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L’amicizia? Un valore di altri tempi
L’amicizia nella filosofia (Giovina Cellamare)
«Infatti sembra che tolgono il Sole dall’universo coloro che tolgono dalla vita l’amicizia, della quale nulla di meglio riceviamo dagli dei immortali, niente di più piacevole…» (Cicerone, De Amicizia, 47)
Fra i più alti valori in cui credevano gli antichi greci e romani, padri della civiltà occidentale, c'era l'amicizia: un sentimento sul quale vale la pena di riflettere, perché in profondo contrasto con il materialismo del nostro stile di vita.
Nel mondo greco e latino l'amicizia era considerata il sentimento supremo proprio perché disinteressato ed altruistico, non inquinato dall'elemento sessuale né da passioni degradanti come la gelosia.
In età romana, Cicerone, grande filosofo e oratore ha dedicato un’intera opera all’amicizia: Laelius de amicitia.
Cicerone attingendo dalla concezione classica definì l’amicizia come un accordo di sentimenti, di tendenze, di convinzioni, come una consonanza armoniosa su tutte le questioni divine e umane, accompagnato da mutua benevolenza e carità e quindi il più forte e il più profondo di tutti gli affetti umani. Egli, del resto, sosteneva che la vera amicizia non può esistere che tra uomini onesti, poiché essa è fondata sulla virtù e la presuppone. La giustizia, la generosità, la lealtà, la rettitudine sono alcune delle virtù che rendono l’uomo capace di amicizia. Tuttavia, dal momento che non tutti gli uomini sono dotati di queste virtù allora una tale amicizia sarà necessariamente rara e limitata ad un circolo ristretto di persone.
Mentre Epicureo aveva fondato il sentimento dell’amicizia su basi utilitaristiche dicendo che in essa (philia) vi è una serenità più profonda, superiore anche a quella dell'amore (eros), perché più facilmente si può conservare libera da sentimenti che procurano dolore come la gelosia o il dolore del distacco, al contrario lo scrittore latino basava il sentimento di amicizia su sentimenti altruisti ritenendo che l’affetto si dia all’altro indipendentemente da ogni soddisfazione personale: o meglio, l’interesse può accompagnarlo ma come un effetto e non una causa. L’unica causa è l’amore. Ad ogni modo egli riconosce che esistono tanti tipi di amicizia quanti sono quelli di società, dalla fraternità estesa a tutto il mondo fino all’intimità tra due persone. L’amicizia universale, però, perde in intensità ciò che guadagna in estensione. Una teoria simile dell’amicizia la si ritrova in Agostino.
Il principio amicale appare ad esempio in Sant’Agostino oggetto di un’analisi approfondita alla luce della scoperta della propria interiorità.
L’epoca in cui egli visse era contraddistinta da una forte tendenza alle relazioni sociali e all’amicizia visto che il potere, concentrato nelle mani di una sola persona, riduceva le masse all’inerzia politica. In tali circostanze era naturale che l’interesse e le energie di un uomo si dirigessero verso gli amici.
Con l’avvento del cristianesimo l'amicizia viene inserita dentro la sfera di quel rapporto supremo che intercorre tra la creatura e il creatore, tra l'uomo e Dio
Sicché il principio amicale classico, che risaliva alla prestigiosa tradizione pitagorica, philótes-isótes (amicizia-uguaglianza) diventa addirittura un dato ovvio per l'Ebreo e per il Cristiano, perché l'uomo, ogni uomo, è creatura di Dio. Nessun giudizio umano quindi può prevalere su questo dato naturale e su questa uguaglianza sostanziale, che aprono all'amicizia spazi vasti quanto l'umanità intera.
Aristotele è il filosofo antico che ha rivolto maggiore attenzione all'amicizia, dedicando alla trattazione di essa diversi libri.
Secondo lo Stagirita, l’amicizia (o philia) è una «virtù o è accompagnata da virtù, ed è…assolutamente necessaria alla vita» sia individuale che collettiva. L’amicizia, perciò, viene definita come una sorta di comunanza: l’uomo è per natura un’animale sociale e in questo rapportarsi agli altri suoi simili, collaborando e cooperando, realizza pienamente se stesso e in tal modo raggiunge la propria felicità individuale. E così le varie specie di amicizia, che sono fondamentalmente tre, corrispondono ad altrettante specie di comunità. Dove c’è amicizia, quindi, c’è vita sociale e di relazione.
I tre motivi dell’amicizia, che poi danno vita alle tre specie di amicizia, sono l’utilità, il piacere, il bene. A seconda del prevalere dell’uno o dell’altro motivo si ha una diversa specie di amicizia e, di conseguenza, di comunità.
Quando prevale l’utilità, l’amicizia è la più labile possibile e si esaurisce tutta nell’ambito puramente utilitaristico; l’amicizia è strumentale ed è finalizzata al conseguimento di un determi-nato, ben preciso, bene.
Il secondo tipo, invece, è determinato dal conseguimento di un piacere. Tuttavia
anche in questo caso, l’amicizia ha una durata breve, determinata dalla durata del piacere: di conseguenza è poco profonda.
Il tipo di amicizia vera, perfetta e profonda, è quella che nasce tra gli uomini virtuosi, per i quali la persona non è solo un mezzo o uno strumento utile al raggiungimento di altri fini, ma è un fine in se stessa.
Così il filosofo Kant, pietra miliare della filosofia contemporanea, che nella «Critica della Ragion Pratica» ammonisce ad agire considerando gli altri sempre come dei fini e non come mezzi.
Sul finire dell’800 si staglia la concezione amicale del filosofo Nietzsche, che fagocita tale concetto in quello del « dionisiaco »: l’amico dionisiaco ha dentro un mondo compiuto e non ha bisogno di compensazione, è capace di vivere autenticamente, fedele a se stesso.
Con l’amicizia dionisiaca scompaiono l’invidia, il risentimento, la colpa, l’incomprensione. Viene riscoperto il valore dell’innocenza, dell’ingenuità, della meraviglia. Nessuno è più scompensato. Nessuno ha più paura dell’altro. L’amico non tradisce più l’amico. Ognuno ha realizzato un mondo compiuto da donare all’altro. E così usa l’esempio di Giulio Cesare, il quale, a suo dire, non sarebbe stato pugnalato dai suoi amici se questi fossero stati amici dionisiaci, e cioè scevri da ogni rivalità e invidia.
Secondo alcuni recenti studi sociologici, l'amicizia è un sentimento in estinzione in Occidente a partire dai tempi della Rivoluzione Francese. Da allora l'amicizia sembra essere stata sempre più confinata nel ghetto dell'adolescenza e della vecchiaia: due età fra loro lontane, ma accomunate dal desiderio di «fare gruppo» per vincere il senso di isolamento e di solitudine, di diversità e di emarginazione che spesso tormenta i giovani e gli anziani. Si tratta però di un sentimento degradato, che nasce dal bisogno di far fronte ad una difficoltà comune; un senso tribale del «clan», più che un sentimento di amicizia vero e proprio.Pare invece che l'amicizia tenda ad essere pressoché assente dal mondo degli adulti, sostituita da rapporti di convenienza e di interesse e dal rapporto di coppia, che si vuole totalmente coinvolgente, sensuale e passionale, tale da escludere tutto il resto del mondo. Ma il rapporto di coppia rientra in un ambito avulso da quello dell’amicizia: l’amore che viene concepito ancora secondo una concezione romantica, decisamente egoistica e senz'altro controproducente sul piano dei rapporti sociali, perché genera isolamento e porta alla chiusura anziché all'apertura verso il mondo esterno.
L’amicizia nella mitologia (Angela d’Avanzo)
Il termine mito deriva dalla parola greca mythos e significa “racconto “,fin dai tempi più remoti ogni popolo della terra ha elaborato miti con i quali ha cercato di spiegare i diversi aspetti della realtà ;spesso al centro del mito sono stati posti i valori,il modo di vivere e di pensare di un gruppo umano..D’altra parte presso i popoli in cui è nato, il mito è stato considerato un racconto sacro legato al soprannaturale e la sua narrazione accompagnata da particolari riti. I luoghi che fanno da sfondo alle vicende narrate sono fantastici, immaginari,il tempo è indeterminato ,i personaggi sono uomini,eroi ,creature fantastiche o animali umanizzati ed offrono spiegazioni sui popoli che lo hanno creato , sull’ambiente in cui questi popoli hanno vissuto e sul tipo di società di cui fanno parte .Nel mito ci sono numerosi elementi simbolici che rappresentano in modo semplice una idea. Dice Aristotele “Il racconto è mito poichè sa comporre gli avvenimenti in unità in cui appare la loro verosimiglianza”, per cui il racconto mitologico ci fornisce chiavi di lettura della complessa e multiforme realtà. E’ questo l’intento di questo racconto che parla di una sincera amicizia tra gli elementi vitali e primordiali come acqua, sole e luna.
“Una antico mito africano racconta di un tempo lontano in cui l’Acqua e il Sole erano amici e vivevano tutti e due sulla terra , il Sole quasi quotidianamente si recava dall’amica acqua e la pregava continuamente di ricambiare la visita a casa sua .Un giorno l’Acqua le disse che se l’avesse voluta come ospite doveva ingrandire la sua casa perché ovunque lei andasse la seguivano uno stuolo infinito di parenti e la capanna dove lui e sua moglie Luna vivevano non poteva contenerli tutti.Il sole decise allora di costruirsi con sua moglie Luna una casa grande ma tanto grande, tale da poter contenere l’Acqua e i suoi parenti:Quando terminò di costruirla ando’ dall’Acqua e invitò lei e la sua numerosa famiglia:Così l’Acqua accettò l’invito e si recò a casa loro,l’acqua cominciò ad entrare, acqua di fiume , di lago, di stagno ,acqua piena di pesci e di rannocchie di squali e di coccodrilli .Dopo un po’ il Sole e la Luna si ritrovarono a bagno fino alle ginocchia e l’Acqua disse che forse erano in troppi e che sarebbe stato meglio andar via ma il Sole e la Luna ci tenevano ad essere gentili e li invitarono a restare e ad entrare. L’Acqua continuò a riversarsi nella casa e in poco tempo arrivò al soffitto e al tetto ,e alla fine inghiottì la terra tutt’intorno. Al sole e alla luna non restò che rifugiarsi in cielo dove vivono ancora oggi, nessuno dei due ha desiderio di bagnarsi i piedi.
Verrebbe da esclamare potere dell’amicizia! Fondata sull’accettazione incondizionata dell’altro tanto da stravolgere i luoghi.Per permettere all’amica Acqua di entrare a casa il Sole è disposto a modificare la sua casa.
A volte mi guardo intorno e vedo che i luoghi in cui viviamo non permettono agli amici di incontrarsi di accogliersi reciprocamente ,di viversi come persone. La parola persona deriva dal greco prosopos e vuol dire colui che mi sta di fronte. Accolgo l’altro senza farmi sommergere da lui sapendo di essere diversi ,consapevoli però di aver bisogno l’uno della diversità dell’altro.Il Sole e la Luna sono così gentili che anche quando l’acqua è così inondante non le dicono esci fuori, non le puntano il dito stigmatizzandola o deridendola ma offrono nei suoi confronti parole e gesti gentili.Ci sono nel nostro modo di comunicare modalità che rivelano sincerità, gentilezza , altre che invece funzionano da killer suscitano odio, rancore provocano risentimento ,l’amicizia non vuol dire “mi piaci se…” l’amico è tale quando attraverso gesti e parole ci aiuta a comprendere i nostri limiti, il nostro modo inadeguato di essere o di fare senza giudizi,ad accettarci per quello che siamo senza volerci cambiare a suo piacimento o volerci asservire ai suoi bisogni o interessi. L’amico non ci lascia nella solitudine dell’errore, del limite,è autentico se ci sprona a cercare nuovi modi di essere,per ritrovarci ,così da stare bene con sé e con gli altri. .Dice San Giovanni Crisostomo “ potrai raccogliere tesori di ogni genere ma nulla vale quanto un amico sincero”.
Tornare alle origini ci aiuta certo a capire ciò che essenziale e importante nella nostra vita, è come dice Moni Ovadia “se non sai dove stai andando girati per vedere da dove vieni”
L’amicizia… star bene con sé stessi, con gli altri, con Dio (Anselm Grun)
L’avere cura é il filo conduttore lungo il quale il monaco benedettino Anselm Grun sviluppa il tema dell’amicizia nel suo “Il breve libro dell’amicizia”(edito da Queriniana).
L’amicizia nella nostra società caratterizzata dal disgregarsi di molti antichi valori e legami è invece il tipo di rapporto piú ricercato e non contestato da nessuno.
“Il dialogo con l’amico ridimensiona i problemi e me li presenta in un’altra luce…La vicinanza dell’amico diventa uno scudo contro le emozioni negative che provengono dall’esterno.Controbilancia tutti i carichi che mi pesano addosso ogni giorno .”questo dunque appare il motivo fondante l’amicizia tuttavia sostiene Grun bisogna in primis saper essere amici di sé stessi per cui seguendo la massima socratica Conosci tè stesso è necessario aver stima di ció che siamo e non dell’immagine che col passare del tempo si è consolidata del nostro io imparando a scegliere in favore di sé stessi e stimando anche i lati meno piacevoli della nostra personalitá. Ritorna cosí centrale il tema dell’aver cura infatti cosí come dobbiamo aver cura del nostro io anche l’amicizia nasce e si consolida curandola pazientemente e rinnovandola in modo che i riti che fondano le abitudini degli amici non diventino rituali vuoti.
Proprio perché gli amici riescono a penetrare e a comprende il nostro modo d’essere anche Gesú ha fondato con i suoi discepoli un patto d’amicizia ,non obbligandoli a diventare suoi amici ma esprimendo loro i suoi pensieri e mostrando il suo amore. Grun ritrova nel dialogo e nella presenza costante l’amicizia tra gli uomini e Dio infatti afferma : “L’essenza dell’amicizia giunge al suo vero compimento nel fatto che possiamo parlare con lui come con un amico,che egli ci accompagna lungo il nostro cammino e ci ama di un amore che non risparmia neppure la sua vita. ”
Spesso, al contrario, nella nostra società le gerarchie , e talvolta le istituzioni in favore del guadagno economico o del prestigio sociale pongono gli uomini in competizione attuando cosí la formula “homo homini lupus” che alcuni pensatori hanno definito l’aspetto caratterizzante l’essere umano.
In realtà come ci mostra il libro “Se i soldati diventano amici ciò mina la forza di difesa.Perché gli amici non sanno uccidere”.
Emerge dunque quanto l’amicizia sia la massima espressione del nostro essere uomini dato che contribuisce a guardare a noi stessi entrando in sintonia con gli altri perciò riprendendo un concetto di Sant’Agostino possiamo affermare che solo attraverso l’amico il mondo ci diventa amico.
Quell’impulso d’amore che ci conduce alla porta di un amico è la voce di Dio dentro di noi, e non dobbiamo aver paura di seguirla.
(A. Sandford)
È necessario sentire la mano di Dio sulla nostra spalla per poter essere la sua mano sulla spalla degli altri.
(P. Zeissig)
Fonte: http://anteprima.qumran2.net/aree_testi/giovani/amicizia.zip/Lamicizia.doc
Sito web da visitare: http://anteprima.qumran2.net/
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