CARTOON
LA NASCITA DI WALT DISNEY
I MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
IL RUOLO DEI CARTONI ANIMATI
CARTONE NIPPONICO
THE SIMPSON
TELETUBBIES
L’UOMO TIGRE
Disney nasce a Chicago (Illinois), quarto di cinque figli, da Flora Call e Elias Disney. Il secondo nome lo eredita dal padre, mentre il primo proviene dal nome di un suo caro amico, il reverendo Walter Parr, che lo battezzò. Nel dicembre 1903 nasce la sorella di Walt, Ruth Flora Disney Nel 1906, la sua famiglia si trasferisce in Missouri e acquista una fattoria di 200 ettari per 3.000 dollari. Walt andrà alla scuola elementare di Marceline solamente all'età di otto anni perché egli non voleva che la sorella restasse priva di istruzione.
Nel 1922, Disney, una volta terminati gli studi lancia la Laugh-O-Grams, Inc., che procude dei cortometraggi animati ispirati alle fiabe popolari e alla storie per bambini. I cortometraggi sono ben accolti nella regione di Kansas City, ma i costi superano le entrate. Dopo aver creato un ultimo cortometraggio con la tecnica della live action, il cartone animato Alice’s Wonderland, lo studio dichiara fallimento nel luglio 1923. Ma, il 16 ottobre 1923, Disney firma un contratto per realizzare dodici film. Nel 1926, i Disney Brothers Studio cambiano nome in Walt Disney Studio, per diventare poi Walt Disney Productions.
Nel febbraio 1928, Disney si reca a New York, per ottenere una quota maggiore di guadagni per ogni film. Invece, con suo grande stupore, Mintz gli annuncia non solo di dover al contrario ridurgli la quota versata, ma anche che la maggior parte dei principali animatori di Walt ha un contratto con Mintz. Quest'ultimo aggiunge che avrebbe creato un proprio studio se Disney non avesse accettato di ridurre i costi di produzione.
Disney rifiuta l'offerta e perde la maggior parte dei suoi collaboratori. Così, insieme ai pochi fedeli, comincia segretamente a lavorare su un nuovo personaggio che sostituisca Oswa.
LA NASCITA DI WALT DISNEY
Nel 1932, Topolino diventa il personaggio più noto dei cartoni animati. Disney lancia in rapida successione altre serie che ruotano attorno ai personaggi di Paperino e Pluto.
Nonostante sia concreatore e produttore di Topolino, Disney è celebre tanto quanto il suo topo, mentre la sua vita privata è molto meno nota. Uno dei suoi più grandi desideri è di avere un figlio, possibilmente maschio, e la moglie partorisce una bambina nel dicembre 1933 e la coppia decide di adottarne un'altra nel 1936.
Gli studi continuano a produrre cortometraggi ad un ritmo forsennato; Topolino e Silly Symphonies sono due delle serie più famose del cinema.
Walt, a questo punto, decide di produrre un lungometraggio, e una sera del 1934, con i suoi animatori guarda un film muto che aveva visto da bambino; Biancaneve e il lungometraggio si baserà proprio su questa stessa storia.
Biancaneve e i sette nani è il titolo scelto per il film in produzione e fu completato nel 1937.
Dopo Biancaneve, nei cinema approdano Pinocchio, Fantasia, Dumbo, Alice nel paese delle meraviglie, ecc.
Nel 1944 Walt presenta il suo progetto di un grande parco e dice:”Voglio che Disneyland sia un luogo meraviglioso e che un treno faccia il giro del parco”. Fu progettato e realizzato dallo steso Walt insieme ad un gruppo di scenografi, architetti e animatori.
L’idea di Disney germoglia intorno agli anni ’30, quando camminava nei giardini con la figlia e pensa a che sarebbe stato davvero bello avere uno spazio in cui tutti i bambini potessero essere felici e i grandi tornare un po’ bambini.
LA NASCITA DI WALT DISNEY
Dal sogno alla realtà trascorreranno una ventina d’anni.
Il primo annuncio pubblicitario, distribuito nel 1955, illustra quello che, solo superficialmente, è un parco dei divertimenti ma che da subito aspira a diventare qualcos’altro:”Disneyland sarà dedicato agli ideali, ai sogni e ai fatti reali che hanno creato l’America. Sarà attrezzato in maniera unica per rappresentare sogni e per far viaggiare con la fantasia per tutto il mondo. Disneyland sarà qualcosa di simile a una fiera, una mostra, un parco giochi, un centro comunitario, un museo vivente e un luogo di bellezza e magia. Sarà pieno delle imprese, delle speranze del mondo in cui viviamo. E ci ricorderà e ci mostrerà come far diventare quelle meraviglie parte della nostra vita”.
La Main street, la strada principale riproduce esattamente la via in cui Walt giocava da piccolo. Percorrerla, per ciascun adulto significherà fare un tuffo al cuore, in quanto questo luogo sarà capace di far riaffiorare tutti i ricordi vissuti da bambini. Miracoli dell’agricoltura e degli effetti prospettici: le misure dei piani diminuiscono man mano che si sale e la percezione cambia.
Dalla strada principale si accede alle quattro aree del parco. Una rosa dei venti della fantasia: Fantasylandia, la terra delle fiabe, Frontierland, il lontano e selvaggio West, la natura ribelle di Adventureland, il futuro tecnologico di Tomorrowland.
Attualmente milioni di persone al giorno entrano nei parchi Disney sparsi da Orlando a Parigi, perché da allora e per sempre il mondo, a forma di fiaba è stato distribuito in maniera puntiforme in tutto il globo.
LA NASCITA DI WALT DISNEY
Il simbolo da sempre di Walt Disney è un mappamondo, da cui escono fuori le orecchie di Topolino, che esprime efficacemente la volontà della Disney di inglobare attraverso i suoi parchi a tema tutto il mondo.
Disneyland è uno degli spazi in cui sono concentrate tutte le caratteristiche della modernità. Più che un luogo lo definire molto simpaticamente un “non luogo”. Insieme a autostrade, agli aeroporti, ai villaggi vacanze, Disneyland o gli altri “non luoghi” rappresentano i nodi e le reti di un mondo senza confini.
La spinta visionaria di Walt andava però ben oltre: egli voleva realizzare una comunità ideale in cui vivere. Un prototipo di comunità, attiva, operosa e ricca, quasi come la città del futuro dovrebbe essere: cioè al servizio della popolazione. Sarà una comunità controllata , una vetrina delle scuole e della cultura. Qui non ci saranno proprietari terrieri, di conseguenza, non ci saranno nemmeno le elezioni. La gente affitterà le case, invece di comprarle, e gli affitti saranno modesti. Non ci saranno pensionati, perché tutti dovranno avere un’occupazione.
A Parigi, invece, nel 1992 nasce Eurodisney, battezzato come Disneyland Paris. In questo parco, è stata fondata un’intera cittadina in cui vivere come Disney decide: gli edifici che delimitano il perimetro della piazza Ariane sono un concentrato di stili architettonici e di materiali art decò, neoclassicismo, un tocco di barocco e Bauhaus con materiali come il vetro, cemento, acciaio, ferro, marmo, zinco, ecc..
Un’intera città colorata come una fiaba.
LA NASCITA DI WALT DISNEY
LA NASCITA DI WALT DISNEY
A metà degli anni Cinquanta, Disney produce molti film istruttivi sul programma spaziale americano con la collaborazione dell'ideatore del missile della NASA. Questi film attraggono l'attenzione non solo del pubblico, ma anche del programma spaziale russo.
Oggi, gli studi di animazione/produzione e parchi a tema di Walt Disney si sono sviluppati fino a diventare una società multinazionale plurimiliardaria di televisione, cinema, mete vacanziere e altri media che portano il suo nome.
Il nome Walt Disney è ritenuto un marchio molto importante, perché per le famiglie le sue produzioni sono molto istruttive e formative.
MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
Tra gli spettacoli più amati dai bambini ci sono sicuramente i cartoni animati. Oggi, la televisione ne trasmette moltissimi, a qualunque ora della giornata. Nasce perciò, per i genitori, la necessità di sapersi orientare nel mare sconfinato delle proposte delle varie emittenti, alle quali si aggiungono quelle del cinema, delle videocassette e dei DVD. I personaggi dei cartoni animati non sono semplicemente dei “pupazzetti” creati per strappare un sorriso. Dietro ogni loro sguardo si nasconde un’emozione, una storia, un messaggio ben preciso che raggiunge il cuore dei più piccini. Per questa ragione, oggi più che mai, è importante saper scegliere il programma giusto per i propri figli.
A questo punto nasce spontaneo chiedersi come fare?
Un buon metodo consiste nell’imparare a riconoscere le varie “scuole” di animazione presenti sul mercato ognuna delle quali ha una sua impronta, uno stile facilmente individuabile e la più famosa è certamente la scuola di Walt Disney. Topolino, Pippo, Pluto e Paperino. Ma anche Biancaneve, Cenerentola, Il libro della giungla, La carica dei 101 e tutti i più classici lungometraggi.
Gli elementi educativi disneyani, per i bambini, sono l’idea della coralità, l’esaltazione dell’amicizia e la ricerca costante dell’altro. Cenerentola, ad esempio, non è mai sola. E’ sempre circondata da un gruppo di allegri topini ed uccellini, che la confortano nei momenti difficili.
Nei film di Disney, viene costantemente esaltata l’immagine di un umile vincitore, che raggiunge il successo grazie al contributo dei suoi compagni: Biancaneve, che può contare sull’affetto dei sette nani, o il giovane Mowgly del Libro della Giungla, che sconfigge una tigre ferocissima con l’aiuto di un orso, di una pantera e di quattro avvoltoi.
L’esaltazione del gioco di squadra trova la sua massima espressione nel film Gli Aristogatti, dove un topolino investigatore collabora con un gruppo di simpatici micioni e riesce a far fallire il piano criminale del cattivo della storia[1].
E’ necessaria, invece, una certa prudenza nei confronti dei cartoni animati Disney più recenti, che appaiono influenzati dal pensiero New Age. L’ultimo uscito, Koda fratello orso, propone una visione discutibile del rapporto tra l’uomo e la natura, che rischia di sconfinare nel suo significato.
Un’altra scuola americana molto importante é quella della Warner Bros. Riunisce Gatto Silvestro, Daffy, Bugs Bunny, Vilcoyote, Bip-Bip ed altri personaggi. Le storie, in questo caso, si basano spesso sul conflitto tra due personaggi, perennemente in gara tra di loro.
Gatto Silvestro é costantemente impegnato nella cattura del canarino Titti o del velocissimo topo Speedy Gonzales. Mentre Vilcoyote non fa altro che inventare geniali marchingegni per tentare di bloccare la fuga dello struzzo Bip-Bip. Ci troviamo in una dimensione totalmente irreale e fortemente creativa, in cui la fantasia del bambino viene costantemente stimolata.
Nei cartoni Warner sono i perdenti ad essere esaltati. Bip-Bip, Titti e Speedy Gonzales, che riescono sempre a salvarsi, non riscuotono grandi simpatie. I veri eroi sono Vilcoyote e Silvestro, che nonostante i disastrosi fallimenti non si perdono mai d’animo, neppure quando vengono fatti a pezzettini o cadono in un burrone. Un attimo dopo, ricomincia la loro caccia al canarino, al topo o allo struzzo. Il messaggio per i bambini è chiaro: ciò che conta, nella vita, non è sempre vincere ma avere la costanza di lottare senza arrendersi mai.
MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
C’è, poi, la scuola americana di Hanna e Barbera, autori di Yoghi, Braccobaldo, Pixi e Dixi, gli Antenati, i Pronipoti e di tanti altri personaggi. Anche con loro l’elemento della fantasia é sempre molto presente, ma si unisce al tentativo di proporre storie ricche di contenuti e con un ritmo più lento e rilassante
Non manca, poi, l’intelligente ironia sulla realtà della vita quotidiana, come nelle avventure degli Antenati e dei Pronipoti, che rappresentano la parodia dell’uomo di oggi, schiavo del consumismo e dei suoi falsi bisogni.
La famiglia Flintstones utilizza gli stessi elettrodomestici dei nostri tempi, in versione “cavernicola”. Lo stesso accade, in chiave “futurista”, per la serie dei Pronipoti, in cui le case sono popolate di robot “domestici”, dall’aspetto quasi umano.
Quella di Hanna e Barbera è l’animazione più consigliabile per un bambino. Unisce la fantasia e il buon gusto alla volontà di stimolare riflessioni e lanciare messaggi costruttivi.
Fra questi il più noto é certamente quello dei Puffi, un popolo di folletti azzurri che risolve i problemi quotidiani con semplicità ed armonia.
I messaggi lanciati dai Puffi sono ottimi: un sincero amore per la natura (non viziato dal pensiero New Age) e l’invito a non lasciarsi mai scoraggiare dai problemi della vita
.Ogni Puffo viene intelligentemente ritratto con il suo carattere e il suo stile di vita: dal Puffo con gli occhiali a quello dormiglione, dal Puffo inventore a quello poeta. Spicca la figura del Puffo brontolone, che si lamenta sempre e viene puntualmente ridicolizzato. E’ un modo per ricordare ai bambini che nella vita non bisogna mai drammatizzare o chiudersi nel proprio pessimismo. Con un po’ di buona volontà, ogni ostacolo può essere superato.
MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
Negli ultimi 30 anni, il mondo dei cartoni animati ha visto l’ingresso di un’altra grande scuola, che ha totalmente sconvolto i ritmi e gli stili di produzione di sempre: quella giapponese, che si propone con una carica emotiva potente.
L’aspetto psicologico di ogni personaggio nipponico viene fortemente caratterizzato e messo a nudo. Non ci troviamo più di fronte al solito gatto che insegue il topo.
I protagonisti delle storie sono ragazzi spesso soli, in perenne competizione, che non vogliono condividere le loro emozioni. Basta pensare ai giovani guidatori di robot, rinchiusi nelle loro carcasse meccaniche oppure alle varie serie di cartoni animati ispirati a tristi storie di ragazzine senza famiglia come Candy Candy.
Questa tendenza all’individualismo e alla solitudine è l’opposto della gioiosa coralità dei tradizionali prodotti Disney.
Dal punto di vista educativo, c’è un fattore molto importante da non trascurare. Tanti cartoni che vediamo in Italia sono stati creati in Giappone per un pubblico che ha una differente cultura del disegno animato. Si tratta di adolescenti o di adulti, che apprezzano questo tipo di spettacolo e lo seguono con passione. Ovviamente, non tutti i personaggi nipponici rappresentano un rischio.
I prodotti di buona qualità non mancano, basta saperli individuare: fra questi il Gatto con gli stivali, protagonista di alcuni simpatici lungometraggi.
I giapponesi hanno il merito d’aver completamente riscritto la famosa favola, proponendola in una nuova veste, in cui trionfano genialità ed una fantasia inesauribile. Ci sono, poi, i vari robot che lottano nello spazio e anche qui non sempre si tratta di messaggi negativi. Basta pensare, ad esempio, alla divertente serie dell’automa Daltanious o alle toccanti avventure dei Cyborg 009,
MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
aneroidi creati per compiere il male che si ribellano al loro destino e scelgono la strada della solidarietà e dell’amore.
Il messaggio positivo per i più piccoli è evidente: bisogna rifiutare la trappola di una vita insensibile, da vegetali, ritrovando i valori più autentici e una sana cultura dell’ impegno e dello sforzo quotidiano.
A proposito di cartoni giapponesi possiamo ricordare anche Lamù.
La storia narra le avventure di un gruppo di ragazzi che vivono in una piccola località vicino Tokyo.
La vicenda ruota intorno ad un ragazzo fortunato e donnaiolo, Ataru, e di una principessa aliena perennemente in bikini, Lamù. Lamù è innamorata di Ataru dopo che questo le ha fatto una proposta, come a tutte le altre ragazze.
Le avventure sono organizzate per episodi e gli argomenti sono in genere la sfortuna e le avventure sentimentali di Ataru. Ma bisogna sottolineare il fatto che, nel passaggio tra il cartone manga al cartone trasmesso per esempio in Italia molte scene vengono addirittura totalmente censurate.
Questo accade, ovviamente senza alcuna critica, perché il manga nasce in una cultura completamente diversa dalla nostra che consente di andare oltre anche al vero significato del cartone animato: cioè la purezza.
Molte volte, diamo la colpa alla nuova società emergente, accusata per lo più, di essere troppo di “larghe vedute”. Questa può essere una delle cause del cambiamento del canale di trasmissione del cartoon; bisogna però ricordare che, già nel 1974, veniva trasmesso in tv il cartone animato La rosa di Versailles, la storia di una bambina che i genitori volevano maschio e che sin da piccola indossava abiti maschili nella reggia di Luigi XVI, e che sarà poi Lady Oscar.
Ambiguità sessuale costantemente in bilico, amori clandestini, non corrisposti, passionali e sofferenti. Queste erano già allora le caratteristiche principali di un cartone giapponese.
MESSAGGI DEI CARTONI ANIMATI
RUOLO PEDAGOGICODEL CARTONE ANIMATO
Comunicazione educativa e multimedialità sono le due caratteristiche principali dei tempi moderni rapporti sociali; viviamo in un’era tecnologica e informatica che ha portato in primo piano la cultura iconico-orale dei linguaggi audiovisivi e virtuali, caratterizzati dalla predominanza dell’immagine sulla parola scritta e della capacità di trasmettere un messaggio che viene percepito con maggiore intensità e percezione.
I cartoni animati sono ricchi di moderni codici di comunicazione e rappresentano oggi, uno dei mezzi più efficaci della comunicazione, in quanto le immagini e il racconto fanno da intermediario nella società. Ma come entra il cartone in famiglia? Quali sono gli atteggiamenti che devono assumere? E le istituzioni che ruolo hanno?
A queste domande si può rispondere che i fattori che incidono sull’accettazione del cartone, da parte dei familiari e da parte delle istituzioni scolastiche, è soprattutto un carattere di tipo culturale, sociale e territoriale.
Un uso corretto del cartone animato, sul tipo d’influenza che ha sul bambino, e spesso anche sull’adulto, rappresenta un primo passo importante per giudicare questo un buono strumento educativo.
Oggi, bisognerebbe arricchire le videoteche scolastiche con video graditi ai ragazzi, disponendoli in modo tale da attirare la loro attenzione. E questo stesso procedimento bisognerebbe attuarlo dai genitori nelle proprie case. Ciò, però, non sempre avviene in quanto la famiglia stessa pone dei limiti, perché vuole che la scuola non venga sottomessa da qualcosa che secondo loro è poco producente. Il cartone, proprio per la capacità di offrire in un unico prodotto più linguaggi, si presta oggi a numerosi usi didattici, dei quali però non bisogna abusare per non stravolgere il suo valore culturale.
Confrontare il cartone di ieri e quello di oggi può offrire
RUOLO PEDAGOGICO DEL CARTONE ANIMATO
interessanti spunti di lavoro sull’evoluzione delle immagini e dei contenuti.
Il cartone si presta a essere usato in relazione a qualsiasi area disciplinare, linguistica, pedagogica, logico-matematica, espressiva, motoria, manipolativa: basta saperne cogliere gli aspetti positivi e accettarlo come un linguaggio con cui il bambino ha grande confidenza, per capire che, attraverso esso, si può arrivare più facilmente a coinvolgerlo nelle attività di insegnamento/apprendimento.
A questo punto possiamo dire che il bambino che entra nella scuola con un bagaglio culturale (lessico, comunicativo, ecc..) costruito in un ambiente ricco di stimoli e di interessi sia interni che esterni, sarà avvantaggiato rispetto a quello che non ha trovato analoghe condizioni all’interno della famiglia e del suo ambiente d’appartenenza.
Un buon grado di cultura rende i genitori più attenti e consapevoli alle richieste dei propri figli, riuscendo così ad avere con i propri figli scambi di opinioni e dunque un dialogo aperto.
Il cartone, soprattutto negli anni ottanta, ha immesso sul mercato pellicole che inviavano un messaggio culturale e sociale in grado di stimolare la curiosità dei giovani.
Il bambino, fin dai primi anni di vita, viene proiettato verso l’esterno attraverso una serie di passaggi: dal nido, alla scuola dell’infanzia fino alla scuola primaria. La condizione continua di alternanza che vive il bambino passando dalla famiglia alla scuola e potrebbe creare una sorta di disagio in quanto questi si sente privato di alcuni suoi diritti naturali.
RUOLO PEDAGOGICO DEL CARTONE ANIMATO
Ecco perché, a questo punto e in maniera molto semplice, entra in gioco il cartone animato e per due motivazioni principali:
in primo luogo, perché l’immagine, per il bimbo, è uno strumento di mediazione con la realtà esterna;
in secondo luogo perché si afferma il suo valore sociale, che fin dalla sua nascita ha voluto mettere in evidenza la realtà quotidiana.
Quando il bambino cresce, i suoi interessi si fanno più complicati e la sua curiosità verso il mondo esterno aumenta; tutto diventa più difficile, in quanti questo non va più alla ricerca soltanto di immagini colorate e fantasiose.
Nei programmi per la scuola elementare anche se oramai datati, si sostiene che: “l’educazione all’immagine si delinea come attività diretta al conseguimento della competenza espressiva e comunicativa; avere questa competenza significa divenire capaci di tradurre in un messaggio la propria esperienza e di conoscere i vari sistemi di segni propri dell’ambiente culturale in cui si vive”.
Peraltro, con l’educazione all’immagine si pone in evidenza che la ricchezza del vivere umano non è conoscibile ed esprimibile solo attraverso i sistemi dei segni, perché vi è il mondo delle forme, delle raffigurazioni, dei colori, del movimento, ecc., con i quali ci si può esprimere e si può comunicare.
La scelta del cartone animato dipende dall’età del bambino. Per esempio, dai tre ai sei anni il bimbo non ha una grande affinità con tutto ciò che vede e sente; egli predilige solitamente album illustrati o da colorare. Dai sei agli otto anni, il bambino comincia a trovarsi in ambienti in cui si trova molto spesso a confronto con altri bambini, si trova dunque sempre alla ricerca del nuovo, in quanto comincia la curiosità e l’interesse per l’ignoto. Dai dodici ai quattordici anni invece, il soggetto educato comincia a sentirsi grande e, quindi a ricercare filmati che soddisfano il proprio desiderio, per affermare e costruire la personalità.
RUOLO PEDAGOGICO DEL CARTONE ANIMATO
C’è da precisare che molte delle storie dei classici Disney, creano un’atmosfera di comicità e di allegria intorno a personaggi o fatti storici, offrendo al bambino una divertente alternativa alla complessità dell’ avvenimento.
Un cartone che richiama temi classici può diventare una buona occasione per introdurre lo studio di un periodo storico, ad esempio la scoperta dell’America, sollecitando magari altre curiosità sui personaggi.
Partire da un aspetto divertente può indurre l’alunno a desiderare di saperne qualcosa in più su un argomento che in altre occasioni avrebbe potuto considerare noioso e poco interessante; basti pensare all’Inferno della Divina Commedia interpretata da Topolino nelle vesti di Dante Alighieri e da Pippo nelle vesti di Virgilio.
A questo punto bisogna fare una considerazione sul rapporto che ha l’adulto con questo strumento che non è del tutto spontaneo perché, in molti casi, questo viene vissuto come un riflesso nostalgico di piacevoli periodi infantili.
Anche il cartone può essere facilmente accusato di assumere un ruolo di “baby-sitter passiva”, poiché è in grado di tenere il bambino impegnato in una occupazione che permette ai genitori di dedicargli meno tempo. I genitori dovrebbero condividere ogni momento di crescita con i propri figli e partecipare hai lori interessi, stimolando il dialogo e la discussione sulle motivazioni delle loro scelte e approfondire tutte quelle situazioni problematiche che sono nascoste e che spingono il bambino a concentrare le proprie preferenze su un personaggio piuttosto che su un altro.
Un cartone molto gradito, secondo una statistica è quello che narra la vicenda della famiglia dei Simpson.
Questa serie racconta di Homer Simpson, un uomo nato il 20 maggio del 1955 e impiegato in una centrale nucleare, reparto sicurezza.
Sposato con tre figli, la sua grande passione è la birra, il bowling, la tv e il baseball.
La televisione è il suo mondo, soprattutto la sera, quando tutto quello che passa in video scatena delle forti sollecitazioni all’acquisto di prodotti commerciali: dalla piscina agli improbabili utensili per la cucina.
Bastano queste indicazioni per costruire il ritratto di un uomo infantile, pigro, teledipendente, egoista perennemente in lotta con il suo cervello. Un Forrest Gump dell’animazione che, episodio dopo episodio, ha conosciuto tre presidenti, ha partecipato ad una spedizione Nasa, ha progettato un’automobile, ha suonato con i più grandi del rock, ecc. e che riesce a rivelarsi pure generoso e capace di dialogare con i suoi figli e di mettersi a disposizione degli altri.
Sua moglie Marge è una casalinga di trenta anni tutta casa e spesa. A volte, è un a donna frenetica altre no. È preoccupata per i figli, e pur non condividendo l’educazione paterna, troppo poco responsabile, non è sempre capace di imporsi e di farsi sentire. La sua caratteristica, a differenza di quella di Homer, è la sua capigliatura: un enorme casco blu che occupa quasi il quaranta per cento del suo corpo.
Bart, dieci anni, quarta elementare. Il suo nome è un anagramma del termine inglese BRAT che sta ad indicare monello, e grazie a ciò capiamo subito che Bart è ribelle, fannullone, dispettoso, litigioso; a scuola, racconta di incendi e disastri planetari che hanno bruciato i quaderni su cui aveva fatto i compiti.
SIMPOSN
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Adora ruttare, ovviamente nelle circostanze meno opportune, ama mostrare le sue mutande e altro soprattutto nelle occasioni ufficiali. Come tale risulta simpatico per la sua avversione nei confronti delle ingiustizie.
Lisa, ha otto anni e a sentirla parlare si resta di stucco: linguaggio forbito e puntualità nelle citazioni. Lisa è un’autentica rompiscatole, si rifugia nel suo sax, ma solo per poco, perché le battaglie pacifiste, democratiche e laiche la vedono sempre impegnata in prima fila.
Infine, la piccola Meggie, detta Mag. Ha tre anni e ancora non dice una parola, ma trascorre tutto il suo tempo a succhiare il ciuccio.
I Simpson sono certamente “la famiglia più strana d’America!
Matt Groening, disegnatore dei Simpson sostiene che i suoi personaggi sono nati come sperimento, con l’intento di realizzare un prodotto trasgressivo che fosse in grado di trasmettere messaggi di controcultura attraverso una serie che si è portati a non prendere sul serio.La gamma dei temi affrontati è vastissimo, dall’abbandono dei cani in estate al maltrattamento degli anziani, dall’uso delle armi da parte dei privati alle baby-gang, dalla polemica contro il sistema bipartitico americano all’omosessualità. Soffermandosi nella cronaca, il cartoon mette in scena l’America e le sue salde e radicate istituzioni.
Prima di tutto la, famiglia.
SIMPOSN
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Tra le quattro mura domestiche nascono, esplodono e si ricompongono conflitti. Homer cerca di adoperarsi per suo figlio, di fargli superare i momenti di crisi che scandiscono il percorso della sua crescita. Questa serie di cartoon si rivolge più precisamente ad un pubblico adulto, in quanto molte volte all’interno delle puntate, vengono usate espressioni sicuramente poco educative e formative.
L’insegnamento che questo cartone animato vuol far trasparire è che nessuno è perfetto, nessuno può essere preso a modello anche perché quasi tutti sono inadeguati a svolgere il proprio ruolo.
“I Simpson in conclusione non esistono per una precisa motivazione: essi sono lo specchio di noi e del nostro mondo”.
SIMPOSN
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SIMPOSN
Oggi, invece per i bambini più piccoli, sono stati creati cartoni più semplici e se vogliamo anche un po’ buffi; basti pensare ai protagonisti di questa seri: bambini, che hanno l’età di un anno e mezzo, massimo due; non sanno parlare, non sanno camminare, portano ancora il pannolone, ma esprimono benissimo le loro preferenze televisive.
Un prato, un sole che si trasforma nel volto splendido e ridente di un bebè; quattro bambinoni di stoffa che camminano incerti nel mondo con un’antenna sulla testa mentre raccontano piccole storie e avventure dell’infanzia.
Il panciuto televisore è sempre disponibile a illustrare concetti difficili, usando quasi la dolcezza della mamma e la pazienza di un’insegnante.
I Teletubbies sono stati ideati dall’insegnante Anna Wood che ha lavorato con un gruppo di pedagogisti.
Programmi e cartoon osservano la vita con gli occhi dei bambini da cui si fanno guardare. “Televisione e andamento lento che rivendica su di sè il compito di accompagnare i cuccioli dell’uomo nella crescita”, anche se, oggi, la televisione per lo più accusata di essere una “cattiva maestra”.
TELETUBBIES
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TELETUBBIES
Arrivati a questo punto bisogna accennare quale ruolo formativo ha la violenza nei cartoni animati, che è una “caratteristica” che mette in allarme gli adulti. Per capire meglio il tema possiamo fare riferimento all’Uomo Tigre, uno delle anime più violente che siano mai state trasmette in tv. Una serie lunga quasi un ventennio, iniziata negli anni sessanta e ancora oggi mandata in onda dalle piccole tv private. Lui è l’eroe che fa esplodere la testa del nemico semplicemente sfiorandola con le dita, scaraventa corpi per aria e sferra centinaia di calci e pugni, mentre il sangue schizza da tutte le parti sullo schermo. Anche perché lui è un wrestler e il nome deriva dal travestimento usato quando combatte.
Ritornato prepotentemente di moda, il wrestling ha dato vita a nuove forme spettacolari. I personaggi salgono sul ring, presentandosi come personaggi irreali, cartoonistici nell’uso delle maschere e nelle forme del corpo. I combattimenti sono al di sopra delle righe a tal punto da apparire naturali e realistici.
In questi tipi di racconti non si riesce più a contenere la violenza, a darle un significato, e quel che resta è la lotta fine a se stessa. Comunque, trascorsi 40 anni dalle prime storie dell’Uomo Tigre, le rappresentazioni della violenza sono diventate molto più blande, ma forse si tratta di un cambiamento più visivo che sostanziale. Basterebbe rivolgere lo sguardo ai recentissimi cartoni animati che hanno come tema i giochi di ruolo come le inedite storie di competizione di Yu-Gi-Oh!
“Se giochiamo col cuore nessuno ci fermerà”.
L’UOMO TIGRE
Non c’è impegno fisico, ma ciò che conta è la motivazione e l’impegno, due caratteristiche che, nelle sfide, vengono continuamente sollecitate a superare i propri limiti.
Ovviamente, non si può vincere se non ci si sottopone a duri ed efferati allenamenti. Ancora sangue, sudore e fatica per raggiungere i propri obiettivi, ricordando che si gioca solo per vincere. Come dice Yu-Gi-Oh:“un duellante impara più dalle proprie sconfitte che dalle proprie vittorie”.
Oggi, in conclusione, posso affermare con assoluta certezza che i nuovi cartoni animati, cambiati nel tratto del disegno, nei contenuti e nelle tecniche di produzione influenzano completamente il bambino nella sua vita quotidiana.
Non sono più semplici avventure o storie che insegnano a rispettare la natura, piuttosto sono storie che raccontano di continue sfide.
L’UOMO TIGRE
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L’UOMO TIGRE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN FORMATORE MULTIMEDIALE
RUOLO PEDAGOGICO DEI CARTONI ANIMATI
Elaborato di Dominelli Antonina
Tutor Prof. Ignazio Licciardi