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Il Veltro (2001)
La Rai e la Scuola: Un’alleanza possibile
di Renato Parascandolo
Il progetto editoriale di Rai Educational
Il modello organizzativo di Rai Educational rappresenta un’esperienza unica nel panorama delle televisioni europee. Infatti, mentre tutti gli apparati televisivi - e la stessa Rai - sono generalmente organizzati per singoli media (radio, Tv, satellite, Internet, etc.) tra loro rigidamente separati, Rai Educational si è data una struttura “intermediale”: dispone di tre ore al giorno di programmazione sulle tre reti generaliste della RAI, ma anche di due canali satellitari (RaiCultura e RaiLab), di un canale commerciale di vendita per corrispondenza di videocassette, Cd-Rom e libri, e di oltre venti siti Internet legati ai rispettivi programmi televisivi.
La linea editoriale dei programmi di Rai Educational procede lungo due direttrici, una ispirata ad un criterio di “educazione permanente”, l’altra alla “formazione a distanza”.
Le trasmissioni d’educazione permanente (MediaMente, La storia siamo noi, Il grillo, Un mondo a colori, etc.) sono rivolte indistintamente a tutti i cittadini e hanno lo scopo di favorirne la crescita culturale e la facoltà di giudizio, grazie ad un’esposizione critica e rigorosa dei contenuti. Per evitare, tuttavia, che l’esigenza “educativa” si traduca in noia e pedanteria, questi programmi si avvalgono delle forme espressive e degli ingredienti tipici delle reti televisive generaliste. Non a caso l’immagine dei programmi di Rai Educational è affidata a nomi prestigiosi e molto noti al grande pubblico come Zavoli, Gregoretti, Augias, Mirabella, Lubrano e Massarini.
L’attività di formazione a distanza è affidata a “RaiLab”, un canale satellitare in chiaro (cioè non a pagamento), dedicato esclusivamente a questo compito. RaiLab, in realtà, non è soltanto un canale televisivo ma piuttosto un sistema per l’apprendimento a distanza che comprende anche un portale Internet (www.educational.rai.it), videocassette, libri, Cd-rom, e una rete nazionale di 7.000 Centri Pubblici d’Ascolto distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale e aperti a tutti i gruppi sociali. I Centri d’ascolto sono dislocati in settemila scuole pubbliche che la Rai ha dotato - grazie ad un investimento di sette miliardi - di parabola digitale per la ricezione dei programmi satellitari di Rai Educational.
I corsi di formazione a distanza di RaiLab non sono alternativi alla formazione “in aula”. Infatti, nelle scuole dove si tengono i corsi, c’è sempre un tutor di sostegno (in genere un insegnante della stessa scuola) che aiuta i corsisti ad approfondire gli argomenti trattati nel corso della lezione televisiva. I corsi di RaiLab sono rivolti ai giovani che cercano nella formazione l’opportunità di un lavoro qualificato, ai dipendenti della Pubblica Amministrazione e delle imprese private che devono aggiornare le loro competenze e conoscenze, agli insegnanti che vogliono mettersi al passo con la scuola di domani, agli studenti che desiderano conoscere l’informatica e i nuovi media, a chi vuole uscire dal tunnel della disoccupazione e alle categorie protette, in particolare ai disabili.
La televisione, un medium che educa ma non istruisce
Per comprendere le ragioni che ci hanno indotto a creare questa complessa struttura poliedrica, è necessaria una digressione sulle prerogative e i limiti della televisione intesa come mezzo per la trasmissione dei saperi.
Per educazione s’intende lo sviluppo di facoltà e attitudini, l’affinamento della sensibilità, la trasformazione degli abiti culturali. L’educazione concerne dunque la personalità, lo stile di vita, il gusto e, più in generale, i modelli di comportamento di una persona o di una comunità.
Educazione è un concetto più ampio di quello di istruzione, col quale s’intende una serie d’attività volte a far apprendere un insieme coordinato di conoscenze strutturate. A titolo d’esempio, potremmo dire che l’apprendimento del teorema di Pitagora attiene alla sfera dell’istruzione, mentre l’apprezzamento di un quadro di Renoir o l’introiezione di un principio morale, è soprattutto un fatto di educazione. In altre parole, l’istruzione è un fatto prevalentemente tecnico, l’educazione è un atto eminentemente spirituale. Vi può essere quindi istruzione senza educazione, ma anche un’educazione con un bassissimo tasso d’istruzione. Inoltre, come vi sono insegnamenti errati e informazioni sbagliate, così possono esserci processi diseducativi.
Date queste premesse chiediamoci quanto la televisione abbia, o possa avere a che fare, con l’educazione e con l’istruzione.
Nonostante sia uno straordinario mezzo d’informazione, la televisione è un mezzo effimero per definizione, un flusso inarrestabile d’immagini e suoni che scorrono secondo un ritmo più idoneo a suscitare emozioni che riflessioni. La televisione, a causa della sua essenziale irreplicabilità, può fare ben poco per facilitare l’apprendimento di nozioni complesse. Infatti, apprendere significa, innanzi tutto, padroneggiare il ritmo dell’apprendimento. Per assimilare una nozione, ho bisogno dei miei tempi, di poter rivedere una sequenza se mi sono distratto, o se l’ho trovata troppo complessa rispetto alle mie possibilità di comprensione immediata. Il libro, la videocassetta, il Cd-Rom, Internet mi consentono di tornare sul testo, sulle immagini e sui concetti per tutto il tempo che mi è necessario; la televisione, al contrario, m’impone la sua durata e, in quanto tale, non è un mezzo adatto all’approfondimento di saperi e conoscenze.
Nello stesso tempo, però, grazie soprattutto ai programmi d’intrattenimento (film, soap opera, varietà e quiz vari), la televisione svolge una massiccia azione pedagogica, soprattutto con i programmi d’evasione che veicolano a grandi masse valori, modelli di comportamento e paradigmi interpretativi della realtà. Né potrebbe essere altrimenti per un medium così autoritario – e quindi autorevole – che si rivolge da un solo punto a milioni di persone e che, ancor più di un maestro severo, non accetta repliche. In conclusione, possiamo affermare che la televisione è uno straordinario strumento educativo (o diseducativo) che influenza enormemente i comportamenti e lo stile di vita delle persone, ma è pressoché inefficace come mezzo per trasmettere conoscenze approfondite. La televisione educa ma non istruisce.
Il declino del modello pedagogico
Ai suoi esordi, la televisione in Italia ha svolto un encomiabile ruolo pedagogico – basti pensare al programma di alfabetizzazione del maestro Manzi Non è mai troppo tardi. Non bisogna dimenticare che quel programma, che insegnò a leggere e a scrivere ad oltre seicentomila analfabeti, era parte di una complessa struttura organizzativa, disseminata sull’intero territorio nazionale, composta da un gran numero di Posti di Ascolto Televisivi (Pat) nei quali gli “alunni” si riunivano davanti al televisore insieme a un tutor che, al termine della trasmissione, integrava la lezione televisiva con gli esercizi, le interrogazioni e lo studio dei libri di testo.
Terminata quell’esperienza la Rai, nella seconda metà degli anni Settanta, incalzata dalla concorrenza delle televisioni commerciali, ha abbandonato questa funzione integrativa della scuola: i programmi culturali hanno subìto una progressiva marginalizzazione che si è tentato di arginare esasperando l’aspetto della divulgazione a buon mercato: una formula vantaggiosa per chi sa poco o nulla, ma semplicistica e fuorviante per chi vuole approfondire criticamente le proprie conoscenze. Inoltre, con i programmi di divulgazione la televisione si pone come alternativa alla scuola: il conduttore prende il posto dell’insegnante, e il documentario quello del libro di testo. Questo modello, dal punto di vista dell’intrattenimento culturale e scientifico, ha una sua rispettabilità; anzi i programmi di divulgazione dovrebbero occupare un posto di primo piano nei palinsesti della televisione pubblica. Occorre riconoscere, tuttavia, che la televisione, da sola, non può andare oltre la divulgazione. Per essere partecipe di un processo d’educazione permanente e di chiarificazione dei saperi, la televisione non può fare a meno di ricorrere all’aiuto di quei mezzi di comunicazione che meglio si prestano all’apprendimento (libri, Internet, (videocassette, Cd-Rom, ecc.).
L’intermedialità
La televisione, dunque, non può “insegnare”, ma certamente può appassionare, interessare, incuriosire i telespettatori ai temi della cultura, dell’arte e della scienza con programmi accattivanti e suggestivi nella forma, sfruttando tutti gli ingredienti tipici dei programmi di grande ascolto. Poi, piuttosto che considerare esaurita la sua funzione con questi programmi che, per quanto culturali, sono necessariamente approssimativi, la televisione educativa deve potere andare oltre se stessa, traghettando i telespettatori nei luoghi dove quegli stessi argomenti potranno essere trattati in modo approfondito. Una trasmissione di storia o di filosofia, o un programma di alfabetizzazione ai nuovi media, non possono esaurirsi nello spazio esiguo di mezz’ora. L’approfondimento di quei temi deve, quindi, trovare spazio su altri media perché solo grazie a quest’interazione è possibile dispiegare il sapere compiutamente e svolgere un’azione di educazione permanente. Quest’interazione tra i media, che abbiamo chiamato intermedialità, genera una sorta di “giostra” nella quale un medium rinvia agli altri, li alimenta e li promuove: una giostra che ruota intorno all’asse della televisione generalista la quale svolge il ruolo di una vetrina, con lo scopo d’indirizzare il grande pubblico della Tv verso i nuovi media (satellite, Internet, Cd-Rom) senza, tuttavia, trascurare il più prezioso e collaudato mezzo di diffusione delle conoscenze, il libro. (Per esempio, tutti i programmi di Rai Educational rinviano, nei titoli di coda, ad una bibliografia essenziale per approfondire gli argomenti trattati nel corso della trasmissione).
Gli autori di Rai Educational, quindi, non progettano più programmi televisivi, bensì opere per molti-media che sfruttano non solo i diversi linguaggi, propri di ciascun mezzo di comunicazione, ma anche la loro interazione. In tal modo, uno stesso tema può esser trattato esaurientemente e analizzato criticamente in tutti i suoi aspetti, in differenti versioni della stessa opera. Grazie a questa modalità di progettazione il telespettatore, l’acquirente delle videocassette o il visitatore del sito Internet potranno disporre di prodotti in sé compiuti e autosufficienti ma, consultando le altre versioni dell’opera, otterranno un risultato, in termini di approfondimento dei contenuti, che nessuna versione “monomediale” avrebbe potuto garantirgli. Per usare un’altra metafora, potremmo paragonare l’intermedialità ad una composizione polifonica che, basandosi su una pluralità di partiture autonome, ci permette di ascoltare compiutamente sia l’incrocio e la sovrapposizione di tutti gli strumenti sia l’esecuzione di uno solo.
Scuola e televisione: un'alleanza auspicabile
L’intermedialità soddisfa l’esigenza di una più ampia diffusione della cultura tra i cittadini e, tuttavia, accanto a quest’obiettivo generico, si pone un problema specifico che riguarda la scuola: in che si misura la televisione pubblica può favorire l’ineludibile processo di modernizzazione della scuola italiana sia dal punto di vista della didattica che dei contenuti?
La scuola italiana è attraversata da un diffuso e profondo pregiudizio sfavorevole che, non di rado, trova alimento fra gli stessi insegnanti e studenti. Questo pessimismo non sarebbe così perentorio se si conoscesse lo stato della scuola (a partire da quella elementare) negli altri paesi. Per citare un solo caso, ricordiamo che alla metà degli anni ’80 una commissione, nominata dal presidente Reagan, incaricata di saggiare lo stato di salute della scuola negli Usa, concluse il suo rapporto con queste valutazioni: “Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti la generazione attuale è più ignorante di quella precedente. Ma c’è di più: la crisi in cui versa il sistema scolastico americano è talmente grave che se una potenza straniera avesse artatamente provocato questo disastro, avremmo considerato il danno subìto così grave da dichiararle guerra”.
Lo stesso discorso può valere per la Rai che, spesso, è oggetto di critica per la crescente banalità e inconsistenza dei suoi programmi anche se, in termini di qualità, la Rai regge bene il confronto sia con le televisioni commerciali sia con le altre televisioni europee, compresa la mitica Bbc (ma questo non può e non deve rappresentare un alibi per non innovare e migliorare la qualità dell’offerta).
Il mondo della televisione e quello della scuola, che attraversano una fase di crisi e di rinnovamento, anche in nome della missione istituzionale che sono chiamati a svolgere, devono trovare una forma di collaborazione per la diffusione di saperi e conoscenze nella società di massa. Invece, fino a ieri, si sono fatti concorrenza o, peggio ancora, si sono ignorati: i prodotti televisivi (videocassette, audiovisivi ecc.) non sono mai entrati nelle scuole e, viceversa, il mondo della scuola non è mai entrato nella programmazione della televisione, se non in spazi marginali e soltanto per legittimare la funzione di servizio pubblico dell’emittente di Stato. Spulciando nella videoteca della Rai si può costatare che vi sono più inchieste sugli ospedali psichiatrici e sulle carceri di quante ve ne siano sulla scuola: una rimozione clamorosa se si pensa che quasi la metà dei cittadini del nostro paese, in quanto studenti, insegnanti, genitori o parenti, ha a che fare, ogni giorno con i problemi della scuola. (Per rimediare a questa gravissima rimozione – l’ultima inchiesta sulla scuola risaliva al 1962 – Sergio Zavoli, nel 2000, ha realizzato per Rai Educational una straordinaria inchiesta in sette puntate sulla scuola italiana).
La Rai per la scuola
A partire da queste considerazioni nel 1997, la Rai e il Ministero dell’Istruzione, hanno definito, attraverso una convenzione pluriennale, i termini di una stabile e duratura alleanza che ha prodotto, nell’arco di soli quattro anni, risultati in alcuni casi clamorosi se si pensa che oltre mezzo milione d’insegnanti hanno seguito - nelle settemila scuole dotate di parabola digitale - i sette corsi televisivi di formazione a distanza trasmessi da Rai Educational sul canale satellitare.
Nei programmi di formazione a distanza non ci si rivolge ad un pubblico generico da catturare con le forme ammiccanti di spettacolarizzazione, tipiche della Tv generalista (il conduttore famoso, la scenografia rutilante, il ritmo incalzante ecc.) ma ad un pubblico motivato ad apprendere. Al tempo stesso, questi programmi non sono un calco della lezione tenuta in classe, tanto meno intendono riprodurre la passività della televisione generalista. Un canale tematico deve avere come sua prerogativa l’interattività. Nel caso specifico, dunque, non si tratta di fare la versione televisiva di quella che negli anni ’50 fu La radio per le scuole, ma di rendere studenti e insegnanti protagonisti dei programmi fin dalla loro ideazione. Quindi non un canale per gli studenti e gli insegnanti, ma un canale degli studenti e degli insegnanti che possono gestirlo in prima persona, apprendendo in tal modo, non solo i contenuti specifici dei corsi, ma anche le tecniche della produzione televisiva. Esempi concreti di questo modello aperto alla partecipazione dei protagonisti sono programmi come Mosaico (una mediateca di oltre settemila unità audiovisive a disposizione degli insegnanti), La scuola in diretta, (un programma che ha coinvolto circa diecimila studenti su temi di stringente attualità), Verdincanto (un corso di canto corale a distanza che è stato seguito da oltre ventimila studenti), Io parlo italiano (un corso di italiano per immigrati) e, naturalmente, i Corsi di aggiornamento per gli insegnanti.
L’enfasi che abbiamo posto nel descrivere in dettaglio la complessa macchina organizzativa di Rai Educational, non deve ingenerare il sospetto che la nostra esperienza sia circoscritta agli aspetti metodologici e trascuri o, addirittura, prescinda da una didattica dei contenuti. Al contrario, la produzione di Rai Educational risponde paradigmaticamente alla vocazione etico-politica di un servizio televisivo pubblico, la stessa che ispira e legittima la scuola pubblica: formare nei giovani capacità di giudizio e consapevolezza critica, e offrir loro gli strumenti perché comprendano il tempo presente e apprezzino l’arte, la scienza e la cultura. La sfida di Rai Educational consiste nel far sì che la televisione possa essere anche un veicolo di conoscenza e un mezzo di comunicazione che interagisce con la realtà, modificandola.
Roma, Ottobre 2001
Fonte: http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/biografi/p/LaRaielaScuolaalleanzapossibile.doc
Sito web da visitare: http://www.mediamente.rai.it
Autore del testo: sopra indicato nel documento di origine
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