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Il tema del viaggio nell’opera di Claudio Magris
1. INTRODUZIONE
Il viaggio appare nella letteratura fin dall’antichità. Il viaggio evolve con la letteratura e come tema letterario accompagna i lettori fin dalla loro infanzia nei libri di diversi generi. Anche la mia lettura si aggirava attorno ai libri ispirati al viaggio; per esempio, quelli di Jules Verne, le peripezie di Robinson Crusoe di Daniel Defoe o le Avventure di Huckleberry Finn. Tutte queste storie avventurose riportano in qualche senso tra l’altro anche il tema del viaggio. Durante i miei studi ho scoperto, direi inevitabilmente, l’opera di Claudio Magris, grande autore della letteratura italiana contemporanea. Sottolineo la parola inevitabilmente perché nel mondo intellettuale ed accademico i libri di Claudio Magris vengono consultate come una fonte importante della critica e della storia non soltanto letterarie. Magris mi ha attirato proprio per i numerosi viaggi descritti nei suoi libri, non soltanto i viaggi fisici, ma soprattutto quelli metafisici. Ho scoperto che il viaggio per quest’autore è un’entità significativa ed inseparabile dalla sua vita.
Nella mia tesi vorrei presentare la concezione del tema del viaggio nell’opera di quest’autore. Ho scelto due libri di generi diversi, il saggio L’Infinito viaggiare ed il romanzo Danubio, per dimostrare come un autore lavora con il tema del viaggio nei suoi testi, anche se sono di genere diverso. Il viaggio lo ispira tante volte a prendere il taccuino dove riporta spesso osservazioni che successivamente diventano saggi, articoli o romanzi. Attraversando le frontiere sia reali che quelle culturali, psicologiche o politiche, Magris raccoglie infiniti motivi che può utilizzare nella propria scrittura. Vorrei presentare anche il modo di lavorare dell’autore, ho approfittando della possibilità, scrivendo di un autore contemporaneo, di consultare immediatamente nelle interviste e nei diversi dialoghi quanto della sua vita si rispecchi anche nel suo scrivere.
La tesi inizia con i capitoli che rappresentano il tema del viaggio in generale e in diverse connotazioni o livelli di interpretazione, un capitolo si centra sulla problematica del viaggio e dell’identità. Seguirà il capitolo dedicato al lavoro e alla vita dello scrittore con un accenno particolare all’autore come viaggiatore instancabile.
L’altra parte della tesi viene dedicata all’analisi delle due opere. Nel capitolo successivo verrà analizzato concretamente il tema del viaggio nelle opere magrisiane. Ho intenzione di accennare alle tematiche principali che appaiono continuamente nei suoi scritti. Sono le tematiche che formano la sua propria poetica.
Le due opere, un libro saggistico ed un romanzo, dovranno rappresentare i due lati opposti del lavoro dello stesso autore. Io in questi due libri trovo i punti comuni che sono frequenti nei suoi testi e li verifico anche attraverso altre fonti. Tra l’altro vorrei confermare l’importanza del tema del viaggio in quest’autore.
Adesso segue la prima parte della tesi che serve ad aprire l’analisi più profonda nella seconda parte della tesi.
2. IL TEMA DEL VIAGGIO
Il tema del viaggio è vecchio come la letteratura stessa, basta ricordare le radici della letteratura europea in Grecia e l´esempio particolare dell’opera di Omero, la Odissea. Evidentemente l'erranza dell'uomo nel mondo era una delle tematiche più naturali per i primi autori.
Il viaggio assume attraverso i secoli diverse forme e significati dei quali vorrei trattare brevemente in questo capitolo. Questo paragrafo ha per lo scopo evidenziare come la letteratura europea presenta il tema del viaggio e come il viaggio viene interpretato da diversi autori in epoche diverse.
All'inizio occorre menzionare anche il viaggio dal punto di vista etimologico, la parola venne introdotta in italiano dal provenzale viatge, in francese antico veiage, evoluzione spontanea del latino viaticu(m) nel senso di “provvista necessaria per il viaggio” che era la cosa più importante di chi si metteva in viaggio, ed il significato del viaggio è “azione del muoversi per andare da un luogo a un altro.” Il termine viaggio ha diversi sinonimi: il cammino, il passaggio, il transito, il pellegrinaggio, e il concetto di viaggio si usa anche nel senso metaforico: la fine del viaggio (la morte), il cammino (il corso della vita), il passaggio (dal mondo dei vivi). Il primario significato del viaggio era un paradigma dell’esperienza autentica e diretta. L’esperienza nel senso di “conoscenza del mondo, della vita.” La radice della parola esperienza, il “per”, era interpretata come “«tentare», «mettere alla prova», «rischiare», connotazioni che persistono nella parola «pericolo».
Cominciando ad analizzare il tema del viaggio sorge una domanda particolare, che potrebbe spuntare durante tutta la presente tesi, cioè come il viaggio può influenzare la vita dell'individuo? Il vero è che nel senso stretto della parola si tratta dello spostamento fisico, al quale però si aggiungono altre qualità che suscitano qualche effetto sull’individuo. Vorrei accennare al senso sociologico ed anche a quello filosofico del viaggio, quando spostandosi l'uomo assume varie esperienze e conoscenze che arrichiscono la sua mente. Il viaggio non è soltanto una forma di divertimento, come viene spesso percepito oggi, ma è anche uno strumento dell'educazione e dello sviluppo intellettuale.
Il viaggio può avere effetti straordinari sull'individuo, lo spostamento e lo spaesamento possono modificare del tutto l’identità dell’uomo. Le influenze della rilocalizzazione culturale e sociale erano osservabili fin dall’inizio del fenomeno del viaggio nella letteratura. Questa influenza dello spostamento nello spazio è evidente in ogni epoca della storia umana. Le forme del viaggio che ho intenzione presentare adesso, servono per poter analizzare meglio i lavori magrisiani di cui vuole trattare la presente tesi.
Quando si pensa alla letteratura antica vengono in mente gli eroi che erano sottoposti a diversi viaggi per provare le loro proprie virtù e forze. Questi viaggi non erano compiuti volontariamente ma per la volontà degli dei. Tale viaggio aveva una struttura fissa, si trattava della partenza di un´eroe il quale era costretto a lasciare il proprio paese ed era sottoposto a diversi ostacoli attraverso i quali doveva assumere la saggezza o trovare un tesoro, come ad esempio il “vello d’oro” nella storia di Giasone e degli Argonauti. Alla fine c'era sempre il ritorno, nostoi , che doveva verificare la forza e la saggezza dell'eroe. Si può dire che questi viaggi letterari avevano una struttura fissa e circolare siccome presumevano sempre il ritorno, e questo concetto del viaggio rimase immutato per secoli.
Nel senso religioso il viaggio può rappresentare una forma di penitenza o di purificazione, che avrebbero avuto origini già nella storia della creazione del mondo e della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden. Nel Medioevo questo tipo di viaggio si trasforma in pellegrinaggio, quando il protagonista deve compiere un viaggio allo scopo di purificarsi o di beneficare altri, così dovevano essere perdonati tutti i peccati del pellegrino. La convinzione che il viaggio possa cambiare qualcosa nella vita si può notare anche nella letteratura moderna, i protagonisti moderni hanno la necessità di partire, di spostarsi, di viaggiare appunto per qualche spunto esistenziale, sia esterno che interno.
Un altro tipo di viaggio costringe Marco Polo e Rustichello da Pisa a scrivere il Milione, in cui si riflette la famosa esperienza del viaggio di Marco verso destinazioni sconosciute fino ai loro tempi. Quest'opera serve anche come uno straordinario modello della letteratura odeporica, sviluppatasi nei tempi successivi grazie a vari diari di viaggi di diversi autori, non sempre scrittori di professione. Questa forma letteraria è molto utile fino ad oggi per trasmettere ai lettori informazioni su destinazioni spesso irragiungibili fino ai loro tempi. In effetti il mercante è il nuovo tipo di viaggiatore, mescola la forma fiabesca con informazioni molto pragmatiche e storicamente patricolarmente interessanti anche dal punto di vista etnologico. Marco Polo ebbe successo proprio grazie alla collaborazione con uno scrittore esperto che diede forma letteraria alle sue memorie. Caudio Magris è uno degli eredi di questi autori odeporici, una parte della sua opera viene scritta praticamente nel taccuino che porta con sè durante i suoi infiniti viaggi. In Italia è perfino nato il Festival della letteratura di viaggio tenuto a Roma al quale ha partecipato anche Magris (anche, per esempio, con il suo amico Amos Oz ).
Ancora un altro elemento di viaggio entra in scena sin dalla letteratura del Medioevo, il nuovo protagonista, il cavaliere, viaggiatore solitario che gode di grandi privilegi nella società di quei tempi. Questo tipo di viaggiatore è sempre disposto a vivere nuove avventure, non resta mai in un luogo. A lui è familiare l’incanto dei boschi e della magia. La concezione del viaggio medievale rappresenta la sintesi della fede e dell'avventura militare. Gli autori cercavano di avvicinare la religione ai lettori attraverso racconti fantastici. In questi tempi nascono le famose storie di Lancilotto o dei Cavalieri della Tavola Rotonda.
Un’opera particolare ed unica del Medioevo e della letteratura del viaggio è senza dubbio La Divina Commedia di Dante. In quest’opera il tema del viaggio assume un ruolo importante accanto a quello della religione. Appunto il protagonista di quest’opera, il Dante stesso, si sottopone ad un viaggio. Si tratta di un viaggio metafisico influenzato dalla mitologia antica (Virgilio fa da guida a Dante che si è perso nel bosco dell'Inferno). Già dalla prima strofa si può sentire l’accenno al viaggio da percorrere: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smaritta.”
Dante viene considerato come uno scrittore che varca il confine tra il Medioevo ed il Rinascimento. La sua grande opera non tratta soltanto le tematiche religiose ma si può affermare che sviluppa anche il tema del viaggio filosofico nella letteratura, che influenza esplicitamente o implicitamente tanti scrittori fino ad oggi e Magris non è sicuramente un’eccezione. Infatti nella letteratura successiva appaiono diverse interpretazioni del percorso dall’inferno attraverso il Purgatorio al Paradiso. Il tema del passaggio tra l’Inferno e il Paradiso è onnipresente nella letteratura in diverse forme fino alla produzione letteraria contemporanea. Come in altre opere letterarie, anche qui si vede che il viaggio rappresenta grande una metafora della vita, dando agli autori strumenti per descriverla a perfezione.
Nuove scoperte e l’interesse dell’uomo per l’ignoto favoriscono lo sviluppo della letteratura filosofica la quale riflette sul ruolo dell’uomo nel mondo, soprattutto dopo la scoperta di Cristoforo Colombo, quando gli europei devono accettare il fatto di non essere gli unici sulla terra. Il sistema religioso e filosofico medievale deve adattarsi alla nuova situazione ed alla nuova struttura della concezione del mondo. Il concetto della curiositas, tanto oppressa nel Medioevo, diventa lo strumento principale di ogni viaggiatore e scrittore. Mentre il Medioevo considerava la curiositas come un peccato veniale il quale doveva condurre gli uomini ai valori materialistici e li allontanava dalla spiritualità (cioè l’unico mezzo per ottenere la speranza della salvezza), il Rinascimento dà alla curiosità la sua legittimità ed anzi la sacralizza. Dopo alcuni secoli il viaggio diventa lo strumento di arrichimento spirituale dell’uomo ed effettivamente viaggiando e conoscendo il mondo si arrichisce anche la letteratura.
Una particolare forma del viaggio è quella filosofica che deriva dall’idea che “il viaggio nello spazio sia un viaggio nel passato è una ricerca delle origini, della storia dei tempi precedenti l’ultimo inizio, i «giorni prima del diluvio».” Il viaggio filosofico è originariamente molto legato alla fonte della cultura occidentale che nasce in Egitto e più tardi si trasferisce anche in Grecia, Palestina o Roma. I filosofi studiarono le culture antiche per capire meglio le proprie radici, le origini dell’ordine culturale del quale si sentirono membri. Il fatto interessante è che gli antichi non consideravano interessanti le civiltà periferiche, quelle vengono considerate importanti soltanto in epoca rinascimentale. Il viaggio filosofico ha carattere storicizzante, tende di percepire il proprio tempo, la propria contemporaneità attraverso il passato, è praticamente un confronto tra il nuovo ed il vecchio. Ed è proprio questo il modo di lavorare di Claudio Magris, siccome lo scrittore spesso riflette sul passato e sulla storia in generale nei suoi saggi e romanzi. Le storie che narra, di solito, possono diventare lo strumento per la percezione del tempo moderno, l’uomo dovrebbe continuamente ricordare e mai dimenticare la storia e dovrebbe riflettere sulle conseguenze delle esperienze storiche (sia quelle politiche che sociali). Il viaggio filosofico ha il suo esempio particolare nella Commedia di Dante, il quale narra attraverso vari incontri con le persone delle diverse epoche, attraverso questi incontri Dante cerca di esprimere importanti concetti morali.
Nel Rinascimento, scoprendo la geografia ed il viaggio come modo di cogliere conoscenze scientifiche e culturali, nasce una nuova forma del viaggiatore. Si tratta di un individuo più moderno e più libero.
Dopo la liberalizzazione della morale nella società che avviene già nel Rinascimento e continua a liberarsi fino ai tempi moderni, gli scrittori cominciano a scoprire il fascino del viaggio e trovano ispirazione per i loro lavori. Per illustrazione si può ricordare Johann Wolfgang Goethe, noto per il suo viaggio in Italia. In effetti Goethe è considerato anche il fondatore della cosiddetta Weltliteratur cioè letteratura mondiale, lo stesso Magris ne tratta in uno dei suoi saggi (Il concetto di Weltliteratur in Goethe). Il concetto di Weltliteratur rispecchia le trasformazioni nella struttura delle società che fa nascere l’idea dell’universalità della letteratura. Questo è il contrario delle letterature nazionali, le letterature circolano tra le nazioni e si traducono in diverse lingue, le tematiche del Novecento diventano più cosmopolite. Nonostante molte diversità la letteratura mondiale è comprensibile in tutte le parti del mondo e dispone di caratteristiche comuni. Anche se i popoli sono diversi e parlano diversa lingua spesso nella letteratura si occupano di tematiche simili o anche uguali.
Nel Romanticismo il viaggio viene concepito come un fenomeno ormai molto diffuso, viaggiano gli studenti ma anche i loro professori, si varcano i confini e si dissolvono le conoscenze. Le conoscenze che poi vengono trasmesse nel mondo grazie all’educazione e ai libri. Per un uomo erudito è praticamente obbligatorio compiere almeno un viaggio di studio e si parla dell’epoca di cossiddetto “Grand Tour” di giovani studiosi europei. I viaggiatori moderni diventano acuti osservatori, e gli osservatori sono spesso quelli che mettono le proprie esperienze sulla carta. In età moderna il viaggio diventa azione volontaria e di piacere, non ha più le caratteristiche dei viaggi del passato, come quelle del viaggio del cimento e della sofferenza.
La letteratura moderna e contemporanea porta agli autori nuove problematiche da risolvere. Nella nuova situazione nazionale gli scrittori cominciano a riflettere sull’individuo ed il suo ruolo nella società moderna. Il viaggio negli ultimi secoli spesso diventa una fuga dell’individuo che desidera scoprire la propria umanità nel mondo tecnicizzatto e stressante.
“Il Novecento vede il viaggio come fuga che si evolve in erranza, in inquieto nomadismo, in mancanza di certezze, ma anche soprattutto di illusioni. L'arte esplora, però, anche nuovi orizzonti: in alternativa al nomadismo, all'inesauribile movimento nello spazio, inizia il viaggio nell'anima e nella memoria, negli spazi della coscienza e dell'identità o in alternativa si muove negli spazi minimi, spesso cittadini. La città è ostile, ma nell'impossibilità di altre scoperte geografiche, offre vicoli e sobborghi da osservare ed esplorare come labirintiche proiezioni della negatività del progresso.”
In questo senso Claudio Magris viene scelto come un esempio particolare dell’intellettuale moderno, autore della letteratura contemporanea. Per capire meglio le analisi dei romanzi e dei saggi dell’autore propongo adesso capitoli teoretici che si avvicinano al tema della presente tesi.
3. IL VIAGGIO E L´IDENTITÀ
Prima di affrontare l’analisi del pensiero e delle opere di Claudio Magris vorrei dedicare alcune righe alla problematica del viaggio e della sua influenza sull’identità dell’uomo. La problematica mi sembra importante per procedere preparati all’analisi delle opere concrete.
Siccome si può affermare che l’identità ha le sue radici nella società in cui essa si sviluppa e si determina, si può dire che cambiare paese o compiere qualsiasi spostamento comporti necessariamente qualche cambio dell’individuo. Il problema dell’uomo di adattarsi alle situazioni nuove porta diverse ispirazioni e idee agli scrittori fin dalle origini della letteratura. Proprio il fenomeno del viaggio aiuta gli scrittori ad orchestrare una storia dove sviluppano l’identità e la coplessità dell’anima del protagonista. Si può anche sostenere che l’identità nasce dal nulla e cresce soltanto attraverso i rapporti sociali. Da questo punto di vista l’autore ha uno strumento molto valido per la sua immaginazione. Basta solo un piccolo passo ed il protagonista è sottoposto a diverse situazioni e peripezie. In effetti il testo letterario in generale funziona così, c’è un protagonista ed un antagonista, e poi diversi personaggi aiutanti o destinatari. L’identità del personaggio e la categoria spaziotemporale sono i criteri più importanti per la stesura dell’opera letteraria. Tra queste categorie si sviluppa l’intera la vicenda che l’autore ha intenzione di raccontare.
Lo spostamento di un personaggio in un luogo diverso può comportare cambiamenti, lo scrittore ha a disposizione un’identità confrontata con i concetti nuovi. Occorre menzionare che questo strumento non è soltanto il frutto della fantasia dell’autore ma si tratta di un fenomeno osservabile anche realmente nella vita quotidiana.
“La trasformazione dell’individuo sociale nel viaggio, il diventare qualcun altro per mezzo del transito territoriale sono stereotipi letterari e fatti così comuni nell’esperienza [...] che non se ne parla nemmeno, e non si prendono sul serio come mutamenti «reali» del carattere.”
In realtà gli scrittori giocano con le identità dei loro protagonisti ed in effetti hanno due possibilità come orchestrare il destino del loro personaggio: può essere costretto a partire o la sua partenza è volontaria. Già da questo punto l’autore può immaginare e determinare un destino particolare. In sintesi, si possono individuare tre possibilità di come lavorare con l’identità del protagonista: o viaggia sotto un’identità nascosta, o con la vera e propria identità, ed infine addiritura sotto un’identità tutta inventata o addattata alla situazione particolare. La letteratura è ricca di simili esempi, famosi sono i giochi di Luigi Pirandello con i suoi personaggi. Lo illustra bene il personaggio del romanzo Il fu Mattia Pascal che riesce ad inventarsi tutta vita nuova: cambiando città cambia la propria vita, la propria identità. La problematica dell’identità del personaggio letterario può avere ancora altre forme e livelli.
Il costringere il protagonista ad un viaggio è uno degli strumenti più adoperati dagli scrittori, soprattutto nella letteratura moderna e contemporanea quando più che mai sono attuali le tematiche dello spaesamento, dell’emigrazione e dell’estraneità dell’uomo nella vita industriale e tecnicizzata.
4. L´OPERA DI CLAUDIO MAGRIS
Non a caso ho scelto per il tema del viaggio un autore contemporaneo, Claudio Magris (nato nel 1939 a Trieste), grande studioso della storia e cultura mitteleuropea che mira anche a orizzonti più vasti. Come si è notato, il tema del viaggio è presente incessantemente nella letteratura fino ad oggi in varie forme e generi. Se uno si vuole occupare dell’argomento del viaggio nella letteratura, scopre, quasi inevitabilmente, i titoli come L’infinito viaggiare, Microcosmi, Un altro mare o Danubio. Ed è vero che Claudio Magris è un rappresentante italiano del tema del viaggio per eccellenza. Magris elabora il tema del viaggio continuamente nella sua opera sia saggistica che narrativa.
L’autore esordisce con la pubblicazione della sua tesi Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna (1963), fin dagli inizi il suo interesse si concentra sulla cultura mitteleuropea cioè soprattutto sulla scrittura tedesca ed austriaca o sulla letteratura scritta in tedesco (si tratta ad esempio del caso della letteratura tedesca praghese rappresentata dall’opera di Franz Kafka). Magris è oggi indubbiamente considerato un vero esperto della cultura europea moderna. Ha compiuto diversi viaggi in Europa ma anche oltreoceano, spesso è ospite alle università straniere per tenere lezioni o conferenze. Il suo elenco di saggi e racconti è infinito come il suo continuo viaggiare. In effetti era ospite anche al Festival della letteratura di viaggio che è nato recentemente a Roma. Fino ad oggi Magris scrive elzeviri per Corriere della Sera, uno dei più grandi giornali italiani che collaborava con letterati come Dino Buzzati, Eugenio Montale o Natalia Ginzburg. Magris viene molto apprezzato nel mondo letterario, dei numerosi premi che ha ottenuto si può nominare, ad esempio, il più recente Premio Montale/Fuori di casa del 2011 per la saggistica:
“La Città di Sarzana conferisce a Claudio Magris, finissimo letterato di grande umanità e sensibilità, germanista e critico, saggista di vastissima e straordinaria cultura, acuto giornalista, geniale studioso di letteratura mitteleuropea, il Premio Eugenio Montal e- Fuori di Casa/Sconfinando per aver pienamente compreso il senso di quella che per Montale era la virtù più importante, "la decenza quotidiana" e averla messa in atto nella sua vita. Per averci insegnato cosa significhi veramente viaggiare: cogliere nelle cose e nelle persone i propri lineamenti, il proprio volto, perché la nostra vita non è mai soltanto nostra, ma è fatta di tutte le altre vite che in modo significativo si incontrano con la nostra.”
Tra altri prezzi riconosciuti si può notare il Premio Bagutta del 1987 per il Danubio, nel 1997 il Premio Strega per i Microcosmi, e nel 2007 ed anche dopo era favorito per il Premio Nobel per la letteratura. Inoltre è membro della giuria del Premio Nonino a Udine, nel gennaio 2013 si è svolta la sua 37esima edizione ed esso ha ormai gran rilievo nel mondo culturale italiano.
Uno dei fatti più significativi per un lettore dell’Europa centrale è che Magris si occupa di un ambito culturale molto vicino alla letteratura ceca, siccome l’obbietivo del suo studio è sempre stata la letteratura tedesca ed austriaca (il periodo di apprendistato lo passò all’Università di Freiburg in Svizzera), ma anche la letteratura scritta in tedesco soprattutto dagli scrittori ebrei di Praga e da scrittori dell’epoca austroungarica, strettamente legata alla cultura ceca. Così appaiono nelle sue riflessioni sulla letteratura nei vari saggi, pubblicati in diverse raccolte, nomi di scrittori come Robert Musil o Franz Kafka. Mi permetto di sostenere che Magris è forse uno dei pochi autori italiani interessati all’ambiente culturale mitteleuropeo in tal modo ed con tanta intensità. Con tutta la sua scrittura convince il lettore di possedere una profonda e vasta conoscenza della problematica letteraria e culturale moderna. Può sembrare che il suo modo di lotta contro la superficialità della cultura moderna lo conduce alla storicità e si rivolge sempre al passato. Solo chi trova il modo di leggere le sue riflessioni può capire come il suo pensiero varca i confini della storia e diventa al di fuori del tempo. L’autore a suo modo spiega e descrive il mondo contemporaneo confrontandolo col passato e con la storia culturale o politica, il che lo rende importante anche per i lettori futuri.
Nell’opera di Magris ricorrono tematiche che toccano la storia del ventesimo secolo, come la crisi dell’identità, lo spaesamento dell’uomo moderno, i cambiamenti nella civiltà, la perdita delle illusioni, della singola individualità, “la predita di un centro” ed il “progressivo distacco da un’identità sentita come claustrofobica.” Queste tematiche sembrano adesso, nel tempo dell’Unione Europea, più attuali che mai; quando crollano i confini e le lingue si mescolano inevitabilmente. La identità nazionale diventa molto fragile e perde lentamente significato, le nazioni vengono sottoposte a diversi cambiamenti che sono quasi involontari e allo stesso tempo possono essere inevitabili. In questo momento ci si può solo porre la domanda quanto c’è di positivo e di negativo in quest’epoca. Le tematiche di Magris hanno la radice naturale nel suo sviluppo intellettuale. La questione dell’identità avrà le radici nella natìa Trieste, città tra ovest ed est, che rappresenta una frontiera storica, culturale ed anche linguistica. Quello che lo circonda a Trieste diventa simbolo delle tematiche di cui si occupa: il mare, i confini, le diversità culturali, l’appartenenza ad una società, il luogo della partenza e del ritorno. Come nota anche il suo collega del Senato italiano Corrado Stajano :
“Claudio Magris, senatore della Repubblica, di Trieste, aveva un’autorità naturale in quella XII legislatura. Sempre in allarme, come tutti gli uomini di frontiera, aveva nei suoi modi qualche rigidezza militare che lo faceva assomigliare a un generale imperialregio, più che a un professore-scrittore, politico a termine, come anch’io ero. Aveva rapporti di buon vicinato con tutti quanti, gli uomini di nome e i galeotti travestiti, gli oligarchi della politica e gli infimi della terra – gli stessi che s’incontrano nel suo gran romanzo, ”Alla cieca” – sui quali possedeva un sicuro ascendente.”
Torino è un altro luogo dove vengono ambientate le sue storie, è la città dei suoi studi universitari e della sua laurea in Lingua e letteratura tedesca (con Leonello Vincenti ). Evidentemente Torino influenza molto il giovane appassionato di letteratura. Magris rimane a Torino alcuni anni per condurre i corsi di letteratura tedesca all’Università. Lo scrittore ne scrive nei suoi Microcosmi (1997):
“Non è un caso che la letteratura e la cultura tedesca siano state, in gran parte, scoperte e trasmesse all’Italia da Torino. La letteratura tedesca, con la sua simbiosi di poesia e filosofia, si è posta le più radicali domande sul destino dell’individuo nella modernità, sulla sua possibilità o impossibilità di realizzare pienamente se stesso [...] Torino – «la città moderna della penisola», secondo Gramsci – è stata un cuore di questa modernità e ha creato una cultura radicata nella politica ma non subordinata ad essa.”
La vita offre a Magris ancora diversi viaggi dai quali lo scrittore prende poi ispirazione per i suoi scritti. Necessariamente deve essere menzionata la città di Rijeka, in italiano Fiume (una città di confine fra l’Italia e la Jugoslavia, oggi fa parte della Croazia), la città da dove proviene sua moglie Marisa Madieri , è il luogo frequentemente notato nella narrativa dell’autore. Nelle descrizioni magrisiane, che sono molto soggettive, il paesaggio di Fiume e dintorni diventa quasi tangibile.
Le sue riflessioni sono dettagliatissime e molto acute, il suo sguardo è profondo, preciso ed originale. Attraverso i suoi racconti viene conosciuta dal pubblico, in sintesi, quasi tutta la storia moderna dell’Europa, ma anche della cultura italiana contemporanea. Magris è in contatto con tutto il mondo come scrittore-professore.
“È sempre pronto a partire, per una stazione, per un aeroporto. Deve andarsene, Rimbaud di confine, per tornare sempre, però, ”portandosi a casa il mondo”, nella sua amata città di cui conosce ciottoli, tetti, cortili, giardini e, soprattutto, il luogo sommo della comunità, il Caffè San Marco, una delle sue case-rifugio di cui in ”Microcosmi” ha raccontato passato e presente e ha fatto rinascere vita e miracoli di uomini e donne comparsi, in quasi un secolo ormai, in quel famoso Caffè che «assomiglia a una scacchiera e fra i suoi tavolini ci si muove come il cavallo, girando di continuo ad angolo retto e ritrovandosi spesso, come in un gioco dell’Oca, al punto di partenza».”
Magris, fin dall’inizio della sua produzione narrativa, ha difficoltà a rinunciare al suo stile saggistico. Infatti Magris non diventa mai puro scrittore di narrativa, il lato saggistico è sempre presente e forte nei suoi romanzi. Il suo lavoro attira attenzione nonostante la difficoltà dei suoi concetti e la complessità del suo pensiero. Però, insieme con Umberto Eco, Magris appartiene agli scrittori più noti della letteratura italiana contemporanea. Insomma i testi magrisiani non sono puramente narrativi, anzi, sono racconti difficili e pieni di riflessioni. Magris riesce ad essere molto critico rispetto alla società e alla politica moderna. In realtà proprio il fatto che lo scrittore si permette di usare alcuni caratteri saggistici nell’intreccio di romanzo, fa delle sue opere somme raccolte di fatti storici, culturali e letterari che vengono messi accanto alla finzione ed al mondo delle metafore. Alla fine Magris ha acquisito uno stile tutto suo che raccoglie in un equilibrio la storia e le la vita individuale dei protagonisti.
L’autore racconta la storia umana attraverso i viaggi sentimentali o attraverso i viaggi contro tempo. Un viaggio sentimentale per eccellenza viene considerato il capolavoro magrisiano, Danubio (1986), in nessun altro libro l’autore ha esemplificato la complessità del suo pensiero tanto particolare. Magris narra la sua visione dell’Europa danubiana considerandola un paese senza confini attraversato dall’unico fiume, dove cambiano non soltanto i paesaggi ma anche le culture, lingue e letterature, dove il fiume rappresenta un punto di unificazione. Danubio è una raccolta-diario richissima di personaggi ed avvenimenti gradualmente incontrati lungo il fiume magnifico che rappresenta un filo conduttore storico attraverso gli ultimi secoli. Questo è un esempio eccezionale del genere che oscilla tra il romanzo ed il saggio, tra il diario e l’autobiografia, tra la storia culturale ed il libro di viaggio, si potrebbe dire che in questo libro Magris ha scoperto una nuova forma del romanzo di formazione.
Il tema del viaggio si può trovare anche in un’altra raccolta di saggi del 1982 Itaca e oltre (il cui sottotitolo - I luoghi del ritorno e della fuga in un viaggio attraverso alcuni grandi temi della nostra cultura) dove Magris “insegue e analizza le due grandi, antitetiche direzioni del viaggio – essenziale, culturale e politico – contemporaneo: il ritorno e la fuga, la conquista e la dispersione dell’identità, la continuità e la metamorfosi dell’individuo.” I saggi costituiscono un’indagine tra i più grandi autori che ispirano ed influenzano Magris nelle sue proprie opere di narrativa: Italo Svevo, Robert Musil, Thomas Mann, Henrik Ibsen o Gustave Flaubert.
Nel 1984 sono stati pubblicati due volumi dell’autore: il saggistico L’anello di Clarisse (il libro si occupa delle tematiche della letteratura europea moderna, uno dei saggi è dedicato a Robert Musil da cui prende anche ispirazione per il titolo ) e la sua prima opera narrativa Illazioni su una sciabola, nelle quali si specchia e riflette il nichilismo onnipresente nella letteratura moderna. Questo nichilismo rimane presente, in diverse forme, in tutti i seguenti scritti magrisiani siccome il nichilismo è anche uno dei tratti tipici della letteratura moderna. Questo elemento della letteratura contemporanea si vede nei protagonisti magrisiani: in Caronte de Il Conde, in Enrico Mreule di Un altro viaggio o in Salvatore Cippico di Alla cieca.
Nei lavori successivi si individuano le tematiche del viaggio come una specie di fuga o di annientamento della vita. I protagonisti sono diversi fuggiaschi che per qualche motivo girano per il mondo e cambiano luoghi sia per annientare la propria identità sia per il motivo di spaesamento, di non avere una casa dove tornare. Qui Magris allude all’uomo moderno con la crisi dell’identità sociale e dello svuotamento, come accade in Un altro mare al protagonista Enrico Mreule che deve partire per riuscire a vivere persuaso e non avere inutili esigenze dalla propria vita. Tutto questo nichilismo nasce dal peso della società moderna e le sue esigenze nei confronti dell’uomo. Oggi la società determina ed identifica l’individuo, dà all’uomo un ruolo effettivamente prestabilito che lo può aggravare. Le storie dei romanzi dello scrittore trattano proprio tali problemi di individui, dove racconta di destini umani falliti; un’amica ed autrice di monografia su Claudio Magris, Ernestina Pellegrini, le ha denominate “biografie imperfette”.
Non sono soltanto le tematiche succitate alle quali l’autore ritorna nei suoi lavori, sono anche luoghi ed anche le figure della tradizione secolare della letteratura europea. S’era già accennato quali sono i posti predilletti di Magris, i suoi racconti sono spesso ambientati a Trieste e nei suoi dintorni, spesso ha un ruolo importante anche Torino, città degli studi dello scrittore triestino. Magris stesso si sofferma in Itaca e oltre sul problema del rapporto dello scrittore con i suoi luoghi prediletti:
“Che rapporto c’è fra chi scrive e i luoghi nei quali per lui si condensa l’immagine determinante del mondo, fra le sue parole, grandi o minime che siano, e la simmetria di certe vie, i colori di un autunno, il sapore di un cibo o l’odore delle alghe? Se occorre formulare questa domanda, se le pagine dello scrittore non l’hanno già detto prima, è inutile chiederglielo e attendere la sua risposta; se le sue pagine lo dicono, nel modo in cui rappresentano il gesto d’un personaggio o rievocano una sera, la domanda e la risposta sono altrettanto inutili e deludenti, oscillano facilmente tra una sofisticata elucubrazione intellettualistica e un patetico sentimentalismo.”
Nella narrativa magrisiana hanno un ruolo importante anche la mitologia e le figure mitologiche, che appaiono spesso esplicitamente, ma anche implicitamente nelle metafore: come per esempio il Caronte (appare come il rappresentante del passaggio alla sofferenza, alla morte) Caronte può essere espresso anche nella figura di un funzionario del Partito o nelle figure dei comandanti di lager, insomma Caronte può avere diverse raffigurazioni. Spesso appaiono anche le figure di Giasone, degli Argonati, di Medea e di Ulisse e Penelope. Magris usa queste figure come un atto di coscienza per evidenziare le possibili o presumibili analogie tra la storia e la contemporaneità, esse sono espresse nelle metafore per accennare diversi concetti, per esemplificare quell’analogia interiore dell’immaginazione magrisiana.
Oltre ai luoghi europei, Magris accosta i suoi personaggi alle costiere di Portogallo, Argentina o Australia. Tutte queste località hanno l’unico punto di riferimento: il mare. Infine l’ambiente più vasto e probabilmente anche il più importante della narrativa di Magris è il mare, che permette all’autore di esprimere le sue idee con bellissime metafore e funziona spesso come spunto per la riflessione. Il mare viene paragonato alla donna, presentato come metafora della fuga, come uno spazio senza confini e oppressioni, però anche come luogo ambiguo tra la libertà ed il pericolo. Lo conferma Magris stesso: “Il mare per me è indissociabile dall’eros, dall’amore della vita, dal senso dell’unità con la vita e con la sua drammaticità, perché il mare è anche naufragio è anche abbandono e così via.”
Il viaggio attraverso il mare non è soltanto una metafora, questo viaggio ha anche una rappresentazione reale nei romanzi magrisiani. Le scoperte d’oltreoceano ed i viaggi degli europei affascinano l’autore. Se si pensa alla storia, l’Europa attraverso il mare conquista il mondo ed acquisisce una posizione particolare rispetto alle civiltà scoperte. Non solo metaforicamente ma anche realmente il mare dà alla storia europea grandi vantaggi ma anche responsabilità. Grazie al mare avvengono tutte le scoperte di civiltà e paesi nuovi, ed esse suscitano diversi cambiamenti nella società europea, cambiamenti degli ultimi secoli che Magris osserva e presenta nei suoi tratti saggistici.
Si è detto che nei suoi romanzi appaiono figure della tradizione letteraria, cioè soprattutto della mitologia greca. Magris è famoso erede del grande patrimonio della letteratura italiana di cui è saggio conoscitore e commentatore, nei suoi lavori saggistici si possono notare anche accenni ai grandi scrittori del passato fino a quelli contemporanei, ad esempio gli autori provenienti dall’ambiente triestino Italo Svevo o Biagio Marin . Infatti Magris usa anche molti nomi della cultura contemporanea, soprattutto appaiono nomi di personaggi di Trieste, non soltanto letterati ma anche storici, come ad esempio Vittorio Vidali , antifascista e comunista italiano che viene ricordato alcune volte nei suoi testi, forse per il suo carattere ribelle che lo affascinava e per la sua moltiplicata identità – era conosciuto anche come comandante del 5° Reggimento Carlos Contreras, alias Jacopo Zender, alias Enea Sormenti. Ed è molto probabile che Magris si sia ispirato alle sue vicende anche per la stesura del romanzo Alla cieca dove in effetti appare il suo nome.
“Claudio Magris è l’uomo meno legato all’ideologia – alle ideologie – che abbia mai incontrato nella vita. È stato lui, non comunista, a commemorare, tra gli altri, Vittorio Vidali, l’11 novembre 1983, il giorno dei funerali, in piazza San Giacomo, il quartiere rosso di Trieste. [...] Claudio l’aveva conosciuto negli anni Settanta tramite una collega d’università e l’aveva visto abbastanza spesso al Caffè Tommaseo, che a quell’epoca era il luogo d’incontro dei comunisti di Trieste. Non poteva che essere attratto da una simile vita romanzesca. Ne aveva anche scritto con rispetto sul ”Corriere della Sera”, nel 1978, e Vidali gliene era stato grato.”
Le epoche più studiate da Magris risalgono all’epoca austro-ungarica ed al Novecento intellettuale di Joseph Roth, Franz Kafka e Robert Musil, quando la sua preferita letteratura mitteleuropea culmina. Spesso mira ai tempi della seconda guerra mondiale, caratteristica per lui è la “negazione della Storia”, presenta le storie meno conosciute e decisamente orribili. Magris tratta spesso fatti storici con la propria ottica critica, presentando la storia da un punto di vista nuovo e in connotazioni anche sorprendenti. Le sue descrizioni e conoscenze degli avvenimenti e della vita dei perseguitati sembrano gelidamente dettagliate. Lo sguardo magrisiano sulla storia è profondo ed acuto, qualche volta sembra che usi le descrizioni degli avvenimenti per far effetto o per sorprendere il lettore. Anche se si tratta di fatti veramente accaduti e da lui ricercati e studiati. Magris svela i fatti che nessun altro voleva ricordare, fatti che erano destinati a rimanere nascosti, ed egli li tira in ballo, cambia la contemporanea percezione degli avvenimenti degli ultimi secoli.
In questa aria intellettuale e nichilista viene scritto il romanzo-poema Alla cieca. Nel romanzo si accumulano pensieri e motivi che ricorrevano nei precedenti lavori, sia saggi che romanzi, di Magris. Le opere che possono essere considerate i predeccessori diretti sono quelli più nichilistici come Un altro mare ed Il Conde, però moltissimi riferimenti si trovano già nei diversi saggi e racconti, siccome Magris torna spesso alle sue tematiche preferite ed ai suoi luoghi prediletti.
Un altro libro che viene pubblicato nello stesso anno come Alla cieca è una raccolta di racconti con il titolo L’infinito viaggiare, questo libro è per il tema del viaggio probabilmente il più importante dell’opera magrisiana, per cui viene analizzato nella presente tesi. Si tratta di una specie di diario che lo scrittore scriveva durante i suoi viaggi, alcuni compiuti decenni fa, in diversi luoghi del mondo, però soprattutto in Europa. Proprio la prefazione di questo libro apparentemente modesto (si tratta di un volume abbastanza piccolo) mi ha attirato per scrivere una tesi sull’argomento del viaggio nella letteratura. Nella prefazione dell’autore stesso è rappresentato lo stretto legame tra la scrittura ed il viaggio o tra il viaggio e la ricerca dello scrittore. Magris stesso sostiene nella prefazione che la scrittura stessa è un viaggio e lo dimostra nel contenuto del suo libro. Il viaggio percepito come ricerca rappresenta il punto di partenza per tutto il libro (non si tratta di un semplice diario o guida). Il modo di stesura, il modo di pensare e di osservare fino in profondo, la capacità di ritrovare ragioni e pensieri più profondi, sedimentati sotto ogni realtà con cui l’autore viene a contatto, dimostra quella percezione che è propria di un vero viaggiatore. Siccome si tratta di un libro composto dai saggi scritti tra il 1981 e 2004, si potrebbe dire che si tratti anche un po’ di un libro della storia contemporanea, poiché c’è descritto il mondo nell’arco di due decenni come l’ha visto il saggista acuto e sensibile, ed in effetti riguarda i problemi del mondo contemporaneo (ad esempio la scissione della Cecoslovacchia ed il problema del nuovo nome del paese scisso di cui tratta il saggio scritto nel 1990).
Prima di osservare più dettagliamente il romanzo-saggio moderno Danubio di cui vuole trattare la presente tesi, è neccessario menzionare i Microcosmi che dopo il Danubio godono della più favorevole critica e vengono molto apprezzati (il Premio Strega del 1997). Nei Microcosmi Magris compie un altro viaggio, in questo caso nei ricordi dei posti conosciuti, però percepiti con uno sguardo nuovo con il quale rievoca il passato e lo confronta con il presente. Mi permetto di citare una delle critiche: ‘Magris torna ad osservare meticolosamente alcuni luoghi della sua vita, ne rintraccia meglio l’immagine, mostra grande attenzione per le cose, il piccolo, l’umile, il fuori mano.’ Lo scrittore porta il lettore nei luoghi prediletti che conosce meglio, ed in questi riesce meglio a riflettere sul rapporto tra il paesaggio ed i cambiamenti nel senso storico, sull’identità e la sua incertezza. Così, nel primo racconto Caffè San Marco, Magris offre una descrizione soggettiva del caffè, dove lo scrittore è di casa. Il racconto si avvia verso la storia quasi fiabesca di questo luogo che spiega al lettore il suo significato che aveva assunto fin dalla sua fondazione. Non è affatto una semplice rassegna di curiosità, anzi, si tratta di un’immagine complessa del mondo che l’autore conosce bene, non soltanto visualmente ma anche dal punto di vista letterario e storico. Magris offre al lettore un viaggio attraverso un secolo di tradizioni, paesaggi, cultura, personaggi e i loro cambiamenti inevitabili.
Dopo Alla cieca e L’infinito viaggiare segue per ora l’ultimo racconto Lei dunque capirà (2006), nel quale rivisita il mito di Orfeo ed Euridice e lo confronta con la modernità contemporanea. Insolito per la scrittura magrisiana è l’assegnazione di ruolo di protagonista alla figura femminile di Euridice.
“Attraverso le parole di una donna, Magris realizza un grande omaggio a questa figura femminile – e implicitamente alla femminilità tutta – è un canto d’amore e di nostalgia, intriso di ricordi felici e di dolore. [...] Dopo gli inferni e le scissioni dell’io di “Alla cieca” Magris ci regala in questo testo breve un canto appassionato e dolente, vivo e reale, capace d’introdursi sia nella quotidianità dell’esistenza che nella ricerca del suo senso ultimo, una ricerca che non approda a nessuna risposta sicura.”
Inoltre vengono pubblicate alcune interviste con Claudio Magris, ciò dimostra il significato di questo intellettuale nell’ambito della cultura italiana, ad esempio il recente Se non siamo innocenti (2008) di Marco Alloni e Intervista a Claudio Magris (2010) di Sergio Sozi. Bisogna anche menzionare la monografia su Claudio Magris elaborata in una scrittura dinamica e dialogica di Ernestina Pellegrini con il titolo simbolico Epica sull’acqua (1998, seconda edizione aggiornata esce nel 2003).
“A fondare la metafora della ricerca narrativa, drammaturgica o saggistica visibile nei testi di Magris, c'è il mare, l'acqua: l'elemento della vita per eccellenza, vorrei dire, della nascita e della rinascita, fosse pure dopo lo sperdimento che un’immersione nelle acque profonde, dove tutto si rimescola e viene messo in discussione, può provocare...”
In conclusione di questo capitolo vorrei menzionare che Magris come scrittore dei confini ha molto da dire al pubblico ceco e slovacco, perché spesso riguarda le problematiche che sono comuni sia per i rapporti italo-jugoslavi come quelli ceco-slovacchi. Infatti Magris include nella sua opera tratti che collegano il mondo italiano con quello slavo, oltre che quello tedesco ed ebreo, insomma di nuovo si conferma il carattere mitteleuropeo della sua opera la quale si avvicina all’ambito culturale ceco e slovacco.
4.1 CLAUDIO MAGRIS VIAGGIATORE
Questo capitolo riguarda il tema del viaggio nell’ottica magrisiana. Si è già notato che lo spunto e l’ispirazione per la presente tesi era la prefazione del libro L’infinito viaggiare in cui Magris esplicitamente esprime il suo punto di vista sul viaggio nella scrittura. Questo capitolo vuole presentare ed affermare il rilievo del viaggio nella letteratura e lo vuole dimostrare attraverso il pensiero dello scrittore triestino. A questo proposito non serve soltanto la nominata prefazione ma anche diversi articoli di Magris che riguardano l’argomento del viaggio.
All’inizio occorre presentare, in breve, L’infinito viaggiare (2005). L’autore raccoglie nel libro i racconti scritti durante diversi viaggi (compiuti dalla Spagna attraverso la Cina fino all’Australia). Come di solito, anche qui, l’autore rappresenta i fenomeni che lo colpiscono, sia la storia che la natura, grazie ai quali propone più che un semplice diario di viaggi. Il volume raccoglie decine di racconti vissuti e scritti dal 1981 al 2004. Il testo fa conoscere al lettore avvenimenti significativi – come ad esempio la situazione della Reppublica Ceca negli anni novanta di cui trattano i capitoli Un trattino fatale, Sul Ponte Carlo e Il paese senza nome. Di nuovo l’autore dimostra la sua abilità e la complessità intellettuale, sia come senatore sia come scrittore, e rimane sempre soprattutto un acuto e cosciente osservatore.
Lo scrittore Magris ha un carattere erratico, è sempre pronto per partire ed ovunque porta con sé un taccuino. Ora è neccesario rivolgersi a quello che aveva annotato sul viaggio e sulla scrittura l’autore stesso nella sua prefazione.
Il viaggio infatti ha diverse forme e questo provoca infinite possibilità di osservazioni. Fin dal primo paragone della prefazione stessa a una valigia va notato il senso dell’autore per il dettaglio.
”La prefazione è una specie di valigia, un necéssaire, e quest’ultimo fa parte del viaggio; alla partenza, quando ci si mette dentro poche cose prevedibilmente indispensabili, dimenticando sempre qualcosa d’essenziale; durante il cammino, quando si raccoglie ciò che si vuole portare a casa; al ritorno, quando si apre il bagaglio e non si trovano le cose che erano sembrate più importanti, mentre salatno fuori oggetti che non ci si ricorda di aver messo dentro. Così accade con la scrittura.“
Magris organizza diversi punti di riflessione dividendoli nei paragrafi numerati. Un po’ d’ironia si nota quando l’autore accomuna il viaggio alla morte, con la quale finisce lo status del viaggiatore: “[...] come ben sapevano Baudelaire e Gadda, ma (il viaggio, nda) è anche un differire la morte; rimandare il più possibile l’arrivo, l’incontro con l’essenziale, come la prefazione differisce la vera e propria lettura, il momento del bilancio definitivo e del giudizio.”
Il viaggio è anche come persuasione, come lo scrittore ha osservato nel lavoro di Carlo Michelstaedter e poi ha elaborato questo concetto nel romanzo Un altro mare con il protagonista Enrico Mreule. La persuasione significa “il possesso del presente della propria vita, la capacità vivere l’attimo, ogni attimo e non solo quelli privilegiati ed eccezionali, [...], senza considerarlo semplicemente un momento da far passare presto per raggiungere qualcosa d’altro.” Nel viaggiare la persuasione significa che il viaggiatore è disponibile a diverse deviazioni, soste o digressioni, senza preoccuparsi dell’itinerario, perché così diventerebbe la vittima dei doveri (cioè di una forza esterna e come tale involontaria) e del futuro (cioè annientamento del presente nei proggetti e nei programmi da realizzare). Nel viaggio si riconosce anche la propria identità, viaggiando nei paesi ignoti fra la gente ignota uno diventa “Nessuno”. In quel momento l’individuo capisce che cosa significa avere un luogo amato il quale fa dell’individuo “Qualcuno”, dove l’uno sente di sapere chi è. Magris sottolinea quest’idea con le parole di don Chisciotte: “qui io so chi sono”.
Il viaggio, proseguendo nella prefazione, è anche un’odissea ovvero il viaggio attraverso la vita con tutti i suoi ostacoli che esso le pone. L’odissea come un’esperienza che sviluppa le forze umane o le disgrega. Il viaggio omerico conduce verso la casa, verso la patria, ne è incluso il concetto del ritorno. Come dice Magris:
“[...] si parte da casa, si attraversa il mondo e si ritorna a casa, anche se a una casa molto diversa da quella lasciata, perché ha acquistato significato grazie alla partenza, alla scissione originaria. Ulisse torna a Itaca, ma Itaca non sarebbe tale se egli non l’avesse abbandonata [...] per poterla ritrovare con maggiore autenticità.”
Magris sostiene che il romanzo di formazione (Bildungsroman), il quale si pone la domanda della modernità e dell’identità individuale nella società, è “pure un romanzo di peregrinazione, di viaggio.” Questo viaggio scopre la labilità dell’uomo moderno e la tendenza di scambiare il viaggio per la fuga, ciò non sorprende nella precarietà del mondo moderno. Da quest’affermazione risulta che il viaggio è preso dal punto di vista nietzscheiano, come osserva Magris nell’opera di Robert Musil da cui è molto influenzato; lì il viaggio diviene un cammino senza ritorno, che procede sempre avanti, nel continuo cercare, è insomma il viaggio nel senso lineare. Magris è un viaggiatore in mezzo a questi concetti e quindi cerca di non disperdersi, cerca di portarsi la vita intera dietro e non perdere la scia che lo dovrebbe una volta ricondurre verso la casa.
“Oggi più che mai vivere significa viaggiare; la condizione spirituale dell’uomo come viaggiatore, di cui parla la teologia, è anche una situazione concreta per masse sempre più vaste di persone. Sempre più incerto, nelle vertiginose trasformazioni del vivere, appare il ritorno – materiale e sentimentale – a se stessi; l’Ulisse odierno non assomiglia a quello omerico o joyciano, che alla fine ritorna a casa, bensì piuttosto a quello dantesco che si perde nell’illimitato o a quello del Li-sao di Chü Jüan, una peripezia ulissiaca cinese, che alla fine vede dall’alto il suo villaggio ma non può tornarvi.”
Un altro lato importante del viaggio sono le frontiere le quali bisogna passare – politiche, linguistiche, sociali, culturali o psicologiche. Le frontiere devono esistere, però non dovrebbero essere rigide e pericolose per non causare perfino la morte (come succedeva spesso nella Storia). Il tema delle frontiere è molto forte nel lavoro dell’autore, il quale come uomo della frontiera italo-jugoslava ne sente grande influenza nella propria vita e nella mentalità triestina.
Il viaggiare è la scoperta dell’ignoto, ma non sempre, come dimostra Magris quando ricorda la Trieste divisa in parte italiana e jugoslava dove passeggiava per zone che poi vennero annesse alla Jugoslavia e non le vide per molti anni, e quando ci è ritornato dopo quel lungo periodo “è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto.” Cioè quei luoghi da anni non appartenevano più alla sua realtà e li ha riscoperti come se fossero nuovi.
L’altro paragrafo della prefazione inizia con la domanda: “Richiamo del noto o dell’ignoto?” Viaggiando l’individuo si tuffa sicuramente nell’ignoto, nella realtà sconosciuta, però attentamente percepita attraverso il noto di questo viaggiatore. Il viaggio è un confronto con il caos del mondo ed una percezione più acuta di questo disordine e della brutalità. È un processo durante il quale possono cadere le certezze ed i valori, si scoprono altri tratti del reale. La seguente citazione dovrebbe essere ricordata anche nel capitolo che riguarda l’analisi del tema del viaggio in Alla cieca siccome si tratta effetivamente della descrizione del processo applicato nella stesura del romanzo: “Viaggiare significa fare i conti con la realtà ma anche con le sue alternative, con i suoi vuoti; con la Storia e con un’altra storia o con altre storie da essa impedite o rimosse, ma non del tutto cancellate.”
Infatti, è proprio quello che fa Magris nella sua opera, praticamente sempre si tratta di un’osservazione ed analisi plurimi. Magris scopre diversi strati del reale e possibilità che esistevano ma erano rimaste dimenticate. Magris va oltre il noto, oltre la Storia comunemente accettata. Se non si interessasse dei luoghi e dei personaggi concreti il suo studio non sarebbe tanto preciso e profondo. Per questo motivo ognitanto sembra che i suoi lavori trattino spesso un tema unico o simile.
Magris nota anche quello che sanno tutti gli studiosi: “Fin dall’Odissea, viaggio e letteratura appaiono strettamente legati; un’analoga esplorazione, decostruzione e ricognizione del mondo e dell’io.” Punto nodale è di riconoscere la differenza tra il viaggiare e lo scrivere di viaggio, scegliere tra la realtà e la finzione: “Forse la narrativa più autentica è quella che racconta non attraverso invenzione e finzione, bensì attraverso la presa diretta dei fatti, delle cose [...]”
Nell’opera di Magris è evidente che il viaggio nello spazio è anche viaggio nel tempo o contro il tempo, come lo dimostrano le sue opere Danubio, Itaca e oltre, L’anello di Clarisse o Microcosmi. Magris passa attraverso le epoche diverse che s’intrecciano in un luogo, osserva i mutamenti e lo sviluppo del luogo. Non osserva soltanto il paesaggio, le città o l’architettura ma anche la società, le abitudini, le passioni, le fedi e le bandiere. Il viaggio è anche “architettura” del paesaggio, il viaggiatore scava altri strati della realtà e legge nuovi segni, nuove storie possibili.
Nella prefazione appare l’idea che il viaggiare sia immorale, come sosteneva Weininger , siccome il viaggiatore non è coinvolto a fondo nella realtà che attraversa. Però, come sostiene Magris: “Il viaggio è anche una benevole noia, una protettrice insignificanza.” Un po’ come il viaggiare d’oggi con l’unico scopo di allontanarsi dai problemi quotidiani. Qualche volta è conveniente essere soltanto nel ruolo dell’osservatore indipendente dalla realtà che lo circonda.
“L’avventura più rischiosa, difficile e seducente si svolge a casa; è là che si gioca la vita, la capacità o incapacità di amare e di costruire, di avere e dare felicità, di crescere con coraggio o rattrappirsi nella paura; è là che ci si mette a rischio.”
Magris vede nel viaggio un’altra “immoralità”: la chiusura dinanzi alla diversità del mondo. Si rivolge al carattere di un viaggiatore che viaggia sulla carta, che vuole “navigare fra una poltrona e una biblioteca” e non percepisce tanto la realtà che lo circonda. Non si scrive del viaggio solo per narrarlo ma anche per scoprire la direzione in cui ci si sta muovendo.
Il mondo dello scrittore-viaggiatore è composto dai luoghi che gli parlano e quelli che gli tacciono, è sempre un incontro rischioso ed avventuroso. Non sempre il luogo svela il suo segreto al viaggiatore, per colpa della sua superbia o ignoranza. Ci sono addirittura luoghi che affascinano ed attirano perché sembrano familiari o all’opposto sono del tutto diversi. Il viaggiatore può provare il sentimento del conoscere o del riconoscere un posto. Anche la riscoperta di un posto già noto può essere un’affascinante avventura: “il viaggio più affascinante è il ritorno, un’odissea, e i luoghi del percorso consueto, i microcosmi quotidiani attraversati da tanti anni, sono una sfida ulissiaca.”
Il risultato della comunicazione tra lo scrittore ed i luoghi visitati e vissuti da lui è la pubblicazione dei suoi scritti, in cui il lettore può seguire i posti i quali hanno lasciato qualche traccia nella mente dell’autore.
“Prendo solo pochi appunti pratici. Segno nomi di strade, di citofoni, la macchia nera sul legno, i nomi delle marche di birra. Poi lascio decantare. Quando torno a scriverne, tempo dopo, è come in un trasloco: ti accorgi che alcune cose sono andate perdute, mentre ne saltano fuori altre di cui non ti eri neanche accorto, che non ricordavi più.”
Nel caso di Magris il viaggio serve anche alla conoscenza della storia, le pagine di viaggio, i diari che mantiene Magris, contribuiscono alla ricostruzione del passato. Aiuta a capire le circostanze, perché nelle sue note non appaiono soltanto i fatti ma anche possibili storie mai avvenute. Però anche queste possibilità sono importanti per conoscere più precisamente una generazione o un’epoca storica.
Magris ammette, e dunque è anche evidente dal contenuto de L’infinito viaggiare, che certi motivi, episodi e figure dei suoi romanzi hanno origine o radici nei racconti di quel libro. Le idee e le ispirazioni “sono nati da un primo spunto registrato in queste pagine, da una rivelazione, da un destino balenati quasi per caso e annotati nel taccuino di viaggio.”
Negli ultimi anni l’opera di Claudio Magris è diventata protagonista di varie occasioni letterarie come Festival della letteratura di viaggio a Roma o recentemente il Mittelfest in Friuli - Venezia Giulia tenutosi ultimamente in luglio 2013.
5. L’INFINITO VIAGGIARE – STRUTTURA E TRAMA
L’infinito viaggiare è il libro che mi ha ispirato a studiare il tema del viaggio nella letteratura ed ha influenzato anche la mia scelta dell’argomento per la presente tesi. Nel seguente paragrafo voglio presentare questa piccola opera di un valore eccezionale nel senso letterario ed intellettuale. Scrivendo questa tesi ho scoperto che una traccia di questo piccolo volume è diventata anche il tema delle maturità 2013 in Italia, secondo gli articoli o alcune discussioni sull’internet si poteva leggere la delusione dei giovani che non conoscevano quest’autore e molti lo ritenevano troppo difficile da analizzare alla loro maturità. Anche se gli studenti ammettevano che era un tema interessante, sempre quest’autore per loro rimaneva solo uno scrittore sconosciuto che non rientrava nel loro programma.
L’edizione originale di quest’opera è stata pubblicata in francese nella traduzione di Francois Brun nel 2002 nella raccolta “Voyager avec” diretta da Maurice Nadeau , e solo nel 2005 con asistenza di Renata Colorni esce in versione italiana accresciuta di nuovi capitoli (la Cina, l´Iran, il Vietnam) e con alcune modificazioni. La pubblicazione contiene numerosi saggi riguardanti diverse parti del mondo, dalla Spagna al Vietnam, dalla Germania all´Australia. Alla fine di ogni saggio non manca la data precisa della scrittura, i saggi vengono scritti tra il 1981 e 2004. Questo modo di lavoro con il taccuino si puó scoprire anche nel romanzo Danubio pubblicato nel 1986, che viene analizzato in uno dei capitoli successivi.
Mi ha particolarmente interessato l’inizio del libro, più precisamente la sua prefazione, affascinante saggio sul viaggiare, scritto dall’autore stesso, in cui viene trattato il significato del viaggio in relazione con la letteratura. Il lettore ha la possiblità di scoprire lo stile del lavoro dello scrittore, Magris riesce a spiegarsi in modo molto soggettivo ed allo stesso tempo comprensibile. Lo spiega anche la citazione dell’autore:
“Certi motivi, episodi e figure, talora perfino la prima intuizione o l’idea centrale e generatrice di un libro – di Danubio, di Un altro mare, di Microcosmi, del Conde – sono nati da un primo spunto registrato in queste pagine, da una rivelazione, da un destino balenati quasi per caso e annotati nel taccuino del viaggio.”
La prefazione è suddivisa in paragrafi numerati che rappresentano varie riflessioni di Magris sul tema del viaggio. Ammetto che questa parte del libro mi è servita in maniera significativa per la stesura del capitolo che vuole trattare il tema del viaggio percepito dal punto di vista magrisiano. Nel volume qui presentato Magris pubblica i testi sui fatti che l’hanno colpito durante i suoi viaggi in Europa ed anche fuori dal vecchio continente, in Cina o in Australia. L’autore cerca di spiegare se si tratta di un viaggio circolare nel senso tradizionale o di un viaggio rettilineo, nietzscheano:
“L’Io delle pagine che seguono cammina talora, anzi spesso, sull’orlo di questa dissoluzione, guarda la scia della sua vita disperdersidietro di lui, ma è un guerrigliero che cerca di resistere a quella dispersione e di portarsi dietro – fedele a tutto, nonostante tutto – la vita intera, come una tartaruga che viaggia insieme alla sua casa.”
Nella prefazione non mancano accenni alle tematiche predilette di Magris come soprattutto il mare, l’elemento onnipresente nella sua scrittura. Appaiono anche delle riflessioni sull’identità, sull’estraneità dell’individuo, sulla partenza e sul ritorno come atto di presa di coscienza e di saggezza. Non mancano concetti come l’odissea, il cammino, le frontiere, il viaggio come metafora della vita ed anche della morte.
“Ogni odissea pone l’interrogativo sulla possibilità di attraversare il mondo facendone reale esperienza e formando così la propria personalità; la domanda se Ulisse – specie quello moderno – alla fine torni a casa confermato, nonostante le più tragiche e assurde peripezie, nella propria identità e avendo trovato o ribadito un senso dell’esistenza , oppure se egli perda per strada se stesso e il significato della sua vita, disgregandosi anziché costruirsi nel suo cammino.”
Se ho scritto che è un’opera di valore storico, è perché riassume i saggi di Claudio Magris scritti nell’arco di ventitrè anni, si è già notato che si tratta precisamente del periodo dal 1981 al 2004. Il viaggio comincia nell’Europa del sud per finire addirittura agli antipodi. Che ci abbia trovato l’ispirazione anche per il suo romanzo Alla cieca è evidente poiché rimanda a tematiche, personaggi e luoghi che poi appaiono in questo romanzo. In effetti Alla cieca e L’Infinito viaggiare sono stati pubblicati nello stesso anno 2005.
Dopo la preziosa prefazione, il libro si apre con delle immagini soggettive della Spagna alle quali si annodano diverse riflessioni sulla letteratura cervantesca e sulla storia letteraria in generale. Don Chisciotte è scelto per iniziare questo volume forse proprio perché, come dice Magris stesso, egli è il primo rappresentante del viaggiatore moderno: “[...] una figura esemplare dell’individuo moderno errante in un mondo abbandonato dai significati e dai valori, [...]” Uno dei primi saggi che appaiono nel libro (il volume non è organizzato cronologicamente), scritto nel 1989 a Madrid, inizia con un’immagine tranquilla della città spagnola, durante una domenica pomeriggio, che serve solo come lo sfondo per le riflessioni sulla situazione europea di quegli anni. In questo saggio si può osservare la capacità dell’autore di esprimere in poche pagine tutta la malinconia del mondo.
Magris, scrittore e nello stesso tempo viaggiatore, viaggiando scopre spesso l’ironia e l’ambiguità del mondo. Ad esempio quando descrive un posto che in traduzione dallo spagnolo vuol dire “il mentitoio” (che è anche il titolo del racconto omonimo), cioè il posto dove la menzogna è di casa:
“Per franca ammissione generale, formalizzata addirittura nell’insegna, la conversazione, l’intrattenimento e soprattutto la trattativa e la discussione sociale sono identificate con la menzogna (mentira) e il sacrario in cui si svolgono i riti socio-culturali è per definizione il luogo in cui si va a mentire.”
L’autore prosegue con le descrizioni delle piccole scene quotidiane che davano al viaggiatore spunto per diverse riflessioni. Non si può non vedere che Magris è un attento osservatore del mondo, e molto percettivo ed analitico al riguardo della situazione sociale e politica, il che si riflette anche nei suoi saggi. Ma è soprattutto capace di affiancare i fatti contemporanei a quegli storici, quando camminando per le vie di Spagna introduce il lettore nell’epoca della guerra civile spagnola: “La Spagna, con la sua guerra civile, è stata un simbolo delle grandi contrapposizioni ideologiche, di scelte politiche – fondate su ideali vissuti come valori assoluti, su visioni globali del mondo, sulla lotta fra il bene e il male.”
Un altro capitolo si avvicina al tema prediletto dell’autore – il mare – dove egli parla delle isole Canarie, ma anche della loro letteratura che è tutta pervasa dal senso del mare. Simpatica è la seguente osservazione linguistica di Magris: “Il mare, in spagnolo, è maschile, come in italiano, ma la gente della costa che ha a che fare concretamente, fisicamente con lui, lo chiama “la mar”, al femminile.” Questo tipo di eccezionalità si trova spesso nei testi magrisiani, è uno degli esempi del suo straordinario senso del dettaglio nonché della sua sensibilità linguistica. Sempre nello stesso capitolo, lo scrittore descrive la sua maniera di viaggiare, cioè che egli porta sempre con sé in viaggio qualche libro che tratti del paese che visita, però mai una guida turistica. Magris grazie alla letteratura forma il suo sguardo personale; lo studio profondo del paesaggio anche attraverso i libri arrichisce la sua immaginazione che successivamente trasmette nel suo lavoro. In effetti il suo lavoro si potrebbe caratterizzare come un continuo dialogo con la letteratura e con la storia.
In questo capitolo appare anche un’altra delle tematiche ricorrenti di Magris, ed è, in questo caso, il tema dell’incerta e scomposta identità di frontiera. Le Canarie, che sono isole europee, lo ispirano a studiare le influenze di varie nazioni che passavano durante i secoli per quel posto favoloso vicino all’Africa. Non sarebbe Magris se non paragonasse il caso delle Canarie al problema dell’Europa divisa in parte occidentale ed orientale dal fiume Danubio, di cui l’autore triestino parla nel suo capolavoro omonimo. Come il fiume, qui nelle Canarie funziona il mare che allontana una cultura dal resto della cultura europea oppure ne costituisce la frontiera naturale, però Magris osserva che la letteratura canariana è molto aperta verso quella europea, ed è anche molto legata all’Europa continentale.
Dopo l’accoglienza dell’ambiente dell’isola Magris porta il lettore nel caldo di una classe universitaria a Londra con un capitolo dedicato allo suo studio d’inglese lì ed a Oxford. Un capitolo stravagante e piacevole che paragona la vita scolastica alla lotta quotidiana in cui tutti sono uniti. In questo saggio autobiografico Magris mostra sorprendentemente una sua faccia simpatica da giovane studente anche in età abbastanza matura: “Ci sono poi anche i malintesi: nella descrizione dei preparativi di un party, sbaglio, perché la giusta risposta relativa alle bevande opportune non era un frizzantino bianco, come suggerivo io, bensì Coca-Cola.”
A parte questa scuola d’inglese, pare che Magris in Inghilterra abbia compiuto un vero viaggio di formazione durante il quale descrive nel suo taccuino luoghi generalmente visitati da turisti di tutto il mondo, descrive le celle sotterranee dove si nascondeva Churchill, poi Canterbury ed alla fine Westminster, però col suo solito sguardo originale che scopre sempre qualche assurdità.
Dopo la lezione d’inglese lo scrittore prosegue nel capitolo Isole Fortunate, dedicato alle Scilly, con altre esperienze, inizia con la descrizione idillica della vegetazione per arrivare al tema della morte che è onnipresente, anche nei luoghi come questo. In questo capitolo appare anche una delle riflessioni dedicate al mare, anche se questa volta al mare del nord, in Cornovaglia.
Dopo l’Inghilterra il viaggio continua in un altro paese, la Germania, di cui tratta il saggio del 1981. La via prussiana alla pace parla della Germania degli anni ’80 che cerca di risolvere il problema della scissione, della divisione in est ed ovest. È il primo saggio che tocca attualmente il tema dell’epoca in cui l’autore si esprime direttamente sulla situazione politica. Anche il seguente capitolo si occupa del tema tedesco, più precisamente prussiano, appunto, parla del termine “prussien” che aveva assunto il senso negativo durante la storia tedesca.
La raccolta prosegue anche con altri capitoli che trattano ancora il tema politico del muro di Berlino, il tema dell’unità tedesca, ma toccano perfino anche il campo dell’ecologia. L’itinerario tedesco passa tra la Prussia e la Bavaria.
Poi lo scrittore continua con un affascinante racconto sui re degli Absburgo e soprattutto sull’infermità mentale di Ludwig di Baviera nel capitolo intitolato I castelli in aria di Ludwig, dove l’autore descrive con passione la vita eccezionale di questo personaggio.
Con il paragrafo successivo il lettore si avvicina al mondo slavo. Il saggio è dedicato alla minoranza sorba in Germania, nella parte chiamata Lussazia che si trova al confine con i cechi ed i polacchi. L’autore, interessato al tema della frontiera e dell’identità, non può che soffermarsi in un posto così particolare che potrebbe ricordargli la situazione di Trieste del dopoguerra. Anche qui avviene un incontro tra il mondo occidentale ed il mondo slavo. In questo posto particolare l’autore osserva la letteratura e la cultura sorbe:
“I Sorbi – gli indiani della Germania, come li definiva lo scrittore Mato Kosys . hanno una ricca letteratura, che assomiglia a un paesaggio nel quale si sono stratificati e fusi nella terra memorie secolari, retaggi arcaici di migrazioni arrivate d’ogni parte e svanite, miti remoti e popoli cancellati dalla violenza e dai fasti della storia, in un lungo respiro, pigro e lento come lo scorrere dei grandi fiumi nelle pianure, cantati nella loro letteratura.”
L’itinerario dell’autore procede di nuovo verso il mondo occidentale, verso l’Austria e la Vienna che l’affascina per la sua storia asburgica. Magris si trovava per un periodo, nel 1985, a Vienna e probabilmente ci svolgeva diversi studi per la stesura del suo capolavoro Danubio che è stato pubblicato un anno dopo. Nei capitoli austriaci vengono presentate esperienze autobiografiche oppure i personaggi come Arnold Schönberg, grande compositore austriaco, emigrato durante la guerra mondiale in America. Con la figura di Schönberg l’autore presenta un’altra delle sue tematiche preferite, cioè il mondo degli ebrei con la sua mitica grandezza e la sua tragedia.
Dopo l’Austria il racconto prosegue con la storia e cultura croata di Zagabria e Pola in Istria. A Pola Magris tocca ancora una delle tematiche riccorenti nella sua opera, si tratta delle relazioni italo-jugoslave durante il fascismo ed il socialismo: “Gli errori e le colpe dell’Italia fascista e anche i pregiudizi antislavi precedenti il fascismo sono stati pagati sulla propria pelle da quella gente che ha perso tutto e si è trovata nell’occhio del ciclone quando gli slavi, oppressi dal fascismo, hanno avuto la loro riscossa.”
Tra i più importanti capitoli va menzionata la Primavera istriana la quale narra, tra l’altro, anche dei fatti di Goli Otok, isola che ha un ruolo principale anche in Alla cieca. Ne L’infinito viaggiare è interessante una nota sul romanzo Martin Muma dello scrittore croato Ligio Zanini: “proibito per anni, che narra la storia dei Lager di Goli Otok, l’isola in cui furono deportati i comunisti ortodossi che, come Zanini, nel ’48 non vollero seguire Tito nel suo grande strappo con Stalin.” Questi sono i fatti che attirano Magris e lo costringono a narrare. L’autore torna più volte a quest’esperienza storica, come si vede anche in un’ intervista di Corriere della Sera:
“È una storia che mi ha ossessionato per tanti anni, sulla quale ho scritto un libro, il romanzo Alla cieca; dopo essere stata a lungo rimossa e taciuta, questa vicenda è riemersa alla consapevolezza, ha dato origine a molte indagini storiche ed elaborazioni memorialistiche ed è stata resa nota [...]”
Nei capitoli seguenti Magris introduce il lettore nel mondo delle minoranze slave collocate nella Croazia contemporanea, descrivendo le loro abitudini e confrontando la loro situazione culturale e sociale oggi e nel passato.
Dopo i capitoli piutosto linguistici e antropoligico-storici il lettore si recca in un mondo diverso, forse anche inaspettato in un libro di un autore italiano, però nel caso di Magris, attento osservatore e viaggiatore non c’è da stupirsi. L’itinerario continua con il saggio Il trattino fatale che riguarda il problema di Bratislava postrivoluzionaria, nella Slovacchia del 1990.
Il viaggio si sposta poi a Praga, città che interessa molto il viaggiatore Magris, il quale quasi in ogni situazione è pronto a citare lo scrittore Kafka. Per un autore ossessionato dall’acqua è naturale che descrive la dominante di Praga: la Moldava ed il Ponte Carlo. Per motivi della presenza storica degli autori ebrei che scrissero in tedesco, lo scrittore si interessa dell’ambiente culturale praghese, nei suoi saggi appaiono spesso Kafka oppure Musil, scrittore legato a Brno. Il problema dell’identità in queste personalità letterarie fu forte e Magris ne scrive anche nelle pagine dell’Infinito viaggiare.
Interessante è l’inizio del capitolo Il Paese senza nome, un’osservazione della situazione ceca dopo la separazione dalla Slovacchia, una situazione assurda quando i cechi devono scegliere il nuovo nome del Paese. Magris non manca a commentare questa vicenda del 1993:
“Questa reticenza a questa inesprimibilità si addicono alla Mitteleuropa. La cui storia labirintica e aggrovigliata difficilmente permette di stabilire identità precise e tracciare netti confini; anche l’impero asburgico stentava a darsi un nome inequivocabile, si arrovellava su denominazioni in cui una congiunzione e un trattino in più o in meno potevano essere fatali. Musil diceva che forse proprio quell’indicibilità era stata la causa della rovina dell’impero.”
La Polonia è la tappa seguente dopo la Repubblica Ceca, offre al lettore un ambiente culturale orientale per ecellenza, verso la letteratura russa. Magris visita la casa dell’autore del Delitto e castigo, Dostoevskij, dove osserva piccoli detagli come le tazzine da caffè, e attorno a quegli oggetti quotidiani crea un’immagine concreta della vita dello scrittore russo. Magris confronta Dostoevskij con Maxim Gorkij, la cui casa gli sembra troppo artificiale, come un’immagine che doveva rappresentare l’autore del realismo socialista. Sono queste le contradizioni che la storia pone all’umanità. La colpa sarebbe dell´ideologia che lo scrittore russo rappresenta:
“Uno scrittore, in quanto tale, semplicemente non può rappresentare nulla, neanche le istituzioni meno pericolose del realismo staliniano. [...] Lo scrittore non può incarnare nulla, neanche una tendenza o un mondo poetico, che sono autentici solo finché egli li esprime così come li vive, senza preoccuparsi di che cosa succederà loro, di quale effetto essi avranno nella realtà.”
Magris ha viaggiato negli anni ’90 anche nei paesi del nord, più precisamente negli stati del territorio russo-baltico-scandinavo. Il tono dei capitoli dedicati a Finlandia, Svezia o Norvegia diventa un po’ cupo, come l’oscurità dei loro cieli, dove la malinconia sorge anche dagli oggetti quotidiani (anche dai gioccatoli) e ciò suscita nello scrittore una straordinaria percezione della morte presente nel saggio sul cimitero di Stoccolma. Non mancano meravigliose immagini dei fiordi norvegesi che si alternano con riflessioni sulla grande letteratura norvegese di Ibsen, il più noto rappresentante.
In questo paesaggio del nord finiscono i viaggi degli anni ’80 e ’90 ed inizia il capitolo del 2004 che si avvia verso l´oriente contemporaneo e culturalmente tanto diverso da quello che il lettore poteva leggere finora. Nell’Iran Magris riflette sullo scontro di culture e religioni e sulla loro influenza nella società.
Gli ultimi capitoli si ispirano ai più recenti viaggi che l’autore ha compiuto in Cina: qui tratta soprattutto il tema politico del comunismo e del “capitalismo” particolare in Cina.
Negli scritti magrisiani si vede la sua spontaneità di scrittura, dove, all’inizio di un racconto o saggio non si sa mai per quali tematiche attraverserà. All’inizio i suoi testi cominciano innocentemente e dopo alcune righe o pagine le sue parole affascinano e attirano il lettore per la loro grandezza e fantasia. I viaggi di Magris non sono semplici resoconti dei luoghi che ha visitato, egli trova sempre qualche fatto che lo spinge a riflettere o analizzare più profondamente, si può trattare della situazione politica, di un evento culturale o anche di un destino individuale e in qualche senso particolare. Il registro dell’autore è veramente vasto e così anche le sue opere sono ricche e straordinarie. Di una di quelle opere tratta anche il capitolo seguente.
6. DANUBIO
Per quelli che si occupano del tema del viaggio nella letteratura è quasi naturale ed inevitabile scoprire il capolavoro magrisiano, il romanzo-saggio Danubio - la prima edizione esce nel 1986 – in cui viene narrato un viaggio dalla sorgente del Danubio nella Foresta Nera alla sua foce nel Mar Nero. L´idea di scrivere questo romanzo non gli è venuta a caso. Lo scrittore era stato invitato, come sostiene lui stesso nel primo capitolo, ad organizzare una mostra sul tema: “L’archittetura del viaggio: storia ed utopia degli alberghi.” Però il romanzo è stato scritto in diversi anni, e come il motivo della nascita del romanzo è menzionata questa storia narrata da Magris tante volte in numerose interviste:
„[...] Danubio non sarebbe nato senza una lunga preparazione esistenziale e tutti gli anni della frenquentazione di quella cultura; però, come ho raccontato, qualcosa di improvviso, di casuale, che ha fatto scattare il tutto, si è messo in moto un giorno con gli amici e con Marisa, alla vigilia del viaggio in Slovacchia, tra Vienna e Bratislava, guardando le immagini dell’acqua indistinguibile dall’erba nei cosiddetti “prati danubiani” e poi quella famosa freccia, che diceva “Museo del Danubio”. Ed è scattata un’idea: “Che cosa succederebbe se andassimo avanti a vedere fino al Mar Nero?“
Anche se Magris parla di luoghi e di paesaggi particolari, degli alberghi, delle diverse osterie o dei musei che visita durante questo viaggio, non si tratta di una semplice giuda turistica. Al massimo si potrebbe considerare una guida alternativa, come quelle che forse usa anche lo scrittore stesso per organizzare i suoi itinerari. Il vero è che il lettore trova questo libro in libreria nella sezione di guide turistiche. Anche se il libro non proppone un itinerario classico e semplice, invece invita il lettore a scoprire i luoghi che apparentemente non dispongono di alcun’importanza storica o geografica. In più “Danubio è allora soprattutto una catena di viaggi in verticale, attraverso il tempo, che allineano in minuscola porzione di spazio di volta in volta inquadrata avvenimenti e persone di secoli e millenni diversi, rendendoli compresenti e contemporanei.”
All’inizio c’era un’idea di assegnare al viaggio un metodo, come se fosse un atto scientifico. Il metodo, che si “inventò” Magris, segue le fonti letterarie e le tracce di altri viaggiatori o studiosi, in essi evidentemente cerca ispirazione per visitare i posti più importanti dell’ambiente danubiano. Magris fa numerose soste che non sono importanti soltanto dal punto di vista geografico o storico, ma che considera eccezionali anche per legami con letteratura, filosofia o hanno qualche valore sentimantale per il viaggiatore o per i suoi compagni di viaggio: “Problemi e vicende epocali sono calati nella realtà concreta, in esperienze vissute, e poi verificate nelle varie biblioteche locali o specialistiche, in un viaggio confuso e aperto tra il mondo e la carta.”
Questo romanzo è un viaggio sentimentale ma si potrebbe sostenere che si tratti anche di un romanzo di formazione, pieno di esperienze che narra lo sviluppo interiore dell’uomo verso la totalità del mare. Ernestina Pellegrini, autrice della monografia su Claudio Magris, parla addirritura di un libro di “soste” invece di un libro di viaggio: “La sua struttura rigorosa, in nove capitoli e 170 paragrafi, è legata a tante piccole soste e non alla fenomenologia dello spostamento, ed è la storia di microviaggi in verticale, di viaggi nel tempo, nella complessa stratigrafia delle memorie che su quelle terre si sono via via depositate.”
Il titolo dell’opera è senza l’articolo determinativo, sembra che lo scrittore voglia dimostrare che non si tratta di un libro soltanto sul fiume ma su un concetto più complesso, che varca il senso stretto del viaggio fisico lungo il fiume.
Magris è noto come autore che scrive spesso sul mare, come triestino di origine ha una relazione straordinaria verso il mare. Ed anche verso le acque in generale. L’acqua serve come una onnipresente metafora del fluire della vita umana, delle forze che influenzano la vita umana. L’acqua ha un ruolo molto significativo per l’opera dell’autore. Anche Danubio ha come la meta ideale il mare: „Se il mare è l’eterno, il fiume è il tempo, lo scorrere che trascina e porta via.“
Secondo Magris il fiume collega o divide le nazioni, quelli vicini si ignorano, ed invece quelli lontani si considerano fratelli: “Incurante degli orfani sulle sue sponde, il Danubio scorre verso il mare, verso la grande persuasione.”
Sembra che durante questo viaggio il protagonista del libro abbia intenzione di capire il senso della vita, di trovare risposte a tante domande, di tornare più saggio. La grandezza del fiume che varca tante frontiere deve risuonare nelle diverse riflessioni che si svolgono nella mente del viaggiatore.
6.1. STRUTTURA
Il romanzo è strutturato come un taccuino di viaggio in cui lo scrittore scribbacchia i suoi pensieri e osservazioni, ciò può ricordare la stesura de L’Infinito viaggiare. Del diario di viaggio ha solo in parte la struttura, ci mancano ad esempio le date precise le quali si vedono al contrario ne L’Infinito viaggiare. La continuità tra le diverse parti che trattano diversi paesi sembra ininterrotta e il lettore potrebbe credere che l’autore abbia compiuto un viaggio unico lungo il corso del Danubio. Al lettore si presenta l’ambiente mitteleuropeo ricco di avvenimenti storici, pieno di diversi personaggi della storia ma anche di quelli sconosciuti, i quali avevano a che fare con i percorsi danubiani. Lo scrittore non fa differenza tra gli studiosi, intellettuali o scienziati, ed anche la gente comune porta destini particolari che egli vuole raccontare. Questo taccuino segue il percorso del fiume, si visitano i paesi rispettivamente come l’autore li ha attraversati da solo o con i suoi compagni. Si comincia in Germania per finire al confine tra Romania e Bulgaria, alla foce del immenso fiume europeo. Lo stesso scrittore, come si può dedurre dal testo, non sapeva precisamente cosa avrebbe voluto scoprire alla fine di questo viaggio.
Il libro è diviso in nove capitoli con numerosi sottocapitoli scritti nell’arco di quattro anni dedicati ai viaggi, alla scrittura e alle correzioni. La trama procede rispettivamente attraverso tutti i paesi, civiltà e culture che attraversa questo monumentale fiume europeo.
Magris nel suo raccontare usa la prima persona, che è fondamentale per la stesura del testo di questo genere, di solito si tratta di piccoli episodi vissuti durante il viaggio: “Come dice la targa, al posto dell’attuale edificio al numero 15 della Schwarzspanierstrasse, ora custodito da un’intrattabile portinaia che mi caccia subito a male parole, c’era, sino al 1904, la casa in cui è morto Bethoven.” Il protagonista parla più spesso al plurale, ricordando una storia vissuta con un ungherese scrive: “Se avessimo capito ciò che quello sconosciuto voleva dirci, forse avremmo capito tutto.”
Magris è il narratore del libro ma non è il protagonista. Il suo protagonista è un germanista o semplicemente un viaggiatore. Il lettore intuitivamente capisce che si tratta di Magris, anche se l’autore in diverse interviste sostiene che ci sono solo pochi punti in comune tra l’autore ed il protagonista. Come scrive lo scrittore stesso in Danubio e post-Danubio: “Danubio è una mescolanza di fantasia e realtà.” In effetti è difficile credere che si tratti di un libro d’invenzione, avendo davanti a sé tanti fatti e personaggi reali. Nell’opera magrisiana si mescolano i tratti fiabeschi con quelli realistici. In effetti anche l’autore stesso ammette in un’intervista alla radio nel 1993: “A poco a poco accade che raccogliendo tutte queste storie tragiche, bizzare o comiche, rimaste impigliate sulle rive del grande fiume, il viaggiatore-narratore scopre di star facendo il proprio autoritratto.”
Ci sono alcuni personaggi definibili, quei compagni di viaggio che ogni tanto appaiono nella storia, insieme al protagonista principale: “L’io che viaggia e che narra non è identico al suo autore, bensì è un personaggio, come quegli altri personaggi del libro che talora viaggiano insieme a lui, quei tre o quattro uomini e donne [...].”
E scrive Ernestina Pellegrini: “Penso che, se si volesse pensare a una realizzazione cinematografica di Danubio, il viaggiatore sarebbe l’obiettivo della macchina da presa, lo sguardo da cui viene captato tutto il mondo rappresentato, con le sue scelte di campo, i tagli, le prospettive. E sarebbe una voce, soltanto una voce che narra, descrive e riflette.”
Nel testo viene usato il presente, contrariamente ai classici diari di viaggio che vengono scritti al passato prossimo o remoto. Anche questo fatto è significativo per la percezione del testo. Sembra che Magris voglia essere più immediato con il lettore, usa la forma della stesura classica ma con elementi nuovi, ciò fa di questo libro un’opera postmoderna.
“Nella particolare struttura del testo è riconoscibile anche l’influsso dell’estetica del“postmoderno”: termine, questo, che, nato per designare alcune correnti dell’architettura negli anni settanta, è stato usato in un’accezione più genericamente artistica e culturale ed ha acquistato una notevole fortuna dopo la pubblicazione, nel 1979, del libro di Jean-François Lyotard “La condition postmoderne”. La letteratura “postmoderna”, abbandonate le grandi narrazioni unitarie per una serie di racconti “locali”, mescola e contamina fra loro i generi, romanzo, saggio, autobiografia, e gli stili, creando forme ibride, a metà strada fra letteratura e filosofia.”
Come scritto già prima, il Danubio viene considerato romanzo-saggio per il modo di stesura che per la maggior parte dimostra elementi saggistici rispetto a quelli della narrativa. In realtà il collegamento del saggistico col narrativo è una delle caratteristiche del lavoro magrisiano, e questo elemento viene messo sempre in discussione tra i crittici letterari. Sempre, oltre gli elementi saggistici, quest’opera ha imparagonabili qualità poetiche e letterarie. Il linguaggio saggistico non è privo di innumerevoli immagini letterarie. Visto che il testo del romanzo viene scritto in prima persona, la narrazione assume una notevole capacità della soggettività, grazie alla quale il testo viene arricchito di altri livelli come è per esempio l’immediatezza del racconto. In tanti crittici la definizione oscilla tra saggio romanzato e romanzo saggistico. Magris aveva fin dagli inizi della sua cariera tendenza a varcare i limiti del suo mestiere di saggista e giornalista, autore di elzeviri. Danubio è il primo lavoro dove appaiono tutte le sue tematiche che poi diventano caratteristiche per i suoi testi successivi (sia saggistici che di narrazione).
Magris riesce a confrontare il passato con il presente e farne un’ osservazione molto valida anche nei tempi contemporanei: “Danubio ha già una continuità culturale e, soprattutto, una qualità rara: è al tempo stesso attuale e inattuale.” In alcuni luoghi prevalgono le questioni storiche, nazionalistiche o politiche, invece su altre rive Magris incontra interessanti e particolari destini privati o letterari.
In più ci sono delle lezioni di geografia e natura, oppure le polemiche sull’esistenza della natura come nel paragrafo Homunculus. Anche un progetto di nuova centrale idroelletrica sul Danubio può servire da uno spunto per la riflessione filosofica:
“La seconda natura che ci circonda – la foresta di simboli, di mediazioni, di costruzioni – insinua il sospetto che, dietro di essa, non ci sia più alcuna natura prima, che l’artificio e le varie bioingegnerie abbiano alterato e soppiantato le sue pretese leggi eterne. [...] Anche per noi, in quell’osteria, come per tutti, il dilemma è quello posto e mefistofelicamente non risolto dal vecchio Goethe: la Natura creatrice è l’orizzonte senza fine, che racchiude pure le vicende epocali nelle quali gli uomini non riescono più a vederlo, o è finita anch’essa sul carro carnasciallesco dell’inautentico, oltre il quale non c’è più nulla?”
Va menzionato che l’autore non viaggia da solo ed a volte cita i suoi compagni o compagne di viaggio – tra quelli Gigi, Maria Giuditta o Francesca. Descrive anche delle situazioni in cui si trovavano durante i loro viaggi visitando osterie e discuttendo su diverse temi. I compagni cambiano per cui si può dedurre che il libro non sia frutto di un unico viaggio (in effetti le fonti disponibili sostengono che si trattava di viaggi compiuti nell’arco di quattro anni). Il testo però risulta molto omogeneo ed amalgamato, più di L’Infinito viaggiare che raccoglie vent’anni di viaggi in vari continenti. Ma da questo punto di vista se ne parlerà più avanti in un’analisi più dettagliata.
Claudio Magris ha scritto un capolavoro talmente universale che diventò bestseller in numerosi paesi, soprattutto in Inghilterra, Francia, Spagna e poi nei paesi scandinavi. L’opera ha ottenuto un successo inaspettatto anche negli Stati Uniti e in Giappone. La spiegazione può essere nella complessità dell’opera, che in alcuni paesi era interpretata con l’ottica politica o morale, in altri dal lato intellettuale e storico.
6.2 TRAMA
Come era già stato detto, si tratta di un libro molto complesso che può essere letto in diversi codici. Per cui scrivere una trama sistematica di tale opera risulta compito molto difficile. Ho deciso di procedere sistematicamente capitolo dopo capitolo sottolineando sempre le tematiche o i fatti principali e più importanti o prevalenti nelle singole parti. Siccome questa tesi si occupa soprattutto del tema del viaggio, vorrei dimostrare come esso si rispecchia in quest’opera di straordinaria qualità. Il compito è assai difficile, visto che quest’opera ha molti livelli sui quali si potrebbe analizzare, il viaggio lungo il Danubio è sia un viaggio interiore che quello esteriore, un viaggio attraverso luoghi interessanti, un viaggio nella storia di questi luoghi e contro tempo.
All’inizio l’autore stesso spiega da dove nasce l’idea di scrivere il Danubio. Un concetto unico e straordinario che non ha per lo scopo presentare gli alberghi e le osterie lungo il fiume, ma presentare un concetto del fiume che collega o divide le nazioni e le culture della Mitelleuropa. Come è già noto, la frontiera e la sua problematica è una delle tematiche riccorenti dell’autore triestino. Qui lo scrittore sceglie il fiume che collega e divide diverse nazioni e dove la problematica è onnipresente nella vita quotidiana.
Il Danubio determina il territorio mitteleuropeo, un concetto astratto di cui nessuno sa precisamente dare la definizione. A questo punto mi sembra opportuno menzionare anche il significato della parola “mitteleuropeo”. La parola tedesca si può tradurre come “Europa centrale” ed il significato di questo termine non è stato finora precisamente specificato.
“Nessuno è infatti in grado di affermare con certezza e precisione che cosa sia la Mitteleuropa nemmeno dal punto di vista geografico, figurarsi da quello politico, storico, culturale o, più semplicemente, umano.”
Si tratta di un concetto che riassume cultura, storia, letteratura e società di alcuni paesi dell’Europa centrale che sono strettamente legati tra loro. Il concetto nasce all’epoca dell’impero austro-ungarico.
“La funzione di quell’Impero è stata determinante per la nostra civiltà occidentale: dalle funzioni di difesa e “filtro” delle pressioni dei popoli asiatici sull’Europa (cristianizzazione ed europeizzazione progressiva degli stessi), alla difesa dai Turchi, sino a quella di garante degli equilibri fra il panslavismo russo ed il pangermanesimo tedesco.”
Quest’impero dà le basi di una comune identità mitteleuropea, insomma europea. Nei paesi coinvolti si sentiva un forte senso del nazionalismo, per cui l’Impero non poteva sopravvivere.
In questo paragrafo non ho intenzione di presentare ogni singolo capitolo, siccome si tratta di un’opera molto complessa ed organizzata in alcuni capitoli principali i quali si dividono in numerosi sottocapitoli. Ora preferisco procedere secondo i capitoli principali e delineare il percorso del viaggiatore.
Il primo grande capitolo intitolato Una questione di grondaie viene dedicato naturalmente alle sorgenti del Danubio e propone il primo ostacolo e la questione elementare – dove si trova precisamente la sorgente di questo fiume monumentale? Dopo Tanti secoli non si è ancora risolta la questione della sorgente del Danubio. Ci sono in effetti due ipotesi le quali presenta anche Magris in questo testo. Nel paragrafo Donauschingen contro Furtwangen l’autore riporta il dibattito sulle fonti del Danubio che è finora acceso tra gli abitanti dei paesi vicini. Già nell’antichità era confermata come la fonte del Danubio la sorgente del Breg che a Donauschingen incontra il suo affluente Brigach.
“«Hier entspringt die Donau», qui nasce il Danubio, dice la targa nel parco di Fürstenberg a Donauschingen. Ma l’altra targa, che il dottor Ludwig Öhrlein ha fatto apporre sulla sorgente della Breg, precisa quest’ultima, fra tutte le concorrenziali sorgenti del fiume, è la più lontana del delta nel Mar Nero, dal quale dista 2888 chilometri – 48,5 più di quanto ne disti Donauschingen.”
Magris può solo sostenere che “si pensa, si crede, si pretende” che nel terreno del dottor Öhrlein sgorga il fiume Danubio.
Nei capitoli sul territorio tedesco si dibatte soprattuto sulla “tedeschità” e sul ruolo della Germania in epoche diverse. Un tema particolare è la relazione tra la Germania e l’Austria e la problematica dell’elemento tedesco in Austria. Lo scrittore presenta anche un esempio letterario:
“Fin dalla Canzone dei Nibelunghi, Reno e Danubio si fronteggiano e si sfidano. Il Reno è Sigfrido, la virtus e la purezza germanica, la fedeltà nibelungica, l’eroismo cavalleresco e l’impavido amore del fato dell’anima tedesca. Il Danubio è la Pannonia, il regno di Attila, la marea orientale ed asiatica che travolge, alla fine della Canzone dei Nibelunghi, il valore germanico.”
Questi paragrafi sono dedicati anche al prediletto mito absburgico (il tema mittelleuropeo per eccellenza) che appare già nella tesi di laurea dell’autore, il suo primo successo nel mondo letterario ed intellettuale. Il mito nasce proprio in età napoleonica e si sviluppa e realizza dopo la caduta del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica e con la nascita dell’Impero d’Austria. Gli austriaci cercano la loro identità nuova, realizzano il loro sogno di un’identità liberata e ben distinta dall’elemento tedesco. Questa distinzione dell’Austria è il tema delle polemiche sull’indipendenza austriaca dal modello tedesco. Si parla spesso del legame tra il modello mitteleuropeo austriaco e quello germanico.
“[...] l’idea austriaca – e la stessa Mitteleuropa, cui Srbik dedica un famoso saggio nel 1937 – appare «un’idea essenzialmente tedesca»; l’Austria «è una parte dell’anima tedesca, della gloria tedesca e dell’affano tedesco» e la missione dell’impero absburgico è stata quella di affermare la superiore idea germanica nell’Europa centro-orientale, di creare in quello spazio una civiltà universalistica e cioè sacro-romano-imperiale-germanica.”
Nell’opera di Magris si nota che l’autore tratta specificamente la questione dell’identità, tanti sono le sue riflessioni sulla “triestinità”: a questo punto coglie occasione per richiamare il problema dell’identità austriaca: “L’identità è una ricerca sempre aperta e anche l’ossessiva difesa delle origini può essere talora una regressiva schiavitù quanto, in altre circostanze, la complice resa allo sradicamento.”
Magris aveva studiato già da giovane germanista l’unico lavoro del filosofo Carlo Michelstaedter, e la sua filosofia della persuasione e la rettorica l’aveva influenzato profondamente. Nel capitolo L’ingegnere fra persuasione e la rettorica l’autore applica la filosofia michelstaedteriana descrivendo la persuasione, cioè il possesso del presente, e spiegando anche il concetto della «rettorica»:
“La «rettorica», ossia l’organizzazione del sapere, è l’enorme ingranaggio della cultura, il febbrile meccanismo dell’attività con il quale gli uomini incapaci di vivere riescono ad ingannarsi, a precludersi l’annientante consapevolezza della loro mancanza di vita e di valore, a non accorgersi del loro vuoto.”
Magris veniva spesso intervistato e una volta Maurice Nadau gli ha posto una domanda cruciale:
“Ma, insomma, non capisco se per questo suo viaggiatore danubiano la scrittura è un mezzo per arrivare alla persuasione, alla vita o un ostacolo che glielo impedisce. E io ho detto: Vorrei rispondere in presenza del mio avvocato...Ma se proprio devo è un 50,0001 salvezza e il resto perdizione, impedimento.”
Un’altra sosta in Germania appartiene all’altro capitolo Il Danubio universale dell’ingegner Neweklowsky.
“Come Flaubert o Proust, Neweklowsky ha dedicato la sua intera esistenza all’opera, alla scrittura, al Libro; il risultato è un volume in tre tomi di 2164 pagine complessive, comprese le illustrazioni, che pesa cinque chili e novecento grammi e che, come dice il titolo, affronta non il Danubio, ma, più modestamente, La navigazione e la fluitazione nel Danubio Superiore (1952 – 1964).”
L’autore si ispira molto all’opera di Neweklowsky e ci trova storie che usa anche nel suo testo (per esempio La negretta del Danubio). In effetti in alcuni capitoli l’opera di questo personaggio gli serve da guida lungo il fiume che esplora.
Il capitolo inizia a Ulm, “una città dell’idillio tedesco” , si tratta della prima capitale lungo il fiume. Ed infatti l’autore sosta abbastanza lungo in questa città alla quale dedica alcuni sottocapitoli su diversi eventi storici che resero nota la città di Ulm, ma anche sulle curiosità come il Museo del pane o su Einstein, il figlio più illustre di Ulm.
Dopo Ulm Magris attraversa i luoghi di grandi battaglie, soprattutto napoleoniche, e offre le osservazioni su Grillparzer , il classico del teatro austriaco ottocentesco. Interessante è la parte dedicata al suo dramma Fortuna e fine di re Ottakar, nella quale “Grillparzer celebra l’inizio della politica orientale absburgica, la sua affermazione come Casa d’Austria e il suo fatidico volgersi a est, alla sua missione danubiana.”
Tra Launingen e Dillingen si legge la parte più personale del libro, in questo momento arrivano le riflessioni dell’autore più oscure sull’identità del narratore stesso: “Chi è che si mette veramente in cammino? [...] , chiunque scrive è un falsario di se stesso, affibbia con appassionata sincerità ma con arbitraria sostituzione di persona il pronome «io» a un altro, che in realtà per la sua strada.”
Ovviamente Magris prosegue anche attraverso le cittadine più piccole ma non meno interessanti. Anzi scopre per il lettore i fatti inaspettati. Come a Günzburg, la città che ospitò Maria Antoinetta al suo viaggio verso la Francia ma anche la città dove visse Josef Mengele, “il medico aguzzino di Auschwitz” . Questo capitolo parla del terrore, qui Magris non manca di raccontare in dettaglio i fatti disgustosi del dottore nazista.
Attraverso Ingolstadt di Marieluise Fleisser si arriva fino a Regensburg, un´altra grande città del Danubio. Regensburg con il suo Ponte di Pietra e con le sue torri fa ricordare a Praga, “la città d’oro che sembra anch’essa esistere sempre e soltanto nel ricordo di un suo splendore svanito.”
Lì Magris incontra un personaggio femminile di cui si conosce soltanto il soprannome “la Marescialla”. Si tratta di un incontro personale e sentimentale, pieno di ricordi nostalgici del liceo e della giovinezza: “Regensburg si addice alla Marescialla, con la sua irriducibile varietà di memorie, stili, immagini che si compongono tuttavia in una fondamentale unità di tono.“
Nel paragrafo dedicato alla città di Passau c’è un tratto interessante, l’autore entra direttamente nel discorso con una delle sue riflessioni sul mare:
“A Passau, il viaggiatore sente che lo scorrere del fiume è desiderio del mare, nostalgia della felicità marina. Quel senso di pienezza vitale, quel regalo delle endorfine e della pressione sanguigna o di qualche acido benevolmente secreto dal cervello, l’ho avuto davvero per i vicoli e sulle rive di Passau, o credo di averlo provato soltanto perché cerco ora di descriverlo sui tavolini del caffè San Marco? Probabilmente sulla carta si finge, si inventa ogni felicità.”
L’autore sempre sorprende come riesce porre immagini soggettive accanto ai diversi fatti storici o per esempio in mezzo alle descrizioni dell’architettura. Ed è sempre affascinante come riesce mettere in equilibrio tutte le informazioni con le figure poetiche.
Passau è speciale anche perché ci si incontrano tre correnti ed è particolarmente interessante anche la questione come mai proprio il Danubio è il fiume che viene destinato a fluire nel Mar Nero. Diverse teorie davano per il fiume più grande in queste parti il grande Inn, però la scienza indica l’Inn e il più piccolo Ilz come affluenti del Danubio siccome esso è più lungo.
Con il capitolo Nella Wachau si apre la parte dedicata all´Austria, che inizia con il paragrafo su Linz, la città che Hitler considerava la sua vera casa dove trascorse la gioventù e la quale voleva trasformare con giganteschi proggetti architettonici. Qui Magris lascia la Germania e si avvia verso le storie e la letteratura dell’Austria. Wachau è una valle formata dal fiume Danubio e propone varie immagini degne delle soggettive descrizioni paesaggistiche.
“Le finestre danno sul Danubio, si affacciano sul grande fiume e sulle colline che lo sovrastanno, un paesaggio segnato dai boschi e dalle cupole a cipolla delle chiese; d’inverno, col cielo freddo e le macchie di neve, le amabili curve dei colli e del fiume sembrano perdere corpo e peso, diventano linee lievi di un disegno, un’elegante malinconia araldica.”
Linz è anche la città dello scrittore Adalbert Stifter o di Suleika ossia Marianne Willemer, amore del vecchio Goethe.
“Goethe conosce Marianne e Marianne, nel «Divano», diventa Suleika. Così nasce una poesia amorosa fra le più grandi di tutti i tempi, ma nasce anche qualcosa di ancor più grande. Il «Divano», e l’altissimo dialogo amoroso che esso comprende, reca il nome di Goethe. Ma Marianne non è solo la donna amata e cantata nella poesia; è anche l’autrice di alcune liriche fra le più alte, in senso assoluto, di tutto il «Divano».”
Proprio questo fatto sorpendente suscita all’autore una riflessione su come nasce la poesia. Sembra che la poesia possa essere frutto di diverse coincidenze e misteriose congiunzioni, in effetti Marianne non pubblicò mai più. Forse, come scrive Magris, Marianne abbia capito che senza grande ispirazione dell’amore di Goethe non sarebbe stata capace di scrivere le poesie di uguale forza ed intensità. Però si deve ammettere che la sua capacità poetica non era un’effimera esperienza e che avrebbe potuto scrivere molte opere di stile molto alto.
A Mathausen l’autore offre un altro esempio letterario particolare – l’opera autobiografica di Rudolf Höss, nazista colpevole di tante vite perse.
“Höss scrive dopo la condanna a morte, senza che nessuno glielo chieda; la molla che lo spinge a scrivere è oscura, non si lascia spiegare dal desiderio di nobilitare la propria figura, perché l’autoritratto che ne risulta è certo quello di un criminale [...] Per questo il libro è un monumento, la registrazione della barbarie, preziosa contro i reiterati e abietti tentativi di negarla o almeno di smussarla, sfumarla.”
Con un’altra sosta, quella al castello di Arstetten, si presenta un’altra curiosità storica, il matrimonio di Francesco Ferdinando con Sophie Chotkova, proveniente dall’antica famiglia ceca. A quel matrimonio era avversa quasi tutta la famiglia imperiale e la contessa doveva subire molte umiliazioni durante la loro vita comune. La storia parla di una vita amorosa e privilegiata ma pagata ad un prezzo molto alto, infatti Francesco Ferdinando dovette rinunciare al trono imperiale e subire diversi ostacoli da parte della corte viennese.
Seguono le città minori lungo il Danubio che affascinano l’autore per la loro bellezza addormentata. Lo scrittore incontra durante il suo viaggio alcune volte il simbolo dell’aquila bicipite. Ci riflette nel capitolo Aquila bicipite e aquila marina, al posto di aquila bicipite si sarebbe aspettato l’aquila reale, ci vede la scissione tra la cultura e la natura, vorrebbe che le acque del Danubio appartenessero agli “abitatori più antichi e legittimi della Mitteleuropa, olmi e faggi, cinghiali e aironi.” Il capitolo si dedica in sostanza all’armonia tra l’umanità e la natura.
Decisamente molto interessante è l’altra metà del viaggio – Kierling, Hauptstrasse 187. Lì Franz Kafka, uno degli scrittori preferiti di Magris, sperava di guarire, ma nel 1924 morì: “Di qui Kafka , nella sua sedia a sdraio, guardava il giardino sottostante [...]. Vedeva quel verde che gli sfuggiva, ossia il fiorire, la stagione, la linfa che invece la carta gli risucchiava del corpo, prosciugandolo in una sensazione di pura e impotente aridità.”
Dopo questo paragrafo contemplativo segue il grande capitolo su Vienna – Cafè Central. Qui l’autore visita il famoso caffè con una statua del poeta Altenberg, poi la casa di Wittgenstein che oggi serve come la sede dell’ambasciata bulgara, ma non manca neanche la storia dell’amore tragico dell’arciduca Rodolfo d’Absburgo e Maria Vetsera con la descrizione del loro sentimento molto soggettiva: “Quegli sguardi scambiati nei viali del Prater e, poco dopo, quei convegni furtivi e quei sotterfuggi avrebbero dovuto essere, anche per lei, gli accordi iniziali e incerti, le prove d’orchestra dei sentimenti che si preparano, in un brusìo ancora confuso, alla grande e unitaria melodia dell’amore.”
Nel libro appaiono alcune storie d’amore che costituiscono l’elemento femminile in questo testo.
Più avanti lo scrittore presenta un episodio di storia, quando confronta i conflitti con i turchi con il ruolo di questi nella società viennese d’oggi: tutto ciò in occasione di una mostra su “Turchi davanti a Vienna”. L’incontro tra il mondo occidentale ed orientale dimostra come si possono compenetrare e inpercettibilmente influenzarsi ed arrichirsi.
Magris spesso visita i cimiteri durante i suoi viaggi e naturalmente ne scrive più volte ed evidenzia che Vienna è una città di cimiteri. Il paragrafo dedicato alla visita del cimitero centrale di Vienna, Zentralfriedhof, risulta assurdo – parla della caccia ai conigli per impedire “che ci siano troppi vivi” . Magris scrive anche di cimiteri di Senzanome o di quello ebraico. L’elemento fondamentale per lo scrittore è la memoria, in questo libro “significa atteggiamento pietoso nei confronti della vita, riflette a vari gradi di bisogno umano di trascendere la dimensione della caducità, di escogitare strumenti e tattiche di sopravvivenza illimitata e immortalità. [...] Per questo, uno dei tanti percorsi che si intrecciano lungo questa galleria culturale, in quest’opera epica scritta sull’acqua, è l’itinerario attraverso cimiteri, tombe, sarcofaghi, mausolei e catacombe [...].”
Più tardi Magris osserva le targhette sul portone di una casa e vede nomi come Pokorny, Kriczer o Urbanck e sostiene: “Ogni vero viennese, secondo il vecchio detto, è un boemo.” Questo esempio solo per dimostrare come le riflessioni profonde si alternano con ossevazioni quasi banali o bizzarre.
Altri paragrafi viennesi vengono dedicati ai gruppi atristici (Wiener Gruppe degli anni ‘50), alle ideologie (come quella socialista tra le due guerre – paragrafo Karl-Marx-Hof) e infine il narratore svela anche le sue radici parlando del suo zio Ottone che viveva a Vienna. Il viaggiatore scopre anche la differenza tra Most e Sturm, due gradazioni del vino appena vendemmiato. Lo scrittore visita la casa di Sigmund Freud nel paragrafo Berggasse, 19 ed osserva la sua reale biblioteca: “Heine, Schiller, Ibsen, i classici che gli insegnavano la discrezione, il rigore e l’umanitas indispensabili per scendere negli inferi.”
Non manca la parte dedicata all’imperatrice Sissi, di cui Magris scopre le poetiche memorie che non sono state mai pubblicate e Magris evidenzia la presenza del motivo del mare nei versi:”Il grande sfondo di queste liriche è il mare, la sua indicibile infinità, il mormorìo delle sue onde, continuo e intraducibile come quello dell’anima; Sissi è il gabbiano, l’uccello marino senza pace e senza meta.”
Dopo un po’ il viaggio continua attraverso Eisenstadt – città di Haydn, l’ultima città al confine con l’Ungheria ed infatti si osserva l’aspetto pannonico del paesaggio e dei piccoli paesi.
Alla fine dei capitoli viennesi lo scrittore confessa:
“Un’identità è fatta anche di luoghi, delle strade nelle quali abbiamo vissuto e lasciato parte di noi. La carta del Monte Nevoso, con i nomi delle sue radure e dei suoi sentieri, è certo anche un mio ritratto, l’immagine di ciò che ho vissuto e che sono. Qualche volta i luoghi possono essere attavici, nascere da anamnesi platoniche dell’animo che si risonosce in essi. Vienna è uno di questi luoghi, nei quali ritrovo il noto e familiare, l’incanto delle cose che, come nell’amicizia e nell’amore, diventano col tempo sempre più nuove. Questa familiarità di Vienna è forse la sua natura di crocevia, luogo di partenze e di ritorni, di persone, famose e oscure, che la storia raccoglie per poi disperdere, in un’errabonda provvisorietà che è il nostro destino”
Il seguente grande capitolo viene dedicato alla Slovacchia – Castelli e drevenice. La prima sosta è la capitale del paese, Bratislava, che rappresenta, secondo Magris, il vero cuore della Mitteleuropa con “lacerazioni e conflitti irrisolti, le ferite non cicatrizzate e di contraddizioni non conciliate. La memoria, a suo modo un’arte medica, conserva sotto vetro tutto questo, i labbri delle ferite e le passioni che le hanno inferte.”
Qui Magris ha la possibilità di osservare le problematiche d’identità di un popolo “senza storia”, di un popolo ignorato. La posizione tra due più grandi nazioni vicine, ungherese e ceca, costringeva per lunghi secoli gli slovacchi a vivere il ruolo di minoranza. Questa parte del libro può suscitare nel lettore una domanda assurda, e cioè come l’autore riscriverebbe Danubio dopo i cambiamenti dell’89? Diverse volte Magris era confrontato con questa domanda, la risposta, si capisce, non è semplice:
“Il viaggio danubiano dell’89 non poteva essere una narrazione con tanti tempi, sarebbe stato concentrato sul presente e avrebbe detto molte meno cose di quelle che possono aiutare a capire ciò che è venuto dopo... Non avrebbe colto insomma, tutte quelle cose irrisolte, quie blocchi, quegli intasamenti del passato rimasti nascosti, che adesso stanno riemergendo. [...], sarebbe stato una specie di cronaca rapida, intensa, violenta, senza digressioni e meno tragica.”
Si parla con tono più leggero, invece, nel paragrafo Quell’oscuro oggetto del desiderio, quando lo scrittore con alcuni amici sta cercando un’osteria con una gran voglia di una birra cecoslovacca. In questa storia non mancano neanche i momenti comici come questo.
Magris studia i letterati slovacchi come Ladislav Novomeský, poeta socialmente impegnato e con idee rivoluzionarie, o Ladislav Mňačko che accusava il terrore staliniano. Lo scrittore menziona il socialrealismo con le influenze subite da parte del comunismo, il quale era forte soprattutto nella letteratura slovacca (quella ceca si era ritirata fra gli esuli).
Sui Tatra, nel seguente paragrafo, Magris ritorna di nuovo al suo prediletto Kafka il quale a Matliare trascorse alcuni mesi per motivi della salute e secondo una foto dell’epoca a Magris sembra che lo scrittore praghese ci sia stato quasi felice.
Segue il capitolo dedicato a Pannonia, il quale inizia con la descrizione che caratterizza questa regione: “Il giallo dei girasoli e del granturco si sparge sui campi come se l’estate avesse piantato le sue tende fra queste colline; [...]”
Magris-viaggiatore afferma che qui si sente più superfluo per motivi della lingua troppo diversa, dell’ungherese agglutinante. A Sopron l’aspetta un suo conoscente, il noto saggista ungherese e rappresentante del partito che qui viene chiamato Kocsis.
Un paragrafo viene dedicato al poeta “dell’incontro e dello scontro tra croati, ungheresi, tedeschi e altre genti del mondo danubiano” , Miroslav Krleža. Questo poeta novecentesco è molto vicino al pensiero di Claudio Magris con le tematiche come l‘identità, la pluralità ma anche la complessità dell’individuo.
Il Danubio scorre vicino a Győr e poi passa per Komárno, città di confine divisa tra Slovacchia ed Ungheria appunto dal Danubio. Questo è uno di quei posti che sempre interessano Magris, la frontiera, quando lo scontro tra le due nazioni è assolutamente tangibile e si vede per esempio sulle case con le targhe bilingui. La magiarità in questa città è molto concentrata. In questo caso deve essere menzionato lo scrittore Mór Jókai, lo scrittore che si occupa nella sua opera d’identità e come scrive Magris “Jókai ha scritto una piccola robinsonata danubiana, la storia di un uomo che costruisce dal nulla la sua esistenza stritolata dalla società e che, a differenza di Robinson, non vuol tornare nel mondo.“
Magris si trova, dopo alcune soste più piccole, a Budapest, la città che imita la sua prediletta Vienna. Nella capitale si parla più di archittettura che di letteratura e si parla addirritura di “non-stile degli edifici eclettici e storicizzanti di Budapest.”
Budapest è città di personaggi come per esempio György Lukács, filosofo marxista e critico letterario del Novecento, la cui casa Magris visita e la quale si trova, naturalmente, sul Danubio. Lukács è molto importante per la scrittura di Magris, lo scrittore triestino apprezza i suoi lavori teoretici sulla letteratura che gli erano molto utili anche nel proprio scrivere: “Mi sembrano assolutamente vitali La teoria del romanzo e L’anima e le forme. Direi che quest’ultimo è vitalissimo. Lo darei a leggere a tutti per capire la realtà, la realtà di oggi. Lo considero uno dei grandi libri che aiutano a capire il mondo e i libri che vanno letti.”
Accanto alla filosofia di Lukács Magris si interessa anche della sua vita personale, della sua malattia e particolarmente dei suoi rapporti sentimentali: “Getrud, col suo silenzioso rigore, fu probabilmente l’elemento decisivo che portò Lukács al comunismo. Da quel momento la sua biografia si fonde con quella del comunismo.”
Come si poteva già notare, l’elemento femminile è molto forte in questo libro, non solo per le molte storie sentimentali che lo scrittore racconta, ma anche per la presenza delle compagne di viaggio che gli permettono alcune digressioni nel fluire del raccontare.
Il protagonista si trova in pianure magiare e non ci manca anche una lezione enologica. Ma ancor più interessante è la letteratura ungherese scritta in tedesco la quale fioriva prima della maggiarizzazione all’epoca absburgica e Magris ne aveva già sentito parlare durante il suo studio. Anche qui, come in Cecoslovacchia, i tedeschi sono stati cacciati nel secondo dopoguerra.
Il viaggiatore e i suoi compagni decidono qualche volta di fare anche delle deviazioni e per alcuni chilometri lasciano il fiume. Così è che vanno a Győr, poi a Szeged ed alla fine a Mohács, famoso campo di battaglia del 1526.
“Danubio è composto da tanti piccoli cerchi, in cui storie, gesti, leggende, amori, lotte, che si sono accumulati nel corso di millenni, tornano a suonare in un uniforme tempo presente. In questo Guerra e pace danubiano, in cui tutto è memoria, dai monumenti, ai libri, ai musei, alle case, ai graffiti, si fa fatica a mantenere la distinzione delle sfere, a stabilire quale sarà l’eredità che lasceremo agli europei del futuro (perché questo libro è una microstoria d’Europa).”
Dall’Ungheria lo scrittore si sposta alla frontiera con la Romania e qui inizia il capitolo intitolato Nonna Anka, ciò indica che questo capitolo avrà una protagonista. Una guida in questo territorio di Transilvania e Romania meno conosciuto aiuta lo scrittore, tanto più se è una personalità straordinaria e vivace come la nonna Anka. Prima di incontrarla narra una storia straordinaria sull’identità ambigua di uno scrittore di origine ungherese che si chiama Reiter Róbert, egli era improvvisamente scomparso per essere scoperto dopo tanti anni, ed era ancora vivo e scriveva in tedesco in Romania sotto un’identità nuova – Franz Liebhard: “Aveva cambiato la nazionalità, nome, lingua, e stile letterario; oggi viene onorato quale patriarca degli scrittori di lingua tedesca del Banato ossia quella minoranza tedesca che vive in Romania e nell’agosto 1984 è stato festeggiato il suo ottantacinquesimo compleanno.”
Dopo questa scoperta Magris ha tante domande sull’identità della gente di questo posto multinazionale, sulla sua storia particolare di popoli diversi. In questo capitolo il narrare si spezza in un certo modo, ma come sostiene Magris stesso “l’irregolare deviazione dal corretto e lineare percorso danubiano, in questo caso, ha una giustificazione storica – oltre naturalmente quella psicologica, ossia lo sbrigativo decisionismo di nonna Anka, che ha semplicemente voluto così [...]”
Per lo scrittore che è tanto attirato dalla problematica dell’identità e delle frontiere, questo mosaico dei popoli del Banato è particolarmente interessante. Il Banato era colonizzato nel Settecento da tedeschi provenienti soprattutto dalla Svevia, ci vivono ungheresi, romeni, ma anche slovacchi e serbi e l’elenco continua ancora con le minoranze più piccole. Nonna Anka è un esempio particolare che parla tutte le lingue, tutte le nazionalità in lei si sovrappongono e si scontrano. Dal testo si può dedurre che Magris l’aveva conosciuta a Trieste, dove l’anziana in piena vitalità e con le idee chiare viveva.
Lo scrittore osserva il carattere delle citadine che visita con nonna Anka: “Nei paesi dell’Est ci sono sempre e dovunque lavori in corso, assidui e mai finiti, si ritorna in un posto dopo un anno e si ritrovano i mattoni, gli arnesi, le macerie, le travi, il disordine del provvisorio. Il tempo passa più lentamente e ciò rende quei paesi più rassicuranti e familiari per il visitatore, gli danno il conforto del noto.”
Più che in altri capitoli, qui Magris spesso menziona l’Antiquarius , la guida danubiana ottocentesca dalla quale cita ogni tanto vicende interessanti, sorprendenti o educativi. La conoscenza di quest’opera poteva aiutare Magris nel suo itinerario originale.
Con nonna Anka Magris passa dalla Bela Crkva, Vršac e attraverso Temesvár, la capitale del Banato nel passato, per poi tornare di nuovo a Bela Crkva – è un viaggio a zig zag, come sostiene anche Magris stesso qualche capitolo prima.
Un altro capriccio di nonna Anka porta lo scrittore in Transilvania, storico mosaico plurinazionale romeno-tedesco-magiaro che ora sta scomparendo. La minoranza tedesca ci era molto forte e si evidenzia nella letteratura tedesca della Romania. Ancora negli anni settanta del ventesimo secolo c’era un gruppo d’avanguardia, Aktionsgruppe, ed anche oggi Magris non ritiene la letteratura tedesca della Romania come periferica. Scrive per esempio dei sassoni che si sono trasferiti in Transilvania e ci sono rimasti anche quando Bismarck gli ha abbandonati.
“Il rapporto della periferia col centro è sempre difficle; chi vive su una frontiera, geografica o culturale, si sente il vero depositario e interprete della sua nazione e si sente incompreso dal resto della nazione stessa, che gli appare indegna di essere tale.”
In questi capitoli viene trattata soprattutto la questione dell’identità della gente di frontiera e il modo in cui l’identità o il nazionalismo si rispecchiano nella letteratura. Il fatto importante è che la letteratura delle minoranze è sempre periferica e può capitare che non venga compresa dal resto della nazione.
Le seguenti soste sono Siebenbürgen (Sighişoara o Segesvár), che a Magris ricorda Praga, “il mistero delle sue pietre e delle sue porte che si aprono su qualche spazio altro e segreto, su un lato insospettato delle cose.”
Essendo in Transilvania non manca la menzione di un’opera letteraria inseparatamente collegata con questo luogo - Dracula di Stoker. Lo scrittore si trova a Bistriţa, paese il quale è diventato famoso grazie a questo romanzo.
Nell’epoca asburgica i critici letterari aspettavano che da queste parti periferiche dell’impero sorgesse una letteratura fresca e nuova, “tedesca di lingua ma nutrita di tutte le civiltà di quel crogiolo austro-romeno-ebraico-russo-ruteno.” Solo dopo il 1918 si è avverato tutto ciò, la capitale di Bucovina è divenuta un vitale e plurinazionale centro letterario con la letteratura che “ha espresso con elusiva e malinconica poesia la feconda ambiguità di quella Babele, il suo gioco ironico e inquietante del vero e del falso che si scambiano le parti.”
In Bucovina, storico territorio dell’impero absburgico, viene presentato lo scrittore Robert Flinker, un autore ebreo dei romanzi in tedesco con evidente ispirazione kafkiana. Poi Magris è condotto dalla sua guida verso Subotica, dove osserva soprattutto l’archittetura liberty. La città fu assediata dai turchi e per qualche periodo dai russi e lo scrittore vede queste influenze storiche nell’archittetura che evidenzia nelle sue descrizioni:
“Le case squillano con colori gialli e azzurri, diventano valve di conchiglia, sono percorse da decorazioni e ornamenti stravaganti, corone che assomigliano ad ananas, putti con enormi seni femminili, cariatidi giganti e barbute che nella parte inferiore trapassano in leoni, che a loro volta si dissolvono in un ondeggiare informe. [...] ; qui il liberty ha aperto a volontà i suoi rubinetti.”
A Novi Sad l’autore si trova di nuovo sul Danubio vero e proprio e riprende il viaggio lungo il suo corso. Qui Magris riflette su uomoni–militari delle frontiere e si risolve esplicitamente il tema delle frontiere. Il Danubio in questi luoghi era il confine tra l’impero absburgico e il regno di Serbia. Si parla dell’esistenza dei militari croati o serbi che fin dall’Ottocento difendevano le loro frontiere dagli assalti turchi. Questa Frontiera Militare fu sciolta dal decreto dell’impero absburgico ed i Grenzer, quei soldati di frontiera, si sentivano traditi.
Magris ammette che durante i suoi viaggi si concentra sulla letteratura scritta in tedesco, proprio per le sue conoscenze linguistiche limitate, ma sostiene anche, che la produzione degli scrittori che scrivono in tedesco in questa zona non era affatto trascurabile. La letteratura tedesca di Bela Crkva, come osserva l’autore, era un´attività prevalentemente femminile. Magris è interessato al romanzo di Marie Eugenie delle Grazie, Figlia del Danubio, che si addice molto bene al suo viaggio sul Danubio.
D’altro canto Magris descrive un’interessante figura della letteratura del Banato, Andreas A. Lillin, il quale scrive sui tedeschi di Romania che hanno la tendenza ad espatriare in occidente, si tratta di un autore socialrealista che scrive dall’ottica stalinista. Ancora nello stesso paragrafo appare un bel aneddoto con la nonna Anka:
“Nonna Anka, che parla benissimo il tedesco, mi dive che, a casa sua, si parlava in tedesco ai cani, ma esclude categoricamente, ammiratrice com’ è del dottor Kremling, leader del Partito Popolare Tedesco d’Ungheria, che ciò avesse un significato pregiativo.”
Un’altra sosta è a Belgrado, nel punto di confluenza tra la Sava ed il Danubio. Belgrado confinava con l’impero absburgico, era una città tante volte distrutta e tante volte risorta. La metà finale al territorio serbo è Kladovo e, come precisa lo scrittore stesso: “La geografia per un occidentale sprovveduto, si fa sempre più vaga.” Magris si avvicina al penultimo capitolo del suo viaggio monumentale Una cartografia incerta, con le idee sulla fine del viaggio sempre più offuscate.
Ancora nell’Ottocento la Bulgaria era il paese meno conosciuto dell’Europa orientale e difficilmente decrivibile dal punto di vista dei cartografi dell’epoca. Il Danubio era in quel momento meno conosciuto del Nilo, e a Magris sembra sconosciuto fino ad oggi, ed in effetti anche il lettore si può sentire un po’ perso negli ultimi capitoli del libro, dove si accummulano tanti nomi e tanti posti nuovi; questa sarà secondo me la parte più importante per conoscere questa parte dell’Europa più profondamente.
Magris ci trova una guida o interprete, una ragazza giovane, la quale lo sorprende con il suo amore senza riserve del proprio paese. L’elemento turco qui è molto forte, ma i bulgari tendono ad annebbiarlo, nasconderlo, in Bulgaria infatti li chiamano bulgari islamizzati.
Qui Magris racconta sugli aiuduchi, combattenti fuorilegge che resistevano alle forze ottomane ed hanno contribuito alla liberazione del paese. Magris presenta diversi fatti e personaggi storici bulgari, come poeti e scrittori ma anche sultani dall’epoca ottomana. Come in tutto il libro anche qui si incontrano i millenni di storia su un luogo.
In questi paragrafi l’autore osserva la cultura, la storia, l’antropologia, le religioni ma anche la politica. Poi attraversa le città come Nicopoli e Ruse, una piccola Vienna con il fascino degli edifici di fin de siècle e neoclassici. Forse il più grande abitante della Ruse fu Elias Canetti , la cui casa Magris visita. Canetti aveva influenzato la scrittura di Magris.
“Qui apriva gli occhi sul mondo uno dei grandi scrittori del secolo, un poeta, un poeta che avrebbe intuito e rappresentato con eccezionale potenza il delirio dell’epoca, che abbaglia e stravolge la vista del mondo. [...] Mandiamo una cartolina a Canetti, a Zurigo, ma so che non apprezzerà questa intrusione nei suoi domini, nel suo passato, questo tentativo di andare a scovare il suo nascondiglio e di identificarlo.”
Dopo Ruse Magris passa per il secondo più lungo ponte d’Europa e sta compiendo il suo viaggio verso la foce del Danubio. Prima l’autore presenta il carattere romeno che è spiegato bene nel proverbio: “una testa piegata non viene tagliata”. I romeni, secondo Magris, sono inclini alla rassegnazione ed alla accettazione del proprio destino.
Bucarest è la Parigi dei Balcani, l’autore ci osserva l’architettura e i parchi accanto alle immondizie. Questo luogo diventa il punto d’incontro di quattro rappresentanti italiani in un convegno letterario italo-romeno, s’incontrano la ricercatrice e professoressa Bianca Valota, lo scrittore Umberto Eco, il linguista e filologo Lorenzo Renzi e il nostro autore. “Non manca, nella discussione, qualche intervento e qualche domanda ardita, avanzata da alcuni giovani.” Ciò ha per la conseguenza che la conferenza viene trasferita il giorno dopo in un altro luogo senza avvertire ufficialmente il pubblico.
Un’altro paragrafo parla della commedia romena, del rappresentante dell’avanguardia ed il classico del teatro romeno Ion Luca Caragiale, la cui scuola la segue anche il famoso autore teatrale franco-romeno Eugen Ionesco. Ionesco visse in Francia, ma le radici del suo lavoro teatrale sono indubbiamente nell’humus dadaista romeno e nel gusto della parodia totale che anima le sue battute.
Nel seguente sottocapitolo, uno degli ultimi, Magris presenta il poeta jiddish, Israil Bercovici, e parla della letteratura jiddish contemporanea che ha i più grandi rappresentanti tra gli scrittori esordienti spesso all’età avanzata, come per esempio uno che pubblica la sua prima raccolta a 76 anni.
A Adamclisi, vicino a Costanza, lo scrittore visita il monumento Tropaeum Traiani che ricorda la vittoria dell’impero romano contro i daci e sarmati. I daci erano condotti da Decebalo, diventato eroe e protagonista di varie canzoni popolari: “Ma i romeni, che onorano in lui il campione della loro identità oppressa, si considerano egualmente figli suoi e del suo nemico, dei daci invasi e dei latini invasori; la sintesi dacio-romana e la continuità di questa sintesi nei secoli, è in Romania, il fondamento dell’idea e del sentimento nazionale.”
Una delle ultime soste è Costanza, l’antica Tomi – luogo dell’esilio di Ovidio, oggi grande città industriale con il porto importante. Anche qui Magris osserva l’eclettismo architettonico, tanto comune nelle città dell’est. Nel museo di Costanza Magris osserva le statue nelle quali vede il rimando al sostrato plurimo e composito di questa civiltà.
Molto soggettiva è la parte dedicata alla visita alla città morta, Istria, la metropoli archeologica:
“Giungo a Histria, Istria, alla città morta che porta, per me, il nome dell’estate e dei luoghi familiari. È strano arrivare a quest’ora, di sera, e ancor più strano arrivare da solo – quella parola, Istria, è legata alla luce assoluta, al giorno pieno, a una vicinanza ignara di solitudine.”
Istria è solo una digressione dopo la quale lo scrittore torna al fiume per non lasciarlo più, fino alla fine.
Prima di raggiungere il delta, Magris attraversa Babadag, la baia nella quale avrebbero gettato l’ancora gli Argonauti di ritorno alla Colchide, poi l’isola di Brăila, antico territorio dei goti. Lo scrittore si trova vicino al delta ed osserva il territorio deturpato dall’ industria metallurgica e cantieristica vicino a Galaţi e Brăila.
L’ultimo capitolo, intitolato Sul delta, invita il lettore di concludere il lungo viaggio con Magris attraverso i paesi, civiltà e culture diverse ma in qualche modo collegate.
“La letteratura del delta, invero, predilige il gelo, non la calura estiva; [...] Il topos della letteratura del delta, il suo scenario epico per eccellenza, è naturalmente l’inondazione, l’alluvione, il Danubio che straripa e sommerge i villaggi, la marea che travolge stalle, capanne e covi nella foresta, spingendo nelle acque in piena, come in diluvio universale, animali domestici e selvatici, buoi, cervi e cinghiali.”
Il delta, come lo descrive l’autore, era il territorio dei fugiaschi e dei senza-legge, e spesso nei racconti di questa zona erano protagonisti gli zingari, adatti ad abitare ai margini del mondo. Oggi il luogo offre a Magris un immagine più piacevole, oggi in questo posto abitano i lipoveni, pescatori giunti nel Settecento dalla Russia, che l’avevano abbandonata per ragioni religiose.
Come la sorgente anche la foce non è tanto sicura, il delta ha tre bracci ufficiali di cui Magris cerca di scegliere quello giusto: “Dove finisce il Danubio? In questo incessante finire non c’è una fine, c’è solo un verbo all’infinito presente.”
Il grande capitolo intitolato Matoas - cioè fiume della felicità, chiude il viaggio di Claudio Magris.
“Danubio non è un libro sulla Mitteleuropa, ma un viaggio per uscire dalle ossessioni mitteleuropee, simboleggiato dalla grande nostalgia del mare, forase anche per questo i paesi lontani dall’Europa centrale hanno potuto riconoscervi uno specchio di sentimenti e fantasmi che li riguardano direttamente.”
La storia del Danubio non ha una fine poetica, è come se ci si sentisse una certa delusione nel trovarsi alla fine del viaggio che ha una conclusione semplice, non c’è un happy end, se qualcuno se lo aspettasse. La foce in realtà è talmente vasta che Magris forse non crede proprio che ci sia la fine di tutto, come all’inizio la sorgente anche alla fine la foce non è un punto sicuro dell’arrivo. Il delta del fiume ha diversi rami che si possono considerare la foce. Questa è la pura persuasione del mare, non ci sono più storie, musei, libri, enciclopedie, non ci sono più neanche le frontiere, si sta davanti all’immensità del mare, l’unico che si sente adesso è il presente e le nuove prospettive. La fine è positiva, qui finisce un viaggio ma allo stesso tempo inizia ne già un altro.
7. CAPITOLO DI ANALISI: ASPETTI PRINCIPALI DEL LAVORO DI C. MAGRIS
Claudio Magris è, tra le varie cose, anche un importante rappresentante della letteratura di viaggio contemporanea. La presente tesi ha come scopo analizzare il suo lavoro originale e particolare. In questo capitolo si individuano sia le tematiche particolarmente evidenziate nell’opera magrisiana sia la sua scrittura dal punto di vista tecnico. Per effettuare quest’analisi si è deciso di usare un testo saggistico, L’infinito viaggiare, ed un romanzo, Danubio, in modo da evidenziare tutti i registri usati dall’autore. Si tratta di due libri di viaggio che però non è possibile confrontare, poiché appartengono a due generi diversi, tuttavia, essendo entrambi opere di Magris, essi costituiscono un importante elemento per quest'analisi.
In breve vorrei presentare nei paragrafi successivi le tematiche principali che sono onnipresenti nell’opera magrisiana e che l’hanno reso noto nel mondo intellettuale.
7.1 LA PROBLEMATICA DELL’IDENTITÀ DEL VIAGGIATORE – L´ASPETTO BIOGRAFICO
Si è già notato diverse volte, nei capitoli che si occupano delle trame dei libri di Magris, che lo scrittore nel raccontare usa spesso esperienze personali e soggettive nel suo raccontare. Per di più tende a narrare in prima persona, il che ha come effetto un grande senso di autenticità della storia raccontata. Grazie alle varie interviste dell’autore è possibile dedurre quanto di biografico ci sia nei suoi saggi. In effetti diverse volte lo scrittore ha ammesso che le sue storie sono ispirate alla propria vita, anche se alla fine si tratta soprattutto di finzione. Nel caso de L’Infinito viaggiare si tratta di una raccolta di saggi pubblicati già su vari giornali, motivo per cui queste storie risultano molto immediate. Credo che Magris con i suoi viaggi più recenti abbia ampliato il suo registro e applicato il suo talento di accuto osservatore in tutti i paesi che man mano ha visitato, conoscendo anche letterature e culture diverse. Questo piccolo volume è il contrario dei suoi Microcosmi, che invece parlano dei luoghi a lui cari e ben conosciuti; L’Infinito viaggiare è un vero tuffo vero nella diversità del mondo, una diversità che svela anche gli elementi comuni a quello che lo scrittore già conosce, riguardo ai popoli alla ricerca della propria identità o alle frontiere che pongono la questione dell’identità non soltanto lungo il Danubio. Ne L’infinito viaggiare Magris scrive a proposito di viaggi che realmente compie grazie alla sua professione, essendo spesso ospite di molte università o di fiere e concorsi letterari. Questi viaggi l’autore non li descrive in modo semplice, ma li usa piuttosto come uno spunto per le diverse riflessioni che appaiono nei suoi testi. Tutto dipende da cosa l’autore prova in quel momento, come avrebbe detto l’autore stesso, nel momento persuaso, cosa gli sembra interessante o importante. Soprattutto per quanto riguarda i saggi, alla scrittura non precede una lunga preparazione. Magris è noto per portare con sé un taccuino dove scribacchia all’istante tutto ciò che lo colpisce, per poterci tornare su e magari riusarlo successivamente per qualche suo saggio (o romanzo). È lo stesso scrittore a confermarlo nella prefazione de L’Infinito viaggiare e non solo. Il suo taccuino è sempre pieno di varie osservazioni ed esperienze. Nelle sue opere si vede spesso come anche un’esperienza apparentemente insignificante faccia nascere una riflessione più profonda: basta una scritta su una tomba o una raffigurazione vista in un museo. Il viaggio di Magris è sempre un viaggio di formazione ed egli, con la sua erudizione, cerca di trasmettere le sue esperienze successivamente tramite i suoi scritti.
L’aspetto biografico nell’opera magrisiana è molto forte anche perché lo scrittore ama raccontare i luoghi che gli sono familiari. Anche per questo motivo appaiono spesso luoghi come la Trieste natìa, Fiume – città di sua moglie, Istria - il luogo delle estati giovanili o come Torino – la città dei suoi studi universitari. Tra tutti, Trieste è il luogo più menzionato; se ne trovano anche diverse prove in molte recensioni, interviste o nella monografia di Pellegrini, che dedica tutto un capitolo alla Trieste come luogo della sua scrittura. Magris è anche l’autore del volume scritto insieme ad Angelo Ara, Trieste, un’identità di frontiera (1982). Che i luoghi rappresentino un elemento particolare per lo scrittore, lo spiega egli stesso: “Un’identità è fatta anche di luoghi, delle strade nelle quali abbiamo vissuto e lasciato parte di noi. La carta del Monte Nevoso, coi nomi delle sue radure e dei suoi sentieri, è certo anche il mio ritratto, l’immagine di ciò che ho vissuto e che sono.”
Attraverso l’esperienza immediata dei luoghi e della gente, Magris riesce a trasmettere anche concetti che risultano comuni alle nazioni più varie tra loro e ai paesi di confine in generale. Ciò afferma per esempio anche il grande successo internazionale di Danubio.
Magris in un’intervista sostiene che sono anche le coincidenze che lo portano a scrivere i suoi articoli o i saggi che alla fine diventano libro. A volte lo scrittore scopre che anche due posti apparentemente insignificanti e diversi tra loro hanno qualcosa importante da dire. Magris ama trovare dei concetti comuni in società o culture diverse. Il motivo può essere che Magris non viaggia solo verso i luoghi principali ma si interessa anche a cose e città marginali, non tanto evidenti ad un viaggiatore comune.
Magris usa spesso la prima persona, sia singolare che plurale, ad esempio in Danubio, anche questo è la prova del suo autobiografismo:
“Ogni viaggio, come questo nostro cammino verso Dillingen, è una resistenza alla privazione, perché si viaggia non per arrivare ma per viaggiare e fra gli indugi brilla il puro presente. Chi è che si mette veramente in cammino? Narrando la storia del suo proemio alla biografia di Quintus Fixlein, Jean Paul racconta di avere incontrato, in viaggio, un Sovrintendente alle Belle Arti e di essersi spacciato, parlando con lui, per Fixlein, per il suo personaggio. Ma forse non solo Jean Paul, bensì chiunque scrive è un falsario di se stesso, affibbia con appassionata sincerità ma con arbitraria sostituzione di persona il pronome io a un altro, che in realtà va per sua strada.Chi sta camminando, in questa sera irripetibile, verso Dillingen, seguendo non solco del sentiero, ma il percorso che la penna traccia sulla carta?
Con il suo continuo viaggiare, Magris confronta sempre società e culture diverse, soprattutto riguardo alla questione dell’identità. Accanto al tema della frontiera questa è l’altra questione spesso toccata nei suoi libri. In Danubio è evidente che lo scrittore triestino indaga l’identità mitteleuropea e la ricerca lungo tutto il suo viaggio. Qui cerca le radici dei mitteleuropei e la fonte della questione delle nazioni divise non soltanto dal fiume, ma anche dalla storia plurisecolare di queste civiltà straordinarie e sovrane. L’autore dà numerosi esempi della “schizofrenia” della gente di frontiera o tocca diverse realtà plurinazionali. Un esempio per tutti, la personalità di Nonna Anka: in lei si mescolano alcune nazioni e lingue anche storicamente contraddittorie.
7.2 IL VIAGGIO FILOSOFICO DI CLAUDIO MAGRIS
All’inizio di questa tesi si è già notato che il viaggio filosofico in effetti è un viaggio storicizzante, verso le radici di ogni pensiero umano. Quello che fa Magris è proprio questo: confronta sempre il presente col passato. Se si vuole capire il principio di ogni evento, cambiamento o pensiero, bisogna imbattersi negli studi più profondi della storia. Magris dedica tanto tempo alla preparazione dei suoi scritti, soprattutto quando si tratta di opere complesse come Danubio. La storia è un elemento indissolubile dall’opera magrisiana.
Come germanista, Magris si occupa soprattutto della filosofia tedesca, della quale si costituisce in gran parte il mondo mitteleuropeo. Studiando la Mitteleuropa si studiano la letteratura, la filosofia e la cultura soprattutto tedesca, anche se con la sua opera Magris verifica anche l’importanza di culture e lingue marginali. Ecco perchè si può sostenere che lo scrittore dà spazio e voce anche alle minoranze. Conoscendo la storia si entra più pra fondo in ogni cultura.
“Ma il libro è soprattutto un viaggio attraverso il tempo, tempo individuale e storico, tempo che fugge via e trascina con sé nella sua fuga gli individui come le città e gli imperi. Il viaggiatore è un archeologo della realtà; che cerca di vedere i molteplici stratti della realtà, le storie che hanno lasciato il loro segno nel paesaggio, così come la storia personale di ognuno lascia il segno sul suo volto.”
Il viaggio filosofico nell’opera di Magris si compie in alcuni punti principali, come la visita a diversi musei, chiese, università, biblioteche, ma anche cimiteri, case di scrittori o semplicemente osterie e alberghi. Tutti quei posti hanno già un’impronta nella storia, dalla storia della gente comune fino alla Storia insegnata a scuola.
“La filosofia e la religione formulano delle verità, la storia accerta i fatti, ma, osserva Manzoni, solo la letteratura – l’arte in genere – dice come e perché gli uomini vivono quelle verità e quei fatti; come, nell’esistenza degli individui, gli universali che essi professano si mescolano alle cose piccole, minime e intime di cui è concretamente intessuta la loro esistenza; come le verità filosofiche, religiose o politiche s’intrecciano alle paure degli uomini, al loro desiderare, invecchiare, morire [...]
La memoria è fondamentale per un viaggio filosofico, poichè i problemi e le vicende epocali calano nella realtà concreta, in esperienze vissute. Le storie che vengono fuori durante il viaggio, anche quelle minori, derivano da un’attenta verifica da parte dell’autore, il quale si reca nelle biblioteche, va alle fonti letterarie e ne ricava poi una verità nuova. Di solito Magris elabora anche la possibilità di una storia alternativa, poiché la storia non è fatta solo di quello che è successo ma anche delle alternative che erano a disposizione in quel momento, ossia le potenzialità latenti in una determinata situazione.
Magris si distingue da altri viaggiatori classici proprio perché cerca di conoscere un paese anche attraverso la sua letteratura, come scrive ne L’Infinito viaggiare:
“Non mi basta viaggiare solo nella testa, perché mi interessano le persone e le cose, i colori e le stagioni, ma mi è difficile viaggiare senza la carta, senza libri da porre dinanzi al mondo come uno specchio, per vedere se si confermano o smentiscono a vicenda. Ci sono due tipi di libri che un viaggiatore può portarsi dietro: quelli scritti da autori che esprimono il genius loci, e chhe egli legge per capire meglio la realtà sconosciuta in cui si inoltra, e quelli scritti da autori arrivati a quel posto da lontano, sapendone poco come lui, e che egli legge per capire come un altro ha guardato quei luoghi per la prima volta.”
7.3 IL PASSATO CONTRO IL PRESENTE
Il viaggio di Magris è spesso lanche il viaggio contro o dietro il tempo:
“Il viaggio nello spazio è insieme un viaggio nel tempo e contro il tempo. La complessità stratificata e condensata di un luogo talora emerge con violenza, come semi che spacchino il guscio. [...] Non è solo il suo presente, ma pure quel labirinto di tempi ed epoche diverse che si intrecciano in un paesaggio e lo costituiscono, così come pieghe, rughe, espressioni scavate dalla felicità o dalla malinconia non solo segnano un viso, ma sono il viso di quella persona, che non ha mai soltanto l’età e lo stato d’ animo di quel momento, bensì è l’ insieme di tutte le età e gli stati d’animo della sua vita.”
L’autore nei suoi saggi confronta la storia passata con la situazione contemporanea. In Danubio prosegue studiando persino la storia dei posti che visita.
“La storia non è fatta soltanto di ciò che è successo, e certo ancora meno delle alternative chimeriche e assurde, ma è fatta anche delle possibilità, come vuole Musil, delle potenzialità concretamente latenti in una determinata situazione, di ciò che, in un dato momento, era o è possibile. Le speranze di una generazione in una precisa stagione storica fanno parte della storia di quella stagione e dunque hanno contribuito anch’esse a fare di noi quelli che siamo, anche se sono state disattese o smentite dal corso degli eventi.”
Si è già notato che Magris si prepara ampiamente prima di procedere alla scrittura studiando materiali storici e verificando ogni minimo dettaglio vuole raccogliere la pura verità per quel che riguarda gli avvenimenti storici. Direi che Magris è particolarmente affascinato dalle storie marginali, quelle che danno un tocco in più a tutti quei grandi eventi storici. Spesso le storie individuali in qualche modo sottolineano o verificano l’atmosfera storica. E la Storia, si capisce, si rispecchia anche nelle vite della gente comune, e di questo tende a narrare l’autore triestino.
“Certamente ho cercato, con il massimo rigore possibile, di attenermi alla storia. Anche perché credo che questa concretezza della storia sia sempre necessaria. Poiché conferisce forma – carne e sangue, direi – a quello che altrimenti resterebbe pura astrazione. Io credo molto nella storia. [...] Io credo profondamente che la storia – la storicità, la concretezza – aiutino dunque a difenderci contro la retorica.”
Si è notato nei primi capitoli che Magris vuole o ritiene necessario fare i conti con la realtà, con la storia ufficiale ma anche con la storia che poteva essere impedita o rimossa, e che comunque costituiva un’alternativa in quel momento.
L’Infinito viaggiare e Danubio sono opere importanti perchè riprendono le tematche contemporanee che sono interessanti ai lettori di oggi. In questi libri si può leggere riguardo ad avvenimenti che sono ormai storici, come il crollo del muro di Berlino o la scissione tra cechi e slovacchi. L’autore ne ha parlato nel momento in cui erano attuali, ecco perché i suoi libri portano anche una testimonianza molto particolare.
7.4 L’ACQUA
In primo luogo vanno menzionati il mare e l’acqua in generale come onnipresente metafora della vita. Magris è praticamente ossessionato dal mare, che per lui è tutto. Il mare non viene usato solo come metafora ma addiritura come protagonista, per esempio, nel romanzo Un altro mare. Il mare è un elemento forte che riesce ad influenzare la vita umana, in senso sia positivo che negativo.
Come sostiene Ernestina Pellegrini, autrice della monografia di Claudio Magris:
“[il mare] rappresenta anche la sfida, l’ostacolo da affrontare, la vita che bisogna attraversare, è il passaggio nel quale si colloca, fin dall’Odissea, ogni storia che racconta la ricerca del senso della vita e la formazione della propria identità. Se il mare è l’eterno, il fiume è il tempo, lo scorrere che trascina e porta via.”
Ecco anche le parole dello stesso Magris:
“Il mare è fondamentale per me in tutte le cose che scrivo. Ernestina Pellegrini ha scritto un libro sulla mia scrittura e l’ha intitolato Epica sull’acqua, si è parlato della mia idrofilia. Il mare per me è indissociabile dall’eros, dall’amore della vita, dal senso dell’unità con la vita e con la sua drammaticità, perché il mare è anche naufragio è anche abbandono e così via.”
In Danubio il mare rappresenta la meta ideale, la persuasione, l’unico scopo immaginabile del suo viaggio lungo il fiume. Anche il fiume ha un ruolo importante, poichè come il mare anch’esso rappresenta una forza che dirige la vita umana, divide o collega le civiltà, pone ostacoli o aiuta le culture a fiorire.
“[...] l’acqua, il mare ha soprattutto due significati: la posizione eretta, la sfida la prova che invita a superare la linea d’ombra; non c’è romanzo della vita, l’Odissea, senza il mare, senza l’acqua, l’acqua è come l’attraversamento, come l’iniziazione. L’acqua è tutto questo, prova, sfida, è il mare, l’uragano. Io sento di più l’altro significato: l’acqua come posizione distesa, orizzontale, non la faticosa posizione eretta, ma proprio star là disteso ad ascoltarla, perdersi, trovare la persuasione.”
Ne L’Infinito viaggiare Magris scrive: “Conoscere un paese, per me, significa anche tuffarsi nel suo mare, sentire lo spessore dell’acqua, percepire la sua luminosità e limpidezza, il suo sapore.”
7.5 LE FRONTIERE
Come triestino, Magris avverte fortemente la presenza della frontiera. Ed essendo Trieste una città al confine con la Slovenia, gli ha mostrato come la frontiera può dividere il noto dall’ignoto. Le frontiere che interresano l’autore triestino non sono solo quelle fisiche, ma anche quelle culturali, filosofiche, linguistiche o psicologiche. Questo è il tema principale presente nella maggior parte dei libri, dei saggi o degli articoli di Magris. A questo tema si aggiunge spesso anche la problematica dell’identità, che tocca ovviamente la gente dei confini geografici o nazionali. Come esempio si può ricordare il capitolo de L’Infinito viaggiare - Il trattino fatale, ma anche i capitoli con Nonna Anka in Danubio. In quest'ultimo caso lei è un tipico esempio dell’identità plurinazionale della Mitteleuropa. Inutile a dire che il problema dell’identità risulta attuale ed acuto in un’epoca caratterizzata dall’unione delle nazioni europee.
Il Magris-viaggiatore sa molto bene che viaggiando, spostandosi e attraversando i confini, l’identità dell’uomo cambia, si arrichisce o impoverisce e si trasforma. E in realtà non è neanche necessario percorrere migliaia di chilometri. Come ama sostenere l’autore stesso, qualche volta le avventure più grandi si possono vivere tra le mura della propria casa.
7.6 LA PERSUASIONE
Persuasione è un altro grande tema presente in ogni opera di quest’autore, come si è avuto già modo di notare in questa tesi.
Chi ha letto Un altro mare, romanzo ispirato alla vita del filosofo Carlo Michelstaedter, osserva poi in vari saggi che Magris torna a questa filosofia affascinante e fuori tempo descritta nell’opera La persuasione e la rettorica. Per un viaggiatore come Magris la persuasione è la parte più elementare della vita. Come egli stesso afferma, solo chi è persuaso può vivere un’esperienza intensa e reale del viaggio che compie. Solo l’uomo che vive persuaso è capace di vivere per un attimo, il presente; non è persuaso, mentre chi non è persuaso, cioè colui che pensa a quello che c’era o a quello che ci sarà, non riesce a sentire il momento che vive nel presente.
In Microcosmi l’autore parla del Danubio come del fiume che ha come la meta ideale la persuasione:
“In queste lagune (gradesi, nda), secondo la tradizione mitica, sfociava, tramite un fiume che sarebbe uscito dalla Sava, suo affluente, il Danubio. Tale fiume sarebbe stato l’Istro, che in altre versioni è il Danubio stesso. Anche gli Argonauti arrivano all’Adriatico risalendo il Danubio, portandosi la nave sulle spalle e rimettendola a navigare su altri corsi d’acqua, sino a raggiungere il mare. È giusto che il Danubio – il fiume della Mitteleuropa continentale, della sua grandezza, della sua malinconia e delle sue ossessioni – fluisca nell’Adriatico, perché l’Adriatico è il mare per eccelenza, il mare di ogni persuasione e di ogni abbandono, della vita vera e dell’armonia con essa.”
Dopo aver presentato le principali tematiche magrisiane, vorrei dedicare un capitolo anche al lato linguistico e stilistico della sua scrittura.
7.7 IL LINGUAGGIO LETTERARIO DI CLAUDIO MAGRIS
L’elemento più significativo per la scrittura magrisiana è la sua originale mescolanza della forma saggistica con quella narrativa. Per questo viene sia criticato che lodato. Così come spiega bene il professore Ermanno Paccagnini (tra l’altro autore della prefazione di Microcosmi):
“Non posso non rimarcare come la sua storia di «autore», avviatasi col saggio sul Mito absburgico e la «storia» di Joseph Roth (Lontano da dove), tenda quasi subito a prender coscienza d’una propria disposizione alla narrazione e d’una possibile storia di «scrittore», Cui semmai mancava occasione.”
Magris è noto per questo suo stile ambivalente del narratore-saggista. Ne è prova proprio il suo Danubio, che appunto viene considerato un romanzo-saggio o saggio-romanzo, il suo nuovo genere “inventato”. Lo scrittore tende a narrare della verità e di fatti reali, tuttavia il suo narrare è interseccato sempre con alcuni tratti saggistici in cui lo scrittore rimanda alla storia, alla politica, alla cultura o a diversi destini individuali, su cui fa delle riflessioni. In questo senso appaiono spesso nei suoi testi rimandi e citazioni di grandi uomini come filosofi, scienziati o scrittori. Spesso si tratta di intellettuali che hanno influenzato anche l’autore stesso. Grazie a questi tratti saggistici la sua scrittura diventa un tesoro della letteratura contemporanea. Più volte, infatti, le riflessioni e i momenti filosofici rappresentano per i lettori futuri una fonte inestimabile per conoscere il nostro mondo contemporaneo, anche perché l’autore riflette sui vari livelli della storia umana: non vede solo il presente, ma anche il modo in cui il passato si rispecchia nel presente. Magris va in fondo ad ogni evento che narra, va alle origini di ogni conflitto; per narrare vuole conoscere e anche spiegare i principi di ogni singolo fatto storico.
“Ovunque si è apprezzato il senso di pietas per tutto ciò che è umano, la curiosità storiografica inesauribile, il naturale talento filosofico, il gusto potente per il racconto epico, che frastagliano e disarticolano il corso di questo romanzo-saggio, esigendo un lettore vigile e pronto a saltare da un livello semantico a un altro, ad adeguare l’ascolto a una polifonia stilistica inesauribile, ora tragica, ora comica, ora malinconica, ora ironica, ora inventiva, ora informativa.”
Il suo stile è anche fortemente aneddotico: le piccole storie, anche divertenti, gli servono da spunto per una riflessione più profonda. Magris riporta spesso le informazioni interessanti e forse anche le meno conosciute riguardo ai vari personaggi storici. Spesso narra gli eventi che magari volevano essere nascosti. In questo modo offre al lettore una dose di curiosità. Poichè Magris dedica molto tempo alla preparazione dei suoi libri, riporta spesso le informazioni reali anche sotto nuove prospettive.
Magris come triestino non può che sentire lo storico fascino intellettuale di questa città multiculturale e ammette la lettura del grande triestino Italo Svevo o di James Joyce, che ha scritto il suo Ulysses a Trieste. Il capolavoro di Joyce usa spesso come esempio il viaggio circolare e classico che confronta con il viaggio rettilineo in chiave nitzscheiana.
Magris parla e cita spesso anche altri autori di questo territorio. In effetti Trieste e dintorni per lui sono i posti più significativi, ecco perchè a quei luoghi dedica tanti suoi saggi ed anche romanzi, come ad esempio Microcosmi. In questo caso occorre menzionare anche l’uso dei dialetti nel suo scrivere, per esempio la frase che conclude Danubio: “Fa che la morte mia – dice un verso di Marin – la sia comò ‘l scôre de un fiume in t’el mar grando.”
Magris ovviamente usa il tedesco poichè viaggia spesso in Germania e in Austria, tuttavia il suo uso nel testo è limitato soprattutto ai nomi o ai titoli. Ogni tanto appaiono espressioni in francese o in latino, quest’ultimo solo nei casi necessari e adeguati. Il testo non corre il rischio di essere incomprensibile al lettore. Si potrebbe dire che le lingue straniere sono usate in maniera molto spontanea e casuale.
A Magris è vicina e familiare la teoria del multilinguismo nella letteratura contemporanea In un’intervista ha espresso la sua opinione al riguardo, rivolgendosi alla teoria di Guido Monte proprio sul multilinguismo come chiave di lettura oggi:
“Apprezzo in particolare, e sento congeniale, questo approccio multiplo al mondo caotico e babelico in cui viviamo, ma non credo naturalmente che sia l’unico né che sia privilegiato rispetto ad altri. La scrittura nitida e precisa di Primo Levi non è certo meno capace di cogliere il mondo di quanto lo sia il pastiche di Gadda.”
Lo scrittore triestino parla spesso della divisione tra scrittura “diurna” e “notturna”, che riprende da Ernesto Sàbato, lo scrittore argentino che ha conosciuto anche personalmente.
“Per scrittura diurna s’intende quella in cui l’autore esprime in qualche modo un senso del mondo che condivide personalmente e consapevolmente, dice i suoi sentimenti e i suoi valori, e questo anche se vi mette dentro l’invenzione. La scrittura notturna, invece, tira fuori verità più profonde e anche detestabili, che magari l’autore neppure sapeva di possedere e che anzi, a volte, addirittura “lo hanno tradito”, dice Sàbato, perché contraddicono quello in cui crede.”
Questa divisione non significa che ci siano ore prestabilite per la scrittura, la teoria in realtà è più sottile: si tratta piuttosto di uno stato d’anima al momento dello scrivere. Tra le diverse conferenze e lezioni l’autore tiene ci sono anche lezioni su questo tema (per esempio a Monaco presso l’Istituto italiano di cultura).
Le opere di Magris hanno due motivi di nascita prima che l’autore inizi a scrivere: “In genere occorrono due cose: un interesse profondo, semi-notturno, per un tema o un personaggio, e il caso che arriva a portarlo alla luce.” In effetti così Magris spiega anche il caso del suo Danubio, come si è già sottolineato prima.
Interessante è il fatto che Magris scrive rigorosamente a mano:
“Non penso che una penna sia più vicina a Dio, o alla natura, rispetto a un mouse. È solo perché non ho mai imparato a usare bene la tastiera della macchina da scrivere o del computer, mi richiede troppa concentrazione e finisce per rovinare tutto: a mano scrivo delle frasi, sulla tastiera solo delle parole.”
Il linguaggio di Magris è ricco di metafore, soprattutto quelle del mare che appare spesso come metafora della vita, come nell’esempio: “È sulle rive del mare, [...] che s’incontra il respiro largo della vita, che apre alle grandi domande sul destino e al senso del bene e del male; il mare pone a confronto con l’ambiguità [...]. Al mare ci si spoglia, ci si toglie le soffocanti difese e ci si apre a ciò che sta davanti.”
Ma ecco altri esempi: “Sotto le finestre dell’intelligenza occidentale, l’ebreo, povero o ricco, si aggirava come il re degli «Schnorrer» ” , “Ci si sente a casa, in Europa, e in una delle più ariose stanze della comune casa europea.”
Nel testo di Danubio si individua anche l’anafora, per esempio nel capitolo su Passau, dove il nome di Passau viene ripetuto sempre all’inizio di ogni nuovo paragrafo.
Magris usa spesso il discorso indiretto libero citando diversi personaggi storici. Usa anche il discorso libero diretto, che arrichisce il testo e lo fa risultare ancora più immediato. Il raccontare dell’autore non è mai lineare, è piuttosto digressivo, descrittivo e contemplativo.
Magris collega o confronta diversi periodi storici. Spesso capita che una situazione quotidiana o un’immagine inconsueta lo colpiscano e gli servono da spunto per un racconto che può svelare un tema inaspettato. Magris stesso ammette più volte nelle sue interviste che c’è bisogno di qualche causa che lo porti a scrivere un saggio o addirittura un libro. E come dice spesso all’inizio dei suoi testi, non sa cosa ne verrà fuori. Scrivendo, poi l’autore scopre altri livelli di significato.
Per questo tipo di narratore è naturale anche l’uso della tecnica del flusso di coscienza o dei monologhi interiori. Magris si pone spesso delle domande a cui cerca di rispondere.
Il linguaggio magrisiano è quasi enciclopedico: l’autore non dimentica mai di citare, dove è necessario, i classici letterari o filosofi e, come notato precedentemente, usa anche espressioni in diverse lingue straniere. I suoi saggi e i suoi romanzi diventano un cocentrato di fatti e di sapienza. Magris è noto per la sua incredibile memoria; anche durante le interviste cita gli autori.
Magris ovviamente ammette di leggere molto e sempre quando ha un po’ di tempo, e queste letture lo influenzano ed ispirano; tra le sue prime letture si ricordano Conrad, Melville, Kipling, poi Tolstoj e Kafka, molto Flaubert e Leopardi, Sterne, Baudelaire o Cervantes.
8. CONCLUSIONE
Con questa tesi ho cercato di analizzare il tema del viaggio scegliendo un autore che ne è tipico rappresentante. Il lavoro di Claudio Magris mi è servito per poter riflettere su come il viaggio viene elaborato in opere diverse dello stesso autore. Lo scopo della presente tesi è stato quello di presentare il tema del viaggio in generale, poi la connessione del viaggio con l’identità ed alla fine presentare l’autore ed i suoi due testi scelti. Ho scelto L’Infinito viaggiare e Danubio come due controparti, un libro puramente saggistico accanto al romanzo che viene considerato il suo capolavoro. Con analisi di questi due testi ho voluto illustrare l’uso del tema del viaggio ed ho cercato di identificarvi gli elementi tipici applicati nei testi di Magris. Lo scrittore contemporaneo si studia molto comodamente poiché sono a disposizione tante fonti secondarie, per esempio le interviste, dialoghi pubblicati o numerosi articoli giornalistici, d’altro canto mancano i testi critici sull’autore. Questi materiali mi aiutavano a verificare il modo di lavoro dell’autore, il frequente uso di alcune tematiche e le fonti della sua ispirazione. Conoscendo vari testi dell’autore, man mano ho individuato effettivamente le tematiche ed i motivi ricorrenti nella sua scrittura. Ho avuto la possibilità di scoprire in profondo come lavora uno dei più apprezzati autori contemporanei. Ho cercato di esprimere come il tema del viaggio si evolve nella letteratura e come viene interpretata nell’opera di Magris. L’autore è conosciuto per i suoi infiniti viaggi che gli consentono di cogliere diverse informazioni ed ispirazioni, e tutto ciò conferma il viaggio come il tema più significativo dell’autore.
Per la presente tesi è stato importante individuare le differenze delle due opere analizzate. Danubio richiedeva dall’autore una preparazione profonda ed esistenziale, invece L’Infinito viaggiare è il frutto di diversi articoli e note del taccuino di viaggi. Con Danubio il lettore è invitato ad esplorare il mondo che Magris conosce molto bene, ne L’Infinito viaggiare Magris presenta diverse parti del mondo con la sua ottica particolare. Anche se si tratta di due opere assai diversi ho cercato di stabilire i punti comuni che appaiono in tutte e due le opere. La differenza tra questi due libri, la spiega in modo molto chiaro l’autore stesso ne L’Infinito viaggiare:
“In Danubio o in Microcosmi il viaggio, le persone e le cosa viste, le storie raccolte per strada vengono reinventate e rinarrate; diventano la storia di un personaggio, in gran parte immaginario. Non appartengono più a quel viaggio; hanno un’altra misura, un altro tempo, misto e composito, il tempo della letteratura che non coincide con quello della Storia. Il tempo delle pagine che seguono [L’infinito viaggiare, nda] è invece quello univoco del momento in cui sono state vissute e scritte.“
In effetti non ho analizzato solo queste due opere, ho consultato anche altri libri dell’autore che mi servivano per poter identificare alcune delle sue tematiche preferite, come il mare, l’acqua, le frontiere o la problematica dell’identità. Alla fine si potrebbe sostenere che ho scoperto e descritto la poetica di quest’autore. Posso affermare che il viaggio rappresenta per Magris un elemento inseparabile sia dalla sua vita che dalla sua scrittura. Va sottolineato che si tratta del viaggio in tutti sensi di interpretazione, nelle sue opere appare il viaggio fisico come anche quello metaforico. Tutto ciò volevo riportare nel mio lavoro.
Qui, per concludere questa tesi, devo ammettere che il lavoro di Magris ha tanti altri livelli su cui esso si può interpretare e studiare. Le opere magrisiane sono molto complesse ed invitano alle letture multiple e stratificate, io ho scelto i testi che rappresentano in modo particolare il tema del viaggio in quest’autore. Lo scrittore, però, ha un registro tematico molto più ricco, egli è anche autore di opere teatrali, di romanzi esistenziali, di saggi critici e letterari ed infine di numerosi articoli ed elzeviri. Credo che quest’autore debba essere ancora scoperto, e non soltanto per il suo Danubio, anche al pubblico ceco e slovacco, le due nazioni dove la problematica della frontiera e dell’identità rimane molto attuale.
9. BIBLIOGRAFIA
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CORTELAZZO, Manlio, Il nuovo etimologico: DELI – dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna,1999.
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GURRIERI, Elena, recensione a Ernestina Pellegrini, Epica sull'acqua. L'opera letteraria di Claudio Magris, Bergamo, Moretti & Vitali, 2003, [online] articolo disponibile sulle pagine del Bollettino '900, www.boll900.it.
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Fonte: http://is.muni.cz/th/178789/ff_m/Il_tema_del_viaggio_nell_opera_di_Claudio_Magris.doc
Sito web da visitare: http://is.muni.cz
Autore del testo: Ivona Krejčí
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