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Dante e la libertà
Nel XX secolo, ormai prossimo a concludersi, la parola libertà ha animato le coscienze di individui ed ha prodotto movimenti giovanili di contestazione dell’esistente, in un groviglio di problemi e contraddizioni, che rivelano, anche nel contesto storico attuale, caratterizzato dal fenomeno della massificazione consu-mistica, quanto la libertà sia il valore centrale della modernità. Questa, allora, non si presenta soltanto come un’epoca di dissoluzione delle forme tradizionali di vita, ma anche di ricerca delle forze creatrici e dei presupposti culturali, sociali e materiali della libertà.
Possiamo dire che attorno al valore della libertà si gioca il futuro della mo-dernità e dell’era democratica, alle origini della quale troviamo la rivendicazione della libertà dell’individuo, avanzata in forme diverse dalla filosofia greca e dalla religione ebraico-cristiana, dall’umanesimo latino a quello rinascimentale e illu-minista.
In questa situazione quali sono le aspirazioni dei giovani? Quali le domande che occorre si pongano perché possano realizzare i loro progetti di libertà e di crescita sul piano tanto individuale quanto sociale? E quale stimolo alla riflessio-ne su queste tematiche suggerisce l’opera di Dante? Che interesse può trovare un giovane studente nello studio di quest’opera?
La giustificazione dell’attenzione da dedicare a Dante non è tanto mutuata dalla sua presenza nei programmi della scuola italiana, quanto dalla profonda attualità della sua riflessione sul valore della libertà, che egli connette a quello della giustizia in uno dei momenti cruciali, di grandi trasformazioni sociali, poli-tiche e culturali, della storia della cultura occidentale, tra Medioevo e Umanesimo.
Si consideri, a questo proposito, quanto egli fa dire ad Ulisse nel canto XXVI dell’inferno:
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
(vv.118-120)
Così egli definisce la natura umana, anticipando il tema della dignità dell’uomo, centrale nell’Umanesimo quattrocentesco e non privo di significato neanche per noi, oggi.
La sua opera non è allora un semplice retaggio del passato, da riconoscere obbligatoriamente come un’opera d’arte, ma può ancora animare le speranze e l’amore alla vita degli uomini del nostro tempo.
Cercheremo di avvicinarci ad essa da questa prospettiva, che guarda al messaggio degli antichi a partire dalle esigenze del presente, per valutarlo e con-frontarlo con queste, riscoprendo il valore della memoria che si svincola dagli impacci dell’erudizione fine a se stessa e diviene entusiasmo di scoperta e di ri-flessione.
Dante, infatti, in particolare nel canto XVI del Purgatorio, che occupa la po-sizione centrale della Divina Commedia (è il cinquantesimo di cento canti), af-fronta proprio uno dei temi nodali della modernità, quello della libertà e della re-sponsabilità dell’uomo nel suo agire nella storia. La collocazione del canto non è priva di significato: l’autore con essa suggerisce la rilevanza della libertà per l’uomo, facendo ruotare tutte le altre innumerevoli tematiche, affrontate durante il viaggio (che - è bene non dimenticare - Dante compie soprattutto per compren-dere come si debba vivere nell’al di qua e non tanto come si viva nell’al di là) at-torno a questa, come se l’aspetto specifico dell’uomo non potesse essere com-preso che in termini di ricerca e realizzazione della libertà.
Umanità e libertà, dunque; tra i due concetti Dante individua un nesso stret-tissimo.
Virgilio, guida di Dante, così presenta il suo discepolo a Catone, il custode del Purgatorio:
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu ‘l sai, che non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la veste ch’al gran dì sarà sì chiara.
(Purg., I, vv.70-75)
Tornando per un momento al nostro secolo, individuiamo tra i suoi tratti caratterizzanti anche la conflittualità politica, sociale, economica, che rende pre-caria la pace e incrina le basi, spirituali e materiali, della vita. Comprendiamo, allora, che non si può pensare di realizzare la pace sulla terra a prescindere dalla giustizia all’interno delle singole nazioni e tra i popoli a livello mondiale.
Non stupiamoci se, pur mutate profondamente le condizioni storiche e la natura dei problemi odierni rispetto a quelli che il poeta dovette affrontare, tro-veremo in Dante un convinto assertore di questa necessità di connettere libertà e giustizia, nell’assunzione del compito di richiamare gli uomini a divenire consa-pevoli della loro responsabilità nel creare le condizioni sistemiche che rendono possibile agli uomini di vivere secondo le loro aspirazioni più profonde, nella si-curezza e nella dignità, che sono garantite solo dalla pace.
Proprio a questa libertà responsabile Marco Lombardo richiama gli uomini:
Però, se ‘l mondo presente disvia
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
(Purgatorio, XVI, vv.82-83)
Le caratteristiche della società moderna mettono in luce alcune dinamiche storiche (razionalizzazione dei processi produttivi, burocratizzazione, sfrutta-mento delle risorse naturali, industrializzazione, immigrazione, comunità pluriet-niche, globalizzazione dei fenomeni culturali ed economici, etc...), che hanno mu-tato profondamente le condizioni antropologiche di vita e che, per quel che ci concerne in questa sede, hanno anche arricchito il concetto di libertà di nuove im-plicazioni, che Dante non poteva prevedere. Tanto per fare un esempio, egli non ha affrontato il problema dei presupposti formali e materiali della libertà, che, invece, è uno dei temi più dibattuti ai giorni nostri.
Ciò non significa, tuttavia, che oggi la conoscenza della sua concezione della libertà risulti priva di valore culturale. Infatti questa, nella Commedia, assume diversi significati: assieme a quello di liberazione religiosa dal peccato, anche quelli di capacità di scelta, responsabilità etica e storica, fine del processo edu-cativo, realizzazione dell’uomo, superamento dei condizionamenti naturali.
Egli considera la libertà come il dato costitutivo dell’uomo, un bene di fatto originario e, al contempo, da conquistare progressivamente nella vita tramite il ricorso alla ragione.
Nei primi versi del canto V dell’Inferno (vv.1-24) pone in netta opposizione la condizione di assoluta costrizione al volere altrui dell’anima “mal nata”, che ha meritato la condanna eterna, e la libertà divina, caratterizzata dalla identità tra “potere” e “volere” ed espressa tramite la famosa perifrasi “vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole”. L’uomo, sulla terra è posto al centro dell’antitesi: da un lato, la condizione di schiavitù assoluta, dall’altro, quella altrettanto assoluta di libertà, meta e scopo del viaggio che ha intrapreso con l’ausilio della ragione, facoltà comune a tutti gli uomini, simboleggiata dal personaggio di Virgilio.
Questa esaltazione della ragione, che significa pure riconoscimento dei gran-di meriti della tradizione classica, aveva avuto modo di evidenziarsi nel canto precedente, quando Dante immagina di trovarsi nel Limbo e di scorgere “un foco / ch’emisperio di tenebre vincia” (Inferno IV, vv.68-59).
La libertà, dunque, è per l’uomo sia una condizione naturale (cfr. Purgatorio, canti XVI e XVIII), sia il fine dell’esistenza, da raggiungere tramite il retto opera-re in vita e l’ascolto della ragione. In quest’ultimo significato può esser interpre-tata la condanna dei “peccator carnali / che la ragion sottomettono al talento (Inf. V, vv, 38-39).
La ragione, infatti, libera gli uomini dagli impacci del desiderio passionale e indica quale sia la giusta condotta da tenere al momento della scelta, che si pre-senta sempre a chi vuol essere degno del nome d’uomo. Il cui tratto distintivo è proprio questa facoltà razionale, che lo rende cosciente di sé nel mondo, fa che si interroghi sul senso dell’esistenza e nutra l’ansia della conoscenza. Perciò gli ignavi, che hanno rinunciato a tale facoltà, non sono degni della minima conside-razione:
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidiosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragionam di lor, ma guarda e passa.
(Inferno, III, vv.46-51)
L’architettura generale dell’Inferno simboleggia tale concezione dantesca: nei primi cinque cerchi sono punite le anime di coloro che hanno rinunciato ad agire secondo i dettami della ragione, privilegiando come fine dell’esistenza un bene materiale e caduco (lussuria, gola, avarizia e prodigalità) o immiserendosi nell’odio contro gli altri (ira e accidia).
Cercheremo, pertanto, di delineare un itinerario di ricerca all’interno della Divina Commedia volto a definire la concezione dantesca della libertà nei suoi rapporti con la ragione, la storia e la “necessità”(intesa sia come condizionamento naturale a cui gli uomini sono sottoposti fin dalla nascita, sia come ordine prov-videnziale dell’universo).
Proporrò, quindi, la lettura di una serie di passi o canti della Commedia e un abbozzo di commento, assieme alla descrizione di alcuni concetti essenziali che occorre possedere per “decodificare” il linguaggio dantesco e comprenderne il si-gnificato. In seguito, per affinare le capacità interpretative e sviluppare, di con-seguenza, il gusto alla lettura, cioè alla comprensione delle cose, troverete una se-rie di domande, alle quali potrete rispondere anche per iscritto, inviando i vostri lavori in redazione.
Ma la libertà non ha un fine solo individuale e non riguarda solo il singolo soggetto, è soprattutto virtù politica, che richiama l’umanità tutta al suo compito di rendere la terra, “l’aiuola che ci fa tanto feroci” (Paradiso, XXII, v.151), simile al Paradiso Terrestre, il “loco / fatto per proprio dell’umana spece” (Paradiso, III, vv. 56-57), nella convinzione che le ragioni del male e della sofferenza degli uomini sono da ricercare esclusivamente nella storia, la quale è determinata dalle azioni degli uomini e non è prodotto di cause extraumane. Strettamente connessa alla meditazione sulla libertà, dunque, è quella sulla responsabilità dell’umanità, il cui futuro è nelle sue mani, perché non è sottoposta, come gli astri, al determi-nismo naturale, voluto da Dio. Così, infatti, nel canto XVI del Purgatorio, il per-sonaggio di Marco Lombardo risponde a Dante, dopo che questi gli ha posto il quesito angoscioso circa la causa del male sulla terra:
“... Frate,
lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.
Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.
Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto.
Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ‘l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,
e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica.
A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ‘l ciel non ha in sua cura.
Però, se ‘l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia. (vv. 65-84)
la particolare atmosfera emotiva e concettuale di questo canto è preparata fin dal canto XI, quando, nel disvelamento della vanità della superbia:
Non è il mondan romore altro ch’ un fiato
Di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato.
(Purgatorio, XI, vv.100-102)
Dante ridimensiona le pretese dell’Io, che, assolutizzandosi, si gonfia come un “tumor”, e indica la virtù come via di liberazione, non solo dalle illusioni ter-rene, ma anche dalle conseguenze nefaste della superbia sul piano politico-sociale:
E io a lui: “Tuo vero dir m’incora
Bona umiltà. E gran tumor m’appiani;
ma chi è quei di cui tu parlavi ora?”.
“Quelli è”, rispuose, “Provenzal Salvani;
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta a le sue mani.
Ito è così e va, senza riposo,
poi che morì; cotal moneta rende
a sodisfar chi è di là troppo oso”.
(Purgatorio, XI, vv. 118-126)
Dante dunque, come già aveva detto a chiare lettere nei versi dedicati al tema della “Fortuna”, individua nella ignoranza la causa prima del male e della soffe-renza, tanto sul piano esistenziale quanto su quello storico, e nel ricorso alla ra-gione la via della liberazione:
E quelli a me: “Oh creature sciocche,
quanta ignoranza è quella che v’offende!
Or vo che tu mia sentenza ne ‘mbocche”.
(Inferno, VII, vv.70-72)
Questo orizzonte di interessi viene riproposto anche nelle terzine che fungo-no da premessa tematica del canto XI del Paradiso:
O insensata cura de’ mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l’ali!
Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
sen giva. E chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,
e chi rubare, e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava all’ozio,
quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m’era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto.
(Paradiso, XI, vv.1-12)
La vicenda del rapporto con la guida Virgilio, inoltre, permette un’interpretazione “pedagogica” dell’idea che Dante ha della libertà. Infatti que-sta, oltre al significato religioso di superamento dei limiti razionali, per accedere alle regioni dell’infinità divina con l’ausilio della teologia e della fede (simboleg-giate dalle altre due guide che Dante incontrerà: Beatrice e S. Bernardo), può essere interpretata anche come lo scopo vero a cui deve tendere ogni azione edu-cativa: quello dell’autonomia del volere e del pensare del discepolo. Questi deve svincolarsi dal suo maestro. Arriva il momento, che inizialmente lo riempie di sgomento, della solitudine e dell’autonomia personale, che significa responsabili-tà di scelta e conquista della capacità di discernimento tra bene e male, da realiz-zare nella vita terrena. Si leggano, a questo proposito, le parole con cui Virgilio esprime la realizzazione della maturità del discepolo:
“Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio”
(Purgatorio, XXVII, vv. 139-142)
L’uomo, dunque, ha necessità di essere educato per divenire veramente uo-mo. Ciò significa che egli non è perfetto, ma perfettibile (un filosofo del nostro secolo, Ernst Bloch, lo definisce un “non-ancora”) attraverso la sinergia, la colla-borazione cioè in vista di un unico risultato, di scienza (cultura) ed etica. Un sa-pere, infatti, che non sia anche ricerca di ciò che è bene per la vita associata dell’uomo non è vero bene, secondo Dante, che in questo, come in altri temi, mo-stra il profondo accordo della civiltà medievale con la lezione etico-politica degli antichi (si pensi, tanto per fare degli esempi, all’opera De officiis di Cicerone, o all’etica aristotelica, o alle indicazioni di Seneca all’amico Lucilio).
Anche la letteratura e la saggistica dell’Otto-Novecento è ricca di riflessioni di questo genere. La domanda inquietante che si riscontra nell’opera letteraria di molti autori, infatti, riguarda il significato del termine progresso: se quello mera-mente tecnologico ed economico possa soddisfare pienamente le esigenze di li-bertà e civiltà degli uomini.
Nel Paradiso la libertà dell’individuo si risolve, in modo comprensibile sono in termini di fede, nell’armonia universale voluta dalla Provvidenza divina, coe-rentemente con il fondamento religioso dell’ideale dantesco, il cui contenuto non può essere condiviso da tutti.
Anzi è formale ad esto beato esse E’ essenziale in questa condi-zione di felicità
tenersi dentro a la divina voglia, Essere in armonia con la volon-tà divina
per ch’una fansi nostre voglie stesse;
sì che, come noi sem di soglia in soglia Di cielo in cielo (Dante incontra le anime dei
per questo regno, a tutto il regno piace beati nei cieli, che compongono l’universo)
com’a lo re che ‘n suo voler ne ‘nvoglia. Nel Paradiso le anime desiderano so-lo quello
E ‘n la sua volontade è nostra pace: che vuole Dio
ell’è quel mare al qual tutto si move
ciò ch’ella cria o che natura face.
(Paradiso, III, vv. 79-87)
Il richiamo alla responsabilità dell’uomo sulla terra, invece, è un valore uni-versale, sia sul piano storico che su quello pedagogico.
Naturalmente il discorso dantesco è molto più ampio e ricco di implicazioni di quanto sia emerso da questa breve panoramica. Molti sono gli spazi lasciati aperti all’interpretazione, conseguente alla lettura attenta e consapevole dei versi del poeta da parte degli studenti stessi.
Proprio per agevolare la loro riflessione e affinare le loro capacità d’interpretazione e rielaborazione personale, si potrebbe delineare un itinerario di ricerca all’interno della Commedia, volto a definire la concezione dantesca della libertà nei suoi rapporti con la ragione, la storia e la “necessità” (intesa sia come condizionamento naturale a cui gli uomini sono sottoposti fin dalla nascita, sia come ordine provvidenziale dell’universo), da affrontare tramite la lettura di una serie di canti o passi della Commedia, il possesso di alcuni concetti e nozioni es-senziali a “decodificare” il linguaggio poetico e, infine, una serie di domande alle quali rispondere per iscritto. A questo scopo vengono proposti qui di seguito: 1) uno schema riassuntivo dei concetti essenziali; 2) un elenco di testi da consultare; 3) un’indicazione metodologica; 4) una serie di quesiti che guidino il giovane stu-dioso nel percorso di ricerca e nell’acquisizione dei dati necessari alla compren-sione del messaggio di Dante, che ancora non cessa di sollecitarci.
Nozioni fondamentali
ALLEGORIA
Figura retorica, tramite la quale si affida alla scrittura un significato diverso da quello letterale; questo è solo apparente e non corrisponde veramente alle reali intenzioni comunicative dell’autore. Esempio: le tre fiere del I canto dell’Inferno.
SIMBOLO
E’ qualsiasi oggetto poetico (personaggio, animale, segno, gesto, vicenda narrata etc...) che possieda in sé la virtù di evocare nella mente del lettore un’idea diversa, più profonda dell’immediato aspetto sensibile. Esempio: l’Ulisse dante-sco evoca l’idea dell’ansia di conoscenza e superamento dei limiti, propri dell’uomo.
METAFORA
E’ una figura retorica, che si fonda su un paragone (similitudine) sottinteso tra due oggetti. Può definirsi una similitudine abbreviata in quanto vengono sop-pressi i termini che indicano il paragone, pur nel rispetto delle normali regole morfosintattiche. Esempio:
Similitudine: Quali colombe dal disìo chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettuoso grido.
(Inferno, V, vv.82-87)
Metafora: Era già l’ora che volge il disìo
ai navicanti e ‘ntenerisce ‘l core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more;
(Purgatorio, VIII, vv.1-6)
CONNOTAZIONE
Procedimento tipico del linguaggio poetico, che consiste nell’assegnare alla parola poetica risonanze più ampie, anche soggettive e affettive, di quelle nor-malmente assegnate ai termini dal linguaggio scientifico (denotazione), che è, per definizione, preciso ed esatto, e non ammette interpretazioni di carattere sogget-tivo. Le parole sono accostate in modo diverso rispetto a quello del linguaggio ordinario, rispettoso delle regole grammaticali e logiche. Esempio: Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
(Inferno, I, vv.19-21)
Tramite la connotazione la parola diventa “pregnante”, acquista una molte-plicità di significati (come la donna “pregna”, incinta, porta in sé due vite), diver-samente da quanto accade nella terminologia scientifica, in cui alla parola (signi-ficante) deve corrispondere un solo significato.
LIBERTÀ
Come termine filosofico ha un significato opposto a “determinismo” e può essere intesa in diversi modi:
- per Aristotele si identifica con la volontà orientata a scopi morali: è libero chi sa assumere un atteggiamento predittivo, riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, superare le lusinghe dei sensi;
- come capacità di riflessione e di scelta tra più possibilità;
- come facoltà di libero arbitrio, di agire o non agire in un certo modo;
- come libertà di coscienza, in relazione alla possibilità di esprimere le pro-prie convinzioni religiose, filosofiche, politiche etc...;
- come libertà fisica, cioè indipendenza da costrizioni esterne (violenza) o in-terne (ansia).
Il metodo
I quesiti, che a lato presentano i riferimenti testuali, possono essere affronta-ti dopo aver consultato i testi, oppure a cominciare da quelli che sembrano più facili, per entrare progressivamente nel tema e acquisire indicazioni e conoscenze idonee a risolvere anche quelli più difficili. Le ultime due domande possono esse-re oggetto d’un breve saggio.
I testi da consultare
La canzone Tre donne intorno al cor mi son venute;
Inferno: Canti I, II, II, III, IV, V, VI, VII, XI , XXVI (vv. 76-142);
Purgatorio: Canti I, XVI, XVIII, XXVII, XXX (vv. 22-81);
Paradiso: Canti III (vv. 37-90), XXI (vv. 73-102).
Quesiti
1. Quale rapporto Dante stabilisce tra giustizia e amore?
Tre donne intorno al cor mi son venute
2. Quale messaggio vuole comunicare Dante tramite la figura etimologica della “Selva selvaggia”? Inf. I
3. Qual è la condizione di Dante nella selva? Da quale sentimento è dominato? Inf. I
4. Il personaggio di Dante è il simbolo dell’umanità tutta? Inf. I
5. Quale difetto di Dante Virgilio mette in luce nel rispondere alle sue perplessità nell’intraprendere il viaggio?
6. Qual è il significato di “folle”? Inf. II, XXVI
7. Qual è il significato di “ragione”? Inf. II, XI; Pg. XVI, XVIII
8. Qual è il significato allegorico delle tre fiere? Inf. I
9. Qual è il verso che evidenzia la minaccia della “lupa” per l’umanità? (Motivane
la scelta) Inf. I
10. Perché gli ignavi sono oggetto di tanto disprezzo da parte di Dante? E qual è il
verso che sottolinea maggiormente questo sentimento del poeta? Inf. III
11. Qual è il significato del verso “... sanza speme vivemo in disio”? Inf. IV
12. Qual è il significato del “foco / ch’emisperio di tenebre vincia”? Inf. IV
13. Qual è il motivo per cui Dante considera degne dell’Inferno le anime degli “in-
continenti”? Inf. V, VI, VI, XI
14. Qual è la giustificazione che Virgilio dà della punizione dei lussuriosi? (Cerca nel testo i versi particolarmente significativi) Inf. V
15. Perché l’ira può essere intesa come una perdita di libertà? (Cerca nel testo i versi particolarmente significativi) Inf. VII
16. Qual è la concezione dantesca della fortuna? Inf. VII
17. Quale rapporto tra inclinazioni naturali, ragione e libertà? Pg. XVI
18. Di quale concetto di libertà è simbolo Catone? Pg. I, II
19. Qual è il quesito posto da Dante a Marco Lombardo? Ha un carattere perso-nale o riflette un’esigenza di tutti gli uomini? Pg. XVI, XVIII
20. Qual è il significato di “libero arbitrio”? Pg. XVI, XVIII
21. Quale facoltà l’uomo possiede per discernere tra bene e male? Pg. XVI
22. In che consiste la differenza tra la sorte di tutto ciò che è compreso nell’universo e la condizione umana? Pg. XVI
23. Confronta l’episodio di Pier delle Vigne (Inferno, XIII, vv.1-108) con l’incontro di Dante e Virgilio con Catone (Purgatorio, I). Perché il suicidio del primo è condannato e quello del secondo esaltato come esempio di virtù?
24. Chi ha la responsabilità del modo in cui la storia procede? Pg. XVI
25. Quale significato di legge si evince dal testo dantesco? Pg. XVI
26. Quale rapporto Dante stabilisce tra amore e libertà? Pg. XVI, XVIII
27. Quale rapporto Dante stabilisce tra libertà e moralità? Pg. XVIII
28. Qual è il significato delle parole che Virgilio rivolge a Dante quando sta per abbandonarlo? Pg. XXVII
29. Come reagisce Dante quando si accorge che Virgilio è scomparso? Come si può interpretare la sua prima reazione? Pg. XXX
30. Quale rapporto Dante stabilisce tra libera volontà dell’anima salvata e prov-videnza divina? Pd. III, XXI
31. Quali sono le cause della corruzione e decadenza della città di Firenze, dell’Italia, dell’Impero? Inf. VI, Pg. VI, Pd. VI
32. Dopo aver compiuto questo percorso, quali conclusioni potete trarre sulla concezione della libertà di Dante?
33. Cosa significa la parola “libertà” per i giovani d’oggi?
Fonte: http://digilander.libero.it/vortenzi/Scritti/dantelib.doc
Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/vortenzi
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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