Tesina impressionismo

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Tesina impressionismo

IMPRESSIONISMO

Movimento artistico sviluppatosi in Francia nella seconda metà del sec. XIX, inteso a rendere più libera la sensibilità dell'artista in opposizione all'arte accademica.
Nell’aprile del 1874, a Parigi, una serie di pittori definiti come “avanguardisti”, si riunirono per celebrare la loro prima esposizione.
A questa esposizione, organizzata nello studio fotografico Nadar dalla Société Anonyme des artistes con intenti di polemica indipendenza dal Salon ufficiale, parteciparono 30 artisti con più di 200 opere, tra loro c’erano : Claude Monet, Edouard Manet, Alfred Sisley, Paul Cézanne, Auguste Renoir ed Edgar Degas.
Venne definita “La Exposition Impressioniste” dal critico Leroy, con un neologismo di tono dispregiativo derivato dal titolo di un quadro di Monet, in cui era rappresentata una città marittima francese, che l’autore battezzò : “Impressione: sole nascente”.
Da questa “impressione” di Monet si iniziò ad usare l’appellativo Impressionismo.
La mostra segnò il punto d'arrivo di un periodo di formazione del movimento, questo gruppo di pittori aveva iniziato a riunirsi già dal 1860 e continuarono ad esporre insieme fino al 1886.
Il movimento non ebbe da parte dei suoi protagonisti una vera elaborazione teorica: ciò che li univa era una pittura al naturale, basata sull’impressione individuale di fronte a un tema, qualsiasi che fosse.
A metà dell’800 in Francia ed in Europa in generale, era diffusa la pittura di derivazione neoclassica, ma i pittori impressionisti, accomunati dallo stesso desiderio di rompere con gli schemi accademici, rifiutavano sia i temi storici, che quelli fantastici e romantici, preferivano la rappresentazione della realtà, fissavano sulla tela la fugace impressione causata in loro dalla scena che avevano davanti, creando una fusione tra oggetto, spazio e atmosfera. Dipingevano all’aperto, lungo la Senna utilizzando dei cavalletti portatili e con colori ad olio in tubetto, che furono inventati in questo periodo.
Già in precedenza alcuni pittori (Scuola di Barbizon) avevano studiato dal vero la varietà dei fenomeni naturali, i giochi di luce, il cambio delle stagioni, ma era uno studio realizzato attraverso degli schizzi, degli studi preliminari, che servivano per dipingere l’opera definitiva in studio.
Invece per gli Impressionisti quegli schizzi erano molto più spontanei e vicini alla realtà dell’opera finita, quindi decisero dipingere direttamente all’aperto su piccole tele, senza un disegno preparatorio e applicando il colore con pennellate rapide e morbide cogliendo l’impressione visiva della scena, del paesaggio più che la definizione della forma nei dettagli. Il colore diventa la componente espressiva principale e si fa luce e ombra, variando l’aspetto cromatico delle cose nelle varie ore del giorno. Il disegno e l’uso del nero e bianco vengono aboliti, utilizzano solo i colori puri, anche nelle definizione delle ombre. Per Renoir la neve non è solo bianca, ma anche azzurra per il riflesso del cielo, l’erba non è solo verde ma anche gialla per il sole. I pittori impressionisti, sollecitati da una particolare sensibilità ai problemi relativi della “visione”, applicavano alla pittura, in modo più o meno cosciente, una serie di scoperte scientifiche e nuove leggi ottiche riguardanti la luce e il colore.
Un quadro impressionista è formato dalla combinazione di toni puri disposti uno vicino all’altro secondo la legge dei contrasti simultanei, in maniera tale, che l’occhio umano, mescolandoli nella retina ricrea l’aspetto della natura e la luminosità dell’ambiente.
Gli Impressionisti lavoravano in stretto rapporto con la fotografia, soprattutto nel taglio dell’inquadratura, la conoscenza e l’uso della fotografia suggeriscono inquadrature rivoluzionarie: alto, basso, diagonale, quindi lo spazio va oltre i limiti della cornice, dà l’ illusione della continuità della scena.
Da vicino un quadro impressionista appare come un aggregato di particelle colorate, macchie e punti, che simbolizzano la dissoluzione della materia.
In quanto alla tecnica i colori venivano applicati con pennellate rapide e nervose, che esprimo un concetto della realtà come un qualcosa di dinamico ed effimero.
I temi preferiti erano i paesaggi, i ritratti, le nature morte, i bar, le scene di vita quotidiana; prediligevano la rappresentazione di foglie, acqua, nubi o fumo, elementi in cui più si manifesta il tremore della luce.
A volte le rappresentazioni sono statiche, come ad esempio le “cattedrali” di Monet, ma in questi casi i soggetti venivano rappresentati in differenti ore del giorno col fine di percepire le diverse inflessioni di luci su di essi.
La gamma cromatica è sempre tenue, perché i paesaggi per lo più rappresentati sono quelli della costa atlantica o dell’Ile de France, spesso coperti da cappe di nubi.
EDOUARD MANET
Edouard Manet nacque a Parigi nel 1832 da una famiglia benestante. Personaggio colto e frequentatore della vita intellettuale parigina, fu il protagonista di una rivoluzione pittorica di vastissima portata: dalle sue opere Le déjeuner sur l'herbe e Olympia si suole infatti datare l'inizio dell'arte moderna. Figlio di un alto magistrato, la sua vocazione artistica incontrò la viva resistenza della famiglia, tanto che a sedici anni decise di imbarcarsi su un mercantile, compiendo un lungo viaggio nei Mari del Sud.
Al suo ritorno, gli fu permesso di frequentare il celebre pittore Couture, artista accademico. Il suo stile, però, mal si adattava allo spirito di Manet; ciononostante, Edouard rimase presso il suo maestro per sei anni, compiendo contemporaneamente dei viaggi di studio, fondamentali per la sua formazione. Nel 1856 lasciò Couture per seguire le lezioni del celebre Bonnat. Manet si dedicò alla copia dei maestri del passato (pratica fondamentale dell’insegnamento accademico), ottenendo il permesso di riprodurre La barca di Dante di Delacroix.
Nello stesso 1856 aprì il proprio studio e cominciò a formarsi uno stile personale. In questo periodo conobbe i pittori impressionisti; tra questi, instaurò una forte amicizia con Degas. Viaggiò attraverso l'Europa, esercitandosi nella pittura en plein air.
Partecipò alla piccola galleria di Martinet, ma le sue opere, insieme a quelle di altri artisti, furono aspramente criticate e non ammesse ai Salòn ufficiali.
Napoleone III, con una decisione del tutto inaspettata, decretò l’apertura di un Salon de Refusés, dove gli artisti potevano mostrare, facoltativamente, le opere rifiutate dalla giuria. Nel 1863 Manet, nonostante non volesse essere considerato un rivoluzionario, partecipò all’esposizione con il famoso “Colazione sull‘erba” che suscitò enorme scandalo, sia per il soggetto, francamente moderno, sia per la rivoluzionaria tecnica pittorica.
Nonostante gli insuccessi, continuò imperterrito la strada intrapresa, portando a termine un nudo femminile destinato a diventare uno dei nudi più celebrati dell'arte: l'”Olympia”. Ma alla sua prima esposizione questo quadro suscitò forte scandalo, a causa del personaggio ritratto: un’etera ben nota nella Parigi di allora.
Per anni fu soggetto a forti critiche derivate dai precedenti insuccessi, ma, oltre agli altri amici artisti, trovò un sostenitore nel giovane Emile Zolà, giornalista esordiente, grande amico anche di Cézanne. Manet, stanco dell’ostracismo della giuria, decise di organizzare una mostra personale; fu però un insuccesso, a causa del giudizio negativo ormai consolidato.
Dal 1874 Manet si avvicinò alle convinzioni degli impressionisti, frequentò il gruppo assiduamente e partecipò alla loro prima esposizione allestita presso lo studio parigino del fotografo Nadar.
Nel 1882, finalmente, una sua opera fu ammessa in un Salon ufficiale: Il bar delle Folies-Bergeres, ultima realizzazione importante dell'artista che, colpito da atassia e costretto all'immobilità, nell'ultimo anno di vita dipinse soltanto nature morte e fiori. Morì il 30 aprile del 1883.
Colazione sull’erba: 1863 - Olio su tela, 208 x 264 cm
- Parigi, Musèe d’Orsay
Tema: Manet espone questa tela, respinta dal Salon ufficiale, nel Salon dei “rifiutati”. Il pubblico e la critica si indignarono per la assurdità del soggetto: una donna nuda conversa in un bosco con due signori vestiti. Il quadro interpreta il tema della festa campestre raffigurata come un picnic. Rappresenta una scena di vita quotidiana. Il titolo iniziale era il bagno. Manet viola deliberatamente le convenzioni ed i canoni dell’arte accademica traducendo in un linguaggio figurativo moderno temi già usati dagli antichi maestri della pittura. Per questa composizione, Manet si ispira ad alcune opere rinascimentali, di Tiziano, di Giorgione, o ad alcune rappresentazioni tratte dal Giudizio di Paride di Raffaello.
Composizione: In primo piano, due uomini conversano accanto a una donna nuda, mentre un’altra donna, in secondo piano, si bagna in un ruscello. Le figure sono disposte a piramide, e spiccano per via dei nitidi contrasti cromatici con cui è composto il quadro. Il ridotto senso di profondità è dato anche dalla sovrapposizione per piani paralleli degli alberi e dei cespugli. Altri elementi in evidenza sono la natura morta in primo piano, con la colazione che giace sull’erba, ulteriore riferimento alla tradizione pittorica, in questo caso barocca.
Caratteristiche: I signori rappresentati indossano i vestiti alla moda francese dell’epoca, con bastone in mano, cravatta e berretto nero. Il pittore usa come modelli il cognato ed un suo amico scultore olandese. La fanciulla nuda è la modella prediletta di Manet, Victorine Meurent, e non mostra nessun interesse verso i duo giovani protagonisti. Il suo sguardo è rivolto verso lo spettatore, che ne rimane quasi intimidito. La nuda non rappresenta nessuna figura mitologica e nessuna allusione simbolica. L’opera viene subito censurata per il suo troppo realismo e perché non rispetta le regole della pittura neoclassica. Manet, infatti, evita i passaggi chiaroscurali, creando ampie zone di colore uniforme, accostate e contrastanti, stesi con pennellate veloci, giustapponendo colori caldi e freddi, mentre lo sfondo è appena accennato da macchie di colore. Ciò determina un’impressione di assenza di volume e consistenza.
L’obbiettivo di Manet è dipingere ciò che si vede, senza idealizzare i protagonisti e senza disegni preparatori. Il contrasto tra i colori dona al dipinto un’atmosfera squillante e fresca, rendendo Manet un pittore di sensazioni, e non di allegorie o personaggi. Non c’è più distinzione tra i corpi solidi e lo spazio che li contiene: nell’immagine non vi sono elementi positivo o negativi, tutto si da alla vista mediante il colore. Figure e spazio formano perciò un contesto solo.
Olympia: 1863 - Olio su tela, 130 x 190 cm
- Parigi, Musèe d’Orsay
Tema: Esposto in un Salon, suscita grande scandalo. Esso rappresenta un nudo femminile semidisteso su un letto disfatto, riprendendo l’impostazione generale della Venere di Urbino di Tiziano. Ma, se, agli occhi dei suoi contemporanei, il nudo di Tiziano rappresentava una bellezza dolce e pudica, vista all'interno di un palazzo rinascimentale, l'Olympia si impone schietta e glaciale in un ambiente simile a quello di una casa di tolleranza. Infatti, è il ritratto di una prostituta, come suggeriscono alcuni elementi rappresentati nella scena: il mazzo di fiori di uno spasimante, il nastrino nei capelli, i bracciali, le scarpe col tacco, ma anche lo stesso nome “Olympia”, usato da donne di facili costumi.
Composizione: La protagonista è al centro e la luce è puntata su di lei. In secondo piano è dipinta una donna di colore che regge il mazzo variopinto di fiori, rappresentato con una tecnica già del tutto impressionista. Infatti, è costruito su macchie indefinite di colore, stese con rapide e piccole pennellate. Solo osservato in lontananza, il mazzo acquista un grande effetto realistico.
Sul lato destro in fondo al letto compare un gatto nero, che probabilmente rappresenta la libertà, l’emancipazione che la donna iniziava ad ottenere in quegli anni, a differenza del cagnolino nella Venere di Urbino di Tiziano, simbolo di fedeltà,
Caratteristiche: Da un punto di vista formale si può notare come Manet prediliga una visione tendenzialmente priva di profondità, dove il senso della prospettiva è dato dagli accostamenti di colore, piuttosto che dal disegno, così come i volumi dei corpi. Le forme sono ampie, rotondeggianti e appiattite per via dei colori e del nitore dei contorni scuri che rinviano alle stampe giapponesi dove dominavano le tinte piatte. L’attenzione, che Manet rivolge ai colori ricorda anche la pittura fiamminga.
Il quadro è costruito sul contrasto netto tra tinte chiare e scure, come il color avorio della pelle di Olympia che si staglia sullo sfondo scuro, o l'opposizione cromatica tra la veste rosata della serva e il colore scuro della sua pelle. I colori freddi sono accostati a quelli caldi, come nel bouquet di fiori dalle tinte bianche, azzurre e rosse.
CLAUDE MONET
Oscar Claude Monet nacque a Parigi il 14 novembre 1840, ma trascorse l'infanzia nel porto di Le Havre, dove ottenne fama locale come caricaturista; venne quindi in contatto con E. Boudin il suo primo maestro, che lo indirizzò verso la pittura, lo incitò ad abbandonare la caricatura, gli insegnò a osservare la natura, le cose e a dipingere il paesaggio all'aperto. L'insegnamento di Boudin rappresentò uno stimolo fondamentale nella formazione di Monet e nello sviluppo del suo stile. Verso il 1858, come racconterà lui stesso, Monet incominciò a 'vedere' e a 'dipingere'. Disse: "In quel momento mi si aprirono gli occhi e cominciai a capire veramente la natura". E' un'affermazione importante, indica che la percezione visiva e la pittura hanno uno scopo conoscitivo, implicano una crescita culturale e uno sviluppo della conoscenza.
Recatosi a Parigi nel 1859, fu attratto dalla pittura degli artisti come Delacroix, Corot ed altri e preferì ai corsi regolari dell'Accademia, quelli dell'Académie Suisse, che non era una vera scuola, non c’erano lezioni e insegnanti, ma modelli per potersi esercitare nel disegno.
Frequentò la "Birreria dei martiri" luogo d'incontro di artisti e intellettuali, il luogo storico in cui, spontaneamente, attraverso scambi di idee, conversazioni, incontri, Monet e gli altri amici pittori fondano le basi dell'impressionismo.
Nel 1860 Monet interruppe la sua attività artistica per il servizio militare, venne mandato in Algeria, dove rimase affascinato dall'atmosfera esotica e dai colori di questo paese. Ma l'anno successivo si ammalò e venne rimpatriato. Di ritorno a Parigi Monet iniziò la sua ricerca espressiva tutta basata sul colore e la sua luminosità, eliminando via, via il chiaroscuro e i passaggi graduati. In seguito eliminò anche il disegno prospettico e si concentrò sullo studio della luce e delle qualità dei colori. Non interruppe mai il lavoro, continuò a dipingere sempre all'aperto e spesso con i suoi amici pittori. Uno dei luoghi preferiti del gruppo fu un villaggio nella foresta di Fontainebleau: qui potevano studiare bene gli effetti dello spazio, della luce e dell'atmosfera. In questa occasione Monet conobbe Courbet, un pittore realista, che per un certo tempo diventò suo maestro. Monet ammirava molto le opere di Courbet, ma più che al realismo e alle componenti simboliche della sua pittura era interessato alla tecnica. Nel 1865 cominciò a esporre al Salon, dove le sue opere ottennero sempre maggiore successo. Le critiche al suo stile, decisamente innovativo, arrivarono dai sostenitori dell'arte accademica, che consideravano frutto di negligenza le sue ampie pennellate applicate con libertà sulla tela.
Nel 1874 Monet e il suo gruppo decisero di organizzare una propria esposizione. La critica, giudicando sommario e incompiuto il loro stile, li definì sprezzantemente "impressionisti". In questo periodo, le composizioni dell'artista si caratterizzavano per l'uso di colori puri. Monet prediligeva sempre i paesaggi e le marine, ma si rivolgeva anche a scene della vita parigina. Verso la metà degli anni Ottanta, Monet conobbe i primi successi di critica e di pubblico. Dal 1889 iniziò a eseguire serie di dipinti (famosa, tra le altre, è quella delle Cattedrali di Rouen, 1892-94) che ritraevano lo stesso soggetto in diverse ore del giorno o in diversi periodi dell'anno, mostrando così che la sua tecnica, nonostante l'apparente semplicità, ben si prestava a rendere l'intera gamma delle variazioni atmosferiche.
Dal 1899, acquistata una casa a Giverny, vicino a Parigi, si dedicò a ritrarre il suo giardino ricco di fiori, realizzando, tra l'altro, la serie delle Ninfee (1909-26), talvolta su tele di grandi dimensioni. Monet lavorò alle Ninfee fino all'ultimo momento, lasciando un ultima versione incompiuta. Morì nel 1926 a Giverny.
Impressione: sole nascente: 1872 - Olio su tela, 48 x 63 cm
- Parigi, Museo Marmottan
Tema: Il quadro, da cui tradizionalmente si fa discendere il nome del movimento, viene realizzato a Le Havre, ed è descritto dallo stesso Monet, come lo studio degli effetti solari sull’acqua tema che appassionerà molto l’artista e su cui spesso tornerà. Non si tratta infatti della rappresentazione di un paesaggio, ma della «sensazione evocata dal paesaggio stesso»
Composizione: In primo piano solo le sagome scure di alcune piccole imbarcazioni. Sul fondo il sole che sorge dal mare, un sole inizialmente pallido, con riflessi realizzati con pochi tocchi di pennello. Come si può notare, non vi è alcuna traccia di disegni preparatori e dunque il colore è dato direttamente sulla tela, con pennellate brevi e veloci. L'uso giustapposto di colori caldi e freddi rende in modo suggestivo l'effetto della nebbia del mattino attraverso il cui manto si fa lentamente strada.
Caratteristiche: E’ uno straordinario dipinto, tecnicamente rivoluzionario. Ogni oggettività è stravolta, c’è la volontà di trasmettere allo spettatore attraverso il dipinto le sensazioni provate dall’artista guardando l’aurora. Monet vuole cogliere l’impressione di un attimo. Dipinto forse a memoria, la realtà rimane annebbiata, non la cogliamo nei suoi minimi particolari ma cogliamo l’idea nel suo insieme e le sensazioni dell’artista.
Purtroppo l’esposizione e i dipinti presentati da Monet sono accolti soprattutto da aspre critiche e il pubblico, spesso, vi si reca solo per divertimento. In realtà si sta compiendo proprio sotto i loro occhi una vera e propria rivoluzione.
I papaveri: 1873 - Olio su tela, 50 x 65 cm
- Parigi, Musèe d’Orsay
Tema: E un’opera che vuole trasmettere allegria, evoca l'atmosfera vibrante di una passeggiata in mezzo ai campi in una giornata estiva. Monet dipinge molti quadri, in questo stesso periodo, aventi per soggetto il tema del riposo e della passeggiata. Paesaggi luminosi che gli permettono di esplorare tutte le possibilità offerte da una pittura en plein air.
Preferisce rappresentare i paesaggi naturali e presta scarsa attenzione ai paesaggi industriali, perchè ciò che gli interessa registrare sono gli effetti di luce e di colore.
Composizione: La donna con l’ombrellino è la moglie del pittore, Camille e il bambino è suo figlio Jean, l'artista ritrae la sua famiglia due volte: la prima in alto a sinistra e la seconda nell'angolo in basso a destra. Monet vuole rappresentare lo scorrere del tempo durante il quale i suoi cari sono scesi dalla collina; non a caso il bambino e la veste della donna svaniscono assorbiti dall'erba: è un espediente grazie al quale il pittore rende la continuità della passeggiata, anche fuori dalla tela.
Le due coppie formate da madre e figlio, in primo e in secondo piano determinano la costruzione di una retta obliqua che struttura il quadro. Due zone distinte dal punto di vista della gamma dei colori vengono così definite, una dominata dal rosso e l'altra da un verde azzurrato.
Caratteristiche: L'artista espone in pubblico i Papaveri durante la prima mostra del gruppo impressionista del 1874. La tela è diventata oggi uno dei suoi quadri più celebri.
Monet vuole trasmetterci con vivace immediatezza il senso di allegria che l’osservazione di quei fiori gli ha procurato. Ecco dunque che dal verde indistinto del prato egli fa emergere delle brillanti picchiettature di rosso, conferendo al paesaggio una nota di serena spensieratezza.
Evita di definire i contorni e di dare corposità alle figure, cerca soprattutto di registrare un’impressione di colore.
La Cattedrale di Rouen: 1892 – 1894 - Oli su tela
Tema: Monet ama riprendere più volte lo stesso soggetto come nel caso del ciclo della Cattedrale di Rouen. E’ una serie di trenta tele successive che ritraggono la facciata della cattedrale gotica di Rouen dallo stesso punto di vista, ma in diverse condizioni climatiche e a diverse ore del giorno. Ogni quadro risulta così diverso dall’altro, anche se ne rimane riconoscibile la forma di base pur come traccia evanescente e irreale.
Le vedute sono separate dalle altre in una sequenza continua che va dall'alba al crepuscolo. Per dipingerle, Monet si era sistemato al secondo piano del negozio "Au Caprice" al n. 81 di rue du Grand Pont, e sostituiva le tele col mutare della luce atmosferica, dando luogo ai quattro momenti pittorici distinti da Clemenceau in: grigio, bianco, iridescente, azzurro.
Composizione: La maestosa facciata della Cattedrale di Rouen è dipinta utilizzando una posizione unica con una vista obliqua, che interessa l'edificio solo in parte, le torri ed i lati sfuggono dall’attenzione dello spettatore. Quello che stupisce di queste opere è che se anche la posizione è unica sembrano tutte diverse proprio perchè diversa l'ora del giorno ed il periodo dell'anno.
Caratteristiche: Monet è del tutto indifferente alla struttura architettonica e si concentra esclusivamente sul gioco di luci e ombre che il sole produce sulla facciata a seconda dell’ora del giorno. Attraverso queste successioni di dipinti l’artista ci fa capire come uno stesso oggetto può assumere diverse tonalità a seconda della luce e come sia importante non generalizzare il suo aspetto, ma analizzarlo durante diverse posizioni della luce, cercando di cogliere l’attimo.
Questi capolavori furono accolti dal pubblico con soddisfazione ma anche con aspre critiche.
In questi dipinti l'artista rivela uno straordinario senso del colore, che crea intricate relazioni spaziali, riuscendo pienamente nel suo intento illusionistico di plasticità.
Monet riesce ad animare la superficie della cattedrale: la struttura di pietra sembra sollevarsi, come un oggetto naturale, diventando sempre più vivo a seconda dell'intensità della luce.
Le irregolarità del l'edificio vengono enfatizzate più delle sue simmetrie.
Le Stagno delle ninfee: 1899 - Olio su tela, 83,3 x 93,1 cm
- Londra, National Gallery
Tema: Il quadro rappresenta una zona del terreno paludoso che Monet acquistò nel 1890 di fronte al suo giardino a Giverny, ricordato oltre che dai suoi numerosi quadri, anche da alcune foto.
Qui il pittore fece convogliare le acque di un laghetto, dove fu costruito un ponticello giapponese.
Intorno si trovano salici, canne, nasturzi, gladioli, e sull'acqua vi crebbero delle splendide ninfee, piante, che egli coltivava personalmente.
Fu questo il tema che impegnò maggiormente il pittore fino alla fine della sua vita: egli andava nel suo giardino tutti i giorni e studiava e dipingeva lo stesso angolo variando di poco il punto di vista o le ore della luce.
Composizione: La composizione inquadra il ponticello che attraversa il lago, e comprende quasi esclusivamente la superficie del laghetto in cui si riflettono le frasche e i fiori circostanti o, meglio, l'indefinita superficie delle acque scandita dallo scalarsi delle foglie di ninfee
Caratteristiche: Un senso di quiete e di riposante contemplazione emana questo scorcio di natura giocato sul veloce comporsi di piccole e irregolari macchie di colore.
La luce verdastra, schermata dalle morbide chiome dei salici piangenti, genera una sensazione di placida frescura, alla quale si somma quella generata dall’acqua (uno dei temi prediletti di tutti gli Impressionisti) dello stagno, punteggiata qua e la dallo sgargiante affiorare di ninfee in fiore. La realtà non sussiste altro che come pretesto per dare voce e colore allo sconfinato mondo delle sensazioni. Le tonalità dominanti sono rosse, gialle, verdi o azzurre
EDGAR DEGAS
Edgar Hilaire Germain de Gas (conosciuto come Degas), nacque a Parigi il 19 luglio 1834. Benestante godette di un’infanzia dorata. Compì i suoi studi al liceo parigino Luis-le-Grand, poi si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza e conseguì il "baccalauréat". Ma Degas aveva già espresso il fermo desiderio di studiare pittura.
Nel 1855, pervaso da un vivo interesse per l'arte, tentò l'ingresso all'Ecole des Baux-Arts, e riuscì ad essere ammesso ad una delle più prestigiose accademie delle belle arti di Francia, però preferì andare a dipingere direttamente sul luogo. Iniziarono, così, i viaggi in Italia, dove riempiva i fogli dei suoi carnets di schizzi, disegni e di ricordi. Durante il suo soggiorno italiano, che durò fino al 1860, studiò la pittura di Giotto, Masaccio, Botticelli, Raffaello e Leonardo. Nelle prime opere, ritratti e dipinti di soggetto storico, mostrò l'influenza del linearismo di Ingres e del colorismo di Delacroix. Nel 1862 realizzò il suo primo quadro che lo rese famoso: «La famiglia Bellelli». Negli anni successivi iniziò ad uscire dal suo ambiente borghese per frequentare il Café Guerbois dove strinse amicizia con Manet e gli altri pittori che avrebbero formato il gruppo degli impressionisti. Fu tra i fondatori del gruppo e fu proprio egli ad organizzare la mostra presso il fotografo Nadar. Partecipò a tutte le otto successive mostre impressioniste, tranne quella del 1882.
Le sue differenze con gli altri impressionisti sono legate soprattutto alla costruzione disegnata e prospettica dei suoi quadri, le forme non si dissolvono e non si confondono con la luce. Rende plastiche le forme con la luce tonale e non con il chiaroscuro, seguendo la tecnica impressionista. Ciò che contraddistingue i suoi quadri sono sempre dei tagli prospettici molto arditi. Per questi scorci si è molto parlato dell’influenza delle stampe giapponesi, anche se appare evidente che i suoi quadri hanno una inquadratura tipicamente fotografica. Tra i suoi soggetti preferiti ci sono scene di teatro, in cui risaltano lo studio e l’analisi, l’ossessiva attenzione alle forme e ai gesti e ai movimenti, pose e contro pose di ballerine e musicisti, stiratrici, modiste e lavandaie, cantanti, bevitori e signore imbellettate. Anche in questo, Degas coincide con l’impressionismo: la scelta poetica di dar immagine alla vita urbana, con i suoi riti e i suoi miti, a volte borghesi, a volte bohémien. Un altro tema che lo affascinò particolarmente fu quello delle corse, il cavallo. Ovvero la suggestione e la difficoltà di rappresentarne il movimento, descriverne la esatta anatomia. Si accanì a riprenderlo da solo o con il fantino, durante lo sforzo della gara tra la folla.
Nel 1874, dopo la morte del padre, per Degas ebbe inizio un periodo molto duro, di lavoro molto intenso. In questo periodo iniziò a dedicarsi sempre più assiduamente al tema delle ballerine frequentando molte opere, balletti e spettacoli teatrali, per poter finanziare la propria attività.
Disturbi alla vista lo costrinsero a dedicarsi al pastello, all'incisione e alla scultura; divenuto quasi cieco, Degas visse in solitudine e non espose più sue opere. Morì nel 1917. Il valore della sua opera ebbe giusto rilievo soltanto dopo la morte dell'artista.
La lezione di ballo: 1873 - 1875 - Olio su tela, 85 x 75 cm
- Parigi, Musèe d’Orsay
Tema: E’ questa un’immagine che ha un carattere documentario se, come sembra, si riferisce al ridotto del teatro di Rue Le Peletier prima dell’incendio; in ogni caso un’opera che rappresenta in maniera emblematica l’interesse e il modo di dipingere il mondo del balletto, da parte di Degas. Un mondo visto non soltanto nello splendore dello spettacolo e nel movimento della danza, ma anche nei lunghi momenti che precedono e che preparano lo spettacolo.
Composizione: Nella lezione di ballo la composizione è emblematica. A sinistra due figure di ballerine: una in piedi di spalle, l’altra seduta sul pianoforte, che rafforza la sensazione di profondità della sala. Profondità sottolineata dalle strisce sul pavimento secondo la prospettiva obliqua, lungo la quale si allineano le ballerine in vari atteggiamenti, disposte contro la parte verde a far circolo attorno alla figura del maestro.
Caratteristiche: La scena trova nella luminosità l’elemento rivelatore dei personaggi lumeggiati dalle pennellate del bianco che risalta sui gialli, sui verdi e sui rossi dei nastri e dei fiocchi. A Degas affascina proprio questo “tempo” di Tensione, di preparazione, a volte di riposo e di pausa. Allora sembra compiacersi di poter rilevare con la pittura ciò che sta al di qua del sipario, del fantasmagorico e dello spettacolare, per mostrare il lavoro, la fatica e qualche volta la noia delle ballerine che ripetono all’infinito gli stessi gesti. Il tema è lo stesso per una serie di opere: ma, come sempre, Degas varia la scena, senza rinunciare al punto di vista un po’ più alto del normale, quasi scenografico, ai primi piani, agli elementi lineari che aiutano a creare la profondità prospettica e lo spazio nel quale sprofondare i personaggi.
Nell’accostamento dei colori Degas destina quasi metà della scena ai toni ocra-verde del pavimento, sui quali spiccano, come sempre, i bianchi vaporosi e trasparenti dei tutù delle ballerine, sullo sfondo verde delle pareti. Su tutto l’insieme “cantano” il rosso del fiocco nei capelli e del ventaglio e il verde del nastro della ballerina in primo piano a sinistra e l’azzurro di quello della ballerina in fondo a destra.
La figura del maestro è il fulcro attorno al quale Degas organizza la regia della scena, con le ballerine intente ad ascoltarne i consigli e le osservazioni. E, come al solito,il pittore studia il soggetto conferendogli una presenza e un “peso” sottolineato dal bastone su cui si appoggia.
L’assenzio: 1875 - 1876 - Olio si tela, 92 x 68 cm
- Parigi, Musèe d’Orsay
Tema: La scena è ambientata nel Café de la Nouvelle Athènes, a Parigi. I soggetti dipinti sono inebetiti dal consumo di assenzio, il liquore dei poveri, spesso usato anche a scopi farmaceutici. La vera protagonista dell’opera è la solitudine. Degas fa di questo dipinto una denuncia della realtà sociale dell’epoca.
Composizione: La composizione, il taglio prospettico e l’individuazione dello spazio, i personaggi, l’accostamento dei toni di colore sono gli elementi che rendono l’opera di Degas una delle più convincenti e inquietanti. La luce gira attorno alle figure con giochi d’ombra e trasparenze, sui bicchieri e sulla bottiglia, sfruttando i riflessi dei profili dei personaggi nello specchio posto alle loro spalle, a confermare la profondità dello spazio. Le figure sono collocate sulla metà destra del dipinto e risalta la prospettiva a zig zag dei rettangoli dei tavoli.
Caratteristiche: Questa è un opera che illustra in maniera emblematica il metodo di lavoro di Degas. L’apparente naturalezza, la rappresentazione di una scena presa dal vivo, che i suoi dipinti rivelano, nascono da una costruzione calibrata e studiata nella composizione e nei colori. I toni di colore che caratterizzano i due personaggi ne sottolineano anche il contrasto psicologico: la donna siede inerte sulla panca, le braccia abbandonate lungo il corpo; l’uomo accanto, del tutto indifferente, poggia le braccia sul marmo del tavolo. I toni della figura femminile sono chiari, partono dall’ocra della donna per arrivare alla macchia biancastra del cappellino. Quelli dell’uomo sono scuri, bui, come la spalliera della panca su cui siedono i personaggi. Il bianco dei piani dei tavolo, ritagliati nelle loro sagome prospettiche, accentua i toni della panca, nell’abito dell’uomo, delle zone d’ombra, lasciando appena intravvedere un triangolo ocra del pavimento. Di fronte all’espressione assente, quasi inebetita della donna, ubriaca di assenzio, e quella dura e indifferente dell’uomo accanto è difficile pensare che non si tratti di personaggi reali, ma di modelli scelti da Degas, veri e propri attori di una scena. La donna è in realtà la bella attrice Ellen Andrèe, l’uomo che le siede accanto è un pittore e incisore amico di Degas,

 

Fonte: http://www.cli06.altervista.org/110121_Monroyimpressionismo.doc

Sito web da visitare: http://www.cli06.altervista.org

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