri in modo contiguo alla chimica delle macromolecole.

  1. Biopolimeri prodotti da organismi viventi
    1. proteine strutturali (ad esempio: collagene, cheratina, elastina)
    2. proteine funzionali (ad esempio: enzimi, ormoni, proteine di trasporto)
    3. polisaccaridi strutturali (ad esempio: cellulosa, chitina)
    4. polisaccaridi di riserva (ad esempio: amido, glicogeno)
    5. acidi nucleici
  2. Polimeri sintetici, destinati a svariati usi industriali e di consumo (ad esempio: materie plastiche, vernici, materiali per l'edilizia, parti meccaniche, adesivi e colle):
    1. polimeri termoplastici (ad esempio: polietilene, Teflon, polipropilene, nylon, celluloide)
    2. polimeri termoindurenti (ad esempio: gomma vulcanizzata, Bachelite, Kevlar, resine epossidiche).

Un polimero viene ottenuto per polimerizzazione di più unità monomeriche identiche, mentre un copolimero è ottenuto da diversi tipi di monomeri. Proprietà chimiche salienti dei polimeri sono: il grado di polimerizzazione, il peso molecolare medio, la tatticità, la successione monomerica nei copolimeri, il grado di ramificazione, i gruppi terminali, la presenza di legami reticolazioni (cross-link). Altre proprietà da considerare sono quelle chimico-fisiche quali la cristallinità, il punto di fusione e la temperatura di transizione vetrosa; inoltre, per polimeri in soluzione, vengono anche considerate la solubilità, la viscosità e la tendenza a gelificare.
Nello studio e caratterizzazione dei polimeri, come per la determinazione della forma, dimensione e peso molecolare medio, sono utilizzate comunemente tecniche quali: la diffrazione dei raggi X, l'osmometria, lo scattering di luce laser, la viscosimetria, l'ultracentrifugazione, la cromatografia a permeazione di gel e la spettrometria MALDI-TOF. Molto utilizzata in questo campo, in particolare per i polimeri biologici, è anche l'elettroforesi.


Bibliografia

  1. M.P. Stevens, "Polymer Chemistry: An Introduction", Oxford University Press, 1998, ISBN 978-0195124446.
  2. H. Allcock, F. Lampe, J. Mark, "Contemporary Polymer Chemistry - 3rd Edition", Prentice Hall, 2003, ISBN 978-0130650566.
  3. M. Guaita; F. Ciardelli, F. La Mantia, Fondamenti di scienza dei polimeri [1], Nuova Cultura, 2006. ISBN

8889362901

Voci correlate

  1. Polimero
  2. Materie plastiche

 

Altri progetti

•    Wikimedia Commons contiene file multimediali:  http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Polymer chemistry

Note

[1]   http://books.google.it/books?id=kBV4AAAACAAJ

 

Macromolecola

Una macromolecola è una molecola di dimensioni molto grandi e di peso molecolare molto elevato. Le macromolecole sono comuni nei sistemi viventi ma comprendono anche i polimeri sintetici e artificiali. Le macromolecole polimeriche sono tipicamente formate dall'unione di molecole più piccole, uguali o simili tra loro, ripetute molte volte (solitamente da 100 a oltre 1000) e possono essere lineari, ramificate o reticolate. Tra le macromolecole si annoverano inoltre i macrocicli.[1]
Secondo la IUPAC il termine macromolecola va utilizzato esclusivamente per indicare molecole  singole
di grandi dimensioni, mentre il termine polimero identifica una sostanza composta da più macromolecole. Le macromolecole biologiche più importanti sono:

  1. i polisaccaridi che appartengono ai glucidi (come l'amido e la cellulosa);
  2. le proteine che appartengono ai protidi;
  3. il DNA e gli RNA che costituiscono gli acidi nucleici;
  4. i lipidi complessi.

I polimeri sintetici comprendono le materie plastiche, le gomme sintetiche e le fibre tessili, ed hanno un vastissimo campo di applicazioni tecnologiche. I polimeri inorganici più importanti sono a base di silicio.


Proprietà

Le macromolecole in genere hanno comportamenti e proprietà fisiche inusuali, ad esempio possono mostrare tipi di aggregazione supramolecolare con comportamenti liquido-cristallini, difficoltà di sciogliersi in soluzione, facilità a denaturarsi a determinate concentrazioni e fenomeni di natura colloidale.

Note

[1]   (EN) Macrocycle (http://goldbook.iupac.org/M03662.html) IUPAC Gold Book (http://goldbook.iupac.org/index.html)

 

Voci correlate

  1. Chimica dei polimeri e delle macromolecole
  2. Chimica supramolecolare
  3. Dendrimero
  4. Polimero

Polimero 


Un polimero (dal greco "che ha molte parti"[1]) è una macromolecola, ovvero una molecola dall'elevato peso  molecolare, costituita da un gran numero di gruppi molecolari (detti unità ripetitive) uguali o diversi (nei copolimeri), uniti "a catena" mediante la ripetizione dello stesso tipo di legame (covalente).
I termini "unità ripetitiva" e "monomero" non sono sinonimi: infatti un'unità ripetitiva è una parte di una molecola o macromolecola, mentre un monomero è una molecola composta da un'unica unità ripetitiva. Nel seguito, quando si parla di "monomeri" si intendono dunque i reagenti da cui si forma il polimero attraverso la reazione di polimerizzazione, mentre con il termine "unità ripetitive" si intendono i gruppi molecolari che costituiscono il polimero (che è il prodotto della reazione di polimerizzazione).[2]
Per definire un polimero bisogna conoscere:

  1. la natura dell'unità ripetente;
  2. la natura dei gruppi terminali;
  3. la presenza di ramificazioni e/o reticolazioni;
  4. gli eventuali difetti nella sequenza strutturale che possono alterare le caratteristiche meccaniche del polimero.

Benché a rigore anche le macromolecole tipiche dei sistemi viventi (proteine, acidi nucleici, polisaccaridi) siano polimeri, nel campo della chimica industriale col termine "polimeri" si intendono comunemente le macromolecole di origine sintetica: materie plastiche, gomme sintetiche e fibre tessili (ad esempio il nylon), ma anche polimeri sintetici biocompatibili largamente usati nelle industrie farmaceutiche, cosmetiche ed alimentari, tra cui i polietilenglicoli (PEG), i poliacrilati ed i poliamminoacidi sintetici.
I polimeri inorganici più importanti sono a base di silicio (silice colloidale, siliconi, polisilani).[3][4][5]


Cenni storici

Il termine "polimero" fu coniato da Jöns Jacob Berzelius, con un'accezione differente dall'attuale. Tale termine può indicare sia i polimeri naturali (tra i quali il caucciù, la cellulosa e il DNA) sia i polimeri sintetizzati in laboratorio  (in genere utilizzati per la produzione di materie plastiche). La storia dei polimeri ha quindi inizio molto prima dell'avvento delle materie plastiche, sebbene la commercializzazione delle materie plastiche abbia aumentato notevolmente l'interesse della comunità scientifica verso la scienza e la tecnologia dei polimeri.
I primi studi sui polimeri sintetici si devono a Henri Braconnot nel 1811, il quale ottenne dei composti derivati dalla cellulosa.
Fu il chimico tedesco Hermann Staudinger nel 1920 a ipotizzare la struttura macromolecolare delle materie plastiche.[6] Sempre negli anni venti Wallace Carothers si dedicò allo studio delle reazioni di polimerizzazione.
Nel corso degli anni sono stati svolti molti studi sul comportamento reologico dei polimeri e sulla loro caratterizzazione, nonché sulle metodiche di polimerizzazione. In particolare nel 1963 Karl Ziegler e Giulio Natta ottengono il premio Nobel per la chimica come riconoscimento dei loro studi sui polimeri[6] (in particolare per la scoperta dei cosiddetti "catalizzatori di Ziegler-Natta").
Nel 1974 il premio Nobel per la chimica fu consegnato a Paul Flory, che concentrò i propri studi sulla cinetica delle polimerizzazioni a stadi e polimerizzazioni a catena, sul trasferimento di catena, sugli effetti di volume escluso e sulla teoria di Flory–Huggins delle soluzioni.

Classificazione dei polimeri

I polimeri possono essere classificati in vari modi:

  1. I polimeri prodotti da monomeri tutti uguali, sono detti omopolimeri. Mentre quelli prodotti da monomeri rappresentati da due o più specie chimiche differenti vengono detti copolimeri.[7]
  2. A seconda della loro struttura, possono essere classificati in polimeri lineari, ramificati o reticolati.[8]
  3. In relazione alle loro proprietà dal punto di vista della deformazione, si differenziano in termoplastici, termoindurenti e elastomeri.
  4. Esistono polimeri naturali organici (ad esempio cellulosa e caucciù), polimeri artificiali, ossia ottenuti dalla modificazione di polimeri naturali (come l'acetato di cellulosa) e polimeri sintetici, ossia polimerizzati artificialmente (ad esempio PVC e PET).
  5. A seconda del tipo di processo di polimerizzazione da cui sono prodotti si distinguono in "polimeri di addizione" e "polimeri di condensazione".
  6. In relazione all'omogeneità del peso molecolare si possono distinguere i polimeri omogenei da quelli eterogenei o

polidispersi, con quest'ultimi caratterizzati da alta variabilità del peso molecolare medio.


Classificazione dal diagramma sforzo-deformazione

Ogni materiale, in seguito ad uno sforzo risponde con una deformazione, a cui è associata un maggiore o minore allungamento percentuale. Nel caso dei  polimeri si distingue tra:

  1. fibre
  2. polimeri termoindurenti
  3. polimeri termoplastici
  4. elastomeri.

In linea di massima, i polimeri con maggiore cristallinità (fibre) sono più fragili, mentre i polimeri amorfi (elastomeri) sono più duttili e più plastici.
A partire dal diagramma sforzo-deformazione è possibile ricavare i seguenti parametri:

 

  1. Modulo di elasticità: aumenta all'aumentare della cristallinità del polimero
  2. Allungamento percentuale alla rottura: diminuisce all'aumentare della cristallinità del polimero
  3. Tensione di rottura: aumenta all'aumentare della cristallinità del polimero
  4. Tensione di snervamento: aumenta all'aumentare della cristallinità del polimero.

Classificazione dei polimeri per struttura

La struttura dei polimeri viene definita a vari livelli, tutti tra loro interdipendenti e decisivi nel concorrere a formare le proprietà reologiche del polimero, dalle quali dipendono le applicazioni e gli usi industriali.

Classificazione in base alla struttura chimica

Esclusi i gruppi funzionali direttamente coinvolti nella reazione di polimerizzazione, gli eventuali altri gruppi funzionali presenti nel monomero conservano la loro reattività chimica anche nel polimero. Nel caso dei polimeri biologici (le proteine) le proprietà chimiche dei gruppi disposti lungo la catena polimerica (con le loro affinità, attrazioni e repulsioni) diventano essenziali per modellare la struttura tridimensionale del polimero stesso, struttura da cui dipende l'attività biologica della proteina stessa.

Classificazione in base alla struttura stereochimica

L'assenza o la presenza di una regolarità nella posizione dei gruppi laterali di un polimero rispetto alla catena principale ha un notevole effetto sulle proprietà reologiche del polimero e di conseguenza sulle sue possibili applicazioni industriali. Un polimero i cui gruppi laterali sono distribuiti senza un ordine preciso ha meno probabilità di formare regioni cristalline rispetto ad uno stereochimicamente ordinato.
Un polimero i cui gruppi laterali sono tutti sul medesimo lato della catena principale viene detto isotattico, uno i cui gruppi sono alternati regolarmente sui due lati della catena principale viene detto sindiotattico ed uno i  cui gruppi laterali sono posizionati a caso atattico.
La scoperta di un catalizzatore capace di guidare la polimerizzazione del propilene in modo da dare un polimero isotattico è valsa il premio Nobel a Giulio Natta. L'importanza industriale è notevole, il polipropilene isotattico è una plastica rigida, il polipropilene atattico una gomma pressoché priva di applicazioni pratiche.
Due nuove classi di polimeri sono i polimeri comb e i dendrimeri.


 

 

Classificazione in base al peso molecolare

I polimeri (al contrario delle molecole aventi peso molecolare non elevato o delle proteine) non hanno peso molecolare definito, ma variabile in rapporto alla lunghezza della catena polimerica che li costituisce. Lotti di polimeri sono caratterizzati da un parametro tipico di queste sostanze macromolecolari ovvero dall'indice di polidispersità (PI), che tiene conto della distribuzione di pesi molecolari riferibile ad una sintesi.
Si fa inoltre uso del grado di polimerizzazione, che indica il numero di unità ripetitive costituenti il polimero,[9] e che può essere:

  1. basso: sotto 100 unità ripetitive;
  2. medio: tra 100 e 1000 unità ripetitive;
  3. alto: oltre 1000 unità ripetitive.

Dal grado di polimerizzazione dipendono le proprietà fisiche e reologiche del polimero, nonché le possibili applicazioni.
Nel caso in cui il grado di polimerizzazione sia molto basso si parla più propriamente di oligomero (dal greco
"oligos-", "pochi").

Polimeri amorfi e semicristallini

 

I polimeri amorfi sono generalmente resine o gomme. Essi sono fragili al di sotto di una data temperatura (la "temperatura di transizione vetrosa") e fluidi viscosi al di sopra di un'altra (il "punto di scorrimento"). La loro struttura può essere paragonata ad  un groviglio disordinato di spaghetti.
I polimeri semicristallini sono generalmente plastiche rigide; le catene di polimero, ripiegandosi, riescono a disporre regolarmente loro tratti più o meno lunghi gli uni a fianco degli altri, formando regioni cristalline regolari (dette "cristalliti") che crescono   radialmente   attorno   a   "siti   di
nucleazione", questi possono essere molecole di sostanze capaci di innescare la cristallizzazione ("agenti nucleanti") o altre catene di polimero stirate dal flusso della massa del polimero.


Una situazione intermedia tra i polimeri amorfi e i polimeri semicristallini è rappresentata dai polimeri a cristalli liquidi (LCP, Liquid-Crystal Polymers), in cui le molecole mostrano un orientamento comune ma sono libere di scorrere in maniera tra loro indipendente lungo la direzione longitudinale, modificando quindi la loro struttura cristallina.[10]

 

Polimeri reticolati

Un polimero viene detto "reticolato" se esistono almeno due cammini diversi per collegare due punti qualsiasi della sua molecola; in caso contrario viene detto "lineare" o "ramificato", a seconda che sulla catena principale siano innestate o meno catene laterali.
Un polimero reticolato si può ottenere direttamente in fase di reazione, miscelando al monomero principale anche una quantità di un altro monomero simile, ma con più siti reattivi   (ad   esempio,   il   co-polimero   tra
stirene e 1,4-divinilbenzene) oppure può essere reticolato successivamente alla sua sintesi per reazione con un altro composto (ad esempio, la reazione tra lo zolfo ed il polimero del 2-metil-1,3-butadiene, nota come vulcanizzazione).
Un polimero reticolato è generalmente una plastica rigida, che per riscaldamento decompone o brucia, anziché rammollirsi e fondere come un polimero lineare o ramificato.

Copolimeri

Quando il polimero è costituita da due unità ripetitive di natura diversa, si dice che esso è un copolimero.
Nell'ipotesi di avere due monomeri, vi sono 4 modi di concatenamento delle unità ripetitive A e B che derivano da tali monomeri:[11]

  1. random: le unità ripetitive A e B si avvicendano in maniera casuale;
  2. alternato: se le unità ripetitive si susseguono in coppia, prima A, poi B, poi di nuovo A e così via;
  3. a blocchi: se le unità ripetitive di uno stesso tipo (A) sono in blocchi che si alternano con i blocchi costituiti dall'altra unità ripetitiva (B);
  4. a innesto: se le unità ripetitive di uno stesso tipo (A) formano un'unica catena, sulla quale si innestano le catene laterali costituite dalle unità ripetitive del secondo tipo (B).

I copolimeri random, alternati e a blocchi sono copolimeri lineari, mentre i copolimeri a innesto sono polimeri ramificati.


 

 

Elenco di polimeri

In base alle normative DIN 7728 e 16780 (nonché la ISO 1043/1[12]), ad ogni materia plastica è associata una sigla, che la identifica univocamente.

  1. CA – Acetato di cellulosa
  1. PEK – Polieterochetone
  1. PS – Polistirene
  1. CAB – Acetobutirrato di cellulosa
  1. PEEK – Polieteroterchetone
  1. PSU – Polisolfone
  1. CN – Nitrato di cellulosa
  1. PES – Polietersolfoni
  1. PT – Politiofene
  1. CP – Propionato di cellulosa
  1. PET – Polietilentereftalato
  1. PTFE – Politetrafluoroetilene (Teflon)
  1. EP – Epossidi
  1. PF – Fenolformaldeide
  1. PUR – Poliuretano
  1. MF – Melammina-formaldeide
  1. PI – Poliimmide
  1. PVB – Polivinilbutirrale
  1. PA – Poliammidi
  1. PIB – Poliisobutilene
  1. PVC – Polivinilcloruro
  1. PAI – Poliammidiimmide
  1. PMI – Polimetacrilimmide
  1. PVC-C – Polivinilcloruro clorurato
  1. PAN – Poliacrilonitrile
  1. PMMA – Polimetilmetacrilato
  1. PVDC – Polivinildencloruro
  1. PB – Polibutene-1
  1. PMP – Poli-4-metilpentene-1
  1. PVDF – Polivinildenfluoruro
  1. PBT – Polibutilentereftalato
  1. POM – Poliossimetilene, Poliformaldeide, Poliacetale
  1. PVF – Polivinilfluoruro
  1. PC – Policarbonato
  1. PP – Polipropilene
  1. RC – Cellulosa rigenerata
  1. PCTFE – Policlorotrifluoroetilene
  1. PPE – Polifeniletere
  1. SI – Siliconi
  1. PDAP – Polidialliftalato
  1. PPO – Polifenilenossido
  1. UF – Urea-formaldeide
  1. PE – Polietilene
  1. PPS – Polifenilensolfuro
  1. UP – Poliestere insaturo
  1. PE-C – Polietilene clorurato

 

  1. PDMS – Polidimetilsilossano
  1. PEI – Polieterimmide

 

 


Caratterizzazione dei polimeri

La caratterizzazione dei polimeri avviene tramite l'utilizzo di numerose tecniche standardizzate dall'ASTM, SPI e SPE, tra cui (accanto a ciascuna tecnica si indicano le grandezze misurate):[13][14]

  1. analisi dei gruppi terminali: peso molecolare medio numerico;
  2. ebulliometria, crioscopia e osmometria: peso molecolare medio numerico;
  3. light scattering: peso molecolare medio ponderale;
  4. viscosimetria: peso molecolare medio viscometrico;
  5. cromatografia di esclusione molecolare: distribuzione della massa molare;
  6. calorimetria differenziale a scansione (DSC) e analisi termica differenziale (DTA): calore di fusione, calore di reazione, calore specifico, temperatura di transizione vetrosa, velocità di cristallizzazione;
  7. termogravimetria (TG): velocità di reazione, purezza;
  8. analisi termomeccanica (TMA): coefficiente di espansione termica, modulo elastico, temperatura di rammolimento;
  9. analisi dinamico-meccanica (DMA): modulo elastico, temperatura di transizione vetrosa;
  10. test di solubilità;
  11. test di diffusione e permeabilità;
  12. microscopio ottico: indice di rifrazione;
  13. spettrofotometro: riflettanza, trasmittanza;
  14. test di indice di ossigeno;
  15. test di resistenza chimica;
  16. test di resistenza agli agenti atmosferici;
  17. resistenza a trazione;
  18. misura della deformazione permanente.

Note

[1] Risultati ricerca - Treccani Portale (http://www.treccani.it/Portale/services/searchTitle.jsp?cercaTesto=polimero&searchIn=V& cercaTestoVis=&x=0&y=0)
[2]  Gedde, op. cit., p. 1
[3]   Polimeri Inorganici (http://pslc.ws/italian/inorg.htm)
[4]   http://chimica-cannizzaro.it/files/le_frontiere_del_silicio.pdf
[5] Brisi, op. cit., pp. 457-458 [6] Microsoft Student, op. cit. [7]  Callister, op. cit., p. 451
[8]  Callister, op. cit., pp. 455-457
[9]  Gedde, op. cit., p. 11
[10]  Gedde, op. cit., p. 14
[11]  Brisi, op. cit., pp. 433-434
[12]   glossary (http://pslc.ws/italian/nomenclatura.htm)
[13]  Gedde, op. cit., p. 10
[14]   http://chifis.unipv.it/mustarelli/dpp.pdf


Bibliografia

  1. Materie plastiche. Microsoft Student 2008 (DVD) (http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761553604/ Materie_plastiche.html), Microsoft Corporation, 2007.
  2. Cesare Brisi, Chimica applicata, 3, Torino, Levrotto & Bella, 1997, pp. 431-458. ISBN 88-8218-016-6
  3. Vittorio Villavecchia; Gino Eigenmann, Gino Eigenmann, I. Ubaldini (a cura di), Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata (volume 5° Mangimi-Polistirene) (http://books.google.it/ books?id=rZU5kEeKOEMC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s), Hoepli, 1975. ISBN

88-203-0532-1

  1. Bernardo Marchese, Tecnologia dei materiali e chimica applicata (http://books.google.it/

books?id=m4MTd-kkk9UC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s), 2, Liguori Editore Srl, 1975, pp. 405-445. ISBN 88-207-0390-4

  1. Filippo Cangialosi, Proprietà e lavorazione delle materie plastiche (http://books.google.it/ books?id=CzBAkfXON2oC&dq=polimeri&lr=&source=gbs_navlinks_s), EuroPass. ISBN 88-89354-00-3
  2. Arie Ram, Fundamentals of polymer engineering (http://books.google.it/books?id=oquPY-e4ypgC& dq=polymer&lr=&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), Springer, 1997. ISBN 0-306-45726-1
  3. Ronald D. Archer, Inorganic and Organometallic Polymers (http://books.google.it/ books?id=9KFwwpv6bGcC&dq=polymer&lr=&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), Wiley-VCH, 2001. ISBN 0-471-24187-3
  4. Leslie Howard Sperling, Introduction to physical polymer science (http://books.google.it/ books?id=i7HMbG9MwnIC&dq=polymer&lr=&source=gbs_navlinks_s), 4 (in inglese), John Wiley and Sons, 2006. ISBN 0-471-70606-X
  5. Jan C J Bart, Polymer Additive Analytics: Industrial Practice and Case Studies (http://books.google.it/ books?id=HQ6ZniMlUP4C&dq=polymer&lr=&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), Firenze University Press, 2006. ISBN 88-8453-379-1
  6. Ulf W. Gedde, Polymer physics (http://books.google.it/books?id=Iem3fC7XdnkC&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), Springer, 1995. ISBN 0-412-62640-3
  7. William D. Callister, Material Science and Engineering: An Introduction (http://books.google.it/ books?id=hFoEAAAACAAJ&source=gbs_navlinks_s), 5a ed. (in inglese), John Wiley & Sons Inc, 1999. ISBN

0-471-35243-8

Voci correlate

  1. Chimica dei polimeri e delle macromolecole
  2. Dimero
  3. Grado di polimerizzazione
  4. Materie plastiche
  5. Melt flow index
  6. Monomero
  7. Nanopolimeri
  8. Oligomero
  9. Pentamero
  10. Polimeri conduttori
  11. Polimerizzazione
  12. Rigonfiamento dei polimeri
  13. Stampaggio di materie plastiche
  14. Trimero

Fonte: http://www.wikilibri.it/pdf/Materieplastiche.pdf

Sito web da visitare: http://www.wikilibri.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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